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mercoledì 9 febbraio 2022

Con Covid o per Covid?

Ancora oggi, ogni giorno qualcuno (anche nel mondo medico) pretende di distinguere tra ricoveri e decessi con Covid19 e ricoveri e decessi per Covid19.
In singoli casi la distinzione può aver anche senso, ma se guardiamo al fenomeno complessivo no. Proprio non ha senso.

Per tre motivi.
Vediamoli.

1) Molti pazienti arrivano in ospedale perché stanno male, ma senza una vera diagnosi. Questi pazienti quindi non arrivano né con Covid, né per Covid. In questi casi il motivo per cui sono arrivati in ospedale (e se hanno il Covid o meno) si scopre solo alle visite dopo l'arrivo in ospedale.

2) Anche se una persona arriva in ospedale con una diagnosi precisa, e questa diagnosi non ha nulla a che fare col Covid, se al tampone viene scoperta positiva... va comunque ricoverata nei reparti Covid (UTI o no che siano), quindi la pressione sull'ospedale è la stessa: è un paziente Covid, punto. Non puoi lasciarlo nei reparti dove stanno i pazienti negativi (cioè quelli che veramente non hanno nulla a che fare col Covid).

3) Se una persona decede col Covid ma aveva anche altre patologie, non puoi dirmi per quello che è "solo" deceduta col Covid. Devi dimostrarmi che le altre patologie la avrebbero uccisa con la stessa velocità. Se, per esempio, una persona muore dopo due settimane dal ricovero col Covid ma aveva anche un tumore... devi dimostrarmi che quel tumore lo avrebbe comunque ucciso più o meno nello stesso tempo. Se la prognosi relativa al tumore le lasciava una speranza di vita più lunga (anche se breve, ma comunque più lunga di quello che si è verificato nella realtà) significa che il Covid è stato decisivo. O ha ucciso lui o ha accelerato il decorso dell'altra patologia, ma comunque è stato decisivo. Quindi quella persona è morta per Covid. Punto.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 10 novembre 2021

Io non capisco i negazionisti

Ovviamente parlo di chi nega il Covid, di chi nega il virus.

Le misure che i singoli stati prendono per combattere o almeno limitare la pandemia sono chiaramente contestabili, è lecito avere idee diverse, fino a che queste non vengono usate per diffamare chi la pensa diversamente.
La cosa è palese, non dovrebbe neanche servire sottolinearla.

Le misure si possono contestare. Possono ovviamente essere considerate giuste o sbagliate, esagerate o insufficienti.
Ognuno ha il diritto di giudicarle (ma la loro legalità o meno deve essere logicamente valutata dalle istituzioni preposte, non dal profano cittadino).

L'esistenza del virus invece non si può contestare.

Ma non è che non si può perché io salgo sul pulpito e dico che non si può.
Non si può perché esistono i numeri.
La "mortalità in eccesso" del 2020 e del 2021 dice tutto! Se non è il virus, allora cos'è? Se tu mi dici che il virus non esiste oppure che è al massimo una normale influenza, allora devi fornirmi una spiegazione - verificabile! - dell'eccesso di mortalità di questi due anni.
O me la fornisci o taci.
Punto.

Non serve essere grandi scienziati per capirlo!
È banale logica!
Anzi, neanche logica... basta un minimo di buon senso per capirlo!

E ovviamente neanche i vaccini sono contestabili, anche se voi beline lo fate!
Guardatevi i numeri, quelli veri, non quelli inventati.
La mortalità tra vaccinati e tra non vaccinati. Le ospedalizzazioni, i ricoveri in TI.
I numeri sono pubblici! Sono disponibili a tutti!

E quando non avete più argomenti e mi tirate fuori il modo in cui il virus è nato (cosa su cui io so poco, ma voi ancora meno, credetemi) e come ha cominciato a diffondersi... bene, quella è la dimostrazione che non avete argomenti e volete cambiare discorso.
Perché il come è nato il virus è interessante da un punto di vista scientifico (e magari anche politico), ma non è importante sanitariamente! Non è importante per combatterlo.
Per combatterlo è importante conoscerlo da un punto di vista medico/chimico ed epidemiologico, cioè sapere come è fatto e come si diffonde. Il come è nato è in questo senso un deviare il discorso da ciò che attualmente è veramente importante.

Per questo io non riesco proprio a capire chi nega.
Quanto scritto sopra sono banali realtà, basta riflettere un attimo per capirle, non serve essere scienziati!
Capisco (ovviamente, da cinico qual sono) i politici, i commercianti e soprattutto gli speculatori che approfittano del negazionismo (fanno i loro interessi, non quelli della comunità), che aizzano certe persone.
Ma non capisco il cittadino che nega. Non lo capisco più. Non merita di essere capito!
Potevo forse capirlo (anche se di certo non approvarlo) all'inizio della pandemia, non ora!
Eppure i negazionisti erano allora (quando un minimo di giustificazione poteva esistere) meno di oggi.
Ve ne rendete conto dell'assurdità della cosa?

E questo purtroppo vale ovunque.
Io, per ovvie ragioni posso parlare con cognizione di causa di Italia e Germania, ma non mi sembra che altrove sia diverso.

Saluti,

Mauro.

giovedì 8 luglio 2021

Storia di Italia-Inghilterra

E siamo arrivati all'ultimo atto degli Europei di calcio del 2020, anche se giocati nel 2021, perché nel 2020 il calciatore più forte è stato il virus, non Cristiano Ronaldo, Harry Kane, Kylian Mbappé, Sergio Busquets, Jorginho o qualche inaspettato sconosciuto.

E questo ultimo atto se lo giocheranno Italia e Inghilterra.

Che storia hanno le sfide tra Italia e Inghilterra?

Certo, se chiedete a un italiano quali sono gli avversari storici dell'Italia le risposte che avrete saranno (in ordine di citazione) Germania, Francia e Brasile (o Germania, Brasile e Francia). I ragazzini che conoscono solo il calcio degli anni 2000 magari sostituiranno la Francia o il Brasile con la Spagna.
Ma credo che nessuno tirerà fuori l'Inghilterra.
(Per inciso: l'avversario storico vero è la Svizzera: l'Italia la ha incontrata 59 volte nella sua storia, la seconda avversaria più incontrata, la Francia, si ferma a 39 incontri... ovviamente amichevoli comprese, purché riconosciute da FIFA e UEFA).

Ma un paio di incontri tra Italia e Inghilterra ci sono comunque.
Nella storia Italia e Inghilterra si sono incontrate 27 volte (amichevoli comprese), con 10 vittorie italiane, 9 pareggi e 8 vittorie inglesi, quindi un bilancio tutto sommato abbastanza equilibrato.

A me interessano però solo gli incontri disputati in tornei UEFA/FIFA o in qualificazioni per gli stessi, quindi le cosiddette partite ufficiali, non le amichevoli (per quanto riconosciute da UEFA e FIFA).

Però onestamente va detto che in realtà la storia di Inghilterra-Italia è fatta soprattutto da due amichevoli.
La battaglia di Highbury del 1934, vinta dagli inglesi 3-2, e la "vendetta" del 1973 con vittoria italiana a Wembley per 1-0.
Ma, come detto, non mi interessano le amichevoli.

Torniamo al punto e vediamo cosa è successo quando Italia e Inghilterra si sono incontrate in tornei UEFA o FIFA o nelle qualificazioni agli stessi.
Premessa: il primo incontro non amichevole tra Italia e Inghilterra è solo del 1976.
Prima della seconda guerra mondiale (e per qualche anno anche dopo) l'Inghilterra si rifiutò per snobismo di partecipare ai tornei UEFA/FIFA e poi le casualità dei sorteggi tennero le due squadre lontane fino appunto al 1976.

Ecco la lista degli incontri (sì, ve la ho fatta penare con tutte le chiacchiere di cui sopra, lo so).

17.11.1976, Roma, qualificazioni per i mondiali del 1978, Italia-Inghilterra 2-0.
16.11.1977, Londra, qualificazioni per i mondiali del 1978, Inghilterra-Italia 2-0.
15.06.1980, Torino, campionati europei, fase a gironi, Italia-Inghilterra 1-0.
07.07.1990, Bari, coppa del mondo, finale per il terzo posto, Italia-Inghilterra 2-1.
12.02.1997, Londra, qualificazioni per i mondiali del 1998, Inghilterra-Italia 0-1.
11.10.1997, Roma, qualificazioni per i mondiali del 1998, Italia-Inghilterra 0-0.
24.06.2012, Kiev, campionati europei, quarti di finale, Italia-Inghilterra 0-0 (l'Italia vinse poi ai rigori).
14.06.2014, Manaus, coppa del mondo, fase a gironi, Italia-Inghilterra 2-1.

Insomma, nessun incontro "mitico" tra le due squadre in tornei UEFA/FIFA.

Il "mito" di Italia-Inghilterra è costruito alla fine, come detto sopra, solo da due amichevoli (per noi, gli inglesi ricordano solo quella del 1934, visto che quella del 1973 la hanno persa 😉).
Non esiste una vera e propria rivalità come con le altre nazionali citate prima.

Quello di domenica prossima, 11 luglio 2021, sarà il primo incontro tra le due nazionali con un vero e pesante significato, il primo che metta veramente in palio qualcosa (o che permetta di aspirare a qualcosa, come potrebbe essere una semifinale... ma anche talvolta un ottavo o un quarto di finale se giocato in maniera epica, come non successe da nessuna delle due parti nel 2012), che non sia solo di qualificazione, simbolico come un'amichevole o di consolazione come una finale per il terzo posto.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 2 giugno 2021

E questo sarebbe uno scienziato?

Oggi l'amico Andrea Borsoi su Twitter mi ha fatto conoscere questo articolo pubblicato dall'edizione italiana dell'Huffington Post.

Articolo da rabbrividire.
Da un punto di vista della metodologia scientifica un obbrobrio.
Sì, lo so, l'Huffington Post non è una rivista scientifica, ma l'articolo riporta le parole di Mario Clerici, docente di patologia generale alla Statale di Milano. E Clerici parla di uno studio che lui avrebbe condotto e pubblicato in preprint insieme a un gruppo di studio dell'Istituto Nazionale di Astrofisica.
(Per fortuna che per ora è solo un preprint. Speriamo che tale rimanga).

Lasciamo perdere il titolo sensazionalistico dell'Huffington Post perché sappiamo benissimo che i titolisti generalmente non sanno nulla degli articoli che titolano e il loro compito è solo acchiappare click.

Partiamo con l'incipit dell'articolo.

Abbiamo dimostrato che raggi Uva e Uvb del sole nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2.

Intanto si dà per scontato che tutti sappiano cosa siano i raggi Uva e Uvb, che oltretutto in corretta notazione scientifica andrebbero scritti UVA e UVB.
E no. Non potete pretendere che il lettore medio lo sappia. Non tutti hanno fatto il liceo o scuole tecniche che prevedano lo studio di dette tecnologie.
I raggi UVA e UVB sono i raggi ultravioletti di tipo A e di tipo B, cioè a onde lunghe (A) o medie (B).

Oltretutto va detto che non avete dimostrato nulla: che i raggi ultravioletti di determinata intensità uccidano i virus, o almeno molti virus, è cosa nota.
E sul Sars-Cov-2 erano già stati fatti studi al proposito, infatti i raggi ultravioletti sono già usati per la sanificazione.

Passiamo al punto successivo.

Questo studio - spiega Clerici all’Adnkronos Salute - è essenzialmente il seguito di un precedente lavoro che avevamo fatto l’anno scorso quando avevamo visto che i raggi Uvc che sono una componente dei raggi solari che però non arriva sulla terra, uccidevano il Sars-Cov-2 dopo un’esposizione di pochi secondi.

Anche qui: cosa sono i raggi Uvc (che andrebbero correttamente scritti come UVC)? Sono i raggi ultravioletti a onde corte.
Giustamente Clerici dice che non arrivano sulla Terra... quindi: se fai ricerca di base è interessantissimo, se invece cerchi esplicitamente una soluzione al problema 
Sars-Cov-2 stai perdendo solo tempo, dato che lo sai già da decenni che non arrivano sulla Terra (e poi, come detto sopra, tutto questo studio è comunque una perdita di tempo).

Andiamo oltre.

Adesso, abbiamo visto che anche gli Uva e Uvb che sono i raggi che arrivano sulla terra, ci abbronzano e ci riscaldano, nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2. Dunque - sottolinea - abbiamo esattamente replicato i dati sugli Uvc però dimostrando questa volta che tutti i raggi solari distruggono il virus. E fra l’altro - aggiunge l’immunologo - il tempo necessario, quando per esempio si è in spiaggia con il sole che viene amplificato dal riverbero sulla sabbia o sull’acqua, è ancora più breve. Quindi in spiaggia - afferma Clerici - bastano veramente 10-20 secondi di Uva e Uvb per uccidere completamente il virus.

E qui viene spontanea una domanda (retorica, ovviamente).
I raggi UV sulla spiaggia ti arrivano sulla pelle.
Siamo sicuri che sia la pelle il vero pericolo? Che sia tramite la pelle che ci ammaliamo di Covid e tramite la pelle che provochiamo il grosso del contagio?
Sarebbe il caso di farsi qualche domanda veramente di base, quasi infantile, prima di procedere con ricerche che, ovviamente, costano anche soldi.
E poi Clerici è un medico: dovrebbe sapere che i raggi UV sono cancerogeni. Mi vuole salvare dal Covid per accopparmi col melanoma?

Sorvolo sulle spiegazioni che dà Clerici dei fallimenti indiano e brasiliano nonostante il clima perché, pur dicendo cose in sé non contestabili, le usa per nascondere l'inconsistenza delle sue tesi: anche se lui avesse ragione sui raggi ultravioletti Brasile e India avrebbero comunque avuto un casino, magari non così grosso come quello poi effettivamente verificatosi, ma sempre casino. Soprattutto questo vale per il Brasile, nonostante Bolsonaro.

Passiamo alla successiva affermazione di Clerici.

Si vede proprio in una visualizzazione - dice l’immunologo - l’effetto dei raggi solari sul virus: se non lo esponi ai raggi solari il virus infetta le cellule, se lo esponi ai raggi solari lo uccidi.

Sì, vero, già detto da molti (e da ben prima che se ne accorgesse Clerici).
Il problema è: sei proprio sicuro di esporre il virus ai raggi solari andando a spaparanzarti sulla spiaggia?
Sicuro sicuro?

L'Huffington Post ha poi un'idea geniale!

Una scoperta che potrebbe avere eccellenti applicazioni nella vita di tutti i giorni per sterilizzare oggetti e ambienti dal virus.

Si fa già, si fa già.
Sveglia!

Poi Clerici scaglia la bomba!

I dati dell’anno scorso erano importanti perché hanno portato allo sviluppo di dispositivi che svolgevano proprio questa funzione ma i raggi Uvc - ricorda lo scienziato - sono pericolosi per la cute umana, quindi non si poteva stare nella stessa stanza dove venivano applicati. I raggi Uvb invece no, sono i raggi che ci toccano normalmente quando usciamo al sole,

No, Clerici, tutti i raggi UV sono pericolosi, non solo i raggi UVC.
Certo, i raggi UVB e UVA lo sono meno degli UVC, ma lo sono anche loro. E anche se non sei oncologo, da medico dovresti saperlo.
Oltretutto quando esci al sole, a meno di non andare sulla spiaggia con lo scopo esplicito di prendere il sole, sei vestito, sei in movimento (il che provoca aerazione che mitiga l'effetto), magari passi anche all'ombra oppure il cielo è parzialmente coperto.
Qui comincia a essere evidente che Clerici di metodologia scientifica poco o nulla sa.

Con la frase seguente a me sono cascate le braccia...

Insomma se mettessimo delle normali lampade solari negli autobus potremmo risolvere un problema? “Sì. A parte il fatto che ne usciremo tutti più abbronzati e più belli, quello che suggeriscono questi dati è proprio questo”.

Tutti più abbronzati e più belli! Ma ve ne rendete conto?
E poi, come vedrete dopo, no i dati non suggeriscono quanto sostieni.

Infatti, veniamo a come è stato materialmente condotto l'esperimento.

Gli astrofisici hanno collegato una macchinetta che produce i diversi raggi solari in maniera distinta, quindi solo gli Uva o gli Uvb o gli Uvc piuttosto che gli ultravioletti - spiega Clerici - poi abbiamo messo la macchinetta sotto una cappa, abbiamo preso le cellule polmonari e abbiamo buttato sopra il virus.

Credo che voi miei quattro lettori abbiate già capito il punto.
Qui è stato esposto ai raggi UV del tessuto polmonare con virus.
Se vai sulla spiaggia o ti fai una lampada solare esponi il tessuto polmonare ai raggi UV? NO!
I raggi UV uccidono il virus sulle superfici!
Non ti uccidono quello che hai dentro, nei tessuti polmonari, nella trachea, ecc. Lì i raggi UV non ci arrivano! A meno di non avere intensità tali da uccidere anche te insieme al virus.
E non ti rendono neanche meno contagioso: è il tuo respiro a trasportare il contagio, non la tua pelle.
Ah, quasi dimenticavo: cosa significa 
solo gli Uva o gli Uvb o gli Uvc piuttosto che gli ultravioletti? UVA, UVB e UVC non sono ultravioletti?

E questo sarebbe uno scienziato?
Dov'è il metodo scientifico?
Dov'è la corretta progettazione degli esperimenti?

Saluti,

Mauro.

domenica 4 aprile 2021

Due parole sui negazionisti

Vorrei parlare un attimo dei cosiddetti negazionisti.

Ci sono quelli che negano la pericolosità o addirittura l'esistenza del virus. Ecco, con questi, se mi offrissero una spiegazione scientificamente discutibile dell'eccesso di mortalità del 2020/2021, potrei anche parlarci.
Non dico che la loro spiegazione possa essere giusta, anzi... ma se si basa su fondamenti scientifici, pur diversi dal Covid, se ne può ovviamente parlare. Perché, al di là di ragione o torto, si parla un linguaggio comune. Il problema sono coloro che hanno spiegazioni altre.
Ergo quelli che hanno spiegazioni complottistiche e non scientifiche (anche se magari scientificamente sbagliate, la scienza può anche sbagliare, ovviamente, ma il complottismo è la negazione totale della scienza) dell'eccesso di mortalità.
Ma i peggiori di tutti sono quelli che negano l'eccesso di mortalità!
I numeri sono lì, chiari e inequivocabili. Non credi agli istituti nazionali di statistica? Chiedi agli uffici anagrafe, agli ospedali, alle pompe funebri, a chi ha perso amici o parenti. O credi veramente che siano tutti pagati dai poteri forti? Allora vatti a nascondere, deficiente!

Saluti,

Mauro.

martedì 23 marzo 2021

La variegata accozzaglia dei negazionisti in Germania

Avete sentito tutti della grande manifestazione negazionista a Kassel in Germania domenica scorsa.
Non è stata la prima, pensate tra le altre a Berlino e Lipsia nei mesi scorsi, e (purtroppo) credo proprio che non sarà l'ultima.

La domanda però è: chi sono i partecipanti a queste manifestazioni?
La risposta è al tempo stesso facile e difficile.
Facile, perché è facile capire chi vi partecipa.
Difficile, perché... appunto perché vi partecipano?

Sul perché vi partecipino temo che, a parte ben precise categorie, potrò dirvi poco.
Ma sul chi vi partecipa e su quel che vuole ottenere posso dirvi molto di più.

Intanto va chiarita una cosa.
Nel linguaggio comune con "negazionista" si intende chi nega la pericolosità, se non addirittura l'esistenza, del virus.
Ma alle manifestazioni di cui sopra partecipano anche persone che non negano né l'esistenza né la pericolosità del virus... ma che rifiutano ogni misura precauzionale che venga imposta dall'alto, dallo Stato.
Persone che in sostanza dicono: "Lo Stato ha l'unico compito di garantire la mia libertà di fare quello che voglio. Io so proteggermi dal virus. Se gli altri non lo sanno fare, peggio per loro. Lo Stato deve garantire la mia libertà, non la loro salute".

E ora veniamo alle manifestazioni in sé.
Non so in altri paesi, ma qui in Germania le manifestazioni dei negazionisti vengono spesso accompagnate da cartelli ripresi dalle manifestazioni USA contro gli eccessi della polizia.
Cartelli che dicono "I can't breath".
Solo che negli USA si riferiscono ai poliziotti che mettono il ginocchio sul collo dei fermati mentre in Germania... all'obbligo delle mascherine.
Non credo serva aggiungere altro. Il paragone è già patetico in sé.

Ma, a parte quanto sopra, chi partecipa a queste manifestazioni?
Beh, la partecipazione è molto variegata, molto di più di quello che si potrebbe credere.
Però è un dato di fatto che l'estrema destra ne ha preso la guida.

I militanti dell'estrema destra extraparlamentare sono ormai di fatto l'anima di queste manifestazioni.
Ma ovviamente ciò comprende anche gli attivisti dell'AfD (che nonostante quello che i suoi leader sostengano è obiettivamente una versione moderna della NSDAP), ma in realtà non solo gli attivisti: anche rappresentanti nei parlamenti locali o federale hanno partecipato.
E ciò comprende anche i cosiddetti Reichsbürger, cioè quelle persone che ritengono che il Reich (l'impero) non sia mai morto e che la Repubblica Federale Tedesca sia solo una costruzione astratta, una specie di holding, non uno Stato.
Sui Reichsbürger ce ne sarebbe da dire, ma qui basti dire che per loro la Germania "legale" è ancora quella di Bismarck. Bismarck, neanche Hitler.

Ovviamente i complottisti di ogni tipo sono tra i protagonisti di queste manifestazioni.
Essere contro è la loro sostanza. Non è importante contro cosa, basta essere contro. Se non si è contro si è per. E chi vuole essere per?
Parliamoci chiaro... solo se sei contro (e meno sai a cosa sei contro meglio è) puoi fare passi avanti. Essere per - e non contro - aiuta chi già da prima è per, non te.

Premesso, come visto sopra, che le contestazioni rendono chiaro cosa non vogliono ma non hanno la minima idea di cosa vogliono, andiamo oltre.

Chi contesta le misure generalmente appartiene a categorie ben precise (anche se molto eterogenee).
E queste categorie vanno politicamente a braccetto con quelle citate sopra.

Di quali categorie parliamo?

- I vegani (soprattutto, ma non solo, grazie al cuoco, anzi ex, Attila Hildmann, vegano, negazionista, antisemita e novax);
- I complottisti vari, tipo chi nega che l'uomo sia arrivato sulla Luna (non c'entra chi o cosa sia il pericolo, ma che ci sia un pericolo per loro è evidente);
- I classici novax... che in realtà sono notutto, non solo novax;
- Coloro che sono usciti da scuole tipo Waldorf o Montessori... per loro la scienza non conta, contano le emozioni;
- I pochi vecchi hippies rimasti... non sono di destra... ma per loro lo è tutto il resto, e per questo per contestare il governo "di destra" si ritrovano a combatterlo insieme alla destra (ma sono quattro gatti);
- I seguaci dell'omeopatia e delle varie cosiddette medicine alternative... la medicina ufficiale (come se esistesse una medicina ufficiale) è solo schiava del sistema...
- I negazionisti del cambiamento climatico, generalmente chi nega ciò nega anche tutto il resto.

Però, per ottenere risultati, serve anche chi soffi sul fuoco, il fuoco da solo non basta.
E chi soffia sul fuoco?
La risposta qui è molto semplice (purtroppo).
A livello giornalistico chi soffia sul fuoco è soprattutto il gruppo Axel Springer (in particolare con la Bild, il quotidiano di più basso livello d'Europa, se non forse del mondo, una raccolta di menzogne, a voler essere gentili), dove il giornalismo è secondario, ma la vicinanza alle lobby imprenditoriali no.
E proprio in tal senso le varie congregazioni industriali, commerciali, artigianali, ecc. sono i migliori alleati della Bild: aprire tutto subito... meglio poco oggi che tanto domani.

BDI, DeHoGa & co. sono coloro che hanno in mano il timone. Non il governo. Non il Parlamento.

E purtroppo i negazionisti hanno anche vari medici dalla loro parte.
Medici che generalmente di Covid poco o nulla sanno, ma... medici sono, quindi per la Bild e per chi la Bild segue (da cretino totale, a voler essere gentili) medici restano.

Il re di detti medici è Bodo Schiffmann, un otorinolaringoiatra, cioè uno che non ha nessuna competenza in materia, ma nonostante tutto è diventato il re dei negazionisti. Tutti lo adorano. Forse perché tutti, come appunto lui stesso, non hanno la minima idea di ciò di cui parlano.
Ma ovviamente Schiffmann non è da solo.
Al suo fianco c'è Sucharit Bhakdi, microbiologo ed epidemiologo, ma negazionista. Quindi uno che maltratta i suoi propri studi.

Ma così non abbiamo ancora raggiunto il top.
Il top è... Wolfgang Wodarg.
Uno che era contro il vaccino contro la peste suina... ma soprattutto uno che si fece fregare da uno senza titoli (Gert Postel) e nonostante tutto mantenne il posto.
E ora... è uno dei principi del mondo negazionista.
Cosa non strana, in realtà, visto che parliamo di uno che si fa fregare volentieri.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 17 marzo 2021

La riproduzione e il Covid

Da quando è cominciata la pandemia uno dei parametri di cui si parla di più è il numero di riproduzione (spesso citato come tasso di contagio o di riproducibilità): R0 se ci riferiamo a quello di base, Rt se ci riferiamo a quello netto nel tempo.

Siamo però sicuri di aver capito veramente cos'è e quanto è importante (o meno)?

Partiamo dalla definizione.

R0: In epidemiologia indica la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva non controllata (e quindi soprattutto la trasmissibilità iniziale, prima che vengano prese misure per combatterla). Detto altrimenti, il numero di nuovi casi sintomatici prodotti a partire da un singolo caso.
Rt: Concettualmente vale quanto scritto per R0, ma calcolato al tempo t, non all'inizio, quindi tenendo anche conto delle misure prese per combattere l'epidemia ed eventuali variazioni casuali, naturali della stessa.

Il tutto lo trovate spiegato bene qui su Wikipedia.

Ora, il problema è se questo parametro basta come base per le decisioni. Avete sentito/letto tutti le polemiche degli ultimi mesi riguardo all'uso di questo parametro per decidere aperture e chiusure.
Usando una terminologia matematica, potrei dire che il numero di riproduzione è un parametro necessario ma non sufficiente.

Perché necessario?
Perché non sufficiente?
Necessario perché è il parametro che, se calcolato correttamente, più di tutti ci permette di valutare l'evoluzione di un'epidemia (che sia il Covid o qualsiasi altra) e quindi di predisporre misure preventive.
Ma non sufficiente perché per poterci permettere ciò deve essere calcolato in base a dati completi e aggiornati. E purtroppo sappiamo benissimo che il grosso problema è proprio questo: la comunicazione dei dati.

Se i dati non sono completi hai al massimo un'indicazione di massima sulla situazione, non una vera immagine della stessa.
Se i dati non sono aggiornati (anche se magari completi) non hai un panorama attuale della situazione, ma solo un panorama della situazione di qualche giorno prima. Situazione che poteva forse essere uguale a quella attuale, ma poteva benissimo anche essere migliore o peggiore.
Però il numero di riproduzione è l'unico parametro che permette di valutare concretamente la contagiosità.
Per questo il numero di riproduzione è necessario ma, per prendere decisioni serie, da solo non basta.

Per capire bene perché il valore quotidiano, come ho scritto sopra, non è preciso si può leggere questo articolo tedesco del novembre scorso.
Per chi non mastica il tedesco il Lancet ha pubblicato il 22 ottobre scorso questo e questo articolo. Chiari e interessanti.

Al proposito di Rt molti di voi ricorderanno che a gennaio la Lombardia è stata per una settimana in zona rossa probabilmente a causa di una comunicazione errata dei dati per calcolare il numero di riproduzione.
Al di là degli errori di comunicazione... anche l'incompletezza dei dati può portare a questi effetti.

Per visualizzare bene la differenza tra l'Rt quotidiano, quello che viene calcolato giorno per giorno, e quello ricalcolato a posteriori, coi dati completi, guardate il seguente grafico.
Rappresenta l'andamento di Rt per la Germania.
In blu la curva calcolata coi dati giorno per giorno, in rosso la curva calcolata a posteriori sui dati completi (o comunque decisamente più completi).


Tre cose saltano subito all'occhio:

1) L'andamento delle curve è analogo, ma non identico;
2) I picchi - sia positivi che negativi - sono più estremi nel calcolo giorno per giorno;
3) I picchi dell'Rt ricalcolato a posteriori "anticipano" quelli dell'Rt giornaliero.

Se ci riflettete bene sono fatti in realtà prevedibili, logici.

1) I dati su cui Rt viene calcolato giorno per giorno sono incompleti, sono meno numerosi di quelli a disposizione a posteriori, ma se sono distribuiti in maniera abbastanza omogenea sul territorio è normale che si abbiano andamenti analoghi come tendenze;
2) Se calcoliamo una curva con pochi dati a disposizione e poi la ricalcoliamo con più dati a disposizione (e vale per ogni situazione, non solo per Rt) è logico che eventuali outliers sia positivi che negativi nella prima curva peseranno di più, nella seconda invece verranno moderati dalla "massa" di dati;
3) Il calcolo dell'Rt quotidiano lo riferiamo - a seconda dei metodi - a oggi o a ieri, ma i dati non raramente sono di un paio di giorni prima, quando però ricalcoliamo Rt a posteriori cerchiamo per quanto possibile di riferire i dati al giorno preciso a cui si riferiscono... e quindi molti verranno spostati all'indietro nel tempo, e la curva con loro.

Saluti,

Mauro.

lunedì 15 marzo 2021

Considerazioni sul vaccino AstraZeneca

Vorrei fare qualche considerazione personale sui problemi, veri o presunti che siano, del vaccino AstraZeneca.

Per il momento facciamo finta che ci sia almeno in alcuni casi veramente un rapporto di causa-effetto (anche se le autopsie già effettuate sembrano escluderlo).

Intanto vediamo i numeri.
La Bayerischer Rundfunk ha calcolato che si sono contati 6 trombi per milione di vaccini.
La pillola anticoncezionale è provato provochi più di mille trombi per milione di donne che la usano. Eppure viene contestata per motivi religiosi, ma non per la pericolosità.


Poi che potessero esserci dei problemi era stato messo in conto sia dalle aziende che dai governi: era il prezzo da pagare per uno sviluppo e una certificazione così veloci. La domanda da porsi è se 6 casi per milione di vaccini siano un prezzo accettabile o meno.

Ovviamente è giusto, anzi doveroso sia dal punto di vista morale che legale che scientifico, fare accertamenti per verificare se vi è veramente un rapporto di causa-effetto e per verificare se il problema riguarda solo un lotto, solo uno stabilimento o tutta la produzione AstraZeneca.

Ma, mentre si fanno questi accertamenti, è giusto sospendere la somministrazione del vaccino? O la sospensione è solo un segno di isteria? Molti, tra cui il deputato, medico ed esperto di sanità tedesco Karl Lauterbach, ritengono che sia isteria e che avrà pesanti ripercussioni. Primo, la sospensione fa ripiombare nel caos le strategie vaccinali che stavano cominciando a ingranare in tutta Europa. Secondo, mina la fiducia della popolazione nei vaccini in generale e non solo in quello AstraZeneca. E di novax ne abbiamo già più che a sufficienza.
Oltretutto... il caos e i ritardi nei vaccini causati inevitabilmente dalla sospensione di AstraZeneca (gli altri produttori non possono certo aumentare la produzione per sopperire a questo buco) causeranno più morti dell'eventuale difetto del vaccino.
E provocherà diseguaglianze regionali, visto che non è che ogni centro vaccinale riceva lo stesso mix di vaccini dei vari produttori. Ci saranno zone dove si riuscirà a vaccinare come prima, zone dove si rallenterà e zone dove praticamente ci si fermerà. Riflettiamoci.

E un'ultima considerazione per quelli che mettono sempre davanti a tutto l'economia: ve ne rendete conto questa sospensione che danni economici può fare a un'azienda come AstraZeneca? Per un problema probabilmente inesistente o comunque molto piccolo? Ci avete pensato che una sospensione così frettolosa lede l'immagine dell'azienda tutta e non solo del suo vaccino? Che molta gente ora guarderà storto ogni prodotto AstraZeneca?

Sullo stesso tema voglio segnalarvi questo video di Entropy for Life su YouTube.

Saluti,

Mauro.

martedì 16 febbraio 2021

Le (non) logiche del commercio

Come in tutti i paesi, anche qui in Germania le associazioni di categoria del commercio e del turismo si sono sempre lamentate delle chiusure causa Covid, però devo dire che l'offensiva lanciata da queste negli ultimi giorni non ha precedenti.
Ora, è chiaro che il commercio e il turismo sono i settori che stanno soffrendo di più, però è anche vero che, almeno qui in Germania, i cosiddetti ristori sono corposi (anche se tanti si lamentano che arrivano con enormi ritardi - sia l'accettazione della tua richiesta di ristoro che il ristoro stesso).

Ma non è dei ristori che vi voglio parlare.

Quello di cui vi voglio parlare sono le pecche di logica nei ragionamenti dei rappresentanti di queste associazioni, pecche che al comune cittadino magari sfuggono e lo ingannano, portandolo a dar ragione a chi pecca in logica.

Prendiamo per esempio la presidente dell'associazione degli albergatori e ristoratori bavaresi (DEHOGA Bayern), Angela Inselkammer.
Oggi in radio ho sentito una sua dichiarazione in cui diceva che si può riaprire, anche se non completamente, perché le aperture dei negozi di prima necessità (alimentari, farmacie, ecc.) hanno dimostrato che queste non provocano focolai.
Ma belin, sei scema?
Nei negozi di prima necessità ci vai, appunto, per necessità. Non ti ci fermi come in un ristorante o in una birreria, non ci giri a lungo per vedere le novità come in una libreria o in un negozio d'abbigliamento.
Neanche prima della pandemia lo facevi!
Come fai a non notare la differenza?

Poi sempre in radio ho sentito un albergatore-ristoratore di Norimberga, Bernhard Steichele (dell'Hotel Ristorante "Das Steichele", che posso solo consigliare per quando la pandemia sarà finita, per inciso), che ha detto una cosa apparentemente logica, ma comunque ingannevole...
Lui ha detto che il problema più grosso è il lockdown "a fette", con continui prolungamenti. Preferirebbe piuttosto un lockdown lungo ma certo, in maniera da poter programmare.
Da un lato ha ovviamente ragione, il non poter programmare è un ulteriore fattore di incertezza.
Ma dall'altro lato se il governo facesse una cosa del genere (oltre a vedersi inasprire le prevedibili proteste dei negazionisti e non solo), significherebbe che il governo già sa con buona certezza come andranno i numeri (anche delle nuove varianti, anche di quelle non ancora scoperte) tra due, quattro o otto settimane.

Non credo che neanche il migliore dei governi usando i migliori scienziati come consulenti possa saperlo.
Non riesco a immaginarmi Angela Merkel o i suoi colleghi degli altri paesi con la sfera di cristallo di Amelia, la strega che ammalia.
I governi devono sì cercare di guidare i numeri, ma purtroppo devono reagire di volta in volta ai loro cambiamenti, sia in meglio che in peggio. Senza isterie, ma senza ignorarli.

Saluti,

Mauro.

venerdì 5 febbraio 2021

Ripassiamo la matematica col Covid

Sfruttiamo il Covid19 per fare un ripassino di matematica.

I servizi segreti hanno dichiarato che il numero reale dei contagi è il 50% in più di quello ufficiale (perché si ascoltino loro e non tutti gli altri che lo hanno detto prima è un mistero, ma non è importante per questo articolo).
Cosa significa questo?
Che per ogni 100 contagiati ufficiali, ce ne sono 150 reali.
E fin qua penso che il concetto sia facile e comprensibile per tutti.

Ma dopo la dichiarazione dei servizi mi è capitato di leggere tweet (e immagino che sugli altri social network non sia stato diverso) che dicevano che quindi i dati ufficiali erano sottostimati del 50%.

No!
Sbagliato!
Sono sottostimati del 33%!

Vedo che qualcuno comincia a storcere il naso... o è 33% o è 50%.
Non proprio. Seguitemi.

Ripartiamo dall'affermazione dei servizi.
Ho 100 casi ufficiali.
Il 50% di 100 è 50, quindi i casi totali sono 100+50=150.
Tutto semplice. Come avevamo comunque già visto prima.

Ma qui non ho calcolato la sottostima.
Ho calcolato il dato reale (dando per buona l'affermazione dei servizi) a partire da quello ufficiale (alias stimato).

Ma per calcolare la sottostima la strada da seguire è il calcolo inverso.
Io sottostimo il dato reale... quindi è dal dato reale che devo partire!
Quindi dai 150 casi reali.
Ora, se i casi ufficiali sono 100, significa che sottostimo il dato reale di 50 casi (50 casi, non 50%!).
Quindi parto da 150 e sottostimo di 50.
Ma 50 è il 33% di 150... quindi se sottostimo di 50 casi, sottostimo del 33%, non del 50%.
Se sottostimassi del 50%... avrei 75 casi in meno, visto che il 50% di 150 è 75 (e avrei quindi 75 casi ufficiali, non 100, visto che 150-75=75).

I numeri assoluti sono, ovviamente, uguali da qualunque parte si guardi la cosa.
Sono i numeri relativi, cioè le percentuali, a cambiare.
Perché... le cose relative dipendono ovviamente dal punto di partenza, quelle assolute altrettanto ovviamente no 😉

È semplice matematica.

Saluti,

Mauro.

martedì 26 gennaio 2021

Il Covid e il trasporto

Una delle discussioni più accese in tempi di Covid è quella sulla scuola.
Scuole aperte o chiuse? Didattica in presenza o a distanza?
Va detto che le stesse polemiche (anche se in questo caso non hanno raggiunto il grande pubblico) sono state fatte anche per l'home office. Lavoro in ufficio o lavoro da casa?
Per tacere delle polemiche legate alla chiusura di determinati tipi di attività commerciali, culturali, ecc.

Sono polemiche giustificate?
Io non voglio fare un discorso giuridico o psicologico, ma epidemiologico.

Chi vuole aprire qualcosa dice sempre (ma non sempre portando numeri e studi, anzi...) che la determinata attività non è pericolosa, non è causa di focolai se non in casi eccezionali, eccetera, eccetera.
A parte il fatto che non è vero, o meglio non puoi dirlo, visto che i focolai vengono scoperti solo in una parte dei casi, in molti casi ti ritrovi un contagio diffuso senza sapere da dove è partito, se c'è stato un focolaio o meno.

Però il problema vero è un altro.

Puoi mettere in sicurezza una scuola, un ufficio, un negozio, un museo?
Non certo al 100%, ma con un impegno serio puoi comunque limitare i rischi (che poi quest'impegno nella maggioranza dei casi purtroppo non c'è stato, ma di questo fatto nessuno degli "aperturisti" ne tiene conto).

Gli "aperturisti" spesso dimenticano un fatto: a scuola, in ufficio, in negozio, al museo ci devi arrivare.
E poi da lì devi tornare a casa.
E non tutti possono muoversi con mezzi di trasporto privati. E questo fatto vale soprattutto per la scuola, vista l'età dei suoi fruitori (ovviamente parlo dei discenti, non dei docenti).

E bus, metropolitane, treni (con le rispettive fermate, stazioni, ecc.) sono molto più difficili da mettere in sicurezza, molto di più.
E sono meno controllabili, visto il continuo "ricambio" di utenti a ogni fermata.

In sostanza:
1) Sui trasporti è più difficile mantenere distanze e regole (e poi sei in mezzo a sconosciuti, non puoi sapere se qualcuno è contagioso o meno), ergo più facilmente ti puoi infettare.
2) Sui trasporti... trasporti anche il virus. Anche se non ti infetti lì, puoi portare il virus da casa a scuola, ufficio, ecc. o viceversa.

Fino a che non troviamo una soluzione ottimale o almeno decente per rendere i trasporti più sicuri, discutere su scuola/lavoro in presenza o a distanza è guardare il dito, non la luna.
Per lo meno da un punto di vista epidemiologico.

Saluti,

Mauro.

sabato 16 gennaio 2021

Vaccini e varianti

Sto leggendo (e non solo in Italia) riflessioni sull'eventualità di sospendere le vaccinazioni per il Covid in maniera da poter valutare in laboratorio o anche in vivo, ma su volontari, l'efficacia dei vaccini stessi nei riguardi delle nuove varianti del virus che stanno emergendo.

Detto terra terra: sono riflessioni idiote.

Sospenderle significherebbe semplicemente smettere di proteggere la popolazione anche dal virus originale, varianti o non varianti.

Facciamo un esempio.
Mettiamo che ci siano il virus originale e tre sue mutazioni, alias varianti.
E mettiamo anche che il vaccino protegga solo dall'originale e non dalle varianti.
Bene... se continuiamo a vaccinare, almeno proteggeremo la popolazione da una delle quattro varietà del virus (1 originale + 3 mutazioni/varianti).
Se interrompiamo le vaccinazioni proteggeremo la popolazione da zero delle quattro varietà. Zero.

Cioè, detto in altre parole, se vaccini almeno qualcuno proteggi, se non vaccini non proteggi nessuno.
E oltretutto non è detto (anzi!) che i vaccini non proteggano anche dalle varianti, o almeno da alcune di esse.

Cosa significa tutto ciò?

Semplicemente due cose.
1) La vaccinazione va proseguita senza se e senza ma, con o senza varianti, se no non si protegge nessuno;
2) L'effetto del vaccino sulle varianti va ovviamente studiato, sia in vitro che in vivo, se no non ci capiamo nulla.

È pura logica.

Saluti,

Mauro.

lunedì 28 dicembre 2020

Ne siamo usciti peggiori

Qualche tempo fa stavo riflettendo sugli effetti della pandemia.

No, non quelli medici, ma quelli sociali (anche se onestamente e ovviamente le due cose sono legate).

Durante la prima ondata si pensava, si sperava che ne saremmo usciti migliori. Soprattutto si diceva (al di là di quel che si pensasse).
Io non ci ho mai veramente creduto, ma lo speravo.

Però, prima di andare avanti, cerchiamo di capire cosa significa "migliori" in questo contesto.

La maggioranza di voi risponderebbe: più solidali, più attenti agli altri, più disponibili. Tutte cose belle, giuste e auspicabili, vero. E anche necessarie. Ma comunque solo pannicelli caldi, nel contesto in cui ci troviamo.

Il vero "migliori" sarebbe stato uscire dalla prima ondata più razionali, più legati ai fatti e meno alle emozioni, più capaci di valutare non solo sul giorno dopo ma più in là, più capaci di separare il grano dal loglio, più capaci di valutare gli effetti delle nostre azioni (o non azioni).

Senza questo, solidarietà e altruismo sono solo toppe.

E come ne siamo usciti invece alla fine dalla prima ondata?

Male, nonostante le apparenze, nonostante i cori dai balconi, nonostante gli applausi al personale sanitario... appena si sono allentate le chiusure... liberi tutti! Tutto è permesso! Esisto solo io! Libertà, libertà, quaquaraquaquà!

Ne siamo usciti peggiori.

Prima che mi fraintendiate: non sto parlando solo dell'Italia, ma anche dell'Italia.
Quello che sto dicendo vale per tutta Europa (probabilmente per tutto il mondo, ma dell'Europa ne ho le prove, del resto del mondo no).

E la seconda ondata ce lo ha dimostrato.
Ondata che forse potevamo evitare ma di sicuro potevamo rendere molto più moderata.

Ma a parte questo (mi scusino i parenti delle vittime per l'apparente cinismo) la cosa più grave è un'altra, non il non aver evitato la seconda ondata.
La cosa più grave è che con la seconda ondata la razionalità è diminuita, la credenza nelle fake news è aumentata, il pensare egoistico è esploso e il complottismo pure.

Avevamo l'occasione di fare - grazie a una tragedia, purtroppo - un enorme passo avanti nell'evoluzione sociale.
Lo abbiamo fatto indietro.

E sto accusando esplicitamente noi singoli cittadini, non i governi.
I governi di stronzate ne hanno fatte, ma nessun governo (almeno qui in Europa) ha proibito ai cittadini di ragionare, di usare il buon senso.
Anzi, le misure più corrette decise dai governi sono spesso state le più contestate.

E sarà dura, molto dura recuperare, cambiare direzione di marcia.
La società e le singole persone si sono troppo incattivite, i fossati tra le varie posizioni si sono fatti troppo profondi.

OK.

Lo ho detto.
Mi sono sfogato.
Ora sono pronto alla shitstorm.
Scatenatevi pure.

Saluti,
Mauro.

giovedì 9 luglio 2020

La fallacia logica di chi minimizza

Uno degli argomenti preferiti da chi difende le aperture, i paesi che chiudono poco o nulla e etichetta come catastrofisti coloro che avvertono dei rischi di una seconda ondata è la mortalità: i morti per milione di abitanti nei vari paesi.

Infatti loro fanno notare che paesi come USA (dove il lockdown è durato poco e le riaperture sono state selvagge) e Svezia (dove di fatto non c'è stato lockdown) hanno a oggi una mortalità inferiore a Italia e Spagna (paesi che hanno avuto un lockdown serio).

Bene, se guardiamo i numeri senza ragionare hanno ragione:
USA: 409 decessi per milione di abitanti;
Svezia: 545;
Italia: 578;
Spagna: 607.

Ma è una fallacia logica (da parte di qualcuno probabilmente c'è anche malafede, non tutti sono semplicemente caduti nella trappola logica).

Vediamo perché (intanto premetto che sarebbe in questo caso più intelligente citare la quantità di malati, non di morti, poi ne capirete il motivo).

Partiamo dalla questione cronologica.
L'outbreak negli USA e in Svezia è arrivato molto dopo che in Italia e Spagna.
Quindi i numeri attuali di USA e Svezia andrebbero confrontati con i numeri che Italia e Spagna avevano alla stessa distanza temporale dall'outbreak di quanto sono oggi USA e Svezia, non con i numeri italiani e spagnoli attuali.
E se lo si fa si vede che la Svezia è messa peggio e gli USA sono più o meno allo stesso livello.

Ma c'è un esempio ancora più evidente: prendete lo UK.
Ha avuto l'outbreak sì dopo Italia e Spagna, ma prima di USA e Svezia. E all'inizio si è comportato come la Svezia e ora come gli USA.
Bene:
UK: 657 decessi per milione di abitanti.
Confrontate con i numeri sopra e fate gli auguri a USA e Svezia.

Però c'è anche un'altra confutazione della fallacia logica di cui sopra.
Una confutazione meno quantificabile ma forse anche più forte di quella cronologica spiegata sopra: ora, almeno in parte, sappiamo curare.

Cerchiamo di capire.
È vero che non c'è ancora una cura universalmente riconosciuta per Covid19, però all'inizio in Italia e Spagna c'era a disposizione (si fa per dire, vista la scarsa trasparenza) solo l'esperienza cinese.
I medici brancolavano nel buio o quasi. È anche probabile che in alcuni casi i pazienti siano morti per terapie sbagliate: i medici andavano a tentativi.
Ora questo non succede più: il mondo (USA e Svezia compresi) ha a disposizione l'esperienza non solo solo italo-spagnola, ma europea tutta (anche se l'UK non sembra averla capita, ma questo è un altro discorso).
I medici non hanno ancora a disposizione una cura standard, ma non brancolano più nel buio. Hanno molte più possibilità di prendere la decisione giusta nei tempi giusti.
E questo abbassa (talvolta abbatte) la mortalità.

Ma questa esperienza evita il morire, non l'ammalarsi.
L'ammalarsi lo evitano le misure di prevenzione che certi paesi (sempre più numerosi, purtroppo) rifiutano di adottare.
Ed è proprio per questo che per giudicare USA e Svezia (ma non solo) è più significativo il numero di casi per milione di abitanti (più significativo ancora sarebbe il numero di ospedalizzati, ma è un dato non facile da avere per ogni paese) che quello di decessi, per quanto cinica la cosa possa sembrare.

E questo numero parla chiaro:
USA: 9647 casi per milione di abitanti;
Svezia: 7359;
Spagna: 6419;
UK: 4236;
Italia: 4009.

(N.B.: qualche giorno fa l'UK ha cancellato circa 30000 casi dal computo totale senza dare motivazioni, questo ha abbattuto il numero di casi per milione di abitanti ivi).

Spero di essere stato chiaro.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 8 luglio 2020

Il circo dei preprint (sul coronavirus)

È comprensibile che gli scienziati vogliano condividere le proprie ricerche il più presto possibile coi colleghi, ma quando questi preprint diventano di dominio pubblico prima di passare per la peer review può essere un problema.

Molti di voi ricorderanno uno studio condotto su pazienti Covid19 in Italia e Spagna a giugno e che in qualche modo associava la gravità dell'infezione al gruppo sanguigno. Studio criticato (e almeno in parte smontato) da più parti.

Ma non è direttamente di questo studio che vi voglio parlare, bensì di uno studio tedesco che su questo si è basato per andare oltre. Studio pubblicato in preprint su bioRxiv il 3 luglio scorso. Intanto chi sono gli autori di questo studio? Svante Pääbo, considerato uno dei più autorevoli paloegenetisti al mondo. Sì, paleogenetista, non biologo, infettivologo o virologo. E Hugo Zeberg, che si occupa di neurologia e antropologia.
Cosa hanno "scoperto" questi due ricercatori, rileggendo i dati dello studio citato all'inizio?
Che i geni associati alla maggiore severità dell'infezione sono i geni che ci accomunano ai Neanderthal. Altrimenti detto: chi di noi ha più geni ereditati dai nostri cugini Neanderthal (che ci sia stato incrocio tra Sapiens e Neanderthal è ormai fatto accertato senza ombra di dubbio da tempo) più sarebbe a rischio di contrarre l'infenzione in forma grave.
Lo studio è già stato smontato, ma in certi ambienti sta ricevendo discreto ascolto e successo.
Un ottimo riassunto di tutti i "bachi" di questo "studio" lo trovate in questo articolo della Süddeutsche Zeitung. Il punto principale è che la serie di geni da cui si è dedotto il collegamento in Europa (da dove vengono i dati) è presente nell'8% della popolazione, mentre nel SE asiatico nel 30% e in Bangladesh addirittura nel 60%. In Bangladesh dovrebbe essere una strage peggiore che in qualsiasi altro posto. Oltretutto un altro scienziato ha fatto notare che questo studio dei paleogenetisti può sì essere importante... ma non certo per capire chi è più a rischio di grave infezione, bensì per capire perché alcuni geni Neanderthal si sono trasmessi e altri sono spariti.
La morale è: è utile condividere gli studi in preprint, ma chi li legge (soprattutto se non esperto del settore) deve prenderli non solo con le pinze... ma anche con guanti, mascherine e disinfettante!

Saluti,

Mauro.

martedì 7 luglio 2020

Le parole della scienza in tempo di pandemia

In questi giorni ho scritto qualche commento ad altrui tweet sulla dichiarizione di Zangrillo secondo cui il virus sarebbe ora clinicamente inesistente, ma non ho scritto nulla di mio.
Stasera vorrei farlo, ma focalizzandomi sulla comunicazione.
Cosa intendo?
A mio parere, e questo indipendentemente dal fatto che abbia ragione o torto, Zangrillo ha espresso il suo pensiero in una maniera dannosa. Dannosa proprio nella forma, non sto qui giudicando la sostanza.
Quando si parla di scienza in pubblico - e a maggior ragione quando la cosa riguarda la salute pubblica - bisogna tener conto di chi ci ascolta. E in questo caso sono soprattutto profani, quindi persone che nella migliore delle ipotesi capiranno in base al senso comune, non in base al senso scientifico.
I tecnicismi non li capiranno o li capiranno in base all'uso comune delle parole, non in base al loro uso scientifico. Se tu dici "virus clinicamente inesistente" tu intendi scientificamente una cosa ben precisa: che il virus non è in questo momento un problema clinico, cioè ospedaliero.
Non intendi che il virus non esista più (e infatti Zangrillo ha poi dovuto specificarlo, ma anche qui con una qualità comunicativa molto, molto scadente). Però è quello che il profano capirà! O al limite capirà che il virus non fa più male, che è diventato totalmente innocuo.
Quindi tu hai fatto danni, anche nel caso che la tua affermazione fosse stata scientificamente corretta al 200%! Cosa credete che abbia spinto, per esempio, il manager vicentino a fregarsene dell'essere contagiato e a rifiutare il ricovero (finendo intubato in UTI e infettando un sacco di gente)?
Quando si parla - e nel campo della salute ancora di più che in altri ambiti - bisogna pensare con attenzione alle parole che si usano e adattarle all'audience.
Lo ammetto, noi scienziati tendiamo spesso a dare per scontate cose che per i non scienziati non lo sono.
Ma mentre nella maggioranza dei casi la cosa può al massimo venire presa come arroganza... in questo caso, dove ne va della vita di migliaia di persone, usare le parole sbagliate è criminale!

Saluti,


Mauro.

domenica 24 maggio 2020

Le parole sbagliate del distanziamento

Le parole sono importanti.
Anzi, come disse Claudio Magris, le parole sono fatti.

E purtroppo la cosa che è andata peggio in questi tempi di pandemia è stata la comunicazione.
Quasi dappertutto le autorità non hanno saputo comunicare con chiarezza le proprie decisioni e quanto chiedevano ai cittadini.
Ciò ha provocato ovviamente confusione, peggiorando tra l'altro la situazione psicologica di chi era più fragile.

Ma al di là della comunicazione confusa e contraddittoria, anche per le cose semplici e chiare si sono talvolta usate le parole sbagliate.

Prendiamo l'esempio più eclatante per l'Italia (e probabilmente quello che ha fatto più danni): il dover mantenere una distanza di sicurezza tra le persone per limitare il più possibile il rischio di trasmissione interpersonale del virus.

Il concetto è semplice. E tutti possono capirlo senza problemi. E anche accettarlo.

Però...
Però come lo si è chiamato in Italia? Distanziamento sociale.
Ma ve ne rendete conto cosa significa distanziamento sociale?
Non significa evitare il contatto fisico con gli altri. Significa tagliare i legami sociali con gli altri!
Capite cosa ciò può significare per le persone più fragili o per chi lo ha preso alla lettera?
Vi rendete conto che effetto psicologico può avere su chi capisce quel "sociale" e pensa che gli si chieda di isolarsi tipo eremita?
A parte che, proprio per la formulazione scelta, c'è stato chi lo ha rifiutato a priori e ne ha approfittato per non rispettare neanche il distanziamento fisico, con tutti i rischi connessi.

Chi è stato il genio che ha deciso di definire un distanziamento fisico come distanziamento sociale nella comunicazione ufficiale?

Saluti,

Mauro.

sabato 9 maggio 2020

Impariamo dagli errori della Germania

La Germania ha riaperto prima e più dell'Italia, illudendosi dei suoi dati su contagi e decessi da Covid19.

E ora qui in Germania il famoso e famigerato numero di riproduzione di base (o R0) è schizzato verso l'alto.
Dopo aver toccato il minimo mercoledì scorso (R0=0,65) ha ricominciato a salire e oggi è tornato sopra il valore di 1 (R0=1,1).

Essere sopra o sotto 1 è importantissimo: sopra 1 il contagio accelera, sotto 1 rallenta.


(Grafico mio, dati del Robert Koch Institut).

Che l'Italia osservi e non faccia cazzate.

Saluti,

Mauro.

giovedì 30 aprile 2020

In Germania si guarisce (nel Regno Unito no)

Una domanda che ho visto fare in molte sedi riguardo alla pandemia da COVID19 è quella riguardo i guariti.
I vari paesi hanno percentuali di guariti rispetto ai casi totali accertati enormemente diverse tra loro. Nella grafica un confronto (in verde i guariti).


 

Il problema qui è molto semplice: ogni paese usa protocolli diversi per definire i guariti.

Un malato acuto e un morto non li puoi nascondere (puoi sempre far finta che le cause siano altre, ma non è questo il tema di questo articolo).
Un guarito invece puoi farlo spuntare dal nulla.

Tobias Wilke, giornalista freelance tedesco, ci spiega per esempio i tanti guariti tedeschi (qui l'articolo).

Il protocollo usato in Germania e preparato dal RKI prevede quanto segue.
Chiunque sia in quarantena casalinga (o altro luogo privato), dopo essere stato testato positivo o dimesso dall'ospedale, è considerato guarito dopo 14 giorni di quarantena e 48 ore senza sintomi da COVID19 acuto.
Senza nuovo test.
Basta un colloquio col medico.

Ma c'è di più.
Guardate l'immagine.


Cosa c'è scritto? Che se un quarantenato (non vale per i dimessi dall'ospedale) dopo 14 giorni venisse di nuovo testato e trovato positivo, non va considerato automaticamente contagioso.
Va giudicato caso per caso dagli enti preposti.

Saluti,

Mauro.

Aggiornamento 01.05.2020:
Avrete tutti notato l'altro numero apparentemente assurdo, per motivi opposti a quello tedesco: lo 0,5% di guariti del Regno Unito.
Come mai i britannici non guariscono?
Ho cercato numeri e protocolli, sia sui siti ufficiali britannici, che su siti di raccolta dati e analisi statistiche: l'impressione è che nel Regno Unito non sia stato preparato nessuno protocollo riguardo ai guariti e quindi essi non vengano contati (o per lo meno non comunicati ad autorità centrali).
Se scoprirò di più, farò un altro aggiornamento. 

giovedì 23 aprile 2020

La app e il virus

Tutti ormai sappiamo della app "Immuni" per il tracciamento del Covid19.
Io non ho le competenze per valutare tecnicamente la app in sé e, oltre ciò, non voglio lasciarmi andare a dietrologie varie (anche se forse non sarebbero proprio dietrologie, date informazioni riservate che ho).
Però ci sono tre domande che sorgono comunque spontanee, indipendentemente dalle informazioni e dalle competenze che uno ha o meno.

Domanda numero 1
Come può un'app di tracciamento funzionare se non ci sono test a tappeto? Per lo meno se non ci sono test per tutti i sintomatici?

Domanda numero 2
Si dice che già diciamo tutto (o quasi) di noi a Google, Facebook & co., quindi che male c'è a dirlo al governo? A parte che a Google, Facebook & co. la maggioranza di noi dice meno di quel che si racconta... loro non possono modificare le leggi in base alle informazioni raccolte. Un governo sì. Non è pericoloso?

Domanda numero 3
Visto lo scopo della app, in un mondo ideale dovrebbe venire cancellata automaticamente appena finita la pandemia. Qualcuno ha pensato a questo?

Saluti,

Mauro.