mercoledì 30 dicembre 2020

Dove nasci è una botta di culo

Un po' più di un anno fa un'utente di Twitter (Zenia Confusa) pubblicò un'immagine interessante e significativa sulla quale io scrissi poi un breve thread, che ora qui vorrei un po' rielaborare.

Tanto per cominciare, l'immagine.
Eccola:

È un'immagine importante.
Anzi in realtà non è l'immagine in sé a essere importante. Non per sminuirla, ma di immagini così ne abbiamo viste tante, la drammaticità di certe situazioni e delle diseguaglianze la conosciamo anche senza questa immagine (e se non la conosciamo è perché non vogliamo conoscerla).
Ciò che è veramente importante è la scritta.

Dove nasci è solo una gran botta di culo.

È vero, è verissimo.
Dove nasciamo è un puro caso.
E non rigirate la frittata dicendo che da due genitori italiani non nascerà certo un australiano o da due genitori etiopi un messicano o che so io.
Da due genitori nascerà un bambino e chi è questo bambino in rapporto al luogo dove nasce è puro caso. Punto.
Tu puoi scegliere dove andare a vivere (e spesso non puoi fare neanche quello, purtroppo), ma non dove nascere.
Anche dove e quando (raramente e non certo ovunque, nonostante il presunto mondo globalizzato) tale scelta esiste... non è tua, al massimo è dei tuoi genitori.
Per te, bambino, rimane un caso, visto che la scelta non è comunque tua.

Io per esempio sono nato a Genova, in Italia.
Perché sono nato a Genova, in Italia? Perché mio padre negli anni '50 decise di fuggire dalla Jugoslavia, dalla dittatura di Tito (mio padre apparteneva alla minoranza italiana in Istria, ma adesso questa è un'altra storia).
Ma se lui avesse scelto di rimanere "fedele" alla Jugoslavia?
O se avesse deciso di seguire certi suoi cugini in Australia?
Io - sempre che poi fossi nato, visto che mio padre conobbe mia madre dopo essere arrivato a Genova - chi sarei, cosa sarei?
Non lo si può sapere.
Di sicuro sarei una persona diversa, ma diversa come? Migliore? Peggiore? Boh.
Sarei orgoglioso del mio luogo di nascita come lo sono di Genova? Boh.

Tutte domande (e tante altre che ci sarebbero, ma non elenco qui) senza risposta. Senza possibilità di risposta.

Quindi, come vedete, quello che siamo è in buona parte regolato dal caso.
Non è che tu sei migliore o peggiore in base al paese, al luogo dove nasci (ovviamente ci sono paesi migliori o peggiori dove nascere, ma questo è un altro discorso e se non lo capite fossi in voi mi farei qualche domanda... su voi stessi, non sul paese migliore o peggiore), tu hai solo la possibilità di essere migliore o peggiore o comunque di essere quel che sei grazie a una botta di culo. E a nient'altro.

Ed è per questo che tu, nato nei paesi migliori, hai doveri verso chi è nato nei paesi peggiori.
Perché nascere qui o là è solo fortuna, non merito o colpa (e, come detto, al limite sarebbe merito o colpa dei tuoi genitori, non tuo).
E chi ha fortuna è giusto che aiuti chi ha sfortuna.

Saluti,

Mauro.

lunedì 28 dicembre 2020

Ne siamo usciti peggiori

Qualche tempo fa stavo riflettendo sugli effetti della pandemia.

No, non quelli medici, ma quelli sociali (anche se onestamente e ovviamente le due cose sono legate).

Durante la prima ondata si pensava, si sperava che ne saremmo usciti migliori. Soprattutto si diceva (al di là di quel che si pensasse).
Io non ci ho mai veramente creduto, ma lo speravo.

Però, prima di andare avanti, cerchiamo di capire cosa significa "migliori" in questo contesto.

La maggioranza di voi risponderebbe: più solidali, più attenti agli altri, più disponibili. Tutte cose belle, giuste e auspicabili, vero. E anche necessarie. Ma comunque solo pannicelli caldi, nel contesto in cui ci troviamo.

Il vero "migliori" sarebbe stato uscire dalla prima ondata più razionali, più legati ai fatti e meno alle emozioni, più capaci di valutare non solo sul giorno dopo ma più in là, più capaci di separare il grano dal loglio, più capaci di valutare gli effetti delle nostre azioni (o non azioni).

Senza questo, solidarietà e altruismo sono solo toppe.

E come ne siamo usciti invece alla fine dalla prima ondata?

Male, nonostante le apparenze, nonostante i cori dai balconi, nonostante gli applausi al personale sanitario... appena si sono allentate le chiusure... liberi tutti! Tutto è permesso! Esisto solo io! Libertà, libertà, quaquaraquaquà!

Ne siamo usciti peggiori.

Prima che mi fraintendiate: non sto parlando solo dell'Italia, ma anche dell'Italia.
Quello che sto dicendo vale per tutta Europa (probabilmente per tutto il mondo, ma dell'Europa ne ho le prove, del resto del mondo no).

E la seconda ondata ce lo ha dimostrato.
Ondata che forse potevamo evitare ma di sicuro potevamo rendere molto più moderata.

Ma a parte questo (mi scusino i parenti delle vittime per l'apparente cinismo) la cosa più grave è un'altra, non il non aver evitato la seconda ondata.
La cosa più grave è che con la seconda ondata la razionalità è diminuita, la credenza nelle fake news è aumentata, il pensare egoistico è esploso e il complottismo pure.

Avevamo l'occasione di fare - grazie a una tragedia, purtroppo - un enorme passo avanti nell'evoluzione sociale.
Lo abbiamo fatto indietro.

E sto accusando esplicitamente noi singoli cittadini, non i governi.
I governi di stronzate ne hanno fatte, ma nessun governo (almeno qui in Europa) ha proibito ai cittadini di ragionare, di usare il buon senso.
Anzi, le misure più corrette decise dai governi sono spesso state le più contestate.

E sarà dura, molto dura recuperare, cambiare direzione di marcia.
La società e le singole persone si sono troppo incattivite, i fossati tra le varie posizioni si sono fatti troppo profondi.

OK.

Lo ho detto.
Mi sono sfogato.
Ora sono pronto alla shitstorm.
Scatenatevi pure.

Saluti,
Mauro.

martedì 22 dicembre 2020

A zonzo per Amburgo

Ad Amburgo ci sono ponti, non sono belli come certi di Venezia, ma sono tanti, più che a Venezia...


E incontri anche il Barbarossa, colui contro cui costruimmo certe mura nella mia Genova...


E ci sono anche centauri che volano nelle gallerie commerciali...


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti gli "A zonzo per...".

domenica 20 dicembre 2020

A zonzo per Bayreuth

A Bayreuth vedi omini che si arrampicano sulle facciate (come anche a Colonia, va detto)...

E poi, va detto, Wagner è molto gentile: ti saluta a ogni angolo di strada.

E poi noi liguri siamo i benvenuti (in particolare gli spezzini, ovviamente, cosa che da genovese non mi piace mica tanto...).


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti gli "A zonzo per...".

Le cose vanno fatte quando non servono

Ultimamente, in relazione alla seconda ondata del COVID19, ho sempre più vivido e chiaro il senso di una frase che usava dire il mio comandante a militare, un colonnello degli Alpini, 30 anni fa: "Le cose le devi fare quando non servono, perché quando servono è tardi".

Cosa significa?

Significa che devi prevenire le emergenze, prima di affrontarle. Nel momento in cui l'emergenza arriva, se non avevi agito prima, puoi reagire anche nel modo più grandioso che ci sia, ma potrai solo limitare i danni. La reazione è nella maggior parte dei casi solo un pannicello caldo.

E cosa c'entra col COVID19? Che nel momento in cui la prima ondata sembra finire, tu devi pensare al dopo, non all'immediato. Come coloro che venivano definiti "moriremo tutti" o "catastrofisti" (cioè noi che su Twitter ci riconosciamo nel #GruppoCassandra o nel #TeamFauci) da certi medici ed economisti hanno sempre sostenuto: non aprire perché i numeri calano, valuta prima come probabilmente andranno i numeri se (e come) apri. E poi decidi.

Invece no. Invece liberi tutti.

Ma oltre a questo... sfrutta la "pausa" per rinforzare il sistema sanitario, il sistema di controllo.
Non riposare sugli allori.
Invece no. Neanche questo. Niente è stato fatto.
Ricordatevi poi sempre una cosa (e ve lo dico occupandomi di qualità nell'automotive e nella tecnologia medicale, quindi qualche conoscenza la ho): un sistema complesso deve sempre essere tarato sul "worst case". E sanità, istruzione, protezione civile sono sistemi complessi. Gli automatismi di sicurezza devono essere basati sul peggio che possa capitare, non sulla situazione media. Vale in un'automobile come in un sistema sanitario.
E questo nella sanità, nell'istruzione, nella protezione civile non c'è (né in Italia né nella maggioranza degli altri paesi).
Tra la prima e la seconda ondata abbiamo fallito (fallimento anche figlio di politiche precedenti alla pandemia, comunque). Ormai è evidente che falliremo anche tra seconda e terza (anche se la seconda non è ancora finita). Speriamo che dopo la terza impareremo per le pandemie future (che ci saranno, eccome se ci saranno, anche grazie al cambiamento climatico, come scrissi qui).

Tornando al "fare le cose quando non servono", vi segnalo un'interessantissima intervista a Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler di Trento. In particolare una frase: "Si deve intervenire quando la situazione non è ancora grave, perché se aspetti quel momento è già tardi".
Riciclando lo slogan di una vecchia pubblicità: meditate, gente, meditate.

Saluti,

Mauro.