martedì 14 marzo 2023

Gli ultimi saranno i primi

Tutti ricordiamo dal catechismo (o dalla credenza popolare) la frase Gli ultimi saranno i primi.
Ma la frase (che ci viene riportata dal Vangelo di Matteo) è lievemente diversa: Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi (Mt, 20,16).

Non è proprio la stessa cosa anche se la sembra.
Ma oggi non voglio fare disquisizioni teologiche o bibliologiche, non voglio fare il Dottor Sottile che spacca il capello in quattro (o anche in otto).

Oggi voglio solo dirvi che gli ultimi arrivati primi (e che ultimi erano! e che primi sono diventati!) esistono veramente, nella realtà. Indipendentemente da religioni varie.
E hanno un nome e un cognome.

Nome: Steven
Cognome: Bradbury
Nazionalità: Australiana
Religione: Non conta!

Si parla delle Olimpiadi invernali del 2002, a Salt Lake City, USA.
E si parla dello short track.

E non c'è molto da dire... anzi, invece, c'è tantissimo da dire.
Un australiano (e già questo è tanto parlando di sport invernali), che pochi anni prima era stato tra la vita e la morte, avendo perso quattro litri di sangue dopo essere stato "tagliato" accidentalmente dal pattino di un avversario (l'italiano Vuillermin) nel 1994.
Ma riesce a riprendersi... però, sfigato anzichenò, nel 2000 ebbe un altro incidente in allenamento, con conseguenza una frattura al collo, che lo costrinse a portare a lungo un collare.

Ma lui era, nel senso positivo del termine, una testa dura, una testa di ca**o... e arrivò comunque a partecipare alle Olimpiadi del 2002, quelle citate sopra.

E lì cosa successe?
Successe che uno che neanche doveva esserci e che, essendoci, era previsto ultimo tra gli ultimi... vinse.

Non vi racconto tutta la storia, vi lascio qui questo video, dove potete scoprire tutto:

Gli ultimi che alla fine sono i primi esistono.

E come detto sopra hanno un nome e un cognome: Steven Bradbury.

Saluti,

Mauro.

sabato 11 marzo 2023

Le colonne infami di Genova

Voi amanti della letteratura conoscete l'espressione "colonna infame" grazie ad Alessandro Manzoni e al suo scritto Storia della colonna infame.
La colonna infame manzoniana, eretta a Milano nel 1630 e "dedicata" agli untori che sparsero la peste, venne demolita dagli austriaci nel 1778, quindi per essendo la più famosa delle tante colonne infami d'Italia (e non solo) non potete più vederla. Non esiste più.

Ma io non voglio parlare di Milano. Voglio parlare di Genova.

E a Genova c'è anche una famosissima colonna infame.

Questa colonna infame venne eretta prima di quella milanese, nel 1628, e ricordava non la peste, ma un intrigo politico.
Nel 1628 Giulio Cesare Vachero partecipò a una congiura contro la Repubblica di Genova per aiutare i Savoia a prenderne possesso. La congiura fallì, Vachero venne giustiziato, la sua casa abbattuta e sul posto venne eretta una colonna a ricordo della cosa.
Colonna ancora esistente, in Piazza Vacchero, uno slargo laterale di Via del Campo (se conoscete De André, Via del Campo vi dirà qualcosa).
Qui la storia completa.


Quello che invece probabilmente nessuno sa, è che a Genova di colonne infami ce ne sono altre due.

La prima è nel quartiere di Sarzano, per la precisione in Vico dei Tre Re Magi e vuole mettere alla berlina lo scempio edilizio che Genova (come anche altre città) subì nel dopoguerra.
Venne eretta nel 1981. Qui ne trovate la storia.


Ma una colonna infame la si trova anche spostandosi all'estrema periferia della città, a Nervi, per la precisione in Via Molinetti di Nervi.
Questa risale al 1896 e venne eretta dal proprietario di un mulino contro l'amministrazione cittadina, in quanto apparentemente questa gli impedì di usare l'acqua del rio sotto il mulino per far funzionare la sua macina.
La sua storia ve la voglio raccontare con un video in genovese.


Saluti,

Mauro.

venerdì 10 marzo 2023

Dettagli genovesi 44 - Prospettiva di chiese

Le strisce bianche e nere di San Lorenzo con la chiesa del Gesù che fa capolino...


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i dettagli genovesi.

mercoledì 8 marzo 2023

Dettagli dall'Oberpfalz 17 - Sirene per aria


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i dettagli dall'Oberpfalz.

martedì 28 febbraio 2023

Combattere le differenze

Giusto sostenere chi non ha reddito.

Giusto che il sostegno consenta una vita decente.

Va bene usare strumenti come il reddito minimo, il reddito di cittadinanza o simili per combattere la povertà e le differenze sociali.
Ma il sostegno non deve essere tale da invogliare a non lavorare.

E il lavoro in nero mentre prendi sussidi va ovviamente combattuto: bisogna renderlo pericoloso o almeno non conveniente. Controlli incrociati: quello che ti permetti deve essere congruente col sostegno che ottieni dallo stato... se no significa che lavori in nero.

Ma soprattutto ogni situazione va valutata in sé. Lo stato deve essere flessibile.

Non puoi trattare allo stesso modo chi vive ad Amburgo o a Milano e chi vive nell'Oberpfalz o in Molise.
(Oh, vale per ogni paese: io uso esempi italiani e tedeschi solo perché Italia e Germania sono, ovviamente, i paesi che conosco meglio).

Devi valutare i costi della vita sul territorio, non solo i costi della vita medi nazionali.

Che poi cercare di ridurre le differenze tra le regioni sia giusto, è vero. Anzi è giustissimo ed è un obbligo dello Stato! È sacrosanto.
Ma non è dando sussidi, redditi minimi, redditi di cittadinanza uguali che combatti il problema.
Il problema lo combatti attaccando le differenze alla base.
Non attaccando i suoi effetti, non dando quattro soldi a chi non ce l'ha fatta (e oltretutto dando gli stessi soldi a chi vive a Milano e a chi vive a Enna... i costi della vita sono ovviamente diversi).
Lo combatti dando la possibilità a questi ultimi di farcela. Dando loro la possibiltà di partire alla pari degli altri.

Perché se non lo fai, sei tu, Stato, a creare il divario tra loro e gli altri.
E allora i sussidi che gli darai dopo diventano solo elemosina.
Ma l'elemosina non crea crescita, non crea ricchezza.
E non abbatte le differenze.
La crescita e la ricchezza le crei - mi ripeto - attaccando i problemi alla base.
Che è poi anche l'unico modo di combattere le differenze.

Saluti,

Mauro.

domenica 19 febbraio 2023

Dormire

Non sempre è facile.
Anche se hai sonno e non hai problemi di salute.

Saluti,

Mauro.

giovedì 2 febbraio 2023

Io sono io

Io sono io.
E voi siete voi.

Ma so che avete già capito male... non sto intendendo la cosa nel senso del Marchese del Grillo 😉

E invece dovete capire bene!

Quanto ho scritto significa solo che quando dialoghiamo non dobbiamo giudicare l'altro solo in base ai nostri schemi mentali (è difficile, lo so), ma prima di giudicarlo dobbiamo cercare di capire i suoi.
Ognuno ha schemi mentali differenti e per poterli giudicare (e quindi accettare o condannare, perché sì, si possono anche condannare, non vanno per forza accettati per chissà quale malintesa tolleranza) bisogna prima capirli. Senza capire, nessun giudizio è possibile. Né positivo né negativo.

E, prima che insorgiate, vorrei che notaste l'unica parola che ho scritto in grassetto sopra.
Solo.
Con quella sottolineatura voglio rendere chiaro che non dobbiamo per forza abbandonare i nostri schemi mentali, ma che dobbiamo anche impegnarci a capire quelli altrui.
Perché gli schemi mentali sono necessari, inevitabili, ma non ce n'è uno superiore all'altro.
Gli schemi devono esserci, ma devono essere flessibili, non rigidi.

Del resto quelli che definiamo "schemi mentali" sono semplicemente la cultura in cui siamo cresciuti.
E ogni cultura ha lati positivi e negativi.
E se, per liberarci dei lati negativi, buttiamo via tutta la nostra cultura... allora buttiamo via il bambino insieme all'acqua sporca.

Poi, se uno schema mentale (che sia nostro o altrui) è rigido, intollerante, arrogante, razzista o simili... beh, allora sì che qualcosa che non va. E allora va combattuto.
Perché in quel caso c'è solo acqua sporca, nessun bambino.
E soprattutto non c'è nessuna cultura,

Ma, se prima di giudicare chi ha altri schemi mentali, non vi impegnate a capirli (capire non significa accettare e basta, come certa attuale propaganda vuol far credere, capire significa impegnarsi per vedere da dove vengono quegli schemi e perché sono così)... beh, allora siete voi i "talebani".
Non quelli che combattete.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Il sottotitolo di questo blog (sottotitolo esistente dal 2006, non nato oggi) è, non a caso, "Io sono io. O no?".