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domenica 29 giugno 2025

Deriva autoritaria

Fino a non molto tempo fa pensavamo che le democrazie occidentali fossero piene di difetti, ma che in quanto democrazie fossero inattaccabili, solide. Migliorabili, sì (anche tanto), ma non attaccabili, non distruggibili.

Ora ci stiamo accorgendo che l'autodefinitasi più grande democrazia dell'Occidente (gli USA) così democrazia non è, visto che può essere attaccata dall'interno e senza neanche fare un colpo di stato vero e proprio (visto che, nonostante le leggende metropolitane, lì un vero sistema di "checks e balances" non esiste, è di fatto lasciato alla correttezza dei singoli).

E ci stiamo purtroppo anche accorgendo che pure nelle democrazie europee, dove i "checks e balances" per fortuna esistono davvero, i vari governi (sulla scia di quello ungherese, obiettivamente pioniere in questo all'interno dell'UE) stanno usando ogni strumento legale e soprattutto ogni zona grigia della legislazione e delle Costituzioni per far sì che il potere legislativo e quello giudiziario vengano sottomessi a quello esecutivo, cioè Parlamento e magistratura sottomessi al Governo.
E dove non li si possa sottomettere, almeno che vengano depotenziati.

O forse invece non ce ne stiamo (a parte quattro gatti) accorgendo? Forse pensiamo che, sì, ci sono periodi migliori e periodi peggiori, ma che in fondo tutto va bene, madama la marchesa?

Io vi avverto: anche in passato molte dittature nacquero in questo modo, non (o almeno non solo) con azioni violente.

Teniamo gli occhi aperti, molto aperti. Perché rischia ormai di essere troppo tardi per evitare la deriva autoritaria... e l'autoritarismo è solo un passo distante dalla dittatura.

Saluti,

Mauro.

domenica 22 giugno 2025

Chi decide la guerra?

Gli Stati Uniti hanno attaccato l'Iran (anche se Vance, il vicepresidente, dice che non sono in guerra con l'Iran).

Al là di tutte le discussioni sui motivi, sulle ragioni e sul diritto internazionale, una domanda molto presente sul web, in particolare ovviamente quello anglofono, è se il presidente (Trump, in questo caso) abbia i poteri per ordinare un attacco del genere o se questi poteri li abbia solo il Congresso.

A leggere la Costituzione USA, se consideriamo l'attacco come un atto di guerra, direi che questi poteri li abbia proprio il Congresso, come spiegato bene in quest'articolo della Cornell Law School.
Anche se i presidenti, come dice lo stesso articolo, spesso se ne fregano.

Ma come funziona (o dovrebbe funzionare) invece in Italia?

Se leggiamo l'articolo 78 e il nono capoverso dell'articolo 87 della nostra Costituzione esattamente come negli USA (e in qualsiasi paese democratico, che io sappia).

L'articolo 78 infatti recita:

Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.

Mentre il nono capoverso dell'articolo 87 recita:

[Il Presidente della Repubblica] Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

La cosa quindi sembra chiara, esplicita: il Parlamento è sovrano anche nel dichiarare la guerra.

La domanda però è: dato che il Presidente della Repubblica è a capo delle Forze Armate, nel caso lui ordinasse un attacco senza l'autorizzazione del Parlamento... cosa farebbero i militari?
In teoria dovrebbero disobbedire, essendo l'ordine incostituzionale. Ma lo farebbero veramente?
(Comunque, Costituzione o meno, molti politici sono più guerrafondai dei militari... i primi sono i più pericolosi, e questo vale in ogni paese).

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i miei articoli sugli... articoli della Costituzione.

venerdì 13 dicembre 2024

I veri diritti non attentano ad altri diritti

I diritti non vanno dati per scontati. I diritti vanno difesi giorno per giorno. Tutti i diritti. Ma soprattutto: non ascoltate chi cerca di convincervi che i diritti altrui attentino ai vostri. Un vero diritto non attenta mai ad altri diritti. Per esempio il diritto al matrimonio omosessuale non proibisce il matrimonio eterosessuale. Il diritto al fine vita non obbliga a uccidere i malati terminali che non lo vogliono. Il diritto a farmi una canna non obbliga gli altri a farsela. Eccetera, eccetera. Anche se i fascisti (e ce ne sono comunque più in Vaticano e tra i cattolici in Parlamento e nella politica tutta che tra i fascisti "ufficiali") lo sostengono. Del resto se un "diritto" dovesse seriamente e inconfutabilmente attentare a un altro diritto... allora saremmo davanti a un privilegio spacciato per diritto. Un vero diritto, come scritto sopra, non attenta mai ad altri diritti.

Saluti,
Mauro.

giovedì 5 dicembre 2024

Perché un vero politico non deve essere "uno di noi"

Nell'epoca attuale, dove il populismo si appropria del dibattito, viene visto come un dato positivo il fatto che il politico sia "uno di noi".
È ciò di cui in Italia hanno approfittato prima i grillini e poi Meloni e la sua banda.
Ma non è successo e non succede solo in Italia. Purtroppo.

Il punto è che il politico, soprattutto se con ruoli a livello nazionale, non deve essere "uno di noi".
Deve essere la parte migliore di noi!

Io da un parlamentare, da un ministro, da un presidente del consiglio mi aspetto - DEVO aspettarmi - una competenza superiore alla media o per lo meno la capacità di scegliersi collaboratori con competenze superiori alla media.
Se voglio "uno di noi"... voto me stesso o mia madre (siamo seri: mia madre in Parlamento non ve la augurerei neanche se vi odiassi). Più "uno di noi" di così!

No, chi mi rappresenta in Parlamento o al Governo non deve essere un semplice "uno di noi".
Deve essere qualcosa di più, che abbia più competenze di "uno di noi" e che dette competenze le sappia usare.

"Uno di noi" va bene come amministratore di condominio. Forse.
Non certo come parlamentare o peggio ancora come ministro o presidente del consiglio.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 12 luglio 2023

Popper, la tolleranza, noi e la democrazia

Nel 1945 Karl Popper formulò il paradosso della tolleranza, all'interno del suo libro La società aperta e i suoi nemici.

Popper lo formula in questi termini:
Meno noto è invece il paradosso della tolleranza: la tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l'illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l'attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.
E qualche riga sotto conclude quindi che:
Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti.

E qui sta il paradosso: per salvare la società dall'intolleranza bisogna essere intolleranti.

Ed è un paradosso assolutamente non risolvibile, se ci ragionate bene.
È impossibile concludere usando solo la logica se sia giusto tollerare gli intolleranti o se bisogni "abbassare" il livello di tolleranza per bloccarli.

Ed è questo, in fondo, il motivo per cui oggi (ma non è certo la prima volta nella storia) vediamo partiti palesemente antidemocratici sedere nei vari parlamenti dopo essere stati eletti in maniera assolutamente democratica.

La democrazia è come la tolleranza di Popper.
È giusto trovare modi di impedire agli antidemocratici di sfruttare la democrazia per andare al potere?

In termini di diritto credo che la risposta sia semplice: questi partiti si possono fermare se compiono atti anticostituzionali, ma non si possono fermare solo per i loro programmi e idee.

Mentre a livello logico e filosofico rimane un paradosso irrisolvibile.

Saluti,

Mauro.

martedì 6 settembre 2022

Quando abbiamo eletto un governo?

Mai.

Un giorno sì e l'altro anche spunta il politico o il sapientone che si lamenta del governo non eletto.

Dovrebbero allora lamentarsi di tutti i governi italiani dal 1861 in poi... NESSUNO escluso, neanche quelli che piacciono a loro.
E dovrebbero dire agli elettori dei sistemi con Parlamento (democratici oggi, solo apparentemente democratici e rappresentativi ieri) di stile europeo di lamentarsi nei loro paesi, visto che neanche loro hanno mai potuto eleggere un governo.
(Ho scritto "con Parlamento" e non "parlamentari" perché il sistema francese, per esempio, non è parlamentare come lo intendiamo noi o i tedeschi, ma per costituire il governo usa comunque il nostro stesso sistema: il PdR nomina il PdC e i ministri e poi il Parlamento dà la fiducia).

Per quanto riguarda l'Italia del dopoguerra, basta leggersi gli articoli 92 e 94 della Costituzione.

Articolo 92
Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri

Articolo 94
Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

Cosa ci dicono di importante questi due articoli?

1) Nessun governo viene eletto. E neanche il solo PdC viene eletto.
2) Qualsiasi governo che ha la fiducia del Parlamento è un governo assolutamente legittimo, comunque sia composto.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i miei articoli sugli... articoli della Costituzione.

mercoledì 22 settembre 2021

Cosa facciamo stasera? Un referendum!

La polemica del momento, non serve che ve lo dica io, è quella sui referenda.
Con la sentenza per cui la firma elettronica (SPID) è valida quanto quella a mano verificata ora molti credono che sarà troppo facile organizzare un referendum e che quindi ce ne saranno troppi.
E chiedono che venga alzato il numero di firme da raccogliere.

Ora, io personalmente non so quale possa essere un quorum ottimale per richiedere un referendum (che ci debba essere è palese, ma a che altezza debba stare l'asticella meno) però non sono convinto che diventerà più facile organizzare i referenda. O almeno non troppo più facile.

Perché è sì vero che non bisognerà più fermarsi al banchetto o recarsi al Comune per firmare, ma è anche vero che non ci saranno più i tanti passanti fermati e convinti dagli attivisti a firmare (perché molto probabilmente ci saranno meno banchetti).
E oltretutto il successo delle firme elettroniche nelle due raccolte in corso (suicidio assistito e cannabis legale) è anche dovuto alla novità della cosa, all'entusiasmo che c'è sempre per le cose nuove.
Per i referenda futuri non credo che le firme elettroniche saranno tante come ora.

Ecco, la possibilità di firmare da casa potrà aiutare quei quesiti veramente di interesse "universale", ma sono la minoranza. La maggioranza dei quesiti non raccoglie tanto interesse, quindi questi ultimi non avranno chissà quale aiuto.

A mio parere ovviamente.

Quello che però è per me il punto è che sarebbe sì giusto non fare tanti referenda.
Ma sarebbe giusto in un altro modo e per un altro motivo.

Tanti quesiti vengo risolti con un referendum (e non vale solo in Italia) perché ci sono temi di cui la politica non si occupa. Temi su cui il legislatore abdica, non fa politica (nel senso alto del termine).

Prendete appunto quello sul suicidio assistito.
Che si sia d'accordo o meno col tema in questione si è arrivati al referendum perché la politica per decenni (sì, decenni) ha di fatto solo girato intorno al tema, rifiutando di affrontarlo seriamente.
Sul tema è stata fatta bassa politica, roba di bottega, non lo si è affrontato con una discussione politica alta, seria in Parlamento.
Se lo si fosse fatto, ora non ci sarebbe il referendum.

Ecco, cari politici, se volete diminuire i referenda non alzate il quorum.
Occupatevi dei temi importanti. Fate politica nel senso alto e nobile del termine.

(E lasciamo per ora perdere i tanti quesiti tecnici a cui si chiede di rispondere al cittadino, ma a cui solo pochi cittadini possono veramente votare a ragion veduta, proprio per la tecnicità dei temi... perché anche questi quesiti ci sono solo a causa di mancanze della politica; una politica seria, alta li renderebbe superflui).

Ecco, cari politici, sì anch'io sogno meno referenda.
Ma non perché non mi piacciano.
Sogno meno referenda, perché sogno più politica.
Sogno un Parlamento che faccia politica alta, discutendo seriamente i temi importanti.

Saluti,

Mauro.

domenica 3 maggio 2020

Domande sull'Italia (e non solo)

Oggi pomeriggio in un gruppo chiuso su Twitter, Enrico Marani ha posto alcune interessanti domande, prima generiche e poi specifiche sull'Italia.
Visto che mi aveva indirettamente chiamato in causa, invitando i membri che vivono all'estero, ho provato a rispondere alle sue domande.
In base, ovviamente, alle mie conoscenze, idee e opinioni.
Non vi posso mettere il link al dialogo originale perché, essendo un gruppo chiuso, non vedreste comunque niente.

Vediamo le domande e le mie risposte (queste ultime un po' più articolate rispetto a quanto scritto su Twitter).

La domanda semplice: qual è il peso della dimensione nazionale di un paese in relazione a quella internazionale? A volte nella discussione sembra che il "cortile di casa" sia un semplice pollaio per allocchi, mentre le decisioni vere siano prese in UE, BCE, Cina, USA, ecc.

La domanda in realtà non è semplice quanto sembra.
Se penso a dove vivo, la Germania, il "cortile di casa" è molto importante, sia per la politica che per la gente.
Ma non solo a livello nazionale, anche a livello regionale dei singoli Länder.
Anche le decisioni della UE a cui la Germania deve semplicemente obbedire (o magari non è obbligata, ma le convengono quindi le accetta e basta) vengono spesso presentate come decisioni prese "con la" UE e non "dalla" UE, per far sì che vengano accettate più facilmente (e per evitare che la UE venga considerata una dittatura).

Detto questo ritenete quindi importante seguire sviluppo nazionale con attenzione? Capita, almeno a me è capitato, di sentirsi dire, ma cosa segui queste cose che non contano nulla, pensa più in grande.

Intanto va detto che "pensare in grande" io personalmente lo associo più ai temi che al livello "geografico", locale o globale che sia.
Comunque al di là di questo la risposta a questa domanda è a mio parere più semplice di quella precedente.
Per quanto possibile bisognerebbe sempre cercare di seguire in parallelo sia il livello locale che quello globale.

E poi vi chiedo di Italia. [...]

Italia rischia deriva venezuelana?


Se non fossimo dentro la UE e nell'area Euro, avrei effettivamente paura. La mentalità pentastellata è quella. E quella leghista o di FdI non è molto diversa (quindi tornassero al potere da questo punto di vista non cambierebbe niente).
Per questo - pur con tutti gli errori che sta facendo la UE - serve che l'Italia resti attaccata con le unghie e con i denti all'Europa.
È vitale che lo faccia, comunque si comporti la UE.

Conte è unica opzione plausibile?

Io credo che il Conte II non fosse l'unica opzione plausibile/possibile alla caduta del Conte I.
Io continuo a essere convinto che il PD abbia commesso un errore nel non voler andare alle urne, la paura è stata cattiva consigliera (ne scrissi qui).
Oggi purtroppo non vedo alternativa a Conte all'interno del Parlamento, nel senso che non vedo possibili maggioranze alternative.
A meno di non passare a un governo tecnico o "del Presidente".
Ma al di là del dubbio sul se e quanti partiti lo accetterebbero (tale governo dovrebbe avere comunque la fiducia del Parlamento), chi sarebbe così pazzo da accettare oggi l'incarico per guidare detto governo?
Draghi? Cottarelli? Cartabia? Colao? Altri?
Comunque li si giudichi politicamente, pazzi non sono, quindi non credo si suiciderebbero accettando.

Conte essendo da sempre un paravento chi rappresenta?

Conte I rappresentava, senza se e senza ma, Casaleggio e chi sta dietro Casaleggio.
Conte II è un mistero. Certo non si è ancora staccato, svincolato da Casaleggio, ma lo rappresenta quanto lo rappresentava Conte I?
In realtà sembra guardarsi intorno, come a cercare chi possa garantirgli maggiori possibilità di sopravvivenza politica.

C'è da preoccuparsi per attuale situazione o si esagera inutilmente?

Obiettivamente noi italiani tendiamo sempre a esagerare ogni situazione, in un senso o nell'altro, ma la situazione è sicuramente seria e pericolosa.
Al di là degli eventuali fini di chi dovesse tirare le fila da dietro le quinte, mai abbiamo avuto una classe dirigente (e metto insieme governo e opposizione) di così basso livello intellettivo e intellettuale (e politico!) di quella attuale.
Neanche durante il peggior pentapartito o il peggior Berlusconi.

M5S è forza democratica o no?

Questa è la domanda più facile di tutte: no, il M5S non è forza democratica. E non è mai stata intenzione di chi lo ha creato che lo fosse o che lo diventasse.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 11 marzo 2020

Cosa succederà ora in Germania?

Oggi qui in Germania la Merkel finalmente si è svegliata e si è espressa sulla situazione relativa al coronavirus.
In aggiunta a ciò i numeri tedeschi salgono velocemente e l'OMS ha finalmente dichiarato ufficialmente la pandemia.

Cosa succederà ora in Germania?

Prima di tutto dobbiamo osservare una cosa: la Germania è uno stato federale.
Quindi il governo centrale ha meno competenze di quelli, per esempio, di Italia o Francia mentre i governi regionali (i governi dei Länder) ne hanno di più di quelli regionali italiani o francesi.

Cosa significa questo?
Per prima cosa che la Germania avrebbe più difficoltà dell'Italia a emettere un decreto come l'ultimo nostro che riguarda tutto il paese. E questo indipendentemente dalla volontà del governo.
Non sarebbe impossibile, certo, ma più difficile.
Secondariamente che, per esempio, il divieto di assembramento e misure analoghe sarebbero competenza dei Länder.
Potrebbe teoricamente succedere che la Baviera, per esempio, decida il lockdown mentre il vicino Baden-Württemberg non prenda nessuna misura.

Può succedere anche praticamente?
Nì.
Nel senso che i Länder in parte per obbligo in parte per uso tendono a coordinarsi tra loro e col governo centrale, ma la decisione finale di cosa fare sul proprio territorio è prerogativa di ogni singolo Land.

Ma cosa può fare il governo centrale?
Beh, la Costituzione (anzi Legge Fondamentale, come è il nome ufficiale) dice che le istituzioni centrali (governo e parlamento federali) sono responsabili per situazioni di emergenza che riguardino più Länder o il paese intero.
In questi casi il governo può imporsi ai Länder.
C'è un inghippo però.
La Costituzione parla esplicitamente di emergenze riguardanti l'ordine pubblico e le catastrofi naturali. Ma non prevede situazioni di emergenza sanitaria. E la sanità è competenza dei Länder.
E quindi?
Quindi alla fine, se necessario, il governo centrale si imporrà, ma non sarà una passeggiata di salute.
Io personalmente sono comunque convinto che i Länder si coordineranno spontaneamente tra loro e col governo centrale.
Puntare i piedi non conviene a nessuno.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Io non sono un giurista, ho cercato di spiegare le cose in termini terra terra.
Un giurista potrà essere di sicuro più preciso ed esaustivo di me.

giovedì 28 marzo 2019

La "comunicazione" del PD

Ovvero la proposta Zanda spiegata bene.

Oggi ha imperversato sui social la notizia (anzi la bufala) secondo cui Luigi Zanda, senatore PD, avrebbe depositato una proposta di legge per aumentare lo stipendio dei parlamentari.
E apriti cielo!
Soprattutto i grillini si sono gettati sulla cosa a corpo morto.

Ma cosa dice questa proposta di legge? Semplicemente prevede di equiparare lo stipendio dei parlamentari italiani a quello dei parlamentari europei.
E qui casca l'asino: tutti sanno che i parlamentari europei guadagnano di più. Scandalo!

E invece no: prima informatevi (anche se è più facile parlare senza informarsi).
I parlamentari europei hanno uno stipendio lordo inferiore a quello dei parlamentari italiani.
Ma in Europa c'è una tassazione agevolata rispetto a quelle nazionali (anche per i dipendenti, non solo per i parlamentari) e quindi, grazie a ciò, lo stipendio netto dei parlamentari europei risulta superiore a quello dei loro colleghi in patria.

Ma i parlamentari di Roma continuerebbero a restare sotto il regime fiscale italiano, non avrebbero il regime agevolato europeo.
E - sorpresa! - ciò significa che, calando il lordo, calerebbe anche il netto. Incredibile, vero?

Quando, oggi pomeriggio, sono venuto a sapere della bufala, in cinque minuti ho controllato e subito pubblicato questo tweet:


E qui veniamo alla comunicazione del PD.
Un tweet del genere me lo sarei aspettato dai responsabili della comunicazione del PD, non avrebbe dovuto scriverlo un semplice cittadino (che tra l'altro non ha neanche votato PD).

E invece nulla. Altri frequentatori dei social e blogger hanno fatto, indipendentemente da me, notare la cosa.
Ma dal partito nulla. Solo una presa di distanza nei confonti di Zanda in quanto la proposta non è una proposta ufficiale del PD (quindi di fatto avvallando il contenuto della bufala).
Tipo:


Ma benedetti ragazzi, a chi avete messo in mano la comunicazione del PD?
Minimo minimo a un incapace.
Potevate fare un figurone sbufalando tutto in un attimo e invece fate un autorete dietro l'altra gettando il povero Zanda in pasto ai lupi.

Veramente bravi. Continuate così.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
(Aggiornamento ore 21:15)
Col senno di poi, visto il tweet di Zingaretti, l'impressione è che Zingaretti stesso e i suoi collaboratori quella proposta neanche la abbiano letta.

sabato 5 gennaio 2019

Cos'è l'esercizio provvisorio?

Nell'ultimo paio di settimane si è parlato molto dell'esercizio provvisorio nel caso che il Parlamento non fosse riuscito ad approvare in tempo il DEF (alias legge di bilancio).

Fico ha usato la foglia di fico dell'esercizio provvisorio per mortificare e di fatto annullare il dibattito parlamentare (cioè uno dei pilastri della democrazia e dello stato di diritto).
Mattarella ha firmato subito per evitare l'esercizio provvisorio (sapendo che se rimandava la legge alle camere gli ritornava poi uguale e sarebbe stato comunque costretto a firmarla).

Ma è veramente così drammatico l'esercizio provvisorio?
E, soprattutto, siamo veramente sicuri di sapere in cosa consista questo esercizio provvisorio?

Se chiedete in giro, la risposta che più probabilmente riceverete sarà che durante l'esercizio provvisorio il governo può occuparsi solo delle spese correnti e delle spese previste da leggi di bilancio precedenti già approvate (e magari di spese per eventuali emergenze che capitassero nel frattempo).

Bene, non è proprio così.
E come vedrete in realtà l'esercizio provvisorio non sarebbe neanche così traumatico e drammatico.

Intanto partiamo dalla Costituzione.
L'esercizio provvisorio è regolato dall'articolo 81. La parte dell'articolo relativa all'esercizio provvisorio dice:

L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Quindi vediamo già due punti importanti:
- l'esercizio provvisorio non scatta automaticamente (non può essere concesso se non per legge);
- l'esercizio provvisorio non può andare avanti a tempo indefinito (per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi).

Ma in cosa consiste concretamente questo esercizio provvisorio?
Per saperlo dobbiamo andarci a leggere la legge n. 196 del 2009, e in particolare l'articolo 32 di detta legge.
L'articolo 32 è composto di tre commi e recita:

1. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
2. Durante l'esercizio provvisorio, la gestione del bilancio è consentita per tanti dodicesimi della spesa prevista da ciascun capitolo quanti sono i mesi dell'esercizio provvisorio, ovvero nei limiti della maggiore spesa necessaria, qualora si tratti di spesa obbligatoria e non suscettibile di impegni o di pagamenti frazionati in dodicesimi.
3. Le limitazioni di cui al comma 2 si intendono riferite sia alle autorizzazioni di impegno sia a quelle di pagamento.

Il primo comma altro non è che un ribadire quanto scritto nella Costituzione, lo abbiamo già analizzato.
Il secondo comma è di fatto il più importante: ci dice che il governo può già applicare quanto previsto dalla legge di bilancio non approvata, ma in maniera proporzionale al periodo di esercizio provvisorio autorizzato (per esempio: se viene autorizzato un periodo di esercizio provvisorio di due mesi, il governo può autorizzare l'utilizzo dei due dodicesimi di quanto previsto dalla legge di bilancio), dalla proporzionalità rimangono escluse spese obbligatorie e spese non frazionabili.
L'ultimo comma ci dice che tale frazionamento vale sia per le spese propriamente dette che per gli impegni di spesa.

Come vedete, l'esercizio provvisorio è una cosa un po' più complicata ma decisamente meno drammatica di quello che generalmente si pensa.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i miei articoli sugli... articoli della Costituzione.

sabato 11 agosto 2018

Vivere di decreti legge

Lo strumento del decreto legge nella Repubblica Italiana esiste da sempre.
È uno strumento che ha un senso ben preciso e concreto: reagire a un'emergenza per la quale non esiste uno strumento legislativo adeguato e che richiede un intervento immediato, incompatibile coi tempi di una discussione parlamentare.
Proprio per questo ha durata limitata (60 giorni) e poi o viene convertito in legge dal Parlamento o decade (il Parlamento può anche modificarlo prima di convertirlo oppure può anche sostituirlo con legge alternativa).
Insomma, il decreto legge è uno strumento che serve a tappare un buco quando "piuttosto che niente meglio piuttosto".

Nei governi del nuovo millennio invece il decreto legge sembra diventato lo strumento principe dell'azione di governo. Di qualsiasi governo, senza eccezioni.

Perché?
Generalmente viene presentato come motivo per ciò la voglia dei governi di sostituirsi al Parlamento, l'insofferenza crescente verso il sistema parlamentare, visto come una palla al piede da chi chiede di "lasciarlo governare".
E quindi il decreto legge diventa uno strumento di pressione: più decreti legge si fanno (magari reiterandoli con i necessari cambiamenti per poterlo fare senza andare contro legge e Costituzione), più la maggioranza in Parlamento viene costretta a schiacciarsi sulla posizione del Governo e più l'opposizione perde voce.
Perché in Parlamento ci sono sia la maggioranza che l'opposizione e, in una democrazia funzionante, il Parlamento è il luogo del dialogo. Magari aspro, ma pur sempre dialogo.
Invece il Governo è pura espressione della maggioranza, magari estemporanea, ma pur sempre maggioranza.
E tutti i partiti - e sottolineo tutti - sembrano aver perso la capacità (o la volontà) di capire cosa significhi "democrazia parlamentare". Si è creato il mito che la maggioranza è il popolo e quindi il Parlamento non serve.
E allora quale strumento migliore del decreto legge? Il decreto legge è prodotto dal governo... e al governo non c'è da discutere con l'opposizione. Il governo, contrariamente al Parlamento, non perde tempo.

Tutto vero, tutto giusto (e non solo in Italia), ma io sono convinto che ci sia anche un secondo motivo dietro al dilagare dei decreti legge, non meno importante di quello descritto.
Il fumo negli occhi.
Il decreto legge è uno strumento ottimo per far credere che si faccia qualcosa, che si sappia cosa si sta facendo.
Tanto al peggio poi lo si lascia decadere nel silenzio.
Basta fare sufficiente tam tam al momento della sua emanazione e poi far finta di niente e passare oltre fischiettando dopo sessanta giorni, quando andrebbe convertito. Tanto l'elettore ha memoria corta, lo si frega bene a questo modo.
E così, un decreto legge qui, una dichiarazione là, una circolare lì e... ma belin, come si impegna questo governo!
E invece, di concreto nulla.

Saluti,

Mauro.

martedì 24 luglio 2018

Diritto di voto molto storto

In Italia, come oggigiorno in tutte le democrazie compiute, vige il suffragio universale.
Ciò significa che chiunque abbia raggiunto la maggiore età (o un'altra età costituzionalmente definita e valida per tutti) ha diritto di esprimere il suo voto per eleggere le assemblee rappresentative nazionali e locali.
L'unica eccezione prevista è per chi ha commesso particolari gravi reati contro lo Stato, a cui possono essere tolti temporaneamente o definitivamente i diritti civili.

Fin qui tutto chiaro, almeno per chi è un minimo (ma proprio minimo) informato e (ma ancor più minimo) intelligente.
E, almeno in teoria, apparentemente tutto molto bello e molto giusto.

Il problema comincia quando tu, caprone, vai a votare perché sai che ne hai il diritto (e magari lo sai solo perché un imbonitore te lo ha urlato da un blog tra un vaffa e l'altro, non perché conosci i tuoi diritti e i tuoi doveri), ma non hai la minima idea di per cosa voti (e non intendo per quale partito, qui dei singoli partiti non me ne frega nulla), non sai come funzioni il sistema che ti permette di votare, non hai la minima idea di cosa siano le istituzioni, ecc., ecc.

Insomma, hai il diritto di voto, ma invece che diritto lo fai storto. Molto storto.

E infatti poi mi vieni a dire che è una vergogna che abbiamo governi non eletti, che tu non hai votato Mattarella e via di cazzate una più grossa dell'altra.

A te la legge concede il diritto di voto. E questo dimostra che non sempre le leggi sono fatte bene.

Io personalmente condizionerei il diritto di voto a un esame. A un semplice esame di educazione civica: devi dimostrare di sapere per cosa voti e come funziona (almeno in linea di massima) ciò per cui sei chiamato a votare.
Non chiedo un test di intelligenza, neanche uno di semplice alfabetizzazione.
No, solo due domandine (anche orali, se sei analfabeta o analfabeta funzionale o grillino, non pretendo che tu impari a leggere e scrivere solo per votare) in cui dimostri di sapere se voti per il Parlamento, per il governo, per l'assemblea di condominio o per il miglior pescivendolo del mercato e di avere almeno una vaga idea di cosa fa poi l'istituzione per cui hai votato.

Saluti,

Mauro.

venerdì 20 luglio 2018

La legge percepita

A ogni nuova sentenza di qualche tribunale su temi sensibili si scatena in rete (e non solo) la polemica su questi giudici che disattendono la legge o si ergono al di sopra di essa.
Come quei giudici, per esempio, che decidono che in caso di stupro se la vittima è ubriaca lo stupratore ha diritto a uno sconto di pena (decisione mai presa dai giudici, vedasi qui, ma ormai quella è la lettura che è passata e che viene ripetuta a pappagallo).
Ora voi mi direte, beh, i lettori profani hanno capito male la sentenza, c'è chi gliela ha spiegata e ora a parte quattro caproni analfabeti la gente ha capito.
Magari! Ingenui che siete.
A parte il fatto che molta gente preferisce credere alle bufale che alla realtà (nel caso in questione alla concessione di attenuanti, mai concesse, e non al solo cancellamento di un'aggravante precedentemente inflitta), il problema qui è molto più serio: molta gente si è formata in testa una propria idea di legge, di diritto, e pretende che i giudici sentenzino in base a questa, non in base a quella dei codici penale e civile del Paese (ehi, non capita solo in Italia, ma ultimamente in Italia un po' troppo spesso).
Nel caso particolare citato, quando alla gente è stata spiegata la sentenza, questa ha sbraitato ancora di più contro i giudici, scandalizzandosi del fatto che l'ubriachezza della vittima non fosse stata considerata un'aggravante (e molti continuando a sostenere che i giudici avevano deciso che detta ubriachezza giustificasse uno sconto di pena, sconto di pena che non c'è mai stato!).
Però, no, cari miei, l'ubriachezza in sé non è aggravante. Diventa aggravante se è indotta allo scopo di stuprare, non se la vittima si è ubriacata spontaneamente.
E no, l'ubriachezza non è stato un fattore minimizzante la pena nella decisione dei giudici, anzi è stata dai giudici stessi di fatto usata come prova per lo stupro visto che hanno sentenziato che se una persona ubriaca dà consenso al sesso, questo consenso non vale in quanto la persona non è padrona di sé (ergo i giudici si sono schierati senza riserve dalla parte della vittima, oltre che della legge, senza applicare nessun cavillo come voleva la difesa).
Eppure le proteste contro i giudici criminali che difendono gli stupratori non bastonandoli con l'aggravante sono continuate. Vergogna! Scandalo! Indignanzione! Giudici al rogo!
E casi simili si verificano continuamente quando, come scritto all'inizio, i giudici sentenziano su temi sensibili (stupro, legittima difesa, migranti, omicidi di genere e simili). Da ogni parte politica e da ogni fascia della società.

Ormai siamo alla legge percepita.
I giudici non devono decidere in base alle vere leggi del Paese, ma in base a quello che io credo (o, peggio, voglio) che dicano le leggi.

No, signori miei, non funziona così. La legge è quella che sta scritta nei codici e che viene votata dal Parlamento, non quella che la vostra morale (o più spesso le vostre fisime) vorrebbe.
Esistono leggi sbagliate? Sì, è purtroppo naturale che in un corpus legislativo vasto e complesso ci sia anche qualche legge sbagliata (o giusta di principio, ma assurda di logica). Capita in ogni Paese.
Ma, a meno che questa legge non sia anche anticostituzionale, il giudice la deve applicare (e se è anticostituzionale rinviarla alla Corte Costituzionale, non decidere in proprio di andarci contro). Punto.
Poi sarà giusto adoperarsi perché il Parlamento torni a discutere quella legge per riscriverla o cancellarla. Ma questo è un altro punto. E comunque non autorizza a confondere la propria morale con la legge.

La legge percepita tenetevela per i vostri romanzi, se ne scrivete.
Nella realtà esiste la legge scritta e codificata. Non quella percepita.

Saluti,

Mauro.

martedì 29 maggio 2018

Perché Cottarelli e non Gentiloni?

Comunque si giudichino gli eventi degli ultimi giorni sia politicamente che istituzionalmente, su una cosa siamo tutti d'accordo: il governo Cottarelli serve solo a "traghettare" il Paese verso nuove elezioni ad autunno.
Giusto? Sbagliato? Ognuno la pensi come vuole, questo giudizio non è tema di questo articolo.

Tema di questo articolo è la domanda che ho visto fare in giro: perché Cottarelli e non Gentiloni?

Ora, fino alla cerimonia della campanella il governo in carica (affari correnti o no che siano) è il governo Gentiloni.
Il fatto che Gentiloni e i suoi ministri abbiano già cominciato il trasloco è ininfluente: l'Italia in questo momento ha un governo in carica e questo governo è il governo Gentiloni.
A livello costituzionale ma anche istituzionale in senso lato niente impedisce al governo Gentiloni di fare da traghetto.

E allora perché chiamare Cottarelli (o chiunque altro)?

A mio parere la motivazione è molto semplice.
Dopo l'incarico a Conte si è chiaramente operato uno stacco, una cesura. Dopo quell'incarico il governo Gentiloni è stato visto idealmente come dimesso dall'opinione pubblica e probabilmente sarebbe stato visto tale anche dal Parlamento. Anche perché sorretto da una ben precisa parte politica, diversa da quella del presidente incaricato.
Quindi riproporlo sarebbe stato visto sia dai nemici che dagli amici come una scelta politica, non una scelta di transizione (ed è lo stesso motivo per cui era in questo caso ancora più impraticabile chiedere a Conte di fare solo da traghettatore).
Serviva quindi una persona veramente esterna non alle istituzioni, ma all'attuale scenario politico.

Ora, chiarito perché Gentiloni no, resta da chiarire: perché proprio Cottarelli e non un altro?

Qui la motivazione credo sia un po' più complicata (e forse meno digeribile da parte di molti, trasversalmente agli schieramenti).
A mio modesto parere il fatto è che il governo-traghetto in base a come si svilupperanno i tempi per arrivare alle elezioni potrebbe essere comunque costretto a occuparsi della legge di bilancio, quindi serve qualcuno che sappia far di conto. Come Cottarelli appunto.
Teniamo poi anche conto che Cottarelli è stato apprezzato nella sua attività di controllore della spesa da quasi tutti, M5S compreso.

Scelta giusta? Sbagliata?
Motivazioni giustificate? Non giustificate?
Come detto, ognuno può pensarla come vuole, ma le motivazioni di questa scelta a mio parere queste sono.

Saluti,

Mauro.

lunedì 23 aprile 2018

Ma che fretta c'è?

Abbiamo votato il 4 marzo. Oggi è il 23 aprile. E non c'è ancora un governo, dopo più di un mese e mezzo.

Come? Non c'è un governo?
Un governo c'è eccome, invece: il governo Gentiloni. A qualcuno come governo piacerà, a qualcun altro no, ognuno ha diritto di pensarla come vuole, ma il governo c'è, è funzionante e non è dimissionario (no, non saltate sulla sedia: Gentiloni ha sì presentato per cortesia istituzionale le dimissioni a Mattarella, ma questo le ha rifiutate, quindi il governo ufficialmente non è dimissionario).

Però tutti a dire che serve far presto, che al paese serve un governo, e bla bla bla.

No, non serve far presto. Serve far bene.

In questo mese e mezzo l'Italia è andata a fondo? No, anzi.
La Germania nei quasi sei mesi passati tra elezioni e formazione del nuovo governo è andata a fondo? No, anzi.
Il Belgio qualche anno fa, quando ha lasciato passare circa un anno e mezzo tra elezioni e nuovo governo, è andato a fondo? No, anzi.
E potrei fare altri esempi.

Il problema è che la fretta porterebbe a un governo raffazzonato. E un governo raffazzonato fa solo danni, di qualsiasi colore sia.
Mentre il fatto che non ci sia governo ora o che ci sia un governo con le mani legate è solo una leggenda metropolitana.
Il governo c'è, può lavorare (dovendo rendere conto al Parlamento come ogni altro governo) e nella situazione attuale ha un grandissimo vantaggio (per il paese) nei confronti del governo che gli succederà: non può permettersi voli pindarici, è costretto a occuparsi di cose concrete.

E credetemi: ciò non è un male. Anzi.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 11 aprile 2018

La legge Severino e le consultazioni

Durante il primo giro di consultazioni per formare il nuovo governo (a parte che, come scrissi qui, un nuovo governo non è comunque necessario per legge, importante è solo che il governo, vecchio o nuovo che sia, abbia la fiducia del Parlamento) molti si sono scandalizzati per il fatto che Berlusconi sia andato al Quirinale nonostante la legge Severino.

Ora queste anime belle dimenticano due cose:

1) le consultazioni sono una prassi istituzionale, non sono regolate da leggi, da nessuna legge e quindi neanche dalla legge Severino (basta leggersi lo stesso mio articolo citato sopra);
2) la legge Severino (qui potete leggerla nella sua interezza) per quanto riguarda ciò di cui parliamo in questo caso parla solo di incarichi elettivi (ma nel senso di elettivi pubblici, istituzionali, non privati), e Berlusconi è andato al Quirinale come leader di Forza Italia, non come eletto a qualche cosa.

Ergo: Berlusconi si è comportato in maniera totalmente inelegante e tutto sommato irrispettosa, su questo sono il primo a censurarlo, ma non ha tenuto assolutamente nessun comportamento illegale o, peggio, incostituzionale, e quindi in questo mi trovo costretto a difenderlo.

Il problema è che le leggi vengono spesso citate, ma molto meno spesso lette.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 28 marzo 2018

A chi deve dare l'incarico Mattarella?

Tutti stanno tirando la giacchetta a Mattarella sulla nomina del presidente del Consiglio.
Da più parti si ricordano ipotetici "doveri" e i risultati del voto.

Bene: qualsiasi cosa dicano Di Maio, Salvini e tutti gli altri... prendetela e buttatela nel cesso.

Mattarella in quanto Presidente della Repubblica nella scelta a chi dare l'incarico è legato a una sola e semplice norma: l'articolo 92 della Costituzione.
Detto articolo recita:

Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.

Nient'altro. Nulla. Zero.
Mattarella non è legato a nessun risultato elettorale o altra condizione o limitazione.

Mattarella, in realtà, se volesse potrebbe anche risparmiarsi le consultazioni e fare tutto da solo o inventarsi un nuovo rituale, visto che tutto quanto succede tra l'elezione dei presidenti delle due camere e la nomina del Presidente del Consiglio non è governato né dalla Costituzione né da leggi ordinarie, ma è semplice prassi istituzionale (prassi che ha un senso e una motivazione seria, ma che comunque solo prassi rimane).

Paradossalmente anche le dimissioni del governo in carica in caso di nuove elezioni sono solo prassi istituzionale: il governo non ha il dovere di dimettersi, ma solo di richiedere la fiducia al nuovo Parlamento.

L'unica regola (non scritta, quindi neanche questa obbligatoria) che tutti (o quasi) i Presidenti della Repubblica seguono è quella di dare l'incarico alla persona che in quel momento abbia le maggiori possibilità di formare un governo capace di ottenere la fiducia del Parlamento (per la forza del suo gruppo parlamentare, per la capacità di tessere alleanze, per carisma, per qualità diplomatiche o per un misto di due o più di queste caratteristiche o per chissà cos'altro ancora).

Anche l'ipotetico incarico esplorativo è solo prassi istituzionale per cercare di sbloccare situazioni di impasse. Non è regolato da nulla.

Quindi smettete di tirare Mattarella per la giacchetta.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i miei articoli sugli... articoli della Costituzione.

venerdì 23 marzo 2018

Oggi si è insediato il nuovo Parlamento

Da ateo dico: Dio ce la mandi buona.

O meglio: che Mattarella usi al massimo i suoi poteri (non assoluti, ma neanche trascurabili).

Saluti,

Mauro.

lunedì 5 marzo 2018

No, la scheda non la mettevi tu nell'urna

Ieri durante la giornata elettorale e nei giorni precedenti ci hanno strapazzato e sfracellato le palle con la novità che non potevi più infilare la scheda nell'urna e che dovevi invece consegnarla al presidente del seggio e lui poi la avrebbe infilata nell'urna.
E tutti (o meglio: vari per l'uno e gli altri per l'altro) a presentarci gli esempi di Bersani e Di Battista che hanno sbagliato infilando loro stessi la scheda nell'urna.

A parte il fatto che, anche fosse veramente una novità, Bersani e Di Battista non sarebbero comunque perdonabili in quanto erano parlamentari quando la nuova legge elettorale è stata votata, quindi dovrebbero averla letta prima ancora di aver votato (a favore o contro qui non è per niente importante, importante è che su quella legge hanno votato in Parlamento).

A parte ciò, che rende la cosa grave per le due singole persone in questione ma non ha valore globale, il problema è che la cosa non è una novità.
Anzi, è sempre stato così.

Andate a leggervi le istruzioni regolamentari che venivano consegnate ai presidenti di seggio prima di ogni elezione: dicevano chiaro e tondo che l'elettore deve consegnare la scheda ripiegata al presidente del seggio (o a uno scrutatore da lui esplicitamente indicato nel caso in cui per cause di forza maggiore lui dovesse temporaneamente assentarsi) e poi questi - in presenza dell'elettore stesso - la inseriva nell'urna.

E no, non venitemi a raccontare delle foto dei politici che infilavano le schede direttamente nell'urna: ho fatto lo scrutatore e mi sono ritrovato in situazioni in cui venivano fatte certe foto.
Come andava? Il politico (o altro presunto vip) di turno faceva finta di inserire la scheda nell'urna, il fotografo scattava e poi il politico tirava indietro la mano (con la scheda che aveva tenuto sempre saldamente in mano), consegnava la scheda al presidente di seggio e questo la infilava nell'urna (senza che il fotografo scattasse, sempre che a quel punto non fosse già uscito dal seggio).

Saluti,

Mauro.