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mercoledì 12 luglio 2023

Popper, la tolleranza, noi e la democrazia

Nel 1945 Karl Popper formulò il paradosso della tolleranza, all'interno del suo libro La società aperta e i suoi nemici.

Popper lo formula in questi termini:
Meno noto è invece il paradosso della tolleranza: la tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l'illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l'attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.
E qualche riga sotto conclude quindi che:
Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti.

E qui sta il paradosso: per salvare la società dall'intolleranza bisogna essere intolleranti.

Ed è un paradosso assolutamente non risolvibile, se ci ragionate bene.
È impossibile concludere usando solo la logica se sia giusto tollerare gli intolleranti o se bisogni "abbassare" il livello di tolleranza per bloccarli.

Ed è questo, in fondo, il motivo per cui oggi (ma non è certo la prima volta nella storia) vediamo partiti palesemente antidemocratici sedere nei vari parlamenti dopo essere stati eletti in maniera assolutamente democratica.

La democrazia è come la tolleranza di Popper.
È giusto trovare modi di impedire agli antidemocratici di sfruttare la democrazia per andare al potere?

In termini di diritto credo che la risposta sia semplice: questi partiti si possono fermare se compiono atti anticostituzionali, ma non si possono fermare solo per i loro programmi e idee.

Mentre a livello logico e filosofico rimane un paradosso irrisolvibile.

Saluti,

Mauro.

giovedì 2 febbraio 2023

Io sono io

Io sono io.
E voi siete voi.

Ma so che avete già capito male... non sto intendendo la cosa nel senso del Marchese del Grillo 😉

E invece dovete capire bene!

Quanto ho scritto significa solo che quando dialoghiamo non dobbiamo giudicare l'altro solo in base ai nostri schemi mentali (è difficile, lo so), ma prima di giudicarlo dobbiamo cercare di capire i suoi.
Ognuno ha schemi mentali differenti e per poterli giudicare (e quindi accettare o condannare, perché sì, si possono anche condannare, non vanno per forza accettati per chissà quale malintesa tolleranza) bisogna prima capirli. Senza capire, nessun giudizio è possibile. Né positivo né negativo.

E, prima che insorgiate, vorrei che notaste l'unica parola che ho scritto in grassetto sopra.
Solo.
Con quella sottolineatura voglio rendere chiaro che non dobbiamo per forza abbandonare i nostri schemi mentali, ma che dobbiamo anche impegnarci a capire quelli altrui.
Perché gli schemi mentali sono necessari, inevitabili, ma non ce n'è uno superiore all'altro.
Gli schemi devono esserci, ma devono essere flessibili, non rigidi.

Del resto quelli che definiamo "schemi mentali" sono semplicemente la cultura in cui siamo cresciuti.
E ogni cultura ha lati positivi e negativi.
E se, per liberarci dei lati negativi, buttiamo via tutta la nostra cultura... allora buttiamo via il bambino insieme all'acqua sporca.

Poi, se uno schema mentale (che sia nostro o altrui) è rigido, intollerante, arrogante, razzista o simili... beh, allora sì che c'è qualcosa che non va. E allora va combattuto.
Perché in quel caso c'è solo acqua sporca, nessun bambino.
E soprattutto non c'è nessuna cultura,

Ma, se prima di giudicare chi ha altri schemi mentali, non vi impegnate a capirli (capire non significa accettare e basta, come certa attuale propaganda vuol far credere, capire significa impegnarsi per vedere da dove vengono quegli schemi e perché sono così)... beh, allora siete voi i "talebani".
Non quelli che combattete.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Il sottotitolo di questo blog (sottotitolo esistente dal 2006, non nato oggi) è, non a caso, "Io sono io. O no?".