Nell'ottobre del 2012 mi chiedevo se avesse ancora senso l'ora legale.
Ora la Commissione Europea, a seguito di un sondaggio tra i cittadini dell'UE, ha deciso di far partire la procedura per eliminare il cambio d'ora in tutta l'Unione.
L'idea è però quella di eliminare l'ora solare (ergo invernale) e lasciare tutto l'anno quella legale (ergo estiva).
Su Twitter io ho plaudito all'iniziativa, riproponendo quel mio vecchio articolo e - giustamente - mi è stato fatto notare che la commissione vuol fare l'opposto di quello che chiedevo io.
E io ora preciso: apparentemente 😀
Apparentemente perché la cosa assurda in realtà non è l'una o l'altra ora, bensì il cambio d'ora.
Nel 2012 io ero favorevole all'abolizione dell'ora legale, perché ai tempi le proposte erano per abolire quella.
Ma in realtà a me va benissimo abolire qualsiasi delle due: l'una o l'altra per me pari sono. Basta non dover più spostare le lancette due volte l'anno (non perché sia faticoso, ma perché è assurdo).
Per inciso: nessuno ha fatto notare (quindi ve lo dico) che abolire l'ora solare e lasciare tutto l'anno quella legale significa spostare di un fuso orario tutta l'UE.
Saluti,
Mauro.
venerdì 31 agosto 2018
lunedì 27 agosto 2018
I magistrati devono rispondere solo alla legge
Da quando il procuratore di Agrigento, Patronaggio, ha iscritto Salvini sul registro degli indagati si continuano a sentire due cose che in un paese civile dovrebbero solo fare inorridire. Entrambe.
Da destra: Salvini è stato eletto dagli italiani, il magistrato non può andare contro gli italiani! (O frasi simili, ma dallo stesso contenuto).
Da sinistra: ora Salvini fa il martire e guadagna consensi, il magistrato avrebbe fatto meglio a evitare (anche qui magari con formulazioni diverse, ma la sostanza è quella).
Bene: io inorridisco davanti a entrambe queste frasi.
Un magistrato deve rispondere solo alla legge, non alla politica o agli elettori.
Quindi se Patronaggio ritiene veramente in base alla legge che ci siano gli estremi per aprire un'indagine contro Salvini o chichessia, deve farlo.
Io qui non sono in grado di giudicare se Patronaggio ha fatto bene o male, ma anche avessi un giudizio mio preciso, non sarebbe comunque il punto di questo articolo.
L'affermazione della destra e quella della sinistra riportate sopra sono semplicemente entrambe pericolose e antidemocratiche.
Quella da destra perché è sintomo di volontà di giustizia di piazza e di autoritarismo.
Quella da sinistra perché indica la volontà di sottomettere il diritto alle convenienze politiche ed elettorali.
E da persona che ama la democrazia e rispetta il diritto, a me fanno tanta paura entrambe le cose.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Un commento ulteriore sulla frase da sinistra: se un indagato, tuo avversario politico, guadagna consensi grazie all'essere indagato... forse più che farti domande sull'opportunità dell'azione giudiziaria, dovresti farti domande su come è considerata la tua azione politica da parte dell'elettorato (e qui non mi riferisco tanto alla sostanza di quest'azione politica, ma a come la hai comunicata, a come la hai fatta percepire agli elettori).
Da destra: Salvini è stato eletto dagli italiani, il magistrato non può andare contro gli italiani! (O frasi simili, ma dallo stesso contenuto).
Da sinistra: ora Salvini fa il martire e guadagna consensi, il magistrato avrebbe fatto meglio a evitare (anche qui magari con formulazioni diverse, ma la sostanza è quella).
Bene: io inorridisco davanti a entrambe queste frasi.
Un magistrato deve rispondere solo alla legge, non alla politica o agli elettori.
Quindi se Patronaggio ritiene veramente in base alla legge che ci siano gli estremi per aprire un'indagine contro Salvini o chichessia, deve farlo.
Io qui non sono in grado di giudicare se Patronaggio ha fatto bene o male, ma anche avessi un giudizio mio preciso, non sarebbe comunque il punto di questo articolo.
L'affermazione della destra e quella della sinistra riportate sopra sono semplicemente entrambe pericolose e antidemocratiche.
Quella da destra perché è sintomo di volontà di giustizia di piazza e di autoritarismo.
Quella da sinistra perché indica la volontà di sottomettere il diritto alle convenienze politiche ed elettorali.
E da persona che ama la democrazia e rispetta il diritto, a me fanno tanta paura entrambe le cose.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Un commento ulteriore sulla frase da sinistra: se un indagato, tuo avversario politico, guadagna consensi grazie all'essere indagato... forse più che farti domande sull'opportunità dell'azione giudiziaria, dovresti farti domande su come è considerata la tua azione politica da parte dell'elettorato (e qui non mi riferisco tanto alla sostanza di quest'azione politica, ma a come la hai comunicata, a come la hai fatta percepire agli elettori).
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sabato 25 agosto 2018
Il tifo e la politica
La politica è una cosa che ci riguarda tutti, visto che è con la politica che si governa un Paese.
Quindi anche il semplice elettore - fermo restando il suo sacrosanto diritto di considerare un partito il migliore e un altro il peggiore - dovrebbe ragionare in termini razionali e giudicare i singoli atti di un governo, di un'amministrazione.
Banalmente: voi tutti sapete che io sono una persona di sinistra e che considero l'attuale destra italiana un pericolo.
Però... pur continuando a essere di sinistra, se la sinistra fa/dice una cazzata io la condanno e se la destra fa/dice una cosa buona io la apprezzo.
E così dovrebbe fare qualsiasi persona intelligente.
Invece ormai la politica è diventata tifo.
Chi è di sinistra condanna a priori qualsiasi cosa dica/faccia la destra.
Chi è di destra condanna a priori qualsiasi cosa dica/faccia la sinistra.
E anche all'interno di destra e sinistra si fanno distinzioni a seconda di chi dice cosa...
(Del centro non parlo semplicemente perché in questo momento sembra essere sparito dal panorama politico).
No, la politica non deve e non può essere tifo.
Se vado a vedere una partita del mio Genoa da tifoso considererò logicamente e giustamente illecita ogni vittoria avversaria. Perché lì sono, appunto, tifoso.
Da elettore di sinistra invece non considererò per niente illecita ogni vittoria avversaria. Anzi quando l'avversario farà cose giuste le approverò. Perché lì non sono tifoso. Sono cittadino.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Prima che mi fraintendiate: no, il governo giallo-verde non ne ha ancora fatta una giusta. Il problema è che anche le opposizioni non ne stanno facendo una giusta. Tutti stanno facendo a gara a chi sbaglia di più.
Quindi anche il semplice elettore - fermo restando il suo sacrosanto diritto di considerare un partito il migliore e un altro il peggiore - dovrebbe ragionare in termini razionali e giudicare i singoli atti di un governo, di un'amministrazione.
Banalmente: voi tutti sapete che io sono una persona di sinistra e che considero l'attuale destra italiana un pericolo.
Però... pur continuando a essere di sinistra, se la sinistra fa/dice una cazzata io la condanno e se la destra fa/dice una cosa buona io la apprezzo.
E così dovrebbe fare qualsiasi persona intelligente.
Invece ormai la politica è diventata tifo.
Chi è di sinistra condanna a priori qualsiasi cosa dica/faccia la destra.
Chi è di destra condanna a priori qualsiasi cosa dica/faccia la sinistra.
E anche all'interno di destra e sinistra si fanno distinzioni a seconda di chi dice cosa...
(Del centro non parlo semplicemente perché in questo momento sembra essere sparito dal panorama politico).
No, la politica non deve e non può essere tifo.
Se vado a vedere una partita del mio Genoa da tifoso considererò logicamente e giustamente illecita ogni vittoria avversaria. Perché lì sono, appunto, tifoso.
Da elettore di sinistra invece non considererò per niente illecita ogni vittoria avversaria. Anzi quando l'avversario farà cose giuste le approverò. Perché lì non sono tifoso. Sono cittadino.
Saluti,
Mauro.
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Prima che mi fraintendiate: no, il governo giallo-verde non ne ha ancora fatta una giusta. Il problema è che anche le opposizioni non ne stanno facendo una giusta. Tutti stanno facendo a gara a chi sbaglia di più.
venerdì 24 agosto 2018
Un cognome non semplice
Vorrei parlarvi di una cosa relativa alla nave Diciotti bloccata a Catania con profughi ed equipaggio di fatto imprigionati a bordo (non servono links, sapete tutti di cosa parlo).
Ma non ve ne voglio parlare in termini politici, morali o giuridici.
Vi sconvolgerà, ma ve ne voglio parlare in termini linguistici.
In particolare voglio parlarvi del cognome del suo comandante, il Capitano di Fregata Massimo Kothmeir.
Ora, capisco che Kothmeir non è precisamente il più tipico dei cognomi italiani.
Però... perché tanti sbagliano questo cognome e lo scrivono come Kothmeier invece che Kothmeir? (Prima che ci fraintendiamo: si tratta di errore comune sia tra chi lo attacca che tra chi lo difende, quindi non stiamo parlando di storpiature volontarie, che comunque non avrebbero avuto senso, visto che l'aggiunta di una "e" non conferisce particolari significati alla parola).
Non mi pare che il cognome sbagliato sia più semplice di quello giusto. Anzi, ha una lettera in più.
Qualcuno mi spiega il mistero?
Saluti,
Mauro.
Ma non ve ne voglio parlare in termini politici, morali o giuridici.
Vi sconvolgerà, ma ve ne voglio parlare in termini linguistici.
In particolare voglio parlarvi del cognome del suo comandante, il Capitano di Fregata Massimo Kothmeir.
Ora, capisco che Kothmeir non è precisamente il più tipico dei cognomi italiani.
Però... perché tanti sbagliano questo cognome e lo scrivono come Kothmeier invece che Kothmeir? (Prima che ci fraintendiamo: si tratta di errore comune sia tra chi lo attacca che tra chi lo difende, quindi non stiamo parlando di storpiature volontarie, che comunque non avrebbero avuto senso, visto che l'aggiunta di una "e" non conferisce particolari significati alla parola).
Non mi pare che il cognome sbagliato sia più semplice di quello giusto. Anzi, ha una lettera in più.
Qualcuno mi spiega il mistero?
Saluti,
Mauro.
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giovedì 23 agosto 2018
Berlusconi vs. Casaleggio
Fin dall'inizio c'è stato un evidentissimo parallelo tra Forza Italia e il Movimento 5 Stelle: entrambi sono partiti di proprietà di un'azienda.
FI direttamente di Publitalia e indirettamente di Mediaset/Fininvest.
M5S direttamente di Casaleggio Associati e indirettamente di chissà chi.
Però questo evidente parallelo porta alla luce anche una differenza. Differenza che permette di rivalutare (ok, rivalutare è parola grossa, diciamo svalutare di meno) Berlusconi nei confronti dei due Casaleggio.
Berlusconi ci ha sempre messo la faccia, si è candidato, ha ricoperto cariche sia di partito che istituzionali.
I due Casaleggio invece si sono sempre nascosti, hanno sempre lavorato nell'ombra, non hanno mai voluto ricoprire cariche ma le hanno sempre volute controllare.
Pur con tutto il male che penso e ho sempre pensato di Berlusconi, non serve che vi spieghi chi tra lui e i Casaleggio è più pericoloso, vero?
Saluti,
Mauro.
FI direttamente di Publitalia e indirettamente di Mediaset/Fininvest.
M5S direttamente di Casaleggio Associati e indirettamente di chissà chi.
Però questo evidente parallelo porta alla luce anche una differenza. Differenza che permette di rivalutare (ok, rivalutare è parola grossa, diciamo svalutare di meno) Berlusconi nei confronti dei due Casaleggio.
Berlusconi ci ha sempre messo la faccia, si è candidato, ha ricoperto cariche sia di partito che istituzionali.
I due Casaleggio invece si sono sempre nascosti, hanno sempre lavorato nell'ombra, non hanno mai voluto ricoprire cariche ma le hanno sempre volute controllare.
Pur con tutto il male che penso e ho sempre pensato di Berlusconi, non serve che vi spieghi chi tra lui e i Casaleggio è più pericoloso, vero?
Saluti,
Mauro.
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mercoledì 22 agosto 2018
Quanto dura un anno scolastico in Italia e Germania?
Fin da quando ho cominciato ad andare a scuola ho sempre sentito la tiritera che in Italia si fanno troppe vacanze, che bisogna prendere esempio dalla Germania, dove le vacanze durano un mese e mezzo e non tre, eccetera, eccetera.
Oggi un tweet di Lorenzo Bini Smaghi mi ha fatto tornare in mente questa eterna polemica:
Oggi un tweet di Lorenzo Bini Smaghi mi ha fatto tornare in mente questa eterna polemica:
Segnatevi bene la frase tra parentesi, è molto importante: non del numero di giorni di scuola complessivi nell'anno scolastico.
Ho quindi provato a fare due conti, paragonando la mia regione di provenienza (la Liguria) con il Land tedesco dove vivo (la Baviera). E ho usato come riferimento l'ultimo anno scolastico completato, il 2017/2018.
Prendendo altre regioni o Länder i numeri variano di molto poco, giusto due o tre giorni in più o in meno nel totale.
Che risultato ho ottenuto?
In Liguria le scuole sono cominciate il 14/09/2017 e sono terminate il 12/06/2018. In Baviera sono cominciate il 12/09/2017 e sono terminate il 27/07/2018.
Quindi nel totale gli scolari in Liguria sono andati a scuola per 206 giorni totali, mentre in Baviera per 185.
Vedo che state saltando sulla sedia.
State pensando che non so più fare i conti: in Baviera sono andati a scuola un mese e mezzo più a lungo e hanno fatto ventuno giorni di scuola di meno?
Sì, è proprio così 😎
Seguitemi.
In Italia (e quindi in Liguria) si va a scuola dal lunedì al sabato, cioè sei giorni la settimana.
In Germania (e quindi in Baviera) dal lunedì al venerdì, cioè cinque giorni la settimana.
In Germania (e quindi in Baviera) dal lunedì al venerdì, cioè cinque giorni la settimana.
E già questo di fatto compensa quel mese e mezzo in più apparente di scuola in Germania.
Ma tutto ciò non basta.
In Italia ci sono stati undici giorni festivi nazionali a cui la Liguria ha aggiunto sedici giorni di vacanza tra Pasqua, Natale e un paio di ponti.
In Germania ci sono stati tredici giorni di festività nazionali a cui la Baviera ha aggiunto trentadue giorni di vacanza tra Pasqua, Natale, Pentecoste, ferie autunnali e ferie invernali (a febbraio queste, non sono le vacanze natalizie).
E qui si spiegano quei ventuno giorni di scuola in più in Liguria.
Capite ora perché Bini Smaghi ha fatto quella precisazione tra parentesi? 😉
Il fatto che in Italia si vada a scuola meno che in Germania è una leggenda metropolitana, come avete visto.
Poi che si possa benissimo sostenere che la distribuzione dei giorni di scuola in Germania durante l'anno sia più efficace, più utile che quella in Italia (io non lo so, ci sarà chi è d'accordo e chi no) è vero, ma non venitemi a dire che gli scolari tedeschi lavorino di più di quelli italiani.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
E no, anche contando le ore e non i giorni, i ragazzi italiani stanno di più a scuola, ma qui il conto è più lungo e meno univoco (visto che in entrambi i paesi in questo senso ci sono pure differenze da scuola a scuola, non solo da regione a regione).
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Una notizia che non mi quadra
Secondo Repubblica un hotel a Cervia avrebbe cancellato una prenotazione perché la cliente ha avvertito di essere vegetariana (qui l'articolo completo):
Ora, sinceramente la notizia non mi quadra: la cucina italiana (di ogni regione) prevede un sacco di ricette vegetariane, non comprendenti carne o pesce (anche se c'è chi si definisce vegetariano pur mangiando pesce, come raccontai qui).
Qualsiasi ristorante, che sia di un albergo o meno, ha nel suo menu piatti senza carne o pesce, magari pochi ma li ha di sicuro.
Anzi, dico di più, la cosa è talmente normale che un vegetariano neanche ha motivo di specificare di esserlo quando prenota o si presenta (magari un vegano sì, visto che lì la cosa è più complicata, ma un vegetariano?).
Siamo sicuri che il problema sia quello e la cliente non abbia avuto pretese ulteriori?
Cercherò altre fonti. O magari chiederò direttamente a quelli dell'albergo.
Saluti,
Mauro.
Aggiornamento 18.11.2018:
Poi scrissi veramente all'albergo per avere conferma o smentita. So che hanno aperto la mia mail perché avevo chiesto la ricevuta di lettura (che in realtà certifica solo che la mail è stata aperta, non che sia stata anche veramente letta) e me la hanno mandata. Ma una risposta non è mai arrivata.
Aggiornamento 18.11.2018:
Poi scrissi veramente all'albergo per avere conferma o smentita. So che hanno aperto la mia mail perché avevo chiesto la ricevuta di lettura (che in realtà certifica solo che la mail è stata aperta, non che sia stata anche veramente letta) e me la hanno mandata. Ma una risposta non è mai arrivata.
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lunedì 20 agosto 2018
Ora invece serve la Politica
Dopo la tragedia del Ponte Morandi, come quasi sempre dopo le tragedie (non solo in Italia), si dice che la politica deve tacere, che è ora di fare un passo indietro, essere uniti, eccetera, eccetera.
Se con politica si intende la campagna elettorale continua e le guerre tra partiti, sì è vero: la politica deve tacere.
Ma se per politica intendiamo quella con la P maiuscola, la Politica che ha veramente a che fare con la Pólis, allora invece soprattutto questi sono i momenti in cui la Politica deve parlare, deve far sentire la sua voce. E far vedere fatti.
Mettere da parte polemiche e beghe, sì, mettere da parte la politica, no.
Ora serve la Politica, perché è la Politica che deve decidere sulle infrastrutture (che in uno Stato sono vitali, necessarie, che piacciano o no).
Ora serve la Politica, perché è la Politica che può e deve garantire che queste tragedie non capitino più o che se dovessero capitare per cause imprevedibili, facciano il meno danni e vittime possibili.
Ora serve la Politica, perché è la Politica che non deve abbandonare chi è stato colpito dalla tragedia (eventuali risarcimenti li pagherà chi è colpevole, ma il sostegno non monetario è compito dello Stato).
Ora serve la Politica, perché è ora che lo Stato ha bisogno di una guida forte, di avere una direzione precisa e coerente.
Ora serve la Politica, perché... la lista delle cose per cui serve è troppo lunga per un blog.
Mi dite che di queste cose ce n'è bisogno sempre?
Avete completamente ragione. Ma ora di più.
Anche perché la Politica con la P maiuscola si è nascosta ormai da troppo tempo. Per lo meno dall'implosione di DC e PCI, se non già da prima.
Saluti,
Mauro.
Se con politica si intende la campagna elettorale continua e le guerre tra partiti, sì è vero: la politica deve tacere.
Ma se per politica intendiamo quella con la P maiuscola, la Politica che ha veramente a che fare con la Pólis, allora invece soprattutto questi sono i momenti in cui la Politica deve parlare, deve far sentire la sua voce. E far vedere fatti.
Mettere da parte polemiche e beghe, sì, mettere da parte la politica, no.
Ora serve la Politica, perché è la Politica che deve decidere sulle infrastrutture (che in uno Stato sono vitali, necessarie, che piacciano o no).
Ora serve la Politica, perché è la Politica che può e deve garantire che queste tragedie non capitino più o che se dovessero capitare per cause imprevedibili, facciano il meno danni e vittime possibili.
Ora serve la Politica, perché è la Politica che non deve abbandonare chi è stato colpito dalla tragedia (eventuali risarcimenti li pagherà chi è colpevole, ma il sostegno non monetario è compito dello Stato).
Ora serve la Politica, perché è ora che lo Stato ha bisogno di una guida forte, di avere una direzione precisa e coerente.
Ora serve la Politica, perché... la lista delle cose per cui serve è troppo lunga per un blog.
Mi dite che di queste cose ce n'è bisogno sempre?
Avete completamente ragione. Ma ora di più.
Anche perché la Politica con la P maiuscola si è nascosta ormai da troppo tempo. Per lo meno dall'implosione di DC e PCI, se non già da prima.
Saluti,
Mauro.
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venerdì 17 agosto 2018
Quando non ci si capisce
Se tu dici una cosa e le persone a cui la dici, o che comunque la sentono o leggono, ti capiscono male, cosa significa questo?
Le persone intelligenti sanno che generalmente i nostri pensieri sono più articolati delle nostre parole, cioè che dietro le parole che dico ci sta (non sempre, ma generalmente) decisamente di più di quelle parole stesse. Il pensiero è molto più veloce della lingua... tu pensi cento parole nel tempo in cui al massimo riesci a dirne dieci.
Quindi il primo pensiero di una persona intelligente è quello di non essersi spiegato bene. Sempre (anche quando in realtà sa di essersi spiegato benissimo).
Per questo la persona intelligente prova a spiegarsi con altre parole, cercando di articolare in maniera più completa il proprio pensiero.
Se anche in questo caso la comprensione non arriva, il secondo pensiero della persona intelligente è che tra lui e l'interlocutore (o gli interlocutori) ci sia una differenza culturale che li fa parlare due linguaggi diversi, anche se nella stessa lingua.
E quindi prova a cambiare ancora il proprio modo di esprimersi.
Solo se anche in questo caso, al terzo tentativo, la cosa non funziona la persona intelligente pensa che il problema non sia lui, ma l'interlocutore.
E rinuncia (o lo manda al diavolo, il che in fondo è lo stesso).
Questo a meno di non essere arroganti depositari della verità assoluta e della chiarezza assoluta. E che quindi tutti quelli che non sono stupidi idioti devono capirvi subito.
Ma, credetemi, in quel caso siete sì arroganti, ma per il resto depositari di un bel nulla. Anzi, siete totali ignoranti.
Saluti,
Mauro.
Le persone intelligenti sanno che generalmente i nostri pensieri sono più articolati delle nostre parole, cioè che dietro le parole che dico ci sta (non sempre, ma generalmente) decisamente di più di quelle parole stesse. Il pensiero è molto più veloce della lingua... tu pensi cento parole nel tempo in cui al massimo riesci a dirne dieci.
Quindi il primo pensiero di una persona intelligente è quello di non essersi spiegato bene. Sempre (anche quando in realtà sa di essersi spiegato benissimo).
Per questo la persona intelligente prova a spiegarsi con altre parole, cercando di articolare in maniera più completa il proprio pensiero.
Se anche in questo caso la comprensione non arriva, il secondo pensiero della persona intelligente è che tra lui e l'interlocutore (o gli interlocutori) ci sia una differenza culturale che li fa parlare due linguaggi diversi, anche se nella stessa lingua.
E quindi prova a cambiare ancora il proprio modo di esprimersi.
Solo se anche in questo caso, al terzo tentativo, la cosa non funziona la persona intelligente pensa che il problema non sia lui, ma l'interlocutore.
E rinuncia (o lo manda al diavolo, il che in fondo è lo stesso).
Questo a meno di non essere arroganti depositari della verità assoluta e della chiarezza assoluta. E che quindi tutti quelli che non sono stupidi idioti devono capirvi subito.
Ma, credetemi, in quel caso siete sì arroganti, ma per il resto depositari di un bel nulla. Anzi, siete totali ignoranti.
Saluti,
Mauro.
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Uno stuzzicante Taser
E ci è cascato anche Linkiesta in questo articolo:
Il Taser che diventa Teaser.
Ed è un errore che vedo sempre più spesso, sui social ma anche sui giornali e altrove. Ormai per la gente comune sembra che siano sinonimi.
Ma cos'è un Taser? Sostanzialmente una pistola per elettroschock, un aggeggio che produce una scarica elettrica atta a mettere KO (se la potenza è regolata male anche a mettere KO per sempre...).
E cos'è un Teaser? In pratica una specie di stuzzichino pubblicitario (dal verbo inglese to tease, cioè stuzzicare) che deve farti venire la curiosità per qualcosa che verrà dopo.
Io sinceramente però i Taser non li trovo per niente stuzzicanti.
Saluti,
Mauro.
Il Taser che diventa Teaser.
Ed è un errore che vedo sempre più spesso, sui social ma anche sui giornali e altrove. Ormai per la gente comune sembra che siano sinonimi.
Ma cos'è un Taser? Sostanzialmente una pistola per elettroschock, un aggeggio che produce una scarica elettrica atta a mettere KO (se la potenza è regolata male anche a mettere KO per sempre...).
E cos'è un Teaser? In pratica una specie di stuzzichino pubblicitario (dal verbo inglese to tease, cioè stuzzicare) che deve farti venire la curiosità per qualcosa che verrà dopo.
Io sinceramente però i Taser non li trovo per niente stuzzicanti.
Saluti,
Mauro.
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giovedì 16 agosto 2018
Tragedia del Ponte Morandi a Genova 4
Perché bisogna ricostruire bene ma anche alla svelta (o un nuovo ponte o la famosa Gronda):
1) La città è spaccata in due;
2) Il traffico a Genova è un casino anche col ponte, figuriamoci senza;
3) Il porto - il più importante porto d'Italia - senza il ponte ha grossi problemi di collegamento col resto d'Italia/d'Europa;
4) Aeroporto e centro città si trovano sui due lati opposti del ponte;
5) Quell'autostrada è il principale - di fatto l'unico - collegamento tra Italia pensinsulare e Francia/Spagna.
Non serve che vi dica cosa significano economicamente queste cose per Genova e per l'Italia tutta, soprattutto i punti 3 e 5, vero?
Saluti,
Mauro.
1) La città è spaccata in due;
2) Il traffico a Genova è un casino anche col ponte, figuriamoci senza;
3) Il porto - il più importante porto d'Italia - senza il ponte ha grossi problemi di collegamento col resto d'Italia/d'Europa;
4) Aeroporto e centro città si trovano sui due lati opposti del ponte;
5) Quell'autostrada è il principale - di fatto l'unico - collegamento tra Italia pensinsulare e Francia/Spagna.
Non serve che vi dica cosa significano economicamente queste cose per Genova e per l'Italia tutta, soprattutto i punti 3 e 5, vero?
Saluti,
Mauro.
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mercoledì 15 agosto 2018
Tragedia del Ponte Morandi a Genova 3
Il Ponte Morandi a Genova è crollato proprio sopra il fiume, dove - per quanto l'affermazione possa sembrare cinica - ha fatto il meno danni possibili.
Avrebbe potuto crollare la parte sopra le case o sopra la ferrovia. E allora i morti ci sarebbero stati non solo tra chi percorreva il ponte, ma anche tra chi ci stava sotto. E sarebbero stati molti, ma molti di più.
Qualcuno ha definito la cosa un miracolo. E io stesso, a caldo, in un tweet la ho definita mezzo miracolo.
Ora però, a freddo, devo correggermi: non è stato un miracolo. È stata intelligenza.
Il Ponte Morandi era a rischio. La cosa è nota al più tardi da fine anni '80.
Il problema è che il ponte non si poteva chiudere prima della costruzione della cosiddetta Gronda (cioè del raddoppio/spostamento dell'autostrada a monte): chiuderlo significava chiudere il principale (di fatto l'unico) collegamento tra l'Italia peninsulare e Spagna e Francia (e tramite Francia anche in parte Regno Unito).
Il ponte non poteva venire chiuso, ma aveva bisogno di lavori continui.
E qui sta l'intelligenza: non potendo curare continuamente tutto il ponte, si è data la precedenza alle parti che avrebbero potuto causare più danni. Cioè le parti sopra le case e sopra la ferrovia. La parte sopra il fiume veniva - cinicamente, ma giustamente - dopo.
Saluti,
Mauro.
Avrebbe potuto crollare la parte sopra le case o sopra la ferrovia. E allora i morti ci sarebbero stati non solo tra chi percorreva il ponte, ma anche tra chi ci stava sotto. E sarebbero stati molti, ma molti di più.
Qualcuno ha definito la cosa un miracolo. E io stesso, a caldo, in un tweet la ho definita mezzo miracolo.
Ora però, a freddo, devo correggermi: non è stato un miracolo. È stata intelligenza.
Il Ponte Morandi era a rischio. La cosa è nota al più tardi da fine anni '80.
Il problema è che il ponte non si poteva chiudere prima della costruzione della cosiddetta Gronda (cioè del raddoppio/spostamento dell'autostrada a monte): chiuderlo significava chiudere il principale (di fatto l'unico) collegamento tra l'Italia peninsulare e Spagna e Francia (e tramite Francia anche in parte Regno Unito).
Il ponte non poteva venire chiuso, ma aveva bisogno di lavori continui.
E qui sta l'intelligenza: non potendo curare continuamente tutto il ponte, si è data la precedenza alle parti che avrebbero potuto causare più danni. Cioè le parti sopra le case e sopra la ferrovia. La parte sopra il fiume veniva - cinicamente, ma giustamente - dopo.
Saluti,
Mauro.
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Chi è colpevole del fascismo
Non chi si candida.
Il colpevole è chi lo vota. E poi fa finta di non averlo votato.
Saluti,
Mauro.
Il colpevole è chi lo vota. E poi fa finta di non averlo votato.
Saluti,
Mauro.
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martedì 14 agosto 2018
Tragedia del Ponte Morandi a Genova 2
Un paio di considerazioni sparse.
1) Chiunque viva a Genova o abbia conoscenze tecniche nel settore sapeva al più tardi da fine anni '80 che il ponte era a rischio.
2) Le affermazioni di Salvini che implicitamente accusano l'austerità "imposta" dall'Europa (non è una fake news: chiunque abbia visto il TG1 delle 20:00 stasera lo ha sentito dalla sua stessa voce) sono pura idiozia: il Ponte Morandi è a gestione privata e le regole europee riguardano solo il pubblico.
3) Non è un problema solo genovese: quel ponte è (era, purtroppo) il collegamento principale (in realtà di fatto unico) tra l'Italia peninsulare e Spagna e Francia (e, tramite Francia, anche UK).
4) Ponti a rischio simile ce ne sono purtroppo in quantità dappertutto: non per niente qui in Germania è scoppiato il panico dopo la tragedia genovese.
Saluti,
Mauro.
1) Chiunque viva a Genova o abbia conoscenze tecniche nel settore sapeva al più tardi da fine anni '80 che il ponte era a rischio.
2) Le affermazioni di Salvini che implicitamente accusano l'austerità "imposta" dall'Europa (non è una fake news: chiunque abbia visto il TG1 delle 20:00 stasera lo ha sentito dalla sua stessa voce) sono pura idiozia: il Ponte Morandi è a gestione privata e le regole europee riguardano solo il pubblico.
3) Non è un problema solo genovese: quel ponte è (era, purtroppo) il collegamento principale (in realtà di fatto unico) tra l'Italia peninsulare e Spagna e Francia (e, tramite Francia, anche UK).
4) Ponti a rischio simile ce ne sono purtroppo in quantità dappertutto: non per niente qui in Germania è scoppiato il panico dopo la tragedia genovese.
Saluti,
Mauro.
lunedì 13 agosto 2018
Genitori che non ci sono, ma ci sono
Prima che ci fraintendiamo: non parlo di genitori stronzi (anche se
esistono, purtroppo), ma parlo di documenti e di cosa su detti documenti
è riportato.
E parto da un tweet di Salvini:
E io stesso, confesso, ci ero cascato. Nel senso che ho creduto che Salvini parlasse di cose concrete, e in detta convinzione ho twittato questo:
Il problema è che... sulla carta d'identità dei minori in Italia c'è già quello che chiedo io e non c'è mai stato Genitore 1/Genitore 2.
Qui il modulo per la richiesta:
E qui un'immagine (tagliata per ovvi motivi) del documento stesso:
Insomma, Salvini ha parlato del nulla. E come al solito l'Italia ci è cascata.
Stavolta anch'io (ma più grave è che ci siano cascate le opposizioni, di tutti i colori).
Saluti,
Mauro.
E parto da un tweet di Salvini:
E io stesso, confesso, ci ero cascato. Nel senso che ho creduto che Salvini parlasse di cose concrete, e in detta convinzione ho twittato questo:
Il problema è che... sulla carta d'identità dei minori in Italia c'è già quello che chiedo io e non c'è mai stato Genitore 1/Genitore 2.
Qui il modulo per la richiesta:
E qui un'immagine (tagliata per ovvi motivi) del documento stesso:
Insomma, Salvini ha parlato del nulla. E come al solito l'Italia ci è cascata.
Stavolta anch'io (ma più grave è che ci siano cascate le opposizioni, di tutti i colori).
Saluti,
Mauro.
sabato 11 agosto 2018
Vivere di decreti legge
Lo strumento del decreto legge nella Repubblica Italiana esiste da sempre.
È uno strumento che ha un senso ben preciso e concreto: reagire a un'emergenza per la quale non esiste uno strumento legislativo adeguato e che richiede un intervento immediato, incompatibile coi tempi di una discussione parlamentare.
Proprio per questo ha durata limitata (60 giorni) e poi o viene convertito in legge dal Parlamento o decade (il Parlamento può anche modificarlo prima di convertirlo oppure può anche sostituirlo con legge alternativa).
Insomma, il decreto legge è uno strumento che serve a tappare un buco quando "piuttosto che niente meglio piuttosto".
Nei governi del nuovo millennio invece il decreto legge sembra diventato lo strumento principe dell'azione di governo. Di qualsiasi governo, senza eccezioni.
Perché?
Generalmente viene presentato come motivo per ciò la voglia dei governi di sostituirsi al Parlamento, l'insofferenza crescente verso il sistema parlamentare, visto come una palla al piede da chi chiede di "lasciarlo governare".
E quindi il decreto legge diventa uno strumento di pressione: più decreti legge si fanno (magari reiterandoli con i necessari cambiamenti per poterlo fare senza andare contro legge e Costituzione), più la maggioranza in Parlamento viene costretta a schiacciarsi sulla posizione del Governo e più l'opposizione perde voce.
Perché in Parlamento ci sono sia la maggioranza che l'opposizione e, in una democrazia funzionante, il Parlamento è il luogo del dialogo. Magari aspro, ma pur sempre dialogo.
Invece il Governo è pura espressione della maggioranza, magari estemporanea, ma pur sempre maggioranza.
E tutti i partiti - e sottolineo tutti - sembrano aver perso la capacità (o la volontà) di capire cosa significhi "democrazia parlamentare". Si è creato il mito che la maggioranza è il popolo e quindi il Parlamento non serve.
E allora quale strumento migliore del decreto legge? Il decreto legge è prodotto dal governo... e al governo non c'è da discutere con l'opposizione. Il governo, contrariamente al Parlamento, non perde tempo.
Tutto vero, tutto giusto (e non solo in Italia), ma io sono convinto che ci sia anche un secondo motivo dietro al dilagare dei decreti legge, non meno importante di quello descritto.
Il fumo negli occhi.
Il decreto legge è uno strumento ottimo per far credere che si faccia qualcosa, che si sappia cosa si sta facendo.
Tanto al peggio poi lo si lascia decadere nel silenzio.
Basta fare sufficiente tam tam al momento della sua emanazione e poi far finta di niente e passare oltre fischiettando dopo sessanta giorni, quando andrebbe convertito. Tanto l'elettore ha memoria corta, lo si frega bene a questo modo.
E così, un decreto legge qui, una dichiarazione là, una circolare lì e... ma belin, come si impegna questo governo!
E invece, di concreto nulla.
Saluti,
Mauro.
È uno strumento che ha un senso ben preciso e concreto: reagire a un'emergenza per la quale non esiste uno strumento legislativo adeguato e che richiede un intervento immediato, incompatibile coi tempi di una discussione parlamentare.
Proprio per questo ha durata limitata (60 giorni) e poi o viene convertito in legge dal Parlamento o decade (il Parlamento può anche modificarlo prima di convertirlo oppure può anche sostituirlo con legge alternativa).
Insomma, il decreto legge è uno strumento che serve a tappare un buco quando "piuttosto che niente meglio piuttosto".
Nei governi del nuovo millennio invece il decreto legge sembra diventato lo strumento principe dell'azione di governo. Di qualsiasi governo, senza eccezioni.
Perché?
Generalmente viene presentato come motivo per ciò la voglia dei governi di sostituirsi al Parlamento, l'insofferenza crescente verso il sistema parlamentare, visto come una palla al piede da chi chiede di "lasciarlo governare".
E quindi il decreto legge diventa uno strumento di pressione: più decreti legge si fanno (magari reiterandoli con i necessari cambiamenti per poterlo fare senza andare contro legge e Costituzione), più la maggioranza in Parlamento viene costretta a schiacciarsi sulla posizione del Governo e più l'opposizione perde voce.
Perché in Parlamento ci sono sia la maggioranza che l'opposizione e, in una democrazia funzionante, il Parlamento è il luogo del dialogo. Magari aspro, ma pur sempre dialogo.
Invece il Governo è pura espressione della maggioranza, magari estemporanea, ma pur sempre maggioranza.
E tutti i partiti - e sottolineo tutti - sembrano aver perso la capacità (o la volontà) di capire cosa significhi "democrazia parlamentare". Si è creato il mito che la maggioranza è il popolo e quindi il Parlamento non serve.
E allora quale strumento migliore del decreto legge? Il decreto legge è prodotto dal governo... e al governo non c'è da discutere con l'opposizione. Il governo, contrariamente al Parlamento, non perde tempo.
Tutto vero, tutto giusto (e non solo in Italia), ma io sono convinto che ci sia anche un secondo motivo dietro al dilagare dei decreti legge, non meno importante di quello descritto.
Il fumo negli occhi.
Il decreto legge è uno strumento ottimo per far credere che si faccia qualcosa, che si sappia cosa si sta facendo.
Tanto al peggio poi lo si lascia decadere nel silenzio.
Basta fare sufficiente tam tam al momento della sua emanazione e poi far finta di niente e passare oltre fischiettando dopo sessanta giorni, quando andrebbe convertito. Tanto l'elettore ha memoria corta, lo si frega bene a questo modo.
E così, un decreto legge qui, una dichiarazione là, una circolare lì e... ma belin, come si impegna questo governo!
E invece, di concreto nulla.
Saluti,
Mauro.
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mercoledì 8 agosto 2018
No, Foodora non se ne va per il decreto dignità
L'errore che in questo momento mezza Italia sta facendo è quello di credere che Foodora se ne vada dall'Italia a causa del decreto Di Maio, alias decreto dignità.
E giù a dire "prima guadagnavano poco, ora non guadagnano nulla" e amenità simili.
Guardate, dimentichiamo per un attimo se detto decreto sia buono o cattivo, fatto bene o fatto male. Dimentichiamolo, tanto con Foodora non c'entra nulla.
Credete che un'azienda come Foodora si lasci spaventare da un decreto se vede che il mercato è promettente e redditizio? Ma non scherziamo.
Se il mercato è promettente e redditizio l'azienda o si adatta o fa studiare ai propri legali modi di aggirare il decreto. Non è che se ne va e basta. Quello lo farebbe solo se il decreto dovesse imporre una parziale nazionalizzazione o la presenza di esponenti del governo nella dirigenza.
Non per niente Foodora insieme a quello italiano sta lasciando anche altri mercati: Australia, Paesi Bassi e Francia. E non ditemi che le legislazioni australiana e soprattutto olandese siano nemiche delle aziende e dei "nuovi" lavori. Quello al massimo vale per quella francese.
Ergo: Foodora dall'Italia se ne va perché il mercato italiano non è sufficientemente redditizio. E se ne sarebbe andata comunque. Forse un po' più tardi, ma comunque.
Del resto aveva già dichiarato che in Italia c'era troppa concorrenza... non mi pare che la concorrenza l'abbia introdotta il decreto (anzi, il decreto rischiava addirittura di ridurla... anche se non in maniera sana e positiva per la clientela).
Quello che Di Maio col suo decreto ha fatto non è stato far scappare Foodora, bensì salvare l'immagine di Foodora.
Infatti tutti ora danno la colpa a Di Maio.
E chiudono gli occhi sulle politiche aziendali di Foodora.
Ergo, Di Maio ha fatto un favore a Foodora.
Saluti,
Mauro.
E giù a dire "prima guadagnavano poco, ora non guadagnano nulla" e amenità simili.
Guardate, dimentichiamo per un attimo se detto decreto sia buono o cattivo, fatto bene o fatto male. Dimentichiamolo, tanto con Foodora non c'entra nulla.
Credete che un'azienda come Foodora si lasci spaventare da un decreto se vede che il mercato è promettente e redditizio? Ma non scherziamo.
Se il mercato è promettente e redditizio l'azienda o si adatta o fa studiare ai propri legali modi di aggirare il decreto. Non è che se ne va e basta. Quello lo farebbe solo se il decreto dovesse imporre una parziale nazionalizzazione o la presenza di esponenti del governo nella dirigenza.
Non per niente Foodora insieme a quello italiano sta lasciando anche altri mercati: Australia, Paesi Bassi e Francia. E non ditemi che le legislazioni australiana e soprattutto olandese siano nemiche delle aziende e dei "nuovi" lavori. Quello al massimo vale per quella francese.
Ergo: Foodora dall'Italia se ne va perché il mercato italiano non è sufficientemente redditizio. E se ne sarebbe andata comunque. Forse un po' più tardi, ma comunque.
Del resto aveva già dichiarato che in Italia c'era troppa concorrenza... non mi pare che la concorrenza l'abbia introdotta il decreto (anzi, il decreto rischiava addirittura di ridurla... anche se non in maniera sana e positiva per la clientela).
Quello che Di Maio col suo decreto ha fatto non è stato far scappare Foodora, bensì salvare l'immagine di Foodora.
Infatti tutti ora danno la colpa a Di Maio.
E chiudono gli occhi sulle politiche aziendali di Foodora.
Ergo, Di Maio ha fatto un favore a Foodora.
Saluti,
Mauro.
sabato 4 agosto 2018
Quelli che basta essere contro Mattarella
Ci sono in rete persone che si sono poste come missione il contestare a priori e a prescindere Mattarella (ed essere a priori e a prescindere a favore di Salvini).
Non so perché lo fanno, visto che si presentano come difensori dei fatti e dell'obiettività, ma pur di attaccare Mattarella e difendere Salvini violentano ogni possibile fatto e obiettività.
Certo, Mattarella non ha sempre ragione e Salvini non ha sempre torto, vero.
Ma per le persone di cui parlo vale comunque il motto: Mattarella ha sempre torto a priori e Salvini sempre ragione a priori.
E spesso cadono nella contraddizione che quando Salvini è in accordo con Mattarella (o per lo meno non contrario), pur di dare comunque contro a Mattarella, attribuiscono a Salvini accuse nate non da lui ma dal M5S (che, oltre che essere assurde, dimostrano oltretutto palesemente che a certi figuri non interessano i fatti ma solo le proprie idiosincrasie).
A queste persone dico: Mattarella non è perfetto, anzi, ma di diritto e Costituzione ne sa e capisce più di voi. Molto di più. Rassegnatevi.
Saluti,
Mauro.
Non so perché lo fanno, visto che si presentano come difensori dei fatti e dell'obiettività, ma pur di attaccare Mattarella e difendere Salvini violentano ogni possibile fatto e obiettività.
Certo, Mattarella non ha sempre ragione e Salvini non ha sempre torto, vero.
Ma per le persone di cui parlo vale comunque il motto: Mattarella ha sempre torto a priori e Salvini sempre ragione a priori.
E spesso cadono nella contraddizione che quando Salvini è in accordo con Mattarella (o per lo meno non contrario), pur di dare comunque contro a Mattarella, attribuiscono a Salvini accuse nate non da lui ma dal M5S (che, oltre che essere assurde, dimostrano oltretutto palesemente che a certi figuri non interessano i fatti ma solo le proprie idiosincrasie).
A queste persone dico: Mattarella non è perfetto, anzi, ma di diritto e Costituzione ne sa e capisce più di voi. Molto di più. Rassegnatevi.
Saluti,
Mauro.
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Riflessioni sul codice della strada
Sinceramente, in tutto il mondo abbiamo un problema col codice della strada.
Il codice della strada (per chi volesse leggerlo, qui quello valido in Italia e qui quello valido in Germania) è una legge che riguarda tutti. Del resto, a meno di non essere eremiti lontani dal mondo o ergastolani senza speranza di grazia, prima o poi tutti ci ritroviamo per strada. Come automobilisti, pedoni, ciclisti, cavallerizzi o altro... ma tutti ci ritroviamo prima o poi per strada.
Però non tutti siamo tenuti a conoscere questa legge: solo chi vuole prendere una patente per un veicolo a motore viene sottoposto a un esame che ne provi la conoscenza.
Facciamo due esempi di regole che riguardano tutti, ma che solo gli automobilisti (e chiunque guidi un veicolo a motore) sono tenuti per legge a conoscere:
1) Quando è concesso attraversare fuori dalle strisce pedonali o da attraversamenti semaforizzati?
2) Si può andare in bicicletta in una zona pedonale?
(Riposte nei commenti, grazie, voglio sapere quanto ne sapete 😉)
Eppure tutti siamo utenti attivi della strada. E il codice della strada riguarda chiunque esca di casa (sì, riguarda anche i marciapiedi e le piste ciclabili, non solo le strade propriamente dette).
E nei paesi civili la non conoscenza della legge può al massimo costituire un'attenuante, ma mai essere veicolo di immunità.
Ora voi mi direte, quanti di noi conoscono la legge sulle armi o quella sulla proprietà immobiliare... eppure tutti possiamo essere colpiti da un proiettile e, soprattutto, tutti viviamo in una casa (eremiti esclusi, ovvio).
Bene, io vi rispondo voi confondete utenza attiva con utenza passiva.
Chiunque voglia legalmente (utenza attiva) possedere o usare un'arma è tenuto a conoscere le leggi al proposito. Se io vengo colpito da un proiettile vagante (utenza passiva) no... e oltretutto che io conosca o meno le leggi sulle armi a quel punto credete faccia differenza?
Se io voglio vendere o comprare un appartamento o un edificio (utenza attiva) sono tenuto a conoscere le leggi sulla proprietà immobiliare. Se io preferisco passare la vita in affitto (utenza passiva) no. A meno di non prendere in affitto in nero (dove entrambe le parti sono perseguibili, ma ciò riguarda anche altre leggi, non si limita alla proprietà immobiliare), l'unico che può avere problemi con la legge che riguarda le proprietà immobiliari è il padrone.
Però, come già detto, tutti siamo utenti attivi della strada. Basta uscire dalla porta di casa per diventare utenti attivi. Utenti passivi lo siamo solo se guardiamo il traffico dalla finestra e non scendiamo mai in strada.
Eppure contrariamente a quanto accade in altri ambiti (vedi le armi o la proprietà immobiliare citati sopra, ma vale in ogni ambito), non tutti gli utenti attivi della strada sono tenuti a conoscerne le leggi relative.
Solo chi vuole prendere una patente per un mezzo a motore è obbligato per legge a conoscere il codice della strada.
E ciò è un pericolo: un pedone, un ciclista, un cavallerizzo senza alcuna patente è un pericolo a priori. Perché, anche se fosse la persona più corretta del mondo, non conosce le leggi che lo riguardano. Peggio: non è tenuto a conoscerle.
E allora che fare?
La soluzione è semplice: il codice stradale deve essere materia scolastica. E per ottenere il diploma scolastico devi dimostrare di conoscerlo.
Poi, se vuoi prendere la patente, darai fuori dalla scuola anche l'esame pratico. Ma la teoria, la conoscenza del codice deve esserti imposta dalla scuola.
Saluti,
Mauro.
Il codice della strada (per chi volesse leggerlo, qui quello valido in Italia e qui quello valido in Germania) è una legge che riguarda tutti. Del resto, a meno di non essere eremiti lontani dal mondo o ergastolani senza speranza di grazia, prima o poi tutti ci ritroviamo per strada. Come automobilisti, pedoni, ciclisti, cavallerizzi o altro... ma tutti ci ritroviamo prima o poi per strada.
Però non tutti siamo tenuti a conoscere questa legge: solo chi vuole prendere una patente per un veicolo a motore viene sottoposto a un esame che ne provi la conoscenza.
Facciamo due esempi di regole che riguardano tutti, ma che solo gli automobilisti (e chiunque guidi un veicolo a motore) sono tenuti per legge a conoscere:
1) Quando è concesso attraversare fuori dalle strisce pedonali o da attraversamenti semaforizzati?
2) Si può andare in bicicletta in una zona pedonale?
(Riposte nei commenti, grazie, voglio sapere quanto ne sapete 😉)
Eppure tutti siamo utenti attivi della strada. E il codice della strada riguarda chiunque esca di casa (sì, riguarda anche i marciapiedi e le piste ciclabili, non solo le strade propriamente dette).
E nei paesi civili la non conoscenza della legge può al massimo costituire un'attenuante, ma mai essere veicolo di immunità.
Ora voi mi direte, quanti di noi conoscono la legge sulle armi o quella sulla proprietà immobiliare... eppure tutti possiamo essere colpiti da un proiettile e, soprattutto, tutti viviamo in una casa (eremiti esclusi, ovvio).
Bene, io vi rispondo voi confondete utenza attiva con utenza passiva.
Chiunque voglia legalmente (utenza attiva) possedere o usare un'arma è tenuto a conoscere le leggi al proposito. Se io vengo colpito da un proiettile vagante (utenza passiva) no... e oltretutto che io conosca o meno le leggi sulle armi a quel punto credete faccia differenza?
Se io voglio vendere o comprare un appartamento o un edificio (utenza attiva) sono tenuto a conoscere le leggi sulla proprietà immobiliare. Se io preferisco passare la vita in affitto (utenza passiva) no. A meno di non prendere in affitto in nero (dove entrambe le parti sono perseguibili, ma ciò riguarda anche altre leggi, non si limita alla proprietà immobiliare), l'unico che può avere problemi con la legge che riguarda le proprietà immobiliari è il padrone.
Però, come già detto, tutti siamo utenti attivi della strada. Basta uscire dalla porta di casa per diventare utenti attivi. Utenti passivi lo siamo solo se guardiamo il traffico dalla finestra e non scendiamo mai in strada.
Eppure contrariamente a quanto accade in altri ambiti (vedi le armi o la proprietà immobiliare citati sopra, ma vale in ogni ambito), non tutti gli utenti attivi della strada sono tenuti a conoscerne le leggi relative.
Solo chi vuole prendere una patente per un mezzo a motore è obbligato per legge a conoscere il codice della strada.
E ciò è un pericolo: un pedone, un ciclista, un cavallerizzo senza alcuna patente è un pericolo a priori. Perché, anche se fosse la persona più corretta del mondo, non conosce le leggi che lo riguardano. Peggio: non è tenuto a conoscerle.
E allora che fare?
La soluzione è semplice: il codice stradale deve essere materia scolastica. E per ottenere il diploma scolastico devi dimostrare di conoscerlo.
Poi, se vuoi prendere la patente, darai fuori dalla scuola anche l'esame pratico. Ma la teoria, la conoscenza del codice deve esserti imposta dalla scuola.
Saluti,
Mauro.
Il turista è il problema
Un turista si fa un bel giro d'Europa, oppure magari visita un solo paese d'Europa, ma di quello vuole godersi il meglio.
Oppure il turista è lui stesso europeo e va solo in un altro paese d'Europa.
E si siede in un locale in Piazza San Marco e paga un caffé 10€.
Oppure si siede in un locale sull'Avenue des Champs-Élysées e paga una birra 15€.
Oppure viene in Germania e a Sylt o a Garmisch-Partenkirchen paga un Hot-Dog tre volte quello che lo pagherebbe a Colonia o Berlino.
E poi si lamenta sui social, pubblica foto del conto qua e là e piange di essere stato fregato.
Però... al massimo si è fregato, non è stato fregato.
In qualsiasi paese d'Europa è obbligatorio per ristoranti, bar e altri locali pubblici esporre i prezzi e in aggiunta segnarli sul menu.
Quindi chiunque entri in un locale ha la possibilità di sapere quanto costi tutto ancora prima di ordinare. O al peggio può confrontare i prezzi sul menu e quelli sul conto prima di pagare anche dopo aver consumato.
E se qualcosa non quadra allora denuncia alla Polizia, non sui social.
Certo, un caffe 10€ o una birra 15€ sono sì moralmente un furto... ma appunto solo moralmente.
Se i locali che ti fanno pagare tanto espongono i menu con i prezzi o segnano i prezzi sul menu che ti portano al tavolo... più che essere loro ladri, sei tu abbelinato.
Perché se rimani lì e paghi e protesti dopo, invece di alzarti e andartene subito... beh, io allora penso male di te. Penso che tu stai cercando di provare a fregare il locale, di farti rimborsare quello che legalmente ti è stato messo in conto.
Mi dici che il menu non c'era nella tua lingua? OK, può essere... però tu puoi al massimo pretendere un menu in inglese oltre alla lingua locale, non puoi pretendere che il menu ci sia in tutte le lingue del mondo.
E inoltre oggi il menu puoi anche eventualmente fotografarlo e fartelo poi tradurre nella tua lingua prima di mettere il locale alla pubblica gogna, anche se dopo aver pagato e lasciato il locale stesso.
Io viaggio molto sia per lavoro che privatamente e posso garantirvi che i locali che cercano di fregarvi facendovi pagare prezzi superiori a quelli scritti sul menu sono molto rari.
Molto più frequenti sono i locali che mettono già sul menu prezzi esagerati... ma se tu ordini in quei locali, sei tu il colpevole: loro te lo avevano scritto che ti avrebbero derubato.
Ergo, generalmente il problema è il cliente (soprattutto il cliente turista), non il locale.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Lo so, c'è anche il caso in cui tu chiedi consiglio al cameriere e lui ti consiglia le cose più costose possibili... moralmente non molto corretto, vero, ma cosa c'è di illegale? Ti ha obbligato con la violenza a ordinare quello che ti ha consigliato?
Oppure il turista è lui stesso europeo e va solo in un altro paese d'Europa.
E si siede in un locale in Piazza San Marco e paga un caffé 10€.
Oppure si siede in un locale sull'Avenue des Champs-Élysées e paga una birra 15€.
Oppure viene in Germania e a Sylt o a Garmisch-Partenkirchen paga un Hot-Dog tre volte quello che lo pagherebbe a Colonia o Berlino.
E poi si lamenta sui social, pubblica foto del conto qua e là e piange di essere stato fregato.
Però... al massimo si è fregato, non è stato fregato.
In qualsiasi paese d'Europa è obbligatorio per ristoranti, bar e altri locali pubblici esporre i prezzi e in aggiunta segnarli sul menu.
Quindi chiunque entri in un locale ha la possibilità di sapere quanto costi tutto ancora prima di ordinare. O al peggio può confrontare i prezzi sul menu e quelli sul conto prima di pagare anche dopo aver consumato.
E se qualcosa non quadra allora denuncia alla Polizia, non sui social.
Certo, un caffe 10€ o una birra 15€ sono sì moralmente un furto... ma appunto solo moralmente.
Se i locali che ti fanno pagare tanto espongono i menu con i prezzi o segnano i prezzi sul menu che ti portano al tavolo... più che essere loro ladri, sei tu abbelinato.
Perché se rimani lì e paghi e protesti dopo, invece di alzarti e andartene subito... beh, io allora penso male di te. Penso che tu stai cercando di provare a fregare il locale, di farti rimborsare quello che legalmente ti è stato messo in conto.
Mi dici che il menu non c'era nella tua lingua? OK, può essere... però tu puoi al massimo pretendere un menu in inglese oltre alla lingua locale, non puoi pretendere che il menu ci sia in tutte le lingue del mondo.
E inoltre oggi il menu puoi anche eventualmente fotografarlo e fartelo poi tradurre nella tua lingua prima di mettere il locale alla pubblica gogna, anche se dopo aver pagato e lasciato il locale stesso.
Io viaggio molto sia per lavoro che privatamente e posso garantirvi che i locali che cercano di fregarvi facendovi pagare prezzi superiori a quelli scritti sul menu sono molto rari.
Molto più frequenti sono i locali che mettono già sul menu prezzi esagerati... ma se tu ordini in quei locali, sei tu il colpevole: loro te lo avevano scritto che ti avrebbero derubato.
Ergo, generalmente il problema è il cliente (soprattutto il cliente turista), non il locale.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Lo so, c'è anche il caso in cui tu chiedi consiglio al cameriere e lui ti consiglia le cose più costose possibili... moralmente non molto corretto, vero, ma cosa c'è di illegale? Ti ha obbligato con la violenza a ordinare quello che ti ha consigliato?
mercoledì 1 agosto 2018
Le domeniche gratis al museo
L'Italia è piena di tesori culturali, ma gli italiani non sono (purtroppo) famosi per essere grandi fruitori di cultura. Però di cultura i politici italiani amano parlare (e soprattutto sparlare).
Quindi era inevitabile che l'annuncio del ministro Bonisoli di cancellare dopo l'estate le domeniche gratis al museo facesse un gran rumore.
Ed era altrettanto inevitabile che da entrambe le parti fosse furore ideologico con ben poco di culturale dentro.
In realtà bisognerebbe porsi e porre due semplici domande:
- Quante persone che non erano mai o quasi mai entrate in un museo hanno sfruttato l'offerta?
- Quante di queste persone sono poi diventate fruitrici dell'offerta culturale del paese (cioè non si sono limitate a una sola visita)?
Se le cifre che costituiscono la risposta a queste due domande (soprattutto alla seconda) sono buone, allora significa che l'offerta delle domeniche gratis al museo è la strada giusta e allora va mantenuta (anche se la hanno introdotta i tuoi "nemici").
Se dette cifre (soprattutto anche qui quella che risponde alla seconda domanda) sono basse, allora significa che l'iniziativa in questione non è la strada giusta e la si può cancellare, ma pensando a fare qualcos'altro visto il problema culturale del Paese.
Qualcuno in questo o nel precedente governo ha pensato a stimare queste cifre?
Se sì, le pubblichi.
Se no, si cerchi di rimediare a questa mancanza.
Tutto qui. Senza ideologie.
Saluti,
Mauro.
Quindi era inevitabile che l'annuncio del ministro Bonisoli di cancellare dopo l'estate le domeniche gratis al museo facesse un gran rumore.
Ed era altrettanto inevitabile che da entrambe le parti fosse furore ideologico con ben poco di culturale dentro.
In realtà bisognerebbe porsi e porre due semplici domande:
- Quante persone che non erano mai o quasi mai entrate in un museo hanno sfruttato l'offerta?
- Quante di queste persone sono poi diventate fruitrici dell'offerta culturale del paese (cioè non si sono limitate a una sola visita)?
Se le cifre che costituiscono la risposta a queste due domande (soprattutto alla seconda) sono buone, allora significa che l'offerta delle domeniche gratis al museo è la strada giusta e allora va mantenuta (anche se la hanno introdotta i tuoi "nemici").
Se dette cifre (soprattutto anche qui quella che risponde alla seconda domanda) sono basse, allora significa che l'iniziativa in questione non è la strada giusta e la si può cancellare, ma pensando a fare qualcos'altro visto il problema culturale del Paese.
Qualcuno in questo o nel precedente governo ha pensato a stimare queste cifre?
Se sì, le pubblichi.
Se no, si cerchi di rimediare a questa mancanza.
Tutto qui. Senza ideologie.
Saluti,
Mauro.
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