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giovedì 10 luglio 2025

Perché Dio ha creato l'uomo?

Recentemente ho visto sul Tubo un video molto interessante di Sapiens Sapiens.
Ve lo propongo qui, poi arriverò al punto che mi interessa.


Ovviamente la domanda sul perché i bambini debbano soffrire e morire è importante. E nessuna religione può rispondere, perché l'unica risposta sarebbe ammettere l'esistenza di un Dio crudele, criminale.

Però a livello puramente teologico c'è una domanda che in realtà dovrebbe mettere ancora più in crisi i credenti, la Chiesa e i teologi.
Ma è una domanda a cui non si dà generalmente la giusta importanza. Né da parte di chi difende la Chiesa e la religione, né da parte di chi la attacca.

La domanda in questione è: perché Dio ha creato l'uomo?

La Chiesa, i teologi, gli apologeti (e molti credenti, non tutti i credenti però va onestamente detto) rispondono (quando rispondono) "per amore".
Ma che cavolo di risposta è?
Amore per chi?
Per l'uomo? Ma come fa Dio ad amare chi non esiste (sì, perché se lo ha creato per amore, significa che lo amava già prima di crearlo)?
Per sé stesso? Ma allora è egoismo, non amore (a parte che, a ragionare bene, anche l'ipotesi precedente parla più di egoismo che di amore, visto che non si è posto il problema se l'uomo volesse essere creato).

Ma anche lasciando da parte amore ed egoismo rimane un problema. Un problema grosso come l'universo se non di più.
Le scritture (ergo la Bibbia se ci limitiamo al cristianesimo, ma anche il Talmud e il Corano) ci dicono che Dio è perfetto.
Ma la cosa non quadra: se fosse perfetto sarebbe bastante a sé stesso, non avrebbe bisogno di creare nulla (né per amore, né per egoismo).
Se ne ha bisogno significa che si sente incompleto. E quindi ammette di non essere perfetto.

O, più logicamente, significa che non è stato lui a creare l'uomo, bensì l'uomo a creare lui.

Saluti,

Mauro.

lunedì 16 giugno 2025

Non giudicate l'autore/autrice

Quando leggete qualcosa (qualsiasi cosa: un tweet, un blog, un articolo, un libro, ecc.) cercate di nascondere a voi stessi l'autore/autrice.
Giudicate, valutate quello che leggete, le fonti che porta, la logica del discorso. Non l'autore/autrice.
Anche uno stronzo può scrivere cose giuste e condivisibili e anche una persona seria può scrivere cose sbagliate e condannabili.

Un tweet, un articolo, ecc. non può ovviamente cambiare il giudizio generale sulla persona che lo ha scritto. Ma allo stesso tempo un tweet, un articolo, ecc. non va giudicato in base a chi lo ha scritto.
Va giudicato in base a quel che contiene, in base a quel che dice. E a nient'altro.

Del resto, se ci pensate bene, è proprio questo il senso di cose come la peer review, il doppio cieco e simili.

Saluti,

Mauro.

martedì 28 gennaio 2025

Quiz scientifici in rete

Chi mi segue sui social networks sa che su X (ex Twitter) e Mastodon mi diverto a pubblicare quiz.
Di ogni materia, ma principalmente matematici e scientifici.

Spesso me li invento io, ma altrettanto spesso li prendo da libri o siti web.

Quali siti web uso per "rifornirmi"? Quali sono i miei pusher?
Principalmente quattro (ormai cresciuti con gli aggiornamenti).

1) Mind Your Decisions, con quiz matematici e logici. Ha anche un proprio canale YouTube.

2) SciAm Games, la pagina ludica di Scientific American, non solo quiz, ma anche sudoku, puzzles e altro.

3) Denksport.de, matematica, fisica, ma anche quiz di vario altro tipo, in tedesco.

4) Notiziole di .mau., non è un blog di quiz, ma ogni domenica pubblica un quizzino matematico.

5) Matematica tranquilla, canale matematico su YouTube, non si tratta di quiz in senso stretto, ma di problemi matematici, da cui si possono però ricavare ottimi quiz (aggiornamento 12.06.2025).

6) Rätsel der Woche, anche il settimanale tedesco Der Spiegel ha una sua pagina ludica, con una sezione (quella qui citata) che settimanalmente pubblica quiz di logica e matematica, in tedesco (aggiornamento 03.07.2025).

7) Britannica Trivia Quizzes - Science, il sito dell'Enciclopedia Britannica ha una pagina di giochi e quiz su ogni argomento, ma a noi interessano quelli di scienza (aggiornamnto 04.08.2025).

Questi sono i miei pusher principali.
In futuro aggiornerò questa lista con altri siti.

Saluti,

Mauro.

domenica 15 dicembre 2024

La Stampa, la stampa e la logica

Sì, Stampa e stampa.
Purtroppo la stampa in generale ha problemi con la logica.
Ma stavolta non solo la stampa, bensì La Stampa, il quotidiano in passato più affidabile in questo senso... ma appunto "in passato".


"20 paesi su 19".

Serve che vi spieghi il problema?
Spero di no.
E non venitemi a dire che la stronzata la ha detta Tajani (ergo il ministro degli esteri, anche se non nominalmente citato) e non il giornalista: il giornalista avrebbe dovuto notare l'assurdità dell'affermazione e farla notare.

Ma la maggioranza dei giornalisti ormai di logica, matematica, anzi di banale aritmetica, non sa più nulla.

Saluti,

Mauro.

domenica 3 novembre 2024

Riparliamo del paradosso del barbiere

A marzo dell'anno scorso (2023) vi raccontai come il paradosso del barbiere in italiano sia più un'ambiguità che un paradosso.
Facciamo ora finta che l'ambiguità non esista e sia veramente un paradosso... ma...

...siamo sicuri che sia veramente un paradosso?

No, per niente.

Infatti, pur con tutto il rispetto e l'affetto che provo per Bertrand Russell (che la logica la conosceva, ma a quanto pare la dimenticava quando andava dal barbiere), non c'è nessun paradosso.
Infatti un paradosso, per essere definito tale, non deve avere lacune, deve essere "irrisolvibile" comunque lo si affronti.
E invece il paradosso del barbiere di lacune ne ha eccome.

Partiamo dalla sua formulazione standard, quella di Russell (formulazioni alternative e successive servono solo a risolvere il problema truccando le carte): In un paese il barbiere fa la barba a tutti quelli, e solo a quelli, che non se la fanno da soli, quindi chi fa la barba al barbiere?

Se uno conosce un minimo di logica (e anche di vita quotidiana) vede già due possibili soluzioni al "paradosso".

1) Chi ha deciso che il barbiere debba farsi la barba? Non avete mai visto barbieri barbuti?
2) Chi si fa la barba da solo, se la fa a casa la mattina appena alzato. Se il barbiere se la facesse da solo appena alzato, se la farebbe da privato cittadino, non da barbiere, quindi rientrerebbe nella categoria di coloro che se la fanno da soli.

Ergo, non c'è nessun paradosso, visto che la formulazione ha varie lacune, non considera ogni possibilità (come dovrebbe un paradosso ben formulato).

Saluti,

Mauro.

mercoledì 12 luglio 2023

Popper, la tolleranza, noi e la democrazia

Nel 1945 Karl Popper formulò il paradosso della tolleranza, all'interno del suo libro La società aperta e i suoi nemici.

Popper lo formula in questi termini:
Meno noto è invece il paradosso della tolleranza: la tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l'illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l'attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.
E qualche riga sotto conclude quindi che:
Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti.

E qui sta il paradosso: per salvare la società dall'intolleranza bisogna essere intolleranti.

Ed è un paradosso assolutamente non risolvibile, se ci ragionate bene.
È impossibile concludere usando solo la logica se sia giusto tollerare gli intolleranti o se bisogni "abbassare" il livello di tolleranza per bloccarli.

Ed è questo, in fondo, il motivo per cui oggi (ma non è certo la prima volta nella storia) vediamo partiti palesemente antidemocratici sedere nei vari parlamenti dopo essere stati eletti in maniera assolutamente democratica.

La democrazia è come la tolleranza di Popper.
È giusto trovare modi di impedire agli antidemocratici di sfruttare la democrazia per andare al potere?

In termini di diritto credo che la risposta sia semplice: questi partiti si possono fermare se compiono atti anticostituzionali, ma non si possono fermare solo per i loro programmi e idee.

Mentre a livello logico e filosofico rimane un paradosso irrisolvibile.

Saluti,

Mauro.

martedì 28 marzo 2023

L'ambiguità del paradosso del barbiere

Nella versione italiana il paradosso del barbiere in realtà non è un paradosso ma un'ambiguità.
Pensateci bene: "coloro che non si radono da soli" è ambiguo, ambivalente.
Può essere interpretato in due modi diversi.

1) Coloro che non sanno o non vogliono usare il rasoio e si fanno radere da altri.

2) Coloro che non amano radersi in solitudine e lo fanno solo in compagnia.

Ogni volta che proponete questo "paradosso" dovreste specificare 😉

Saluti,

Mauro.

venerdì 2 dicembre 2022

Scienza e pseudoscienza

Il 28 novembre del 2021 ho scritto un articolo sulla pseudomedicina in Germania.
Ovviamente comunque il problema non riguarda solo la Germania (anche se ivi è particolarmente forte) e non riguarda solo la medicina (anche se in medicina è particolarmente pericoloso).

Oggi vorrei qui parlare di un problema strettamente legato a quanto trattato nell'articolo citato sopra.

Come si è arrivati al punto che (non solo in Italia, ma in Italia in maniera estrema) scienza e pseudoscienza vengano considerate come differenti opinioni di pari dignità e che quindi ogni fuffa abbia dignità di discussione, costringendo esperti, scienziati o comunque persone preparate a doversi confrontare in pubblico con persone che non hanno la minima idea degli argomenti di cui parlano (o sono direttamente in malafede)?
Proviamo a formulare un'ipotesi (anzi: provo a formulare un'ipotesi, una mia ipotesi).

In Italia purtroppo sappiamo che la scienza e la tecnologia sono vilipese e spesso disprezzate. E comunque al meglio considerate non importanti a livello culturale.
Di questo, come già detto e scritto più volte, sono responsabili Giovanni Gentile e soprattutto Benedetto (mai nome fu più sbagliato) Croce.
Verrebbe quindi spontaneo pensare che la situazione di cui sopra possa essere a loro legata.

E invece no.
Stavolta Gentile e Croce non c'entrano.
Di loro possiamo (e dobbiamo) dire tutto il male possibile, ma il loro sminuire l'importanza di scienza e tecnologia non è mai sfociato nella difesa - o almeno sdoganamento - di pseudoscienze e fuffa varia.
Anzi, loro non le consideravano proprio, perché la loro formazione logica (anche se logica in senso filosofico e non matematico-scientifico) li portava a rifiutarle a priori.
Almeno in questo caso loro sono innocenti.

E allora?
Da dove viene questa situazione (oltretutto non limitata solo all'Italia)?

Intanto stabiliamo uno spartiacque: questi discorsi valgono solo per tempi relativamente recenti, essendo la scienza come la intendiamo oggi una costruzione nata tra '600 e '700.
Distinguere tra scienza e pseudoscienza per ciò che ci fu prima di allora è al massimo speculazione accademica, gioco linguistico. In concreto: non ha senso.

Nel nostro discorso ci aiuterà un ottimo libro di Silvano Fuso (libro che ha comunque altri obiettivi rispetto a quello di questo articolo, ma rimane un'ottima guida): Scienza, pseudoscienza e fake news, pubblicato da edizioni Dedalo, prima edizione 1999, ristampa in mio possesso nella collana Senzatempo della stessa edizioni Dedalo, 2021.
In particolare il terzo e l'ottavo capitolo di detto libro.

Tutto parte, paradossalmente, dal successo del metodo scientifico che, partendo dall'illuminismo, portò al positivismo.
Cioè al tentativo di spiegare tutto in termini non tanto scientifici, quanto deterministici.
Infatti il positivismo è una deformazione del metodo scientifico.
Il secondo, detto in maniera terra terra, pone delle regole per cercare delle risposte. Non pretende di arrivare alle risposte (né tantomeno pretende che ci sia sempre una risposta precisa e univoca), pretende "solo" di spiegare come bisogna lavorare per avere la possibilità di arrivarci, quale metodo e quali strumenti logici vadano usati.
Il primo invece, sempre detto in maniera terra terra, dice che se abbiamo i dati di partenza e conosciamo il metodo scientifico... automaticamente arriviamo alle risposte. E queste sono univoche e precise.

E questo è ciò che ha fatto danni.
Perché, ovviamente e prevedibilmente, ha provocato la classica (per dirla in termini fisici) reazione uguale e contraria, soprattutto ove la scienza non era in grado di dare risposte precise (qualsiasi fosse il motivo).

Tutti sappiamo che la scienza in realtà non è deterministica. Per lo meno lo sappiamo da quando conosciamo la fisica quantistica (ma i veri scienziati in realtà lo hanno sempre saputo).
A partire da date condizioni di partenza, l'evoluzione di un sistema dipende non solo da queste ma - almeno - anche dalle condizioni al contorno.
Esempio banale. Voglio vedere come si evolve una reazione chimica. Condizioni di partenza fissate e identiche, ma una volta la provo nel chiuso asettico di un laboratorio e una volta all'aperto, senza particolari precauzioni.
È ovvio che nella maggioranza dei casi vedrò evoluzioni simili, ma comunque diverse.
Per un positivista - semplificando - invece, essendo le condizioni di partenza uguali avrei dovuto ottenere la stessa evoluzione indipendentemente dalle condizioni al contorno.

E qui casca l'asino.

Perché non essendo possibile ottenere sempre le stesse identiche risposte (la natura è solo in parte deterministica, e anche quella parte non nel modo in cui lo si intende comunemente) c'è stata una reazione al positivismo (cosa giustificata) che si è estesa poi a tutta la scienza (cosa non giustificata).

Poi il neopositivismo, sviluppatosi nel 20° secolo (dopo che il positivismo era per molti decenni caduto nel dimenticatoio), considerando la scienza come ideale di oggettività ed elevandola a paradigma del sapere riportò a galla le reazioni antiscientifiche di cui sopra (mai completamente sedate, anche se a lungo ridotte).
Ciò portò la scienza a una situazione di isolamento (la famosa torre d'avorio, anche se se spesso sono gli altri a mettere gli scienziati dentro la stessa, non loro a costruirla per sé stessi) evidenziandone i limiti, come espresse con chiarezza Ludwig Wittgenstein nel suo Tractatus logico-philosophicus:

Noi sentiamo che se pure tutte le possibili domande della scienza ricevessero una risposta, i problemi della nostra vita non sarebbero nemmeno sfiorati. Certo, non rimane allora alcuna domanda; e questa è appunto la risposta.

Insomma, il problema è che la scienza (inconsciamente) ha promesso troppo e chi non ottiene le risposte che chiede se ne allontana, cadendo nelle pseudoscienze, che una risposta la danno sempre, anche se sbagliata.
Ed è questa la forza delle pseudoscienze: non essendo legate a nessun metodo, a nessuna coerenza... hanno sempre un risposta. E quando falliscono hanno sempre una spiegazione.
La scienza invece no.

Alla fine è una questione di comunicazione: la scienza deve imparare a presentarsi per quello che è, a dire quello che può effettivamente fare. Non sperare che il profano lo capisca da solo vedendo i risultati che la scienza porta.
Se no rischia di apparire come stregoneria, come scrisse Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere (Q11, §39):

In realtà, poiché si aspetta troppo dalla scienza, la si concepisce come una superiore stregoneria, e perciò non si riesce a valutare realisticamente ciò che di concreto la scienza offre.

Saluti,

Mauro.

domenica 19 dicembre 2021

Il latino e il liceo (scientifico)

Ieri sul canale Youtube La Biblioteca di Alessandria ho guardato il video Ha ancora senso studiare il latino al liceo scientifico?

Non ho potuto evitare di lasciare i miei commenti, che qui cerco di esplicitare un po' meglio.
Vi consiglio però vivamente di guardare prima il video di cui sopra, visto che quanto scrivo è direttamente legato ai contenuti del video stesso.

Anch'io, come Gioele (l'autore del video), ho fatto il liceo scientifico, nei lontani anni '80 quando l'impronta classica di tutto il mondo liceale era ancora più forte di oggi, e poi mi sono laureato in materie scientifiche (io in fisica, lui in medicina).

Sostanzialmente sono d'accordo con lui.
Forse io il latino non lo abolirei proprio del tutto, ma lo ridurrei al minimo perché sottrae tempo a materie altrettanto, se non più, fondamentali. Lui ha fatto l'esempio della chimica, ma anche le scienze naturali sono abbastanza bistrattate. E ho purtroppo conosciuto insegnanti che, insegnando nella stessa classe sia italiano che latino, toglievano di fatto ore all'italiano e alla letteratura italiana per aumentare quelle del latino.
Un'ora la settimana per studiarne le basi nel biennio e la letteratura nel triennio la lascerei. Di più no.

E ora qualche commento sparso su quanto Gioele dice nel video.

Il latino come lingua precisa, logica.
No, io non definirei il latino come logico e tanto meno come preciso. Lo definirei come fissato.
Mi spiego. Tutte le lingue hanno una loro precisione, se no non permetterebbero di comunicare, ma una lingua viva si muove e cambia, quindi non ti darà mai un sistema di regole, una "legislazione" definitiva e fissata. Il latino, in quanto lingua morta che non si evolve più, invece te li dà.
Quindi il latino sembra preciso, perché le regole sono fissate e quindi saprai sempre con certezza se hai fatto giusto o sbagliato in base a dette regole (indipendentemente dalla logica della regola stessa). Italiano, inglese, tedesco, ecc. essendo lingue in evoluzione avranno ovviamente sempre una qualche zona grigia, un po' di flessibilità.

Per quanto riguarda il latino e la logica, troviamo un'altra assurdità.
Come giustamente dice il video ci sono anche altre materie che usano la logica, tipo la matematica. Anzi, a scuola la matematica è la materia logica per eccellenza.
E qui allora bisogna far notare ai difensori del latino che la matematica, contrariamente al latino, la studi già alle elementari e alle medie.
Quindi, quando arrivi al liceo, al limite è la matematica (che anche se solo a livello di base già conosci) a servirti per il latino, non viceversa.

Rimanendo alla logica... se parliamo della forma mentis che la logica può dare, allora obiettivamente basta studiare bene (ma bene, non come viene fatto spesso!) la logica in filosofia. Non servono le lingue, né quelle morte né quelle vive.

Le lingue servono a due altre cose.
A comunicare (per quanto riguarda quelle vive).
A poter approfondire le fonti, visto che una traduzione - soprattutto in ambito letterario - è sempre un po' un tradimento (e questo vale sia per le lingue vive che per quelle morte).

E per quanto riguarda la comunicazione oggi - che piaccia o meno - la base è l'inglese non il latino, soprattutto in ambito scientifico.
Infatti, altra cosa sostenuta dai difensori del latino, è che questo è in realtà la base linguistica della scienza, vista la terminologia usata in molte scienze.
Sbagliato: terminologia e lingua non sono sinonimi: la terminologia che ti serve puoi anche impararla a memoria senza sapere la lingua da cui deriva.
Non per niente Gioele giustamente dice che lui senza l'inglese non avrebbe potuto laurearsi, visto che la letteratura che gli è servita per la tesi era quasi tutta in inglese. Io addirittura ho scritto la mia tesi direttamente in inglese (la versione ufficiale in italiano depositata presso l'università di Genova è solo la traduzione che feci dell'originale).
Oltretutto molti dimenticano che tra le due guerre (anzi già a inizio '900) tedesco e in misura minore francese (l'inglese ci mise più tempo anche se poi conquistò il mondo) avevano già soppiantato il latino come lingue della scienza, soprattutto in ambito fisico-matematico. Il latino sopravviveva giusto per le cosiddette scienze naturali (botanica e zoologia in particolare).

Qualcuno sostiene che il latino può aiutare a imparare il tedesco.
Qui Gioele non può rispondere (a parte giustamente dire che il tedesco puoi benissimo studiarlo anche senza latino), ma io sì, avendolo studiato.
Vero, il tedesco ha i casi e il genere neutro come il latino, ma a livello grammaticale - anche se può sembrare paradossale - è più legato al greco antico che al latino.

Il problema vero in Italia è che le materie scientifiche non vengono considerate cultura, ma qualcosa di meccanico per poter costruire cose materiali (maledetta eredità di Croce e Gentile).
In realtà il problema c'è anche qui in Germania, ma è moderato dal fatto che qui non c'è mai stato un Benedetto Croce che ha monopolizzato la cultura, o meglio ha monopolizzato la definizione di cultura.

Vorrei concludere con l'appello di Gioele al realismo.
La politica (che decide quali materie studiare e per quante ore nelle varie scuole) è fatta principalmente da persone di estrazione classica (e il ministero dell'istruzione, guarda caso, in maniera particolarmente estrema anche nella sua parte "tecnica" e non solo in quella politica). Il realismo che Gioele vorrebbe non possiamo trovarlo lì.

E ora i bicchieri che lui si aspettava di ricevere in faccia arriveranno anche a me.

Scusate il pippone.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 10 novembre 2021

Io non capisco i negazionisti

Ovviamente parlo di chi nega il Covid, di chi nega il virus.

Le misure che i singoli stati prendono per combattere o almeno limitare la pandemia sono chiaramente contestabili, è lecito avere idee diverse, fino a che queste non vengono usate per diffamare chi la pensa diversamente.
La cosa è palese, non dovrebbe neanche servire sottolinearla.

Le misure si possono contestare. Possono ovviamente essere considerate giuste o sbagliate, esagerate o insufficienti.
Ognuno ha il diritto di giudicarle (ma la loro legalità o meno deve essere logicamente valutata dalle istituzioni preposte, non dal profano cittadino).

L'esistenza del virus invece non si può contestare.

Ma non è che non si può perché io salgo sul pulpito e dico che non si può.
Non si può perché esistono i numeri.
La "mortalità in eccesso" del 2020 e del 2021 dice tutto! Se non è il virus, allora cos'è? Se tu mi dici che il virus non esiste oppure che è al massimo una normale influenza, allora devi fornirmi una spiegazione - verificabile! - dell'eccesso di mortalità di questi due anni.
O me la fornisci o taci.
Punto.

Non serve essere grandi scienziati per capirlo!
È banale logica!
Anzi, neanche logica... basta un minimo di buon senso per capirlo!

E ovviamente neanche i vaccini sono contestabili, anche se voi beline lo fate!
Guardatevi i numeri, quelli veri, non quelli inventati.
La mortalità tra vaccinati e tra non vaccinati. Le ospedalizzazioni, i ricoveri in TI.
I numeri sono pubblici! Sono disponibili a tutti!

E quando non avete più argomenti e mi tirate fuori il modo in cui il virus è nato (cosa su cui io so poco, ma voi ancora meno, credetemi) e come ha cominciato a diffondersi... bene, quella è la dimostrazione che non avete argomenti e volete cambiare discorso.
Perché il come è nato il virus è interessante da un punto di vista scientifico (e magari anche politico), ma non è importante sanitariamente! Non è importante per combatterlo.
Per combatterlo è importante conoscerlo da un punto di vista medico/chimico ed epidemiologico, cioè sapere come è fatto e come si diffonde. Il come è nato è in questo senso un deviare il discorso da ciò che attualmente è veramente importante.

Per questo io non riesco proprio a capire chi nega.
Quanto scritto sopra sono banali realtà, basta riflettere un attimo per capirle, non serve essere scienziati!
Capisco (ovviamente, da cinico qual sono) i politici, i commercianti e soprattutto gli speculatori che approfittano del negazionismo (fanno i loro interessi, non quelli della comunità), che aizzano certe persone.
Ma non capisco il cittadino che nega. Non lo capisco più. Non merita di essere capito!
Potevo forse capirlo (anche se di certo non approvarlo) all'inizio della pandemia, non ora!
Eppure i negazionisti erano allora (quando un minimo di giustificazione poteva esistere) meno di oggi.
Ve ne rendete conto dell'assurdità della cosa?

E questo purtroppo vale ovunque.
Io, per ovvie ragioni posso parlare con cognizione di causa di Italia e Germania, ma non mi sembra che altrove sia diverso.

Saluti,

Mauro.

lunedì 8 novembre 2021

Perché ti dicono di non urlare al lupo?

Ci sono in giro, in rete, persone che usando una logica perversa, ma apparentemente corretta, cercano di farti credere che il problema sia l'antifascismo, non il fascismo.

Vediamo la cosa, cerchiamo di capire.

A leggere i loro testi superficialmente può sembrare un'osservazione sensata quando ti dicono di non tirare in ballo il fascismo ogni volta che succede qualcosa che lo ricordi.
Può sembrare sensato perché ricorda il fatto che urlare al lupo quando il lupo non c'è poi ti rende meno credibile se urli al lupo quando però il lupo veramente arriva.

Ma, appunto, sembra sensato. Sembra.
In realtà non lo è. Per vari motivi.

Per prima cosa perché in realtà si urla al fascismo molto meno di quanto queste persone sostengano (in buona o in mala fede che lo facciano).
E anche per quello i fascisti si stanno infiltrando in ogni tipo di protesta (novax e nogreenpass in primis, ma non solo): perché non li si vede, perché grazie a chi ti dice che urlare al lupo non serve, fa danni... si aprono le porte al lupo.
Perché i lupi sono stati tollerati troppo a lungo, perché si è voluto credere che non fossero lupi o che fossero comunque recuperabili, e quindi non gli è mai stato detto in faccia cosa obiettivamente fossero.
(Detto tra noi: questi sono i veri danni del buonismo, il far credere che anche i fascisti siano recuperabili, che vadano istruiti, non combattuti).

Secondo punto.
È vero che talvolta (ma obiettivamente molto raramente) si urla al fascismo a torto, cioè trattando problemi veri ma che col fascismo nulla hanno a che fare.
Ma io - e se siete onesti vi sfido a portarmi fatti contrari - anche quando si urla al fascismo a torto non ho comunque mai sentito urlare al fascismo per mettere a tacere movimenti democratici. Tranne che dai fascisti stessi.

Se sbaglio matrice (cit. Meloni) correggetemi 😉

Ma correggetemi sulla matrice di quel particolare movimento, di quella particolare protesta.
Ma non venitemi a dire che se urlo al fascismo lo faccio solo per mettere a tacere avversari democratici e quindi sono in realtà fascista io.
Questi avversari possono parlare, fare le vittime e dare del fascista a me (quindi non sono vittime, la legge li protegge). Non sono messi a tacere. Ma vorrebbero mettere a tacere me.

Ma è il terzo punto il più importante di tutti.

Quelli che ti dicono che urlare al fascismo sempre (che poi come abbiamo visto sopra sempre non è) rende alla fine tutto non credibile, che l'unico risultato è che nessuno ti ascolta e che poi se il fascismo arriva veramente sei fregato perché hai alla fine insegnato alla gente a fare spallucce... bene, quelli, quando vai a vedere che idee sostengono, che persone o gruppi seguono... ma soprattutto a chi (usando la loro "logica") fanno le pulci e a chi no, quando ti accorgi del loro strabismo... cosa scopri?

Scopri che la loro "logica" ti porterebbe a non parlare mai più di fascismo, ti porterebbe a ignorarne e negarne l'esistenza oggi e sempre.
Perché in realtà il loro scopo è riportare il fascismo in Italia (ma non solo) senza che ci se ne accorga. Vogliono reintrodurre il fascismo facendo finta che non esista.
Facendo finta di essere sensati (usando fallacie logiche a manetta e sfruttando il fatto che la massa non conosce la logica) negano l'esistenza del fascismo per aiutarlo a crescere e a vincere.

Leggeteli bene, quando li incontrate, quelli che dicono "non urlate al fascismo".
Leggeteli bene, anche tra le righe. Capirete di cosa sto parlando.

Potrei anche farvi nomi concreti, su Twitter, su FB o altrove e nominarvi anche blog vari... non lo faccio solo perché a me qui interessa il problema in sé... e il problema è molto più diffuso dei singoli nomi che io potrei farvi.
E poi potrebbero comunque cambiare nome in rete, se sbugiardati.
Io voglio che voi possiate riconoscerli, possiate riconoscere il problema, non voglio darvi ordini, non voglio indottrinarvi, contrariamente a loro.

Tra le altre cose sono anche persone che possono tranquillamente apprezzare (o meglio far finta di) cose scritte da antifascisti sinceri, basta che possano sfruttare questi testi per i loro scopi (è capitato anche con miei testi, purtroppo... anni fa un testo in cui segnalavo i doveri degli immigrati, ovviamente senza negarne i diritti, venne usato di fatto per sostenere che gli immigrati rifiutano i doveri e pretendono solo diritti).

Saluti,

Mauro.

domenica 26 settembre 2021

Pensiero laterale e negazionisti

Ieri ho pubblicato su questo blog un articolo in tedesco dal titolo Querdenken und Querdenker.

Tratta del movimento negazionista tedesco, che si è dato il nome di Querdenker. Ma cosa significa Querdenker?
In tedesco il Querdenken altro non è che il pensare laterale, e chi lo mette in pratica è un Querdenker.

Il movimento negazionista italiano non si è dato un nome analogo, quindi il discorso linguistico che ho fatto in tedesco non ha la stessa pregnanza in italiano.
Ma forse è comunque interessante, quindi qui sotto ne trovate la traduzione.

Saluti,

Mauro.

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Vorrei raccontarvi qualcosa sul pensiero laterale.
Sì, sul pensiero laterale e non sui negazionisti (o pensatori laterali), visto che il concetto in tempi di pandemia è stato decisamente maltrattato.
Cosa significa in realtà "pensiero laterale"?

Il pensiero laterale (quello vero, non quello di Hildmann, Nena e compagnia) è appunto letteralmente pensare in maniera laterale.
Viene dal latino: "latus"=lato.
Cosa significa?
Significa che rimaniamo logici, ma diventiamo anche creativi.
Guardiamo - letteralmente - anche di lato, non solo davanti.
Cerchiamo di risolvere problemi logici in maniera non convenzionale.
Cerchiamo di trovare soluzioni alternative che siano sì alternative ma che rimangano logiche!

Esempio stupido.
1+1 può solo dare 2. Non ci sono alternative.
Ma A+A dipende dalla definizione e dal contesto... lì posso pensare di "lato".

Pensare lateralmente significa in fondo "solo" considerare tutte le possibili risposte e soluzioni, non solo quelle probabili.
Ma pensare lateralmente non significa accettare risposte e soluzioni che siano impossibili, illogiche.

Purtroppo però è quello che i pensatori laterali della pandemia fanno.

martedì 28 luglio 2020

Il rasoio di Occam... sicuri di averlo capito?

Normalmente il rasoio di Occam viene espresso nella forma secondo cui la spiegazione più semplice per un fenomeno è quella più probabile, quella da preferire.
Sembra ragionevole, però...
Però c'è un problema: cosa significa "semplice"? È una parola un po' troppo generica, non è molto concreta.
Guglielmo di Occam (in originale: William of Ockham) non fu in realtà così impreciso. Lui era logico, rigoroso.
Una delle sue formulazioni fu infatti: "Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem." (cioè: "Non moltiplicare gli elementi più del necessario.").
Formulazioni alternative nella forma, ma non nel contenuto, sono "Pluralitas non est ponenda sine necessitate." e "Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora." (lascio a voi le traduzioni 😉).
Cosa significa questo? Significa che per spiegare un fenomeno bisogna scegliere la spiegazione che abbisogna del minor numero di ipotesi (o di leggi o di prove), indipendentemente dalla semplicità intrinseca di queste ipotesi (o leggi o prove).
Non è la semplicità in sé il valore principale quindi, ma la quantità di ipotesi necessarie.
Altrimenti detto: È il numero di ipotesi determinante, meno ipotesi servono, più è da preferire la spiegazione.
Va però aggiunto che quello di Occam è un principio, non una legge.
Cosa significa questo? Che la spiegazione più semplice è da preferire e che generalmente è quella giusta... ma non lo è sempre! Bisogna verificare che detta spiegazione spieghi veramente TUTTO del fenomeno. Se non lo fa, o non è giusta o non è completa.

Due appunti storici.
1) Occam costituisce il culmine di un percorso cominciato con Moses Ben-Maimon (alcuni dicono addirittura con Aristotele, ma mi pare un po' tirata) e portato avanti da Giovanni Duns-Scoto (senza Duns-Scoto non è pensabile Occam, neanche senza rasoio).
2) Il rasoio di Occam è in fondo la prima pietra che secoli dopo con Newton e soprattutto Galilei portò alla definizione e all'affermazione del metodo scientifico.

Saluti,

Mauro.

giovedì 9 luglio 2020

La fallacia logica di chi minimizza

Uno degli argomenti preferiti da chi difende le aperture, i paesi che chiudono poco o nulla e etichetta come catastrofisti coloro che avvertono dei rischi di una seconda ondata è la mortalità: i morti per milione di abitanti nei vari paesi.

Infatti loro fanno notare che paesi come USA (dove il lockdown è durato poco e le riaperture sono state selvagge) e Svezia (dove di fatto non c'è stato lockdown) hanno a oggi una mortalità inferiore a Italia e Spagna (paesi che hanno avuto un lockdown serio).

Bene, se guardiamo i numeri senza ragionare hanno ragione:
USA: 409 decessi per milione di abitanti;
Svezia: 545;
Italia: 578;
Spagna: 607.

Ma è una fallacia logica (da parte di qualcuno probabilmente c'è anche malafede, non tutti sono semplicemente caduti nella trappola logica).

Vediamo perché (intanto premetto che sarebbe in questo caso più intelligente citare la quantità di malati, non di morti, poi ne capirete il motivo).

Partiamo dalla questione cronologica.
L'outbreak negli USA e in Svezia è arrivato molto dopo che in Italia e Spagna.
Quindi i numeri attuali di USA e Svezia andrebbero confrontati con i numeri che Italia e Spagna avevano alla stessa distanza temporale dall'outbreak di quanto sono oggi USA e Svezia, non con i numeri italiani e spagnoli attuali.
E se lo si fa si vede che la Svezia è messa peggio e gli USA sono più o meno allo stesso livello.

Ma c'è un esempio ancora più evidente: prendete lo UK.
Ha avuto l'outbreak sì dopo Italia e Spagna, ma prima di USA e Svezia. E all'inizio si è comportato come la Svezia e ora come gli USA.
Bene:
UK: 657 decessi per milione di abitanti.
Confrontate con i numeri sopra e fate gli auguri a USA e Svezia.

Però c'è anche un'altra confutazione della fallacia logica di cui sopra.
Una confutazione meno quantificabile ma forse anche più forte di quella cronologica spiegata sopra: ora, almeno in parte, sappiamo curare.

Cerchiamo di capire.
È vero che non c'è ancora una cura universalmente riconosciuta per Covid19, però all'inizio in Italia e Spagna c'era a disposizione (si fa per dire, vista la scarsa trasparenza) solo l'esperienza cinese.
I medici brancolavano nel buio o quasi. È anche probabile che in alcuni casi i pazienti siano morti per terapie sbagliate: i medici andavano a tentativi.
Ora questo non succede più: il mondo (USA e Svezia compresi) ha a disposizione l'esperienza non solo solo italo-spagnola, ma europea tutta (anche se l'UK non sembra averla capita, ma questo è un altro discorso).
I medici non hanno ancora a disposizione una cura standard, ma non brancolano più nel buio. Hanno molte più possibilità di prendere la decisione giusta nei tempi giusti.
E questo abbassa (talvolta abbatte) la mortalità.

Ma questa esperienza evita il morire, non l'ammalarsi.
L'ammalarsi lo evitano le misure di prevenzione che certi paesi (sempre più numerosi, purtroppo) rifiutano di adottare.
Ed è proprio per questo che per giudicare USA e Svezia (ma non solo) è più significativo il numero di casi per milione di abitanti (più significativo ancora sarebbe il numero di ospedalizzati, ma è un dato non facile da avere per ogni paese) che quello di decessi, per quanto cinica la cosa possa sembrare.

E questo numero parla chiaro:
USA: 9647 casi per milione di abitanti;
Svezia: 7359;
Spagna: 6419;
UK: 4236;
Italia: 4009.

(N.B.: qualche giorno fa l'UK ha cancellato circa 30000 casi dal computo totale senza dare motivazioni, questo ha abbattuto il numero di casi per milione di abitanti ivi).

Spero di essere stato chiaro.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 9 gennaio 2019

Buon senso e marciapiedi

Camminare sui marciapiedi è una tortura.
E non per l'incuria in cui sono tenuti in molte città. No, questo non è il primo problema (anche se è un problema serio in molti luoghi).
Il problema principale è come si muove la gente che usa i marciapiedi.

Quindi vorrei qui darvi alcune regole di buon senso per utilizzarli.

1) Se volete che sul marciapiedi si possa andare avanti, muoversi e non rimanere fermi... fate come le auto: tenete la destra. Del resto la maggioranza della gente già lo fa spontaneamente... ma quei pochi che se ne fregano impediscono il cammino a quasi tutti.

2) Se siete in gruppo, non camminate tutti affiancati: il marciapiedi non necessita di dighe come i fiumi per produrre energia... anzi il marciapiedi senza dighe libera più energia.

3) Se volete chiacchierare, non fatelo camminando sul marciapiedi (se chiacchierate camminando... camminate più lenti e state affiancati, cioè bloccate il marciapiedi). Fermatevi in un locale, sedetevi a un tavolino e chiacchierate prendendovi un caffé.

4) Non bloccatevi mai, per nessun motivo, in mezzo al marciapiedi, né da soli né in compagnia. Se dovete proprio fermarvi, spostatevi alla vostra destra e fermatevi al margine del marciapiedi. Oppure, meglio ancora, procedete fino al primo slargo e fermatevi al lato di esso.

5) I marciapiedi esistono anche nelle strade dello shopping... ma le vetrine vanno ammirate da vicino, non da lontano... il centro del marciapiedi non è fatto per ammirare le vetrine.

6) Se una strada ha marciapiedi su entrambi i lati, ma troppo stretti per passarvi in due... seguite l'esempio già citato delle auto: camminate a destra, anzi sul marciapiedi di destra. E se dovete raggiungere un portone, negozio o altro sull'altro lato... attraversate la strada il più vicino possibile a detto luogo.

7) Se incrociate qualcuno in un punto del marciapiedi che non consente il passaggio di entrambi, chi ha la strada alla sua destra deve scendere dal marciapiedi (questo ovviamente non vale se questa persona ha difficoltà di deambulazione: in questo caso è l'altra persona a dover scendere dal marciapiedi, a destra o a sinistra che sia).

Ci sarebbero anche altri consigli, ma questi sono i principali.
Tenetene conto.

Saluti,

Mauro.

domenica 4 novembre 2018

Originale?


O è il TUC originale o è una nuova ricetta. Decidetevi.

Comunque tranquilli: il consumatore medio non noterà la contraddizione. È un analfabeta funzionale. E a quanto pare il vostro marketing lo sa.

Saluti,

Mauro.

martedì 13 febbraio 2018

Un libro necessariamente inutile

O inutilmente necessario, fate voi.

Quando sono sceso in Italia per Natale ho comprato tra gli altri l'ultimo libro di Roberto Burioni, "La congiura dei somari".
Nei giorni scorsi lo ho letto.

Scrittura semplice e scorrevole, testo e contenuti comprensibili anche a chi ha solo la terza media (al netto dell'analfabetismo funzionale dilagante), scelta dei temi e degli esempi attuale e funzionale allo scopo del libro, informazioni contenute scientificamente e fattualmente corrette.
Insomma giudizio estremamente positivo.

Eppure tale libro lascia l'amaro in bocca.
Lascia l'amaro in bocca per il semplice fatto che sia stato necessario scriverlo.

In un paese dove istruzione e informazione funzionassero, questo libro di Burioni sarebbe assolutamente inutile, in quanto molte delle informazioni in esso contenute sarebbero patrimonio comune del cittadino medio (e anche meno che medio) e le altre facilmente recuperabili a partire dalle prime per chi ne avesse voglia.

Bel libro, ma è triste un paese che ha bisogno di questi libri.

Saluti,

Mauro.

domenica 11 febbraio 2018

Ma la Terra è piatta o cava?

Lo sviluppo di internet ha ridato voce a una particolare categoria di complottisti: quelli secondo cui la sfericità della Terra è una falsità propagata da un complotto politico-scientifico.
Sì, avete capito bene: sto parlando dei terrapiattisti, coloro che credono alla Terra piatta (e hanno anche una loro società "scientifica": la Flat Earth Society).
Non sono certo pericolosi come altri complottisti, ma quanto a mancanza di capacità logiche non sono secondi a nessuno.

Però in realtà esiste una piccola categoria di folli (in questo caso la parola folli è ancora più giustificata di complottisti) che è ancora peggio di loro: coloro che credono che la Terra sia sì sferica, ma anche cava e, udite, udite, credono che noi viviamo sulla superficie interna della stessa e non su quella esterna!
Di teorie che prevedono una Terra parzialmente o totalmente cava ce ne sono sempre state nel corso delle epoche. Alcune la prevedevano cava ma con il mondo come lo conosciamo solo all'esterno, altre prevedevano che oltre al nostro mondo esterno ci fossero anche mondi interni.
Ma la più incredibile, quella a cui mi riferivo all'inizio del paragrafo e alla quale come detto nonostante tutto ancora oggi qualcuno crede, è la teoria della Terra concava.
Secondo questa teoria la Terra è cava e noi viviamo al suo interno (col Sole al centro della sfera).

Insomma... i terrapiattisti rischiano di sembrar quasi ragionevoli al confronto.

Saluti,

Mauro.

martedì 19 dicembre 2017

La non logica dell'uscita dall'Euro

A intervalli regolari (ma molto ravvicinati) spunta qualcuno che vuole uscire dall'Euro. In Italia come in altri paesi, ma in Italia di più.

Ora io penso che per un paese come l'Italia oggi uscire dall'Euro sarebbe un suicidio, ma il problema qui è un altro.
Il problema è la logica usata da molti (in particolare M5S ma non solo, purtroppo l'ignoranza logica è trasversale) per giustificare questa uscita.

Infatti molti dicono: entrare nell'Euro allora è stato un errore, quindi ora bisogna uscirne. Intendendo che l'uscita correggerebbe un errore.
No, mi dispiace, non funziona così.

Mettiamo che sia veramente stato un errore per l'Italia a inizio millennio adottare l'Euro.
Accettiamo questo punto di partenza.
Quindi usciamo dall'Euro e tutto andrà automaticamente a posto. Ci sarà sì qualche problema iniziale, ma l'errore di partenza verrà corretto. Giusto?
No. Sbagliato.

Per decidere se sia giusto uscire o no dall'Euro non conta nulla che sia stato un errore entrarci. Ma proprio nulla.
Per decidere se sia giusto uscire o no dall'Euro conta solo valutare le conseguenze che avrebbe oggi questa scelta. È quello che un governo serio, che una politica seria deve valutare. Nient'altro.
La valutazione sul fatto se sia stato allora giusto entrare o meno nell'Euro va sì fatta, ma a livello storico, non politico.
L'errore, se errore è veramente stato, non lo correggi più. È successo e rimane nella storia.
Ritornare alla lira non significherebbe correggere quell'errore perché la lira sarebbe una nuova moneta che con la vecchia avrebbe in comune solo il nome e soprattutto perché l'Italia dovrebbe con la nuova moneta affrontare il mondo del 2017 e del futuro. Non quello del 2002. Il 2002 non esiste più e tanto meno il 1999 (sì, l'Euro è nato nel 1999, nel 2002 sono "solo" arrivate le monete e le banconote).

E quindi, come già detto, la politica deve pensare a cosa succedderebbe oggi se venisse fatta una scelta simile.
Se allora sia stato fatto un errore o meno, oggi è tema per gli storici, non per i politici.

Saluti,

Mauro.

domenica 10 settembre 2017

La lotta alle bufale: istruire prima di sbugiardare

Qualcuno dei miei pochi lettori si sarà chiesto come mai io non abbia detto la mia sulla lotta alle bufale con un articolo espressamente dedicato.

Beh, ne hanno parlato e sparlato talmente in tanti che alla fine riparlarne significava solo contribuire a nascondere il problema (infatti alla fine la gente si è stufata di sentirne parlare).
E ora che le acque si sono calmate posso finalmente dire la mia :-)

Prima cosa: sbugiardare è secondario, non è la cosa più importante.
Sbugiardare con grande tam tam mediatico è veramente importante solo quando le bufale provocano problemi, danni concreti e potenzialmente permanenti (in particolare quando si tratta di salute, tipo la bufala su autismo e vaccini).
In tutti gli altri casi sbugiardare con detto tam tam significa solo dare ulteriore visibilità alla bufala stessa, dandogli dignità mediatica che (forse) senza sbugiardamento non avrebbe avuto.
È chiaro che ogni notizia falsa va quando possibile corretta, però l'artiglieria pesante va tirata fuori solo nei casi di cui sopra.

E allora cosa serve per difendersi dalle bufale?
Serve la prevenzione. E la prevenzione si ottiene tramite l'istruzione.

E non mi riferisco tanto a questioni di conoscenze, ma di metodo.
Certo è importante conoscere le scienze, le lingue, eccetera (in primis e obbligatoriamente la matematica e la lingua del paese dove si vive, a seguire poi il resto)... ma ancora più importante è il saper pensare, l'avere un metodo nell'affrontare le informazioni (corrette o meno che siano) che ci arrivano da tutte le parti: la scuola deve insegnare il pensiero critico, l'uso della logica.

Se una persona sa pensare criticamente, sa usare almeno le basi della logica riconoscerà in maniera praticamente automatica la maggior parte delle bufale, senza neanche bisogno di conoscenze specifiche e senza bisogno dell'intervento dei cosiddetti debunker.

E così facendo si crea anche un circolo virtuoso: più pensi più impari a pensare, più usi critica e logica più affini le tue capacità critiche e logiche.
Mentre se aspetti sempre che arrivi qualche esperto (o presunto tale) a sbufalare... al massimo affini le tue capacità di lettura, ma atrofizzi tutto il resto. Non pensi.

Il miglior debunker è l'istruzione.
E l'istruzione arriva da famiglia e soprattutto scuola, non da stampa e internet.

Ribadisco: la scuola deve insegnare il pensiero critico, l'uso della logica.

Saluti,

Mauro.