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mercoledì 1 gennaio 2020

Il secondo principio di un artista chiamato Banksy

l Palazzo Ducale di Genova c'è una mostra che consiglio vivamente a tutti i genovesi e a coloro che si troveranno a Genova entro il 29 marzo 2020 di vedere: "Il secondo principio di un artista chiamato Banksy".
Una mostra veramente ben fatta, appassionante. Con una vasta (e qualitativamente notevole) scelta delle opere (originali, non riproduzioni come in molte mostre dedicate a Banksy) e ottimo apparato didascalico e descrittivo, che viene ripreso e ampliato nell'ottimo catalogo.
Complimenti sinceri ai curatori Gianluca Marziani, Stefano Antonelli e Acoris Andipa.
Oltre che, naturalmente, allo staff di Palazzo Ducale.

Qui vorrei farvi incuriosire mostrando alcune delle opere che io considero più significative.
Per partire nella descrizione, comunque niente di meglio che esplicitare la filosofia di Banksy, usando le sue stesse parole.



Come opera, partirei con il "Self-Portrait" del 2001-2 (spray e schizzo di smalto, acrilico su tavola, conservato alla Ali Keshavji Collection di Londra).
Quest'opera sembra voler dire che noi siamo quello che vediamo. Ciò che conta è solo il nostro sguardo.


E poi un'opera che all'epoca fece scandalo, considerata iconoclasta: "Virgin Mary (Toxic Mary)", del 2003 (serigrafia su carta, collezione privata).
Il fatto è che quest'opera - contrariamente alla lettura comune - non è contro la religione. Non in primis, per lo meno.


Come si vede nella frase di Banksy che propongo sotto, il bersaglio dell'opera è la famiglia. Famiglia che spesso soffoca i figli con la scusa (in buona o in mala fede) di proteggerli.
Perché allora Maria? Perché la "sacra famiglia" è la famiglia per eccellenza. Il simbolo.


Sullo stesso tema (e forse, paradossalmente, ancora più forte come immagine) vi è poi "Jack & Jill (Police Kids)" del 2005 (serigrafia su carta, collezione privata).


Banksy viene spesso visto dall'opinione pubblica, al di là dell'apprezzamento artistico, come un artista quasi nichilista, che descrive l'affondamento della società.
Ma anche Banksy lascia aperta la porta alla speranza e lo fa in una delle sue opera più famose e copiate.
Sto parlando della celeberrima "Girl with balloon" del 2004-5 (serigrafia su carta, collezione privata).
Lapidaria e positiva è la frase di Banksy che, di fatto, la descrive: "There is always hope".



Nonostante la speranza, però la caustica condanna della società attuale ritorna sempre in primo piano... mettendo insieme guerra, capitalismo e consumismo: "Napalm (can't beat that feeling)" (serigrafia su carta, 2004 collezione privata).


Non serve che vi dica chi sono i tre personaggi raffigurati (soprattutto la ragazzina in mezzo), vero?


La condanna va comunque sempre a braccetto con la speranza, come mostra "Love is in the air (flower thrower)" (serigrafia su carta, 2003, collezione privata).
Non posso non pensare che per quest'opera Banksy si sia ispirato alla rivoluzione dei garofani portoghese del 1974.


Importante nella filosofia di Banksy è il concetto di regola. O meglio il concetto dello smantellamento delle regole, in quanto le regole giustificano i crimini, come espresso nella citazione qui sotto.


E a questo discorso sui crimini e sulle regole si ricollega senza se e senza ma il suo impegno in (e per la) Palestina, con - tra l'altro - la splendida drammatica ironia di "Visit historic Palestine" del 2017-18 (stampa offset su carta, Brandler Galleries, Brentwood, UK).


"The Israeli Army liked it so much they never left".
Non servono altri commenti.
A proposito, sapete che in Palestina, a Betlemme, Banksy si è impegnato anche in un albergo? Sì, Il Walled Off Hotel.

Altra critica di Banksy è quella alla società del controllo continuo, erede reale del Grande Fratello orwelliano.
E Banksy vede un futuro con le telecamere parte integrante dei monumenti: "CCTV Britannia" (spray su acciaio forato, 2009, Brandler Galleries, Brentwood, UK).


Ho evitato qui di presentare una o più delle opere di Banksy "dedicate" ai topi, uno dei suoi motivi ricorrenti. Molti di voi le conosceranno, non avrei saputo quale scegliere.
Ma vi lascio comunque la descrizione della filosofia "topesca" di Banksy.


L'ultima opera, quella che chiude la mostra, è l'unica opera non originale, presentata (per ovvie ragioni) solo in riproduzione ed è quella apparsa su un muro di Venezia dopo l'acqua alta da record del 12 novembre 2019.


Per chiudere questo thread mi pare perfetta la frase di uno dei curatori (Stefano Antonelli), che potete leggere qui sotto.


Io concludo invitandovi ancora una volta a visitarla.
Merita, veramente.

Saluti,

Mauro.

domenica 10 settembre 2017

La lotta alle bufale: istruire prima di sbugiardare

Qualcuno dei miei pochi lettori si sarà chiesto come mai io non abbia detto la mia sulla lotta alle bufale con un articolo espressamente dedicato.

Beh, ne hanno parlato e sparlato talmente in tanti che alla fine riparlarne significava solo contribuire a nascondere il problema (infatti alla fine la gente si è stufata di sentirne parlare).
E ora che le acque si sono calmate posso finalmente dire la mia :-)

Prima cosa: sbugiardare è secondario, non è la cosa più importante.
Sbugiardare con grande tam tam mediatico è veramente importante solo quando le bufale provocano problemi, danni concreti e potenzialmente permanenti (in particolare quando si tratta di salute, tipo la bufala su autismo e vaccini).
In tutti gli altri casi sbugiardare con detto tam tam significa solo dare ulteriore visibilità alla bufala stessa, dandogli dignità mediatica che (forse) senza sbugiardamento non avrebbe avuto.
È chiaro che ogni notizia falsa va quando possibile corretta, però l'artiglieria pesante va tirata fuori solo nei casi di cui sopra.

E allora cosa serve per difendersi dalle bufale?
Serve la prevenzione. E la prevenzione si ottiene tramite l'istruzione.

E non mi riferisco tanto a questioni di conoscenze, ma di metodo.
Certo è importante conoscere le scienze, le lingue, eccetera (in primis e obbligatoriamente la matematica e la lingua del paese dove si vive, a seguire poi il resto)... ma ancora più importante è il saper pensare, l'avere un metodo nell'affrontare le informazioni (corrette o meno che siano) che ci arrivano da tutte le parti: la scuola deve insegnare il pensiero critico, l'uso della logica.

Se una persona sa pensare criticamente, sa usare almeno le basi della logica riconoscerà in maniera praticamente automatica la maggior parte delle bufale, senza neanche bisogno di conoscenze specifiche e senza bisogno dell'intervento dei cosiddetti debunker.

E così facendo si crea anche un circolo virtuoso: più pensi più impari a pensare, più usi critica e logica più affini le tue capacità critiche e logiche.
Mentre se aspetti sempre che arrivi qualche esperto (o presunto tale) a sbufalare... al massimo affini le tue capacità di lettura, ma atrofizzi tutto il resto. Non pensi.

Il miglior debunker è l'istruzione.
E l'istruzione arriva da famiglia e soprattutto scuola, non da stampa e internet.

Ribadisco: la scuola deve insegnare il pensiero critico, l'uso della logica.

Saluti,

Mauro.

giovedì 21 gennaio 2016

Io non sono razzista, ma...

Ecco, chi comincia così è il primo dei razzisti.

Ogni persona ha il diritto di critica.
Anche contro interi popoli, religioni, etnie, nazioni, gruppi, associazioni, eccetera...
Se questa critica è onesta, seria, concreta, argomentata (giusta o sbagliata qui non conta, il dovere di avere ragione quando si parla/scrive non esiste)... allora è accettabile sempre e comunque, qualsiasi siano i contenuti.

Sempre che non cominci appunto con "Io non sono razzista, ma...".

Se comincia così... allora è razzismo. Puro e semplice. Senza se e senza ma.

Saluti,

Mauro.