domenica 30 dicembre 2018

venerdì 28 dicembre 2018

Dettagli genovesi 30 - Trofie nei caruggi


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i dettagli genovesi.

giovedì 27 dicembre 2018

Siete sicuri di sapere cos'è un policlinico?

Tutti sappiamo cos'è un policlinico. Anzi, tutti crediamo di saperlo.
Cioè, per quello che riguarda le sue funzioni, la sua sostanza, lo sappiamo veramente: un'istituzione di cura, ospedaliera, che comprende diverse specialità, nel caso ideale tutte le possibili specialità medico-chirurgiche.
E su questo siamo tutti d'accordo.

Ma la parola? Cosa significa la parola?

La maggioranza di noi sarebbe tentata di rispondere: policlinico = molte cliniche, molte specialità, facendo derivare il poli- dal greco antico polús (πολύς), che significa molto.
Siamo sicuri che sia corretto?
Beh, effettivamente è - volendo ragionare in maniera storica - un po' difficile poter credere che possa significare quello, visto che il concetto è nato in epoche (il '700) in cui la separazione tra le varie specialità era confusa, in alcuni settori addirittura inesistente.
E infatti osserviamo l'epoca in cui questo concetto è nato: l'epoca in cui gli ospedali cominciavano a venire costruiti in città, con scopi di cura, non erano più solo i lazzaretti che venivano costruiti isolati, allo scopo di isolare i malati (e i malati che soffrivano di malattie non contagiose venivano lasciati e - dove possibile - curati in casa).
Detto ciò, la parola policlinico potrebbe anche assumere un altro significato: policlinico = clinica, ospedale di città, dove poli- non ha più a che fare col molto, ma col greco antico pólis (πόλις), che significa città.

Non c'è una certezza storico-linguistica che faccia pendere la bilancia da una parte o dall'altra (entrambe le versioni sono state prese in considerazione dai linguisti e dagli storici), ma a me sinceramente la seconda pare molto più logica e credibile.

Saluti,

Mauro.

lunedì 24 dicembre 2018

Una domanda mal posta (ma giustificata)

Oggi mia mamma, riferendosi all'eruzione con successivo tsunami in Indonesia, mi ha chiesto come mai queste catastrofi naturali colpiscono maggiormente i paesi poveri (o comunque non ricchi).
E, a pensarci bene, anche quando colpiscono nei paesi ricchi generalmente colpiscono le parti meno ricche, meno avanzate di questi paesi.

Ora ho sentito tante persone (tra cui quella citata sopra, mia mamma) dire ma che sfiga, Dio ce l'ha coi poveri... i più colti, quelli che hanno letto anche l'Antico Testamento, tirano fuori la storia di Giobbe.
I non credenti poi talvolta (cosa sentita con le mie orecchie) tirano fuori la storia che le zone povere per mancanza di mezzi e/o di cultura non sappiano proteggersi.

Eppure la spiegazione dovrebbe essere palese anche a chi non ha chissà quali studi.

Il problema va ribaltato.
Non è che le catastrofi colpiscano solo o quasi zone povere.
È che le zone sono povere a causa delle catastrofi.

Sono proprio le condizioni naturali che impediscono a determinati territori di svilupparsi.
È logico che in un territorio stabile, dove le catastrofi naturali sono rare, una popolazione ha la possibilità di insediarsi e svilupparsi senza il timore di dover ricominciare tutto daccapo ogni tre per due e quindi, dopo un po', può cominciare a pensare a lungo termine e non solo al sostentamento.
Mentre dove le catastrofi naturali avvengono spesso chi vi si insedia lo fa perché non ha la possibilità di andare altrove e dopo essersi insediato non può andare oltre un certo livello di sviluppo economico, si troverà per forza di cose in una cultura di sostentamento o poco più.

Poi certo il mondo, soprattutto oggi, è complesso e la spiegazione di cui sopra non spiega tutto, rimane un po' troppo semplicistica.
Ma è la spiegazione di base, il punto di partenza da cui poi sviluppare i discorsi più complessi necessari a gestire e capire il mondo d'oggi.
Ma che senza questa spiegazione di partenza non si potrebbero fare.

Saluti,

Mauro.

sabato 22 dicembre 2018

Vedere un ponte

Torni a Genova per le vacanze di Natale.
Sai che ti farà male, ma vuoi andare a vedere coi tuoi occhi la ferita subita dalla città il 14 agosto 2018.
Forse, nel tuo intimo, ti vuoi illudere che sia stato tutto un incubo o, come va di moda oggi, una fake news. Un complotto.

Vuoi vedere un ponte. Il ponte.
Che scavalca fiume, strade, ferrovie, case e stabilimenti nella sua inquietante maestosità.

E allora una mattina prendi la metropolitana a Brignole e scendi al capolinea opposto, a Brin.
E ti incammini verso via Fillak. Poi la raggiungi e la percorri in direzione mare.
Vedi avvicinarsi la campata del ponte... alta, enorme, incombente sulle case.
Intatta... non è una delle campate interessate dal crollo e da lì non puoi vedere il resto del ponte.
E inconsciamente magari speri...


Ti avvicini. E cominci a vedere.
Prima lo sbarramento, la famosa zona rossa. Poi il moncone est.
Se tu non sapessi, se tu non avessi visto (e percorso!) quel ponte mille volte il taglio apparentemente netto potrebbe farti quasi credere che sia un ponte ancora in costruzione.
O magari invece una delle mille opere incompiute di questo paese.
Invece tu quel ponte lo hai visto.


Poi arrivi allo sbarramento, non puoi passare.
Devi deviare in via Campi, muoverti in direzione del fiume, non in direzione del ponte.
E a un certo punto all'improvviso alla tua sinistra rivedi il moncone. E vedi che il taglio non è netto.
Sembra come rosicchiato. C'è anche il metallo deformato.
E al più tardi ora la realtà ti colpisce come un pugno alla bocca dello stomaco.


E arrivando in via Perlasca vedi anche il moncone ovest.
Quello senza le torri che danno un'illusoria idea di forza e resistenza.
E ti chiedi come fa a stare su, se per caso stia fluttuando nell'aria.


E poi ci arrivi sotto.
No, in realtà sotto non ci arrivi. Sotto i monconi non ci puoi andare.
Tu in realtà vorresti farlo, vorresti vedere tutto... vorresti ferirti come è ferita la tua città.
Ma giustamente non puoi.
Non puoi per la tua sicurezza e non puoi per non rompere le palle a chi lì sta lavorando. Indirettamente lavorando anche per te.
Però arrivi nel punto in cui, se il ponte ancora ci fosse, ci saresti stato sotto o quasi.



Prosegui oltre, vuoi vedere anche dall'altro lato.
Prosegui e continui a guardarti dietro le spalle. A guardare quei due monconi.
E ogni tanto alla tua sinistra vedi resti delle macerie del ponte e delle costruzioni sottostanti non ancora portati via.
E arrivi a via Renata Bianchi, un ponte cittadino sul Polcevera che i genovesi che arrivano da questo lato usano per andare all'IKEA, sull'altro lato.
E ti fermi a metà.
Per guardare il ponte.
Per quardare il buco.
Il vuoto rimasto.


Vedere un ponte.

Sperare, presto, di vederne un altro.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 19 dicembre 2018

Me ne vado in Italia

Domani (20 dicembre) volo in Italia.

Avrò sì accesso a Internet, ma non so se avrò tempo di scrivere...

Nel caso io non scriva, non suicidatevi e abbiate pazienza fino al 9 gennaio, quando tornerò in Germania.

Buone feste a tutti.

Saluti,

Mauro.

domenica 16 dicembre 2018

L'arte delle installazioni

Io ho sempre considerato l'arte come qualcosa che - salvo incidenti o imprevisti - deve durare nel tempo, deve essere fruibile anche dai famigerati posteri.

Però il '900 - e ancora più gli anni 2000 - hanno portato alla ribalta le cosiddette installazioni o forme simili, cioè forme d'arte a tempo, destinate a "morire" dopo un periodo determinato (parlo chiaramente in particolare delle cosiddette arti plastiche).

Ecco, al di là delle loro qualità estetiche, tecniche, innovative... si possono considerare vera arte, visto che non sono destinate a durare?
Io penso di no... ma forse io sono antiquato.

Che ne dite voi?

Saluti,

Mauro.

venerdì 14 dicembre 2018

Sicurezza informatica e automobili

Io lavoro nell'industria automobilistica. Ci avevo lavorato dal 2001 al 2003 e ci sono tornato nel 2016.
In entrambi i periodi non ho lavorato direttamente per i produttori automobilistici, ma per i fornitori dei sistemi elettronici ed elettrici.
E oggi sono coinvolto anche nella cosiddetta e-mobility (cioè la mobilità elettrica) e, anche se in maniera marginale, nelle auto a guida autonoma.

Qui vi posso dire chiaramente una cosa (senza entrare nei dettagli, per ovvii problemi di proprietà intellettuale): la fattibilità delle auto a guida autonoma è certa da anni, il problema è la sicurezza.
Ed è lo stesso problema (anche se ovviamente amplificato) di tutte le auto attuali: l'elettronica, anzi l'informatica, e la connettività.
L'hackeraggio e il crackeraggio sono escludibili a priori solo in auto che non abbiano nessun sistema di comunicazione con il mondo esterno (quindi neanche sistemi di navigazione basati su GPS o tecnologie simili).
In ogni altro caso, un minimo rischio rimane.
E con la guida autonoma i rischi sono maggiori (con la guida tradizionale o quella solo assistita il guidatore umano può sempre intervenire, almeno in teoria, con la guida autonoma non è detto che sia neanche presente, quindi se qualcuno prende il controllo dell'auto dall'esterno...).

Questa premessa per dire: in questo momento le case automobilistiche e i loro fornitori stanno spendendo molti più soldi per la sicurezza informatica (la cosiddetta Cybersecurity), che per la guida autonoma stessa (e in parte anche per la mobilità elettrica).
Senza poter però dare garanzie.

Ormai la garanzia che un auto possa guidarsi da sola c'è (e non da ieri).
La garanzia che detta auto non sarà mai attaccabile e quindi controllabile dall'esterno, no. E non ci sarà mai.
Rifletteteci.

Saluti,

Mauro.

martedì 11 dicembre 2018

Il videodiscorso di Macron

Lasciamo perdere le idee politiche per un attimo.
Esaminiamo solo il video in sé.

Di video di politici costruiti a tavolino (quindi più fiction che politica) nella mia (ormai non più così corta) vita ne ho visti in abbondanza.
Politici di destra, di centro, di sinistra.
Politici democratici e politici populisti.
Nel 90% e passa dei casi si sapeva che erano costruiti, che non erano spontanei.

Ma...
Ma uno come quello di ieri di Macron non lo avevo mai visto neanch'io.
E ho sempre seguito molto la politica.

Però la rigidità, la non spontaneità, la gelidità, oserei quasi dire l'assenza e/o il disinteresse mostrate nella forma, indipendentemente dai contenuti, da Macron nel discorso suddetto non le avrei mai ritenute possibili.
Un politico deve anche saper recitare, a di là del credere in quel che dice o meno, ma Macron ieri aveva la vitalità di un robot con un'audiocassetta preregistrata che gira.

Giusto o sbagliato che fosse quel che ha detto, lo ha detto nella maniera meno credibile possibile.
E pensare che aveva puntato tutto sull'immagine, non sui contenuti... e alla fine sull'immagine crolla. Nonostante schiere di pubblicitari come consiglieri.

Saluti,

Mauro.

lunedì 10 dicembre 2018

La verità sull'Altare della Patria

No, non è un monumento fascista.
Nonostante che Salvini in una delle sue ultime uscite lo abbia lodato come tale. E nonostante che molti in realtà lo disprezzino in quanto tale.
E non è neanche (come altri credono) un monumento costruito per celebrare la vittoria nella prima guerra mondiale.

No, l'Altare della Patria è precedente. E non celebra (almeno non direttamente) atti guerreschi.

L'Altare della Patria è stato eretto nel 1911 (quindi non solo prima del fascismo, ma anche prima della prima guerra mondiale) per celebrare il cinquantenario dell'unità di Italia (avvenuta appunto nel 1861).

L'errore di chi lo crede un monumento per la vittoria nella prima guerra mondiale è comunque almeno in parte comprensibile.
Nel 1918 1921 venne infatti traslata lì la salma del milite ignoto (in realtà di uno dei tanti militi ignoti), perché nella vulgata politica del tempo la prima guerra mondiale era in realtà l'ultima guerra di indipendenza in quanto "riportò" in patria Trento e Trieste.

L'errore di chi lo crede un monumento di epoca fascista invece dimostra solo ignoranza. Tanta ignoranza.

Saluti,

Mauro.

domenica 9 dicembre 2018

Porche istituzioni - Google Maps insiste

Già qualche tempo fa vi feci notare qui come Google Maps confonda uffici pubblici con salumifici.

Però ora Goggle Maps rilancia, dopo l'Emilia anche il Piemonte, per la precisione Cocconato in provincia di Asti:


Il salumificio Ferrero diventa un Behörde, cioè un ente, un ufficio pubblico.
Se volete controllare personalmente, cliccate qui.

A questo punto penso che sia qualche problema negli algoritmi di Google.

Saluti,

Mauro.

L'auto veramente ecologica già esiste

Emissioni zero garantite.


(Eventuali flatulenze del guidatore a parte).

Saluti,

Mauro.

giovedì 6 dicembre 2018

Lo ho già fatto una volta...

...ma sono megalomane e lo rifaccio.

Oggi non ho nulla da scrivere, ma lo scrivo lo stesso 😃

Saluti,

Mauro.

lunedì 3 dicembre 2018

Brexit e sovranismo italico

Il video qui sotto riguarda la Brexit. Ma le conseguenze di un'eventuale uscita dell'Italia dall'UE o anche solo dall'Euro sarebbero se non identiche comunque molto simili.


Saluti,

Mauro.