giovedì 28 marzo 2019

La "comunicazione" del PD

Ovvero la proposta Zanda spiegata bene.

Oggi ha imperversato sui social la notizia (anzi la bufala) secondo cui Luigi Zanda, senatore PD, avrebbe depositato una proposta di legge per aumentare lo stipendio dei parlamentari.
E apriti cielo!
Soprattutto i grillini si sono gettati sulla cosa a corpo morto.

Ma cosa dice questa proposta di legge? Semplicemente prevede di equiparare lo stipendio dei parlamentari italiani a quello dei parlamentari europei.
E qui casca l'asino: tutti sanno che i parlamentari europei guadagnano di più. Scandalo!

E invece no: prima informatevi (anche se è più facile parlare senza informarsi).
I parlamentari europei hanno uno stipendio lordo inferiore a quello dei parlamentari italiani.
Ma in Europa c'è una tassazione agevolata rispetto a quelle nazionali (anche per i dipendenti, non solo per i parlamentari) e quindi, grazie a ciò, lo stipendio netto dei parlamentari europei risulta superiore a quello dei loro colleghi in patria.

Ma i parlamentari di Roma continuerebbero a restare sotto il regime fiscale italiano, non avrebbero il regime agevolato europeo.
E - sorpresa! - ciò significa che, calando il lordo, calerebbe anche il netto. Incredibile, vero?

Quando, oggi pomeriggio, sono venuto a sapere della bufala, in cinque minuti ho controllato e subito pubblicato questo tweet:


E qui veniamo alla comunicazione del PD.
Un tweet del genere me lo sarei aspettato dai responsabili della comunicazione del PD, non avrebbe dovuto scriverlo un semplice cittadino (che tra l'altro non ha neanche votato PD).

E invece nulla. Altri frequentatori dei social e blogger hanno fatto, indipendentemente da me, notare la cosa.
Ma dal partito nulla. Solo una presa di distanza nei confonti di Zanda in quanto la proposta non è una proposta ufficiale del PD (quindi di fatto avvallando il contenuto della bufala).
Tipo:


Ma benedetti ragazzi, a chi avete messo in mano la comunicazione del PD?
Minimo minimo a un incapace.
Potevate fare un figurone sbufalando tutto in un attimo e invece fate un autorete dietro l'altra gettando il povero Zanda in pasto ai lupi.

Veramente bravi. Continuate così.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
(Aggiornamento ore 21:15)
Col senno di poi, visto il tweet di Zingaretti, l'impressione è che Zingaretti stesso e i suoi collaboratori quella proposta neanche la abbiano letta.

lunedì 25 marzo 2019

I misteri del tedesco 16 - Le tazze nella credenza e gli uccelli

No, prima che capiate male, non parlo di quegli "uccelli"... se avete frainteso siete dei porcelloni oppure non avete tutte le rotelle a posto.

Ed è appunto di questo che vogliamo parlare: del non avere le rotelle a posto.
In italiano è chiaro cosa significa: non essere del tutto a posto nel cervello.
Ed è chiara anche l'origine: il cervello può anche essere visto come un ingranaggio... e se un ingranaggio ha qualche rotella fuori posto non può funzionare, o almeno non funziona al meglio.

In tedesco le cose sono un po' meno chiare.
Nella stessa situazione io a un tedesco direi che non ha tutte le tazze nella credenza (nicht alle Tassen im Schrank haben).
L'espressione sembra originaria di Berlino, ma è comunque oggi diffusa in tutto l'ambiente di lingua tedesca senza differenze, né di grafia né d'uso.
La parola tazza in tedesco è usata anche in altre espressioni che hanno a che fare con l'intelligenza, per esempio una persona noiosa può essere vista come una trübe Tasse (cioè una tazza torbida).
Sembra (come dice qui la wiki tedesca) che però Tasse in questo contesto non sia la parola tedesca per tazza, ma una deformazione dello jiddisch Toshia, che significa qualcosa come mente, comprendonio.
A questo punto quindi la domanda diventa: cosa c'entra la credenza, intesa come mobile da cucina o sala da pranzo (o armadio, visto che Schrank significa entrambe le cose)? Boh.

Ma ora torniamo agli uccelli (e smettetela di pensare male!).
In tedesco per dire che uno ha qualche rotella fuori posto, posso anche dire che ha un uccello (einen Vogel haben).
Espressione meno usata della precedente, ma comunque diffusa.
Qui l'origine forse è più chiara, ma ci sono comunque due interpretazioni.
La prima (che io ritengo più credibile, ma è solo una mia interpretazione personale) è che un tempo si credeva che nelle persone, diciamo così, poco furbe piccoli animali, tipo uccelli, avessero fatto il nido dentro il cranio.
La seconda (a mio parere troppo "scientifica" per i secoli passati, visto che l'espressione non è recente) è che l'espressione sia nata relativamente alle persone microcefale, che avevano una testa piccola come "un uccello" e che poi si sia diffusa a tutti coloro non troppo intelligenti.
Talvolta al posto di Vogel si usa Meise, che in italiano sarebbe la cincia o cinciallegra, ma qualcuno anche qui tira in ballo lo jiddisch e dice che Meise derivi da mases (traducibile più o meno con Untat in tedesco o misfatto in italiano, ma ciò non mi pare una spiegazione credibile).

E se questo articolo vi è piaciuto... ringraziate Daniela Pietrini che qui me lo ha chiesto.

Saluti,

Mauro.

domenica 24 marzo 2019

I misteri del tedesco 15 - Salutiamo i tedeschi

Ogni lingua ha le sue forme di saluto. Alcune standard, nella sostanza uguali nelle varie lingue, altre molto particolari, caratteristiche.

Tra italiano e tedesco le differenze cominciano però già con quelle standard.
In italiano abbiamo buon giorno, buon pomeriggio (ormai in disuso) e buona sera (buona notte no, non è un saluto, è un augurio).
In tedesco abbiamo guten Morgen (traducibile con buon mattino), guten Tag (buon giorno) e guten Abend (buona sera). Ma nessun guten Nachmittag (buon pomeriggio). E gute Nacht (buona notte) è anche in tedesco un augurio, non un vero saluto.
Ma sono tutto sommato differenze piccole, poco significative.

Oltre a questi c'è il classico Hallo, ripreso dall'inglese.

Ma veniamo ai saluti particolari, quelli veramente interessanti.

I tedeschi hanno adottato il nostro ciao (in realtà originariamente dialetto veneto, non lingua italiana), ma con una differenza: noi usiamo ciao sia quando ci incontriamo sia quando ci separiamo, per i tedeschi invece è solo un saluto di commiato.
Assolutamente identico in significato e uso (anche se di origine indipendente) a ciao è Tschüss (con le sue varianti, tipo Tschö), nato nel nord della Germania ma ormai diffuso in tutto il paese.

Sempre dal nord della Germania arriva Moin.
È un saluto usato a qualsiasi ora, principalmente quando ci si incontra. La cosa interessante di questo saluto è che viene usato nell'area "marittima" della Germania e nel resto dell'area Mare del Nord-Mar Baltico (Paesi Bassi, Danimarca, Polonia costiera) ma, incredibilmente, anche in Svizzera, però non ha preso piede nel resto della Germania, dove viene usato molto sporadicamente.

Passando dal nord al sud della Germania, in particolare Baviera (ma anche Austria) i saluti diventano più legati alla religione essendo terre di "estremismo" cattolico.
E così in Austria, Baviera e nella parte cattolica del Baden-Württemberg ci si saluta con Grüss Gott (che noi italiani di Germania spesso prendiamo in giro salutando i tedeschi dicendo cruscotto, che tanto suona praticamente uguale e loro non se ne accorgono).
La cosa interessante è che questo saluto in origine significava Dio ti/vi saluti, ma nella grafia attuale letteralmente tradotto significa saluta/salutate Dio.

Diffuso nel centro-sud della Germania e anche in altre parti dell'Europa centrale (in pratica l'area del vecchio impero asburgico) è servus.
L'origine è esattamente quella di ciao, ed entrambi hanno radici nel latino. Servus lo potremmo tranquillamente tradurre con servo vostro (come ciao è deformazione dialettale di schiavo vostro).

Nel Saarland, ai confini con la Francia si usa poi Salü, deformazione del francese Salut e con lo stesso identico uso e significato (Salü si usa anche in Svizzera).

Nella Svizzera tedesca si usa poi Grüezi che è una contrazione di Gott Grüez-i, che corrisponde all'austro-bavarese Grüss Gott di cui abbiamo parlato prima.

Da ultimo ho lasciato il saluto più assurdo, quello che sopporto meno: Mahlzeit.
Mahlzeit in italiano significa semplicemente pasto.
In buona parte della Germania (soprattutto nella parte occidentale) e in Austria però intorno a ora di pasto e di cena viene spesso usato come forma di saluto, indipendentemente dal fatto che chi incontri abbia già mangiato, non lo abbia ancora fatto o non abbia proprio intenzione di farlo.
E no, non è un augurio di buon appetito. Se un tedesco vuole veramente augurartelo ti dice guten Appetit.

Saluti,

Mauro.

Aggiornamento 27.03.2019
L'amica Terminologia mi fa notare che sembra che a Bolzano (dove, come in tutto l'Alto Adige, si usano le forme di saluto tedesche tipiche dell'Austria e dell'ex impero asburgico) si usi in italiano informale Cruscòtt per Grüß Gott, quindi in pratica la stessa forma usata ironicamente dagli italiani di Germania.

domenica 17 marzo 2019

La grammatica, questa sconosciuta

Oggi me la prendo con le conoscenze grammaticali della Gazzetta dello Sport e in particolare su quanto scritto nell'articolo celebrativo della vittoria di Dominik Windisch ai mondiali di biathlon.
Ora, Dominik Windisch è un uomo, ma a quanto pare per la Gazzetta basta che la sua fidanzata sia una donna per considerare grammaticalmente femminile anche lui:


"Per legarsi alla donna che due anni fa le ha cambiato la vita e le ha portato fortuna in pista" 😱

E c'è comunque un altro errore: il resort "Dasgerstl" non esiste. Esiste il "Das Gerstl" (das è articolo, non parte del nome). Ma questo è comunque meno grave, magari è anche forse solo un errore di battitura.

La cosa comica è che la Gazzetta si prende per i fondelli da sola.
Pubblica i commenti in cui le faccio notare gli errori (sì, "ToroMS" sono io), ma non li corregge (per lo meno non ancora alle 23:42 del 17.03.2019):


Saluti,

Mauro.

martedì 12 marzo 2019

Le famose greggi di bovini

A quando le mandrie di ovini?


Qui l'articolo originale, da Repubblica, non dal giornaletto dell'oratorio.

Tra l'altro sarebbe bastato che il giornalista consultasse la voce gregge sullo stesso dizionario online di Repubblica.

Saluti,

Mauro.

Aggiornamento 15.03.2019
L'articolo è stato corretto. Ora si legge mandrie al posto di greggi. Il "giornalista" avrà letto il mio blog o commenti simili apparsi altrove.
Comunque pessima abitudine quella di correggere sperando che nessuno se ne accorga invece di pubblicare una vera errata corrige.

sabato 9 marzo 2019

Uno splendido esempio di analfabetismo funzionale

Stasera ho contestato su Twitter un politico (no, non un grillino) che sosteneva l'inutilità della TAV (che poi, come ho spiegato qui, non è una TAV).
Un lettore mi ha "sfidato" a spiegare perché fosse inutile 😳


Saluti,

Mauro.

venerdì 8 marzo 2019

La TAV che non lo è

La telenovela sul sì o no alla TAV Torino-Lione da parte del governo va avanti.
Al di là dell'essere favorevoli o contrari (chi mi conosce sa che io sono favorevole, ma questo non c'entra con quello che vi voglio raccontare oggi), c'è un errore di base che ormai quasi tutti, sia tra gli oppositori che tra i sostenitori, commettono.
Ed è di questo errore che vi voglio parlare.

La TAV in questione non è una TAV.

Il nome corretto dell'infrastruttura è Nuova Linea Torino-Lione, o NLTL.
Ma questo nome ci dice solo che è qualcosa di nuovo, non se è TAV o no.

Intanto vediamo come è definito il concetto di TAV.
Secondo le Specifiche tecniche di interoperabilità emanate dalla Commissione Europea (con consenso dell'Union internationale des chemins de fer) con alta velocità ferroviaria va intesa un'infrastruttura in cui i treni viaggino a una velocità uguale o superiore a 250 km/h.
Quindi i 250 km/h sono la velocità minima per poter parlare di alta velocità.

E come viaggeranno i treni sulla Torino-Lione?
I treni passeggeri viaggeranno con una velocità massima di 220 km/h e quelli merci con una velocità massima di 120 km/h (dati riportati anche nell'audizione alla Commissione Affari Esteri della Camera del dicembre 2016).

Ergo, la Torino-Lione non è una TAV (e infatti sia negli atti UE che negli accordi italo-francesi non si parla mai di alta velocità). Sia che la vogliate costruire sia che no.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 6 marzo 2019

Proviamo a dare i numeri

Negli ultimi giorni è girata molto una lista di richieste di rimborsi spese da parte di alcuni esponenti grillini.
All'inizio sembrava che fossero relative a un solo anno, poi si è scoperto che erano relative a cinque anni.
Le cifre a occhio sembrano esagerate (alcune anche molto), ma i numeri presi da soli senza fare due conti o confronti non dicono molto, possono ingannare.

Vediamo di fare conti e confronti sulle (almeno apparentemente) più eclatanti delle richieste.

Paola Taverna
Ha richiesto il rimborso di 17750 € di spese telefoniche.
In cinque anni fa circa 296 €/mese.
Con TIM l'offerta più costosa in flat rate è 49 €/mese (cellulare, senza limiti in Italia, max 60 minuti in Europa). In cinque anni fa 2940 €.
Possibili spiegazioni:
1) La Taverna vive sulla Luna e non conosce l'esistenza delle flat rates.
2) La Taverna non vuole fare eventuali chiamate internazionali dall'ufficio alla Camera (che sarebbero pagate direttamente dalla stessa) e questo fa salire la spesa.
3) La Taverna ha inserito anche i rimborsi per i collaboratori (in caso di uso flat rate significa però che ne ha 5... mi sembrano un po' tantucci).
4) La Taverna ha gonfiato la spesa.

Marta Grande
Ha chiesto il rimborso di 131000 € di affitto.
In cinque anni significa un po' meno di 2200 €/mese.
A Roma in zona centro storico un affitto costa in media 24,30 €/mq (dati febbraio 2019, qui la fonte), il che significa che ci si può permettere un appartamento di ca. 90 mq in pieno centro.
Un po' fuori centro, ma sempre vicini (tipo zona Pigneto, San Lorenzo, Casal Bertone) si scende a una media di 14,99 €/mq. Ci esce un appartamento di circa 145 mq.
Tenendo poi conto che Marta Grande è di Civitavecchia, quindi probabilmente risparmierebbe facendo la pendolare...
Possibili spiegazioni:
1) La Grande ritiene che un parlamentare deve avere un appartamento da ricchi, quindi ha cercato o un appartamento molto grande o uno più piccolo ma in immobile di grande pregio.
2) La Grande si è fatta fregare dal padrone di casa sull'affitto.
3) La Grande paga anche gli affitti dei collaboratori (cosa per lo meno inusuale).
4) La Grande ha gonfiato la spesa.

Barbara Lezzi
Ha chiesto il rimborso di  27258 € di benzina.
In cinque anni fa circa 454 €/mese.
Qui un calcolo è più complicato, visto che il prezzo del carburante oscilla molto di più di quelli del telefono o dell'affitto (che tra le altre cose tendono a crescere nel tempo, quello della benzina negli ultimi anni invece ha avuto tendenzialmente una discesa, anche se con notevoli rimbalzi, qui potete trovare i prezzi medi mensili attuali e storici).
Nel quinquennio 2014-2018 il prezzo medio mensile della benzina è oscillato tra un estremo minimo di 1,378 €/litro e uno massimo di 1,761 €/litro.
Il che significa un consumo medio da parte della Lezzi compreso tra ca. 260 litri e ca. 330.
Con un auto media (né utilitaria né classe alta) ciò porta a una percorrenza media tra circa 3500 e circa 4500 km al mese, forse anche un po' di più, se l'auto è nuova.
Tenendo conto che la Lezzi è anche ministro e quindi quando si sposta per compiti ministeriali i conti non vengono pagati dalla Camera (né direttamente né come rimborso) quei km sono decisamente tanti.
Possibili spiegazioni:
1) La Lezzi guida una vecchia carretta che fa al massimo 5 km con un litro.
2) La Lezzi fa pagare alla Camera anche i viaggi ministeriali.
3) La Lezzi considera anche gli spostamenti privati come spostamenti di servizio.
4) La Lezzi ha gonfiato la spesa.

Ora, a parte le mie "spiegazioni" (che oscillano tra il serio e il faceto), quello che vorrei far notare è che sulla stampa (sia tra gli accusatori che tra i difensori) si sono sparate le cifre totali senza provare a fare qualche calcolo concreto.
Ma le cifre assolute da sole non dicono nulla.

Ora, con i conti che ho fatto sopra sì che si può avere un'idea della situazione.
Ed eventualmente, se mi è sfuggito qualcosa o ho commesso degli errori, si possono rifare i conti e poi correggermi.
Se anch'io avessi usato solo le cifre assolute non si potrebbe fare (anche se usandole forse vi avrei annoiato di meno 😉).

Saluti,

Mauro.