martedì 16 febbraio 2021

Le (non) logiche del commercio

Come in tutti i paesi, anche qui in Germania le associazioni di categoria del commercio e del turismo si sono sempre lamentate delle chiusure causa Covid, però devo dire che l'offensiva lanciata da queste negli ultimi giorni non ha precedenti.
Ora, è chiaro che il commercio e il turismo sono i settori che stanno soffrendo di più, però è anche vero che, almeno qui in Germania, i cosiddetti ristori sono corposi (anche se tanti si lamentano che arrivano con enormi ritardi - sia l'accettazione della tua richiesta di ristoro che il ristoro stesso).

Ma non è dei ristori che vi voglio parlare.

Quello di cui vi voglio parlare sono le pecche di logica nei ragionamenti dei rappresentanti di queste associazioni, pecche che al comune cittadino magari sfuggono e lo ingannano, portandolo a dar ragione a chi pecca in logica.

Prendiamo per esempio la presidente dell'associazione degli albergatori e ristoratori bavaresi (DEHOGA Bayern), Angela Inselkammer.
Oggi in radio ho sentito una sua dichiarazione in cui diceva che si può riaprire, anche se non completamente, perché le aperture dei negozi di prima necessità (alimentari, farmacie, ecc.) hanno dimostrato che queste non provocano focolai.
Ma belin, sei scema?
Nei negozi di prima necessità ci vai, appunto, per necessità. Non ti ci fermi come in un ristorante o in una birreria, non ci giri a lungo per vedere le novità come in una libreria o in un negozio d'abbigliamento.
Neanche prima della pandemia lo facevi!
Come fai a non notare la differenza?

Poi sempre in radio ho sentito un albergatore-ristoratore di Norimberga, Bernhard Steichele (dell'Hotel Ristorante "Das Steichele", che posso solo consigliare per quando la pandemia sarà finita, per inciso), che ha detto una cosa apparentemente logica, ma comunque ingannevole...
Lui ha detto che il problema più grosso è il lockdown "a fette", con continui prolungamenti. Preferirebbe piuttosto un lockdown lungo ma certo, in maniera da poter programmare.
Da un lato ha ovviamente ragione, il non poter programmare è un ulteriore fattore di incertezza.
Ma dall'altro lato se il governo facesse una cosa del genere (oltre a vedersi inasprire le prevedibili proteste dei negazionisti e non solo), significherebbe che il governo già sa con buona certezza come andranno i numeri (anche delle nuove varianti, anche di quelle non ancora scoperte) tra due, quattro o otto settimane.

Non credo che neanche il migliore dei governi usando i migliori scienziati come consulenti possa saperlo.
Non riesco a immaginarmi Angela Merkel o i suoi colleghi degli altri paesi con la sfera di cristallo di Amelia, la strega che ammalia.
I governi devono sì cercare di guidare i numeri, ma purtroppo devono reagire di volta in volta ai loro cambiamenti, sia in meglio che in peggio. Senza isterie, ma senza ignorarli.

Saluti,

Mauro.

venerdì 12 febbraio 2021

Veneziani in Alaska

Tutti avrete letto la notizia dei vetri di Murano ritrovati in Alaska e databili a tempi precedenti a Cristoforo Colombo.

A parte che sappiamo già che Colombo non fu il primo ad arrivare in America (anche tralasciando le migrazioni tramite lo stretto di Bering 15000 anni fa, è provato che i vichinghi intorno all'anno 1000 d.C. arrivarono a Terranova, nell'attuale Canada)... c'è un'altra cosa da osservare.
Cosa che la stampa, ovviamente, tace (anzi, forse neanche si è resa conto del punto).

Sì, si sono scoperti vetri di Murano in Alaska.
Sì, questi vetri sono stati datati ad anni precedenti al viaggio di Colombo.
Sì, anche le fibre tessili a loro legate sono state datate ad anni precedenti al viaggio di Colombo.

Ma no, nulla di tutto ciò ci dice che siano arrivati in Alaska prima che Colombo arrivasse nei Caraibi.

Nessuna analisi (per lo meno nessuna analisi pubblicata) ha dimostrato quando questi vetri siano arrivati in Alaska.
Le analisi pubblicate ci dicono solo quando sono stati prodotti.

Facendo un paragone un po' eretico (del resto questo blog si chiama Pensieri Eretici 😉) sarebbe come se un giorno un archeologo o uno storico valutassero il mio arrivo in Germania in base a un ciondolo che porto al collo.
Quel ciondolo è del 1968, essendomi stato regalato per il battesimo.
Ma io in Germania sono arrivato nel 1996 (portandomi dietro il ciondolo).
Per loro io però sarei arrivato qui nel 1968... visto che una qualsiasi analisi confermerebbe che il ciondolo è del 1968.
Ma io sono arrivato qui 28 anni dopo 😛

Saluti,

Mauro.

giovedì 11 febbraio 2021

Quello che si scrive, quello che si legge e quello che si interpreta

Io le donne su una cosa non le capisco.
OK, magari non le capisco anche su altre cose, ma sinceramente su questa in particolare.
E in questa non le capisco non per colpa mia, ma perché loro non vogliono farsi capire!
Per questo mi fa particolarmente incazzare.

Se vogliono farti capire A, loro scrivono o dicono B. E si incazzano se tu capisci B. E se gli chiedi di spiegarsi meglio usano C. Sempre per farti capire A. Ma se tu leggi B, capisci B. E se leggi C, capisci C.
A lo capisci se leggi A!
Se vogliono farti capire A... perché non possono dirti A?
Io capisco quello che tu dici o scrivi, non quello che pensi (o meglio... spesso capisco anche quello che pensi, ma di quello non posso comunque averne certezza, di quello che dici e, soprattutto, scrivi invece sì).

Ma peggio ancora è quando sei tu a scrivere o parlare e loro a dover capire.
Tu scrivi A e, ovviamente, intendi A.
Quella A, altrettanto ovviamente, può anche essere sbagliata. Nessuno è perfetto.
Ma perché, se ritengono che quella A sia sbagliata, non possono semplicemente dirti: "No, guarda, sbagli, è B, non A"?
Invece si mettono a interpretare... pensano, ma se ha scritto/detto A forse vuol dire che c'è dietro C o che ha capito D...
No!
Se ho scritto/detto A... c'è solo A. Punto. Sbagliata o giusta che sia A.
Dovete leggere, non interpretare!

Care donne, noi maschietti siamo semplici... e in fondo lo è anche la vita. Magari è dura, stronza, bastarda (anzi, lo è proprio, senza magari)... ma comunque semplice.
Perché dovete sempre complicare tutto?

Saluti,

Mauro.

La mia libertà finisce dove comincia la tua

Quando si parla delle "limitazioni alla libertà" introdotte dai vari paesi a causa dell'attuale pandemia, si tende a dimenticare una cosa molto importante.
Cosa dimenticata spesso in malafede, va detto chiaro.
Non tutti quelli che si lamentano sono ignoranti manipolabili o persone che veramente vengono messe in ginocchio dalla situazione attuale.

La cosa in questione è: la mia libertà finisce dove comincia la tua.

Ciò dovrebbe essere tra l'altro la bussola di ogni liberale e di ogni libertario (no, dei liberisti purtroppo no, spero non serva che vi spieghi perché).
Anzi dovrebbe essere la bussola di ogni democratico, di qualsiasi colore e idea sia... purché sia democratico.

La libertà è insindacabile, ma non illimitata.

Cosa significa questo in tempi di Covid?
Molto semplice: quello che significa in ogni altra situazione.
Se i miei comportamenti mettono a rischio solo la mia salute e quella di nessun altro... lo Stato deve tenersene fuori.
Se però i miei comportamenti mettono a rischio, anche solo potenzialmente, la salute di anche solo una singola altra persona... allora lo Stato non solo può, ma anzi deve intervenire a limitare la mia libertà.
Se non lo facesse sì che allora sarebbe antidemocratico, visto che mi permetterebbe di ergermi al di sopra degli altri.
Non se mi limita.

Del resto dovere di uno Stato, qualunque sia la sua visione politica, è giustamente mettere la collettività davanti ai singoli.
In particolare quando si tratta di salute.

Saluti,

Mauro.

venerdì 5 febbraio 2021

Ripassiamo la matematica col Covid

Sfruttiamo il Covid19 per fare un ripassino di matematica.

I servizi segreti hanno dichiarato che il numero reale dei contagi è il 50% in più di quello ufficiale (perché si ascoltino loro e non tutti gli altri che lo hanno detto prima è un mistero, ma non è importante per questo articolo).
Cosa significa questo?
Che per ogni 100 contagiati ufficiali, ce ne sono 150 reali.
E fin qua penso che il concetto sia facile e comprensibile per tutti.

Ma dopo la dichiarazione dei servizi mi è capitato di leggere tweet (e immagino che sugli altri social network non sia stato diverso) che dicevano che quindi i dati ufficiali erano sottostimati del 50%.

No!
Sbagliato!
Sono sottostimati del 33%!

Vedo che qualcuno comincia a storcere il naso... o è 33% o è 50%.
Non proprio. Seguitemi.

Ripartiamo dall'affermazione dei servizi.
Ho 100 casi ufficiali.
Il 50% di 100 è 50, quindi i casi totali sono 100+50=150.
Tutto semplice. Come avevamo comunque già visto prima.

Ma qui non ho calcolato la sottostima.
Ho calcolato il dato reale (dando per buona l'affermazione dei servizi) a partire da quello ufficiale (alias stimato).

Ma per calcolare la sottostima la strada da seguire è il calcolo inverso.
Io sottostimo il dato reale... quindi è dal dato reale che devo partire!
Quindi dai 150 casi reali.
Ora, se i casi ufficiali sono 100, significa che sottostimo il dato reale di 50 casi (50 casi, non 50%!).
Quindi parto da 150 e sottostimo di 50.
Ma 50 è il 33% di 150... quindi se sottostimo di 50 casi, sottostimo del 33%, non del 50%.
Se sottostimassi del 50%... avrei 75 casi in meno, visto che il 50% di 150 è 75 (e avrei quindi 75 casi ufficiali, non 100, visto che 150-75=75).

I numeri assoluti sono, ovviamente, uguali da qualunque parte si guardi la cosa.
Sono i numeri relativi, cioè le percentuali, a cambiare.
Perché... le cose relative dipendono ovviamente dal punto di partenza, quelle assolute altrettanto ovviamente no 😉

È semplice matematica.

Saluti,

Mauro.

lunedì 1 febbraio 2021

Come difendersi dal phishing (e non fare l'Augias)

Tutti avrete seguito in questi giorni la storia di Corrado Augias, che non si è accorto di essere stato vittima di phishing e ne ha scritto nella sua rubrica su Repubblica, dimostrando di aver preso per autentica la mail che, apparentemente, l'ENEL gli aveva mandato.

Prima di venire al tema (cioè come difendersi e non cascarci) un commento sulla storia di Augias.
In realtà non è grave che lui ci sia cascato. È sì una persona intelligente e preparata, ma viene dal punto di vista digitale da un'altra epoca. Anzi, senza offesa, proprio da un'altra era geologica (Augias è del 1935).
La cosa grave è che il suo testo sia andato in stampa. Ciò dimostra che nelle redazioni non c'è più nessuno che controlla i testi prima di mandarli in stampa. Un tempo una rilettura terza (da parte dei correttori di bozze o altre figure redazionali) era la norma. E quindi ad Augias sarebbe stato risparmiato lo scivolone.

Torniamo al punto.
Come riconoscere il phishing o altri intenti maliziosi?

La prima cosa da fare, sempre, è controllare il mittente prima di aprire la mail.
E con mittente non intendo il "nome". Io posso attaccare per esempio il nome Mauro Venier a qualsiasi indirizzo di posta elettronica. Sia al mio vero "mvenier@gmx.de" che a un ipotetico "orsacchiotto@goldrake.ufo".
Controllate l'indirizzo di e-mail sempre: praticamente tutti i programmi di gestione posta vi permettono di vederlo intero senza aprire la mail. Approfittate di questa possibilità.
La maggioranza delle e-mail di phishing arrivano da indirizzi di posta che con l'ipotetico mittente non c'entrano niente o al limite sembrano solo simili.
Per esempio, se vi arriva una mail apparentemente dall'ENEL, ma l'indirizzo elettronico non è ***@enel.it bensì ***@enel.gov, ***@enelr.it o, addirittura, ***@xyz.it/com/eu... potete cancellare la mail senza leggerla.

Questo è il primo passo da fare. Sempre!

Seconda cosa. Molti servizi di posta elettronica hanno un buon riconoscimento automatico di mail di spam/phishing/ecc. e quindi le mail sospette finiscono in una cartella a parte.
È umano comunque andare a controllare anche quella cartella perché uno pensa sempre che magari l'algoritmo può sbagliare e vedere come malevola una mail seria.
È vero, può capitare, ma la maggioranza dei fornitori di servizi di posta elettronica sono affidabili su questo punto. Non perfetti, ma affidabili.
Quindi controllate pure la lista delle mail nella cartella spazzatura, ma pensateci bene, molto bene, prima di spostare quelle mail in altra cartella o aprirle.

Però alla fine avete aperto la mail.
Cosa fare ora?
Leggetela molto attentamente: una banca, un'azienda, un ufficio pubblico magari scrivono con una terminologia oscura per il profano... ma scrivono in italiano corretto! Magari usano qualche anglicismo di troppo, ma scrivono in italiano corretto!
Se la mail è scritta in italiano traballante, se contiene parole straniere che non sono il classico anglicismo... è spam, phishing o simili. Mai cliccare sui link presenti in queste mail.
Esempio stupido: sa la mail contiene una frase tipo "se lei decide di usare l'online banking", questo è un classico anglicismo e (se non ci sono altri motivi di dubbio) potete fidarvi, se la mail invece contiene una frase tipo "if lei decide di usare l'online banking", quell'if non è un anglicismo. Cancellate la mail.

Un'altra cosa da tenere presente è quando le mail sembrano arrivare da banche, aziende, fornitori di servizi di cui non siete clienti: se non siete clienti, la cosa non vi riguarda, cancellate (non se arriva dagli uffici pubblici, quelli possono riguardarvi in ogni modo, quindi in questo caso riflettete comunque un attimino più a lungo, negli altri casi potete cancellare senza riflettere).
E se, per ipotesi, dovesse riguardarvi nonostante non siate clienti, verrete contattati di sicuro al proposito anche da un corrispondente, referente di cui siete clienti. Aspettate questa comunicazione prima di rispondere.

Adesso siete comunque lì con la mail aperta.
Al di là di tutto quanto sopra avete comunque la tentazione di cliccare sul link per saperne di più o perché in qualche modo quella mail vi convince.
Bene: non cliccate, a meno di non aver fatto tutti i controlli di cui sopra e di essere sicuri al 100% (e anzi, forse meglio non farlo neanche se siete sicuri al 100%).
Cosa potete fare in questo caso?
Molto semplice: andate sul sito ufficiale di chi sembra avervi contattato (digitandolo da voi nello spazio apposito del vostro browser e ricontrollandolo bene prima di cliccare invio) e, se avete un profilo cliente con password, troverete lì tutte le informazioni che vi riguardano.
Se non avete un profilo cliente con password, sul sito comunque troverete un indirizzo e-mail, un numero di telefono o un indirizzo postale classico a cui rivolgervi per chiarire le cose e chiedere informazioni.
Usate quelli, non il link nella mail.

Aggiornamento (grazie all'amico Nmarru per l'osservazione):
Oltretutto se passate il puntatore sul link presente nella mail... questo vi mostrerà l'URL (cioè l'indirizzo del sito web) vero senza neanche cliccarci sopra.
Leggete con molta attenzione quell'URL.
Controllatelo e ricontrollatelo, facendo attenzione a tutto. Grafia, punti, caratteri, ecc.

Saluti,

Mauro.