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giovedì 21 agosto 2025

Una proposta politica: l'obbligo (non vincolo) di mandato

Sì, obbligo, non vincolo. E no, non è la stessa cosa.
Leggete oltre e capirete cosa propongo.

Oggi questo tweet di Veronica De Romanis mi ha dato un'idea. O meglio me la ha chiarita, visto che in maniera informe in realtà già la avevo. Ma, appunto, informe.

Premetto che qui parlerò di una legge che desidero (e che ovviamente trovo giusta, se no non la desidererei), non di leggi esistenti ma non applicate o sbagliate.
Parlerò di una legge che non esiste (ancora), ma che per me dovrebbe esistere.

La mia proposta è quanto segue.
Quando uno si candida per una carica elettiva e viene eletto, deve portare il mandato fino in fondo (e no, il vincolo di mandato non c'entra, è un'altra cosa, qui c'entra solo la durata, per questo obbligo e non vincolo, che non sono sinonimi).
Ti puoi dimettere? Sì, puoi, soprattutto se hai motivi di salute o famigliari per farlo.
Detto così può sembrare una contraddizione, ma...
il portare il mandato "fino in fondo" non significa che non puoi dimetterti, ma che non puoi più candidarti ad altre cariche elettive (o ricoprire incarichi pubblici) fino alla fine ufficiale del mandato per cui eri stato originariamente eletto.
E no, ciò non impedisce che tu venga dal Presidente della Repubblica o, per incarichi di livello inferiore, da quello del Consiglio chiamato ad altri incarichi MENTRE sei ancora in carica. Impedisce solo che tu, di TUA iniziativa, cerchi altri incarichi mentre sei in carica (o dovresti esserlo).

E no, una legge del genere non sarebbe per niente incostituzionale. Forse tecnicamente non semplice, ma perfettamente costituzionale.

E sarebbe una legge nel rispetto della volontà dell'elettore.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 20 agosto 2025

Il Taser è pericoloso

Ieri su Twitter (o X che dir si voglia) sono intervenuto in una discussione sulla pericolosità del Taser (oggetto di cui, per ben altri motivi, scrissi già qui).
La sostanza è che il Taser è pericoloso anche se usato da persone coscienziose e seguendo tutte le regole e le cautele necessarie.

Provo a spiegare in maniera tecnica, senza entrare in questioni morali.

Il Taser spara degli elettrodi sotto forma di dardi che colpiscono il corpo del bersaglio, della persona da fermare.
Lo scopo è provocare uno shock elettrico che immobilizzi la persona.
Il Taser in teoria viene calibrato in maniera da non provocare danni permanenti né tantomeno la morte.
Ma, appunto, in teoria. E non perché gli addetti alla calibrazione siano stronzi, assassini.
Il problema è che il voltaggio necessario per mettere ko una persona senza fare ulteriori danni è diverso da persona a persona anche per persone perfettamente sane e in buona forma fisica.
Dipende dal peso, da quanto sia grasso e quanto muscoli, da dove i dardi di preciso colpiscono, da quanto conduce l'abbigliamento che ha addosso, ecc. Se poi la persona è sudata o peggio proprio bagnata è anche peggio.
E, a parte questo, se invece la persona non è sana, in particolare se ha problemi cardiaci, le cose peggiorano ulteriormente.
Però la calibrazione è standard.

E anche per i modelli che permettono all'utilizzatore di regolare il voltaggio c'è un problema.
L'agente che lo usa, anche se animato dalle migliori intenzioni, si trova generalmente in situazioni in cui deve agire il più alla svelta possibile (o addirittura reagire, il che limita ulteriormente il tempo a disposizione).
E poi come può sapere se la persona bersaglio ha per esempio problemi cardiaci o è molto sudata?

Insomma, detto terra terra: anche se usato seguendo le regole alla lettera e da persone estremamente coscienziose, il Taser più che un'arma è un gioco d'azzardo.
In pratica una roulette russa.

Talvolta viene fatto il confronto con la pistola, sostenendo che questa è oggettivamente più letale.
Confronto malposto: la pistola non è più letale, può essere più letale, ovviamante. Ma non necessariamente.
Il confronto è malposto per due ragioni.
La prima è che gli agenti addestrati all'uso della pistola vengono addestrati a mirare a parti del corpo (tipo spalle o gambe) che se colpite mettano "fuori uso" il bersaglio senza ucciderlo o provocare danni gravi. Lo sparo per uccidere è sempre solo l'extrema ratio.
La seconda è che con la pistola, sparando un colpo alla volta, puoi mirare meglio. Col Taser spari due dardi (gli elettrodi di cui sopra) contemporaneamente, per di più con traiettorie non parallele, per un motivo molto semplice: più distanti tra loro sono i due punti di impatto più efficace è l'effetto (si tratta di pura fisica, studio delle correnti elettriche).
Quindi non hai lo stesso controllo sui punti di impatto che hai con la pistola. Col Taser la mira purtroppo ha un significato più relativo.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 11 giugno 2025

Riflessioni sballate

Leggete questo tweet (è un tweet pubblico, non nascosto, quindi non c'è ragione legale di nascondere il nome dell'autore):


L'autore manipola per portare acqua al proprio mulino.

Infatti usa la parola "expat" - unita alle allusioni su reddito e istruzione - per far capire che gli italiani benestanti e soprattutto istruiti, visto che la parola "expat" si riferisce generalmente ai giovani italiani laureati espatriati negli ultimi anni, siano contro la cittadinanza "facile" (che poi facile comunque non è).

Peccato che l'autore non sappia (voglio augurarmi che la sua sia ignoranza, non malafede) alcune cose.

- Tra gli espatriati giovani ci sono anche molti non istruiti che sono venuti all'estero a fare i camerieri, i pizzaioli o simili. Non tutti gli "expat" sono ingegneri, informatici o scienziati.

- La maggioranza degli elettori italiani all'estero (sia intesi come aventi diritto al voto, sia come votanti effettivi) è ancora costituita dagli emigrati classici (quelli che qui in Germania sono chiamati "Gastarbeiter") e dai loro discedenti, che solo in pochi casi sono riusciti a fare poi grandi studi e ottenere lavori importanti.

- Questi emigrati classici sono sempre stati tendenti a destra. Ai tempi la DC riusciva un po' ad arginare, non certo le sinistre. E lo sono diventati ancora di più dopo la legge Tremaglia, che ha permesso a tutti gli espatriati di poter votare senza dover tornare in Italia.

Riflettete su questi fatti.
Il dato che l'autore del tweet cita deriva da questi, non da ciò che lui sottintende.

Saluti,

Mauro.

venerdì 18 aprile 2025

Trans-sport

La recente sentenza della Corte Suprema britannica sul sesso biologico che può essere solo maschile o femminile ha ulteriormente aperto il vaso di Pandora delle discussioni sul tema.
Io non sono in grado di giudicare da un punto di vista giuridico la sentenza in quanto, al di là del non essere un giurista, non conosco a sufficienza la legge britannica per valutare.
Da un punto di vista biologico vi rimando a un lungo tweet di chi ne sa molto più di me (il bravissimo Ranieri Bizzarri).

Io qui ne voglio parlare da un punto di vista sportivo.
Sì, da un punto di vista sportivo, ripartendo dalle Olimpiadi di Parigi dell'anno scorso.
Ricorderete tutti le polemiche relative alla partecipazione della pugile algerina Imane Khalif.
Ok, il suo "problema" era un altro, lei non è transgender, ma ai tempi come tale venne trattata (e qualcuno sostiene ancora che lo sia, ma vabbé).

Ai tempi un follower su Twitter mi chiese (in privato, quindi nessun link) la mia opinione su come si potrebbe risolvere il problema della partecipazione di questi/e atleti/e alle competizioni.
Io una mia opinione la ho, anche se non la ho mai espressa in pubblico fino a oggi.
Prima di andare avanti: è la mia opinione, non una definizione legale e/o scientifica. Quindi come tale prendetela e, se volete, commentatela.

Generalmente quando si parla di questo tema in campo sportivo si parla solo di uomini che fanno (o hanno già fatto) la transizione per diventare donne. Quasi mai della transizione inversa.
Io non ho statistiche sottomano ma di sicuro la cosa è in parte dovuta al fatto che la transizione uomo->donna è più frequente della transizione donna->uomo.
Poi magari ci sono anche altre ragioni, non lo so.

Un fatto è chiaro: chi fa la transizione da adulto (o almeno a partire dai 14-15 anni circa) ha già comunque sviluppato una struttura muscolare e ossea che non potrà essere fatta tornare indietro o cambiata con la transizione stessa (ovviamente vale a maggior ragione per la struttura ossea).
Questo significa che un atleta transgender nato uomo e poi transito a donna sarà atleticamente svantaggiato rispetto a un atleta nato uomo e tale rimasto ma avvantaggiato rispetto a un'atleta nata donna e tale rimasta.
Quindi continuando a gareggiare tra gli uomini finirebbe (quasi) sempre ultimo e passando a gareggiare  tra le donne finirebbe (quasi) sempre primo.
E nessuna delle due cose, siamo sinceri, apparirebbe molto sportiva.
E certi paesi diversamente democratici magari imporrebbero anche la transizione a qualche atleta per vincere più medaglie nello sport femminile (posso immaginare cosa farebbe oggi il sistema medico-sportivo della vecchia Germania Est se questa esistesse ancora).

Come risolvere la questione?
Ecco, la mia opinione è prevedere nelle manifestazioni sportive (per lo meno in quelle di una certa importanza) tre e non due categorie.
Oggi ci sono le competizioni per uomini e quelle per donne.
Domani dovrebbero esserci le competizioni per uomini, quelle per donne e quelle per transgender.

Vedo già qualcuno che sta per saltare su pensando "ma esiste già lo sport paralimpico, mandiamoli lì!".
A parte che anche lì i transgender partirebbero avvantaggiati, quindi torniamo al punto di partenza... gli sport paralimpici sono sport per persone con disabilità (che sia dovuta a malattia, genetica, incidente o che so io qui non conta). Gli atleti transgender sono invece persone normodotate, senza nessuna disabilità, quindi avvantaggiati o svantaggiati che siano, con quell'ambiente comunque non c'entrano.

Saluti,

Mauro.

Aggiornamento 19.04.2025
Come mi ha fatto notare Martina Pugliese su BlueSky, in realtà gli atleti transgender avrebbero bisogno di essere divisi in due categorie, non messi tutti insieme: uomo->donna e donna->uomo.

martedì 28 gennaio 2025

Quiz scientifici in rete

Chi mi segue sui social networks sa che su X (ex Twitter) e Mastodon mi diverto a pubblicare quiz.
Di ogni materia, ma principalmente matematici e scientifici.

Spesso me li invento io, ma altrettanto spesso li prendo da libri o siti web.

Quali siti web uso per "rifornirmi"? Quali sono i miei pusher?
Principalmente quattro (ormai cresciuti con gli aggiornamenti).

1) Mind Your Decisions, con quiz matematici e logici. Ha anche un proprio canale YouTube.

2) SciAm Games, la pagina ludica di Scientific American, non solo quiz, ma anche sudoku, puzzles e altro.

3) Denksport.de, matematica, fisica, ma anche quiz di vario altro tipo, in tedesco.

4) Notiziole di .mau., non è un blog di quiz, ma ogni domenica pubblica un quizzino matematico.

5) Matematica tranquilla, canale matematico su YouTube, non si tratta di quiz in senso stretto, ma di problemi matematici, da cui si possono però ricavare ottimi quiz (aggiornamento 12.06.2025).

6) Rätsel der Woche, anche il settimanale tedesco Der Spiegel ha una sua pagina ludica, con una sezione (quella qui citata) che settimanalmente pubblica quiz di logica e matematica, in tedesco (aggiornamento 03.07.2025).

7) Britannica Trivia Quizzes - Science, il sito dell'Enciclopedia Britannica ha una pagina di giochi e quiz su ogni argomento, ma a noi interessano quelli di scienza (aggiornamnto 04.08.2025).

Questi sono i miei pusher principali.
In futuro aggiornerò questa lista con altri siti.

Saluti,

Mauro.

martedì 12 novembre 2024

Inflazione (e interessi composti)

Oggi su X/Twitter un giornalista ha pubblicato un grafico in cui veniva riportata l'inflazione (mensile!) degli ultimi dodici mesi in Argentina.
L'ultimo dato (ottobre 2024) riporta il 2,7%.

Tra i commenti è apparso questo:


Che ovviamente è sbagliato, visto che moltiplica semplicemente l'inflazione per il numero di mesi: 2,7x12=32,4% annuo.

Ma l'inflazione non si calcola così!
L'inflazione annua a partire da quella mensile si calcola allo stesso modo degli interessi composti.

Poniamo che io abbia all'inizio un costo della vita pari a 100.
Dopo un mese, con l'inflazione al 2,7%, avrò un costo della vita pari a 102,7 (100x1,027).
Dopo due mesi però non avrò un costo della vita pari al 105,4, perché il nuovo 2,7% lo devo calcolare su 102,7 non su 100, così dopo due mesi il costo della vita sarà pari al 105,5 (102,7x1,027).
E così mese dopo mese fino ad arrivare, dopo 12 mesi, a un costo della vita pari al 137,7.
Cioè avrò avuto un'inflazione annua del 37,7%.

Se l'inflazione fosse diversa da mese a mese il procedimento sarebbe lo stesso, solo che ogni mese dovrei usare nel calcolo il valore dell'inflazione nel mese in questione, non sempre quello iniziale.

Magari i calcoli possono essere complicati per chi non è abituato a farli a mente, ma il concetto direi che è molto semplice.

Saluti,

Mauro.

giovedì 7 novembre 2024

Sempre sulle percentuali, queste sconosciute

Le percentuali, pur essendo in realtà una cosa concettualmente molto semplice, sembrano proprio non voler entrare in testa a molta gente.

Io, da tempo, mi diverto a fare quiz su Twitter (o X che dir si voglia) e Mastodon. Spesso di tipo matematico.
Ieri ho proposto il seguente (semplice) quesito:


Come vedete, il quesito non riguarda le percentuali.
Ma una utente di Twitter/X ha voluto dire chi sceglierebbe per tinteggiare la sua parete e per farlo ha tirato in ballo le percentuali, come potete vedere da questo nostro successivo scambio:


Ora, se tu vuoi calcolare quanto in percentuale uno ci mette in più a tinteggiare la parete rispetto al lavoro di coppia... devi partire dal tempo necessario appunto al lavoro di coppia.
Se parti dal tempo necessario al singolo imbianchino calcoli quanto in meno ci mettono in due (e in questo caso 40% sarebbe giusto).

Non mi pare così difficile, eppure non è la prima volta che mi trovo costretto a parlarne (e a correggere errori).
Ne parlai, per esempio, già qui in tema Covid.
Il concetto è esattamente lo stesso.

Saluti,

Mauro.

domenica 1 settembre 2024

Impara a leggere, prima di contestare

Qualche anno fa ho scritto un articolo per spiegare cosa significasse veramente il famoso e frainteso articolo 11 della Costituzione. Ora, io non sono un costituzionalista, ma la Costituzione la ho studiata bene. E ho letto molti costituzionalisti che la spiegano. Sia quelli che la considerano perfetta, sia quelli che vorrebbero cambiarne varie parti. Cosa significa questo? Molto semplice: che tutto quello che ho scritto è opinabile e contestabile, non essendo io un professionista del settore (ovvio, anche loro sono contestabili, ma un pochino meno di me), ma non è comunque scritto a vanvera (e credo che gli amici giuristi possano confermarlo). Il problema è che chi mi contesta (e su Twitter sono stati tanti nel corso di questi anni, visto che ho dovuto autocitarmi molte volte) non legge né tutto il mio articolo né (ed è molto peggio) tutto l'articolo 11 della Costituzione. Si ferma a cinque parole "L'Italia ripudia la guerra". E per lui queste cinque parole sono tutto l'articolo. No, bello mio, non sono tutto l'articolo. Se tu continui a ripetere a pappagallo solo queste parole, non puoi aspettarti che io accetti di dialogare con te (anche perché oltretutto generalmente tu non ascolti). Leggiti tutto l'articolo 11 della Costituzione, ma veramente TUTTO, poi riflettici e poi, se lo ritieni, contesta (argomentando!) il mio articolo. Se ripeti solo "L'Italia ripudia la guerra" come un disco rotto, io se sono di buon umore ti perculo e se di cattivo umore ti blocco.

Il problema è che in genere comunque succede quanto descrissi qui.

Saluti,

Mauro.

P.S.: Oggi abbiamo raggiunto il limite che uno per contestarmi non ha neanche aperto l'articolo di cui sopra, ma solo il mio profilo blogspot 🤦‍♂️

P.S.2: Qui tutti i miei articoli sugli... articoli della Costituzione.

mercoledì 10 aprile 2024

Disinformare con notizie (forse) corrette

Si può fare (o indurre) disinformazione anche usando notizie (forse) corrette?
Sì, si può benissimo farlo.
E ce ne ha dato un bell'esempio oggi il quotidiano La Verità.
Guardate questo titolo (e prendetelo comunque con le pinze, visto che stiamo pur sempre parlando de La Verità):


Sembra parlare ovviamente di una cosa gravissima, vero?
E infatti novax e destrorsi come gravissima la hanno presa.
Sbagliando.

Sbagliando perché questo titolo non parla né di cose gravi, né di cose non gravi. Parla proprio di nulla.
Perché?
Vediamolo.

Diamo per buono che Speranza abbia veramente dichiarato ciò.
E leggiamo con attenzione le parole sottolineate in giallo: "il 20 per cento degli effetti avversi".
Bene, a leggere i commenti su X/Twitter è evidente che novax e destrorsi nella loro lettura hanno omesso le parole "degli effetti avversi" e quindi si sono fatti il film mentale del 20% dei vaccinati.

Ma Speranza (sempre che abbia veramente dichiarato ciò, sappiamo quanto valgono i virgolettati della stampa italiana) ha parlato degli effetti avversi! Non dei vaccinati!
Quindi il titolo non dice proprio nulla, perché prima bisogna vedere quanti vaccinati hanno subito effetti avversi.
1 su 10?
Oppure, come è molto più probabile, 1 su 1 milione o ancora di meno?

E allora vedete che questi effetti "gravissimi" (che poi anche "gravissimo" andrebbe chiarito: a partire da quando, da quali sintomi o effetti è gravissimo e fino a quando non lo è?) non sono proprio per niente preoccupanti, sono proprio pochissimi, quasi trascurabili.
Il 20% di 1 su 1 milione è infatti lo 0,00002% dei vaccinati.
Cioè 2 casi ogni 10 milioni di vaccinati.

Non serve aggiungere altro, credo.

Saluti,

Mauro.

venerdì 11 agosto 2023

Pillole di fisica - Luce e suono nel vuoto

Oggi l'amico Carlo Piana ha proposto un quiz (con trabocchetto) su Twitter: Senza googlare e senza chiedere a ChatGPT, ricordate "a memoria" la velocità del suono nel vuoto, arrotondata al metro al secondo?
Questo mi ha dato lo stimolo per scrivere un breve thread di fisica.
Come quasi sempre, provo ora qui a riproporre detto thread come testo unico, sperando sia più leggibile e chiaro.

Ovviamente non vi do subito la risposta al quiz di Carlo, anche perché la conoscete tutti, vero? 😉

Il quiz è apparentemente banale (e la risposta in sé facile), ma in realtà non è poi così banale come sembra.
Infatti ho sentito in passato talvolta fare la seguente domanda (magari espressa in termini diversi, ma qui è la sostanza che conta): perché il suono e la luce, pur essendo entrambe onde, hanno nel vuoto comportamenti diversi, addirittura opposti?
A parte il fatto che questa domanda dimostra una scarsa conoscenza del significato fisico del termine "onda", la risposta è al tempo stesso facile ma non banale. Anzi, è proprio interessante.
Luce e suono non sono fenomeni paragonabili, nonostante alcune (più che altro apparenti) similitudini.

La luce si trasmette sì in un mezzo, ma questo mezzo può anche essere il vuoto (che in sé sarebbe un non mezzo), perché è la luce stessa a essere un mezzo! È composta di particelle chiamate fotoni, che quindi possono esistere sia in un mezzo che nel vuoto.

Il suono, invece, inteso in senso particellare semplicemente non esiste (e non venitemi a tirar fuori i fononi, che sono solo una speculazione astratta).
Non esistono particelle di suono. Quello che noi percepiamo come suono sono solo le vibrazioni delle particelle del mezzo in cui il suono stesso si propaga.
Nel vuoto non ci sono particelle, quindi non c'è nulla che possa vibrare.
Quindi... niente suono.

Sia chiaro: ovviamente il vuoto in fisica è una questione molto più complessa di come descritto qui, ma per spiegare la differenza tra luce e suono questo basta.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 9 agosto 2023

Un ragionamento sugli "extraprofitti"

Ieri su Twitter (o meglio su X) ho pubblicato un breve thread in cui esprimevo alcune considerazioni sui tanto famigerati "extraprofitti" delle banche che il governo vorrebbe tassare.
Qui vorrei riprendere quelle considerazioni in testo unico, in maniera che le mie idee siano (forse) più comprensibili, anche ampliando un po' il ragionamento.
Vorrei comunque invitarvi ad andare a leggere anche tutti gli interessanti commenti e segnalazioni ricevuti nel thread: quelli non posso riportarli qui sul blog, ma sono assolutamente da leggere.

Ho voluto provare a fare un ragionamento da persona che vive di numeri, da fisico che vive - tra le altre cose - di statistica, ma da persona che non vive di economia.
Un ragionamento, appunto, sui famigerati extraprofitti.
Leggete tutto e poi ditemi dove sbaglio. Se sbaglio.

Gli extraprofitti (oggi se ne parla per le banche, ieri per il settore energetico, in altri momenti per altri settori... e non solo in Italia) sono quei profitti che - detto terra terra - esplodono per situazioni contingenti particolari.
Profitti che vanno molto oltre i profitti "standard" del settore, per i quali non si può quindi parlare di normale andamento dei mercati.
E secondo certi governi (ma anche certe opposizioni e certi economisti, politicizzati o meno che siano) vanno tassati extra in quanto ingiusti.
Ed è questo il problema: cosa significa ingiusti?
Giustizia/ingiustizia è un concetto morale... in diritto (e la tassazione dovrebbe dipendere dal diritto) vale la legge, non la giustizia.

Inciso.
Non per niente nei tribunali c'è - correttamente - la scritta "La legge è uguale per tutti" e non "La giustizia è uguale per tutti".
Inciso chiuso.

Ora, a mio parere esistono due situazioni: o questi extraprofitti sono ottenuti legalmente o sono ottenuti illegalmente.
Nel secondo caso, ovviamente, la tassazione non c'entra. Ciò che va applicato è una confisca o un sequestro (al di là delle eventuali responsabilità penali personali delle singole persone).
A noi quindi è il primo caso che interessa: gli "extraprofitti" legali.
La tassazione attuale (giusta o sbagliata, alta o bassa che la si consideri) è già su tutti i profitti, anche su quelli cosiddetti extra. Alti o bassi che siano.
Ci sono qui due "sottocasi" in base alla tassazione.
O i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione fissa, diciamo per esempio al 25%, e allora se io guadagno 10 pago 2,5 e se guadagno 1000 pago 250. L'eventuale extraprofitto è già tassato.
Se invece i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione progressiva... a maggior ragione l'extraprofitto è già tassato: più guadagno più l'aliquota sale, quindi più pago, anche in percentuale, non solo in valore assoluto.

E faccio questo ragionamento da uomo di sinistra, non da liberista.
Ditemi dove sbaglio.

E questo è quanto scrissi nel thread originale.
Ma ho poi aggiunto qualcosa oggi in un minithread successivo, che riporto qui sotto.

La motivazione principale che sento/leggo spesso riguardo un'ulteriore tassazione di questi extraprofitti quando si parla delle banche sono i guadagni che queste farebbero ai danni di coloro che hanno sottoscritto mutui o prestiti a tasso variabile.
Ma siamo sicuri che questi ultimi siano sempre e solo vittime?
A me la cosa ricorda però tanto un'altra storia che riguardava le banche (nel mio racconto in particolare una banca, ma in realtà fu un fenomeno che riguardava molte banche e che, come prevedibile, finì nel nulla), cioè il vedere come vittime chi comprò azioni e/o obbligazioni di certe banche.
Leggetevi quanto scrissi qui allora, nel 2019.

Prima di chiudere vi segnalo due letture decisamente interessanti che mi sono state consigliate nei commenti al mio thread originario:
1) Un testo di Mario Seminerio (alias Phastidio);
2) Un thread di Carlo Alberto Carnevale-Maffè.

Saluti,

Mauro.

lunedì 10 luglio 2023

Cosa sono i sorfanetti?

In un gruppo chiuso di Twitter ieri Anna ha raccontato che gliene hanno regalata una scatola e Marco mi ha sfidato a parlarne.

Ma cosa sono?
Prima di tutto: pseudomedicina. Fuffa.
E in secondo luogo: tradizione popolare ligure.

Quando ero bambino erano presenti negli armadietti delle medicine di ogni casa genovese o ligure. Oggi (per fortuna) non sono più così diffusi.

Ma in pratica, nel dettaglio, pseudomedicina o meno, che roba è?
Oggi voglio provare a spiegarvelo.

Tecnicamente sono dei bastoncini (o candelotti) di zolfo che vengono usati per curare il torcicollo e dolori simili.


L'utilizzo è molto semplice: si sfregano o si fanno rotolare sulla parte dolorante.
Dopo un po' lo zolfo emette un crepitio e poi spesso si spacca (la tradizione popolare dice che una volta spezzato il candelotto perda efficacia quindi le sue parti non vadano più riutilizzate).

Come detto sono pseudomedicina. Non ne è mai stata dimostrata l'efficacia al di là un possibile classico effetto placebo.

Ma secondo i cultori delle medicine cosiddette alternative, da dove verrebbe la loro efficacia?
La cosa bella è che non sono neanche d'accordo tra loro!
Ci sono diverse correnti di pensiero:
1) lo strofinamento stesso è salutare (ma nessuno spiega come/perché);
2) assorbirebbero l'elettricità statica prodotta presente in caso di dolori/lesioni muscolari;
3) la differenza di potenziale elettrico tra zolfo e fasci nervosi influirebbe sulla trasmissione del segnale nervoso;
4) assorbirebbe l'umidità (continua a essere credenza diffusa che i dolori muscolari/reumatici siano causati dall'umidità);
5) lo strofinamento produce calore, che allevia il dolore.

Esaminiamo queste ipotesi in maniera scientifica.
1) Se lo strofinamento in sè provoca beneficio, allora il materiale sarebbe secondario: perché proprio lo zolfo e solo lo zolfo?
2) Anche volendo credere che vi sia elettricità statica, questa non si assorbe. Al limite si elimina o devia (stile parafulmine).
3) Differenza di potenziale tra zolfo e fasci nervosi? OK, i nervi sono conduttori, ma qui siamo al ridicolo.
4) Lo zolfo è idrofobo. Come fa ad assorbire l'umidità?
5) Vedi 1). Allora andrebbe bene quasi ogni materiale.

Le tradizioni antiche sono una ricchezza culturale... ma non quando sono pseudomedicine che ci possono distogliere da cure serie o direttamente danneggiarci!
In questo caso i danni sono limitati (al limite uno si tiene il dolore un po' più a lungo del necessario), ma non sempre è così.
Usate la testa.
Non ascoltate i ciarlatani.

Comunque leggetevi questo articolo della Stampa del 2020!

Saluti,

Mauro.

Storia personale di Genoa-Fiorentina

Che Genoa-Fiorentina per me non sia (e non possa essere) una partita normale, lo spiegai già qui.
Ma serve un aggiornamento.
Già lo ho fatto in un thread su Twitter, ma che qui raccolgo in testo unico.

Nei giorni scorsi è stato pubblicato il calendario della Serie A 2023-2024.
Io, onestamente, non ho mai capito l'hype sui calendari dei vari campionati nazionali (in ogni sport, non solo nel calcio): prima o poi devi incontrare tutti, e tutti due volte, una in casa e una in trasferta.
Ergo: non esiste un calendario duro o un calendario morbido. Esiste il calendario. Punto.
L'unico effetto del calendario è al limite quando farai i punti, non quanti ne farai.

Però nel calendario del campionato 2023-2024 c'è una cosa importante.
Importante per me, non tanto per il mio Genoa (a parte l'essere l'esordio in serie A dopo un anno di Purgatorio).

Qui va fatto un inciso.
A parte il mio Genoa ci sono alcune squadre che mi stanno simpatiche (in primis il Torino) e alcune che mi stanno antipatiche (in primis la Lazio). Ma la maggioranza delle squadre mi sta semplicemente indifferente.

Torniamo ora al calendario.
Il Genoa esordirà ospitando la Fiorentina.
E allora, direte voi?

Fino a qualche anno fa (per la precisione fino al 2014) la Fiorentina apparteneva alla terza categoria: mi era indifferente.
Ma, quindi, cosa successe nel 2014? Morì mio papà.
E cosa c'entra lui con la Fiorentina?
Mio papà mi attaccò la malattia Genoa.
Però...
L'unica trasferta che abbiamo mai fatto insieme (derby esclusi, ma questi non sono vere trasferte) è stato un Fiorentina-Genoa.
L'ultima partita che vedemmo insieme al Ferraris fu un Genoa-Fiorentina.
E la prima partita che vidi al Ferraris dopo la sua morte (e vi garantisco che fu cosa casuale, non cercata) fu di nuovo un Genoa-Fiorentina.

Ecco... Genoa-Fiorentina non sarà mai più per me una partita normale.
E ovviamente la Fiorentina non è più nella categoria "indifferenti". E tanto meno in quella "antipatiche".
Non so se si possa parlare di vera simpatia, ma di sicuro ora c'è con la Fiorentina un legame particolare.

E io ora non vedo l'ora (scusate la ripetizione) che arrivi il 19 agosto per godermi questo nuovo Genoa-Fiorentina, anche se stavolta non potrò essere allo stadio.

Saluti,

Mauro.

domenica 2 luglio 2023

Incidenti (spesso omicidi) sul lavoro

Riproposizione in testo unico di un thread pubblicato su Twitter il 30 giugno scorso.

Nei primi cinque mesi del 2023 (quindi da gennaio a maggio) in Italia ci sono stati 358 morti sul lavoro (e parliamo solo dei decessi, non degli infortuni in generale).
271 direttamente sul lavoro e 87 in itinere (gli infortuni - mortali o no che siano - nel tragitto casa-lavoro sono per legge - salvo eccezioni - considerati infortuni sul lavoro).
Questi ultimi 87 sono nella maggioranza dei casi veri e propri incidenti.
Ma gli altri 271 (in 5 mesi, da gennaio a maggio, cioè 151 giorni: quasi due decessi al giorno!) sono spesso veri o propri omicidi. Magari "solo" colposi, ma comunque omicidi.

Perché però di questi si parla molto meno che di altre tipologie di omicidio molto meno frequenti?
Perché le notizie sui giornali o in TV sono molto più brevi, quasi date con fastidio, quando si tratta di morti sul lavoro?

I dati numerici di cui sopra sono dati INAIL elaborati dall'Osservatorio sicurezza sul lavoro di Vega Engineering.
Nei link a questa presentazione dell'Osservatorio trovate tutti i report, grafici e altro materiale.

Saluti,

Mauro. 

martedì 20 giugno 2023

Diritti e paure

Domenica ho pubblicato su Twitter un breve thread su diritti e paure.
Oggi vorrei qui renderlo più leggibile pubblicandolo come testo unico (e migliorandolo grazie a un'osservazione di Tom, che ringrazio).

Io ho sempre sostenuto che i diritti per le coppie omosessuali, o qualsiasi diritto riconosciuto a chiunque non sia il classico eterosessuale cisgender, non costituiscono, non possono materialmente costituire, un pericolo per questi ultimi.
E la cosa è in realtà lapalissiana: si riconoscono diritti a chi non ne ha (o non ne ha sufficienti), ma non si toglie nessun diritto a chi già li ha!
Nessun "nuovo" diritto ne toglie a me, nessun "nuovo" diritto mette in pericolo me, la famiglia "tradizionale" (qualunque cosa significhi quest'ultimo aggettivo) e qualsiasi persona eterosessuale e cisgender.

Quindi di cosa stiamo parlando? Perché tutta questa paura? Perché questo muro da parte di omuncoli come Adinolfi o Pillon?

Accanto all'indottrinamento clericale (questi "nuovi" diritti spingono la società verso un sacrosanto laicismo, cosa che per la Chiesa significa perdita di potere), io vedo anche un'altra spiegazione.

A me omosessuali, transgender e altro non fanno paura per due motivi.

Primo, perché la natura è variopinta e anche tra gli animali si trova di tutto, quindi è naturale che esista di tutto anche tra gli esseri umani. Ciò che non è naturale è ciò che è imposto da qualche autorità autoproclamata (e la Chiesa è un'autorità autoproclamata).

Secondo, perché io sono sicuro di ciò che sono. Sono sicuro di essere eterosessuale e cisgender, quindi non ho nulla da temere da contatti con omosessuali e transgender.
Chi invece, nonostante i proclami, non è sicuro di esserlo, ne ha paura. Si sente in pericolo. Ma non nei suoi diritti. Nella sua immagine di maschio.
Vero, Simone Pillon?

Saluti,

Mauro.

domenica 14 maggio 2023

La guerra e la diplomazia

Ieri su Twitter ho pubblicato un thread sulla diplomazia relativamente al conflitto in Ucraina.
Qui lo ripubblico come testo unico, correggendo gli errori di battitura e cercando di renderlo più leggibile.

Il mio è un ragionamento su quanto sta succedendo dietro le quinte relativamente al conflitto.
Lasciamo per un attimo da parte torti e ragioni e chi e perché si schiera da una parte o dall'altra e riflettiamo solo sulla richiesta di negoziati, di diplomazia al posto delle armi.
Ecco, chi fa questa richiesta non ha studiato la storia.

E no, non è che la storia insegna che la diplomazia non serva o che non debba intervenire.
Proprio per niente. Anzi esattamente l'opposto. La storia insegna che la diplomazia deve intervenire e che non deve aspettare che i combattimenti si fermino per farlo.
La storia (almeno dalla fine dell'epoca napoleonica) insegna che la diplomazia è sempre in moto.

Anche nelle fasi peggiori delle varie guerre le diplomazie hanno continuato a lavorare, a parlarsi, anche se spesso non direttamente, bensì per interposta persona.
Persino durante la seconda guerra mondiale! Persino durante le sue ultime settimane!
Pensate che persino Göring a Reich ormai quasi caduto provò la via della diplomazia. E i diplomatici alleati ascoltarono, non si tapparono le orecchie, anche se poi la cosa non portò a niente.

Che poi il lavoro della diplomazia porti frutti o meno, porti pace e giustizia o meno, beh, questo è ovviamente un altro punto.
La diplomazia può fallire.
La diplomazia può arrivare a risultati discutibili.
E anche quando ha successo non può accontentare tutti.
Ma non sta mai ferma, neanche durante le fasi peggiori dei peggiori conflitti.

È chiaro che in situazioni come quella ucraina i contendenti non possano parlarsi direttamente, neanche dietro le quinte.
Ma si sta lavorando per interposta persona.
Credete proprio che la NATO oltre che armi non mandi in giro anche diplomatici?
E poi lo vedete anche voi: persone come Guterres, Xi o Bergoglio - tra le altre - stanno lavorando (e no, non venitemi a dire cose come "ma stanno dalla parte sbagliata" o "ma fanno i loro interessi" o simili... sarà anche vero, ma stanno comunque cercando di fermare o almeno limitare il conflitto, anche se magari lo fanno male).

Insomma, chi chiede che intervenga la diplomazia... sta chiedendo quello che già sta succedendo. Fin dal primo giorno.
E che succede sempre, in ogni conflitto, almeno da dopo Napoleone.

Per questo dovrebbe (ri)studiare la storia.

Saluti,

Mauro.

venerdì 25 novembre 2022

Come il giornalismo fa le ricerche...

Mercoledì sera la giornalista Jeanne Perego ha pubblicato un tweet che ha provocato un piccolo putiferio:


Ora, si può essere d'accordo o meno con la terminologia usata da Jeanne Perego.

Io personalmente mi offenderei per il paragone se fossi una pescivendola, non se fossi Meloni, ma questo ora non conta, perché vi voglio parlare di giornalismo, non di altro.

E no, non mi riferisco a quella vergogna dell'Ordine dei Giornalisti che qui ha subito aperto un procedimento contro Perego ma permette a insultatori seriali e istigatori alla violenza (Travaglio, Sallusti e compagnia bella) di fare quel che cavolo vogliono.

Mi riferisco al quotidiano Secolo d'Italia, voce della destra parlamentare (e non solo) italiana da sempre (anche se ora solo online e non più in versione cartacea).

Ovviamente (e fin qui nulla di male) tale quotidiano è subito intervenuto a difesa di Giorgia Meloni, pubblicando un articolo contro Perego.
Ci sta, ognuno difende la propria parte, basta mantenere i toni entro i giusti termini, anche se una delle frasi di apertura dell'articolo non tratta Perego meglio di quanto questa abbia trattato Meloni: con la spocchia della radical chic classista che non si mischia con chi svolge i lavori più umili (ma qui ovviamente l'OdG non aprirà bocca).

Il vero problema giornalistico sono qui però le "ricerche" che il Secolo d'Italia ha fatto per scrivere l'articolo.

Leggete il curriculum di Jeanne Perego, come pubblicato sul Secolo d'Italia.
E leggete questo curriculum pubblicato sul sito della Regione Sicilia.
Corrispondono.
Quindi uno potrebbe dire che, sì, il Secolo d'Italia ha ricercato bene.

Peccato solo che la Jeanne Perego della Regione Sicilia non sia una giornalista, sia francese e venga da Le Havre.

Mentre la Jeanne Perego del tweet incriminato invece è una giornalista, è italiana e viene da Milano.
E oltretutto ha anche un articolo su Wikipedia dedicato a lei, non serve mica fare chissà quali investigazioni da servizi segreti per scoprire qualcosa su di lei!

Ora, di Perego possiamo pensare quello che vogliamo... ma la figuraccia del Secolo d'Italia è epocale! Pura sciatteria (o disinformazione).
Ditemi se questo è giornalismo 🤦‍♂️

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Prima che il Secolo d'Italia cancelli o corregga l'articolo facendo finta di niente, lo ho salvato qui a imperitura memoria.

martedì 25 ottobre 2022

Il sesso delle città

Oggi, in un gruppo chiuso su Twitter, è venuta fuori una domanda sul genere grammaticale: le città sono femminili o maschili?
C'entra in parte col discorso del politicamente corretto, ma è meglio che non vi dica come è nata la discussione 😉

Ma torniamo alla domanda.
Genova, Milano, Roma, ecc. sono di genere femminile o maschile?

Spontaneamente verrebbe da dire femminile, visto che diciamo "Genova è bella", "Milano è caotica", "Roma è piena di frigoriferi", ecc.
E qui casca l'asino: bella, caotica, piena non si riferiscono direttamente a Genova, Milano, Roma bensì alla sottintesa parola "città" (per esempio "La città di Genova è bella").

In realtà i nomi delle città non hanno genere in sé, il genere è dato dalla parola città, che ovviamente è di genere femminile.

Ora voi mi direte, perché allora regioni e stati hanno un genere (la Lombardia, il Lazio, la Francia, il Belgio)?
Regioni e stati sono in primis espressioni geografiche, non amministrative, non "prendono" il genere dalle parole "regione" o "stato".

Prendiamo per esempio la Lombardia.
Se io parlo dell'espressione geografica dico "la Lombardia" e non è proprio precisamente definita, ci sono parti della Lombardia politica che geograficamente starebbero fuori e viceversa oltre che parti al tempo stesso lombarde e no.
Se passo invece alla Lombardia in senso amministrativo devo dire "la Regione Lombardia", è precisamente definita nei suoi confini ed è la parola "regione" a definire il genere grammaticale, non il nome Lombardia.
E lo stesso vale per gli stati.

Per le città (ma anche per paesi e villaggi, solo che qui il genere diventa maschile) il discorso è diverso: in genere l'entità geografica e quella amministrativa coincidono, le eccezioni sono poche, e quindi dire "Genova" (espressione geografica) o "la città di Genova" (espressione amministrativa) è la stessa identica cosa, per cui prevale il genere di "città" e non ha più senso chiedersi che genere abbiano Genova, Milano, Roma, ecc.
"Città" prevale perché, mentre geograficamente regioni e stati hanno confini fluidi, le città sono (tranne rare eccezioni) ben definite anche gograficamente, non solo amministrativamente.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 2 marzo 2022

Pensieri sui problemi delle transizioni e delle rinnovabili

Tra i temi fondamentali del dibattito attuale causato dal cambiamento climatico ci sono - oltre ovviamente alle fonti rinnovabili (fonti, non energie!) - le due transizioni: energetica e digitale.

Qui voglio proporvi qualche mio pensiero sparso al proposito.
Non sarà un articolo unitario come normalmente cerco di scrivere qui sul blog, ma piuttosto una serie di spunti, in parte slegati tra loro, che spero possano stimolare la discussione o almeno darvi da pensare.

E, prima di fraintenderci: questo non è un articolo scientifico. Sono miei pensieri, nati da un dialogo su Twitter con Mirella Castigli.

Buona lettura.

Transizione energetica

1) Si parla spesso di fotovoltaico sui tetti. Ingenuità. Basterebbe solo per una minima frazione delle necessità. E oltretutto non su tutti i tetti si possono mettere pannelli. È qualcosa, in fondo, per sentirsi ecologici, non per esserlo veramente.
2) L'idrogeno è senza se e senza ma parte del futuro energetico, non è il futuro tout court, ma è parte importante di esso. Ma non va dimenticato che l'idrogeno non si trova libero in natura, va prodotto (mediante separazione dell'acqua, per esempio).
3) Uno dei più grandi problemi di eolico e fotovoltaico è e sarà lo stoccaggio. Certo il miglioramento tecnologico degli accumulatori e di altri strumenti migliorerà molto la situazione, ma a livello di rinnovabili il più efficiente metodo di stoccaggio rimarranno sempre i bacini idrici.
4) Collegato al problema stoccaggio c'è anche il problema del trasporto dell'energia. Si parla di cavi sottomarini. Giusto, ottima scelta e tecnologicamente provata... ma come porti i cavi sottomarini, per esempio in Baviera o Alto Adige? Ti serviranno sempre gli elettrodotti... e gli elettrodotti scatenano i NIMBY (lo vedo qui in Baviera, dove c'è una forte protesta contro l'elettrodotto che dovrebbe portare qui l'energia prodotta con l'eolico nel nord per sostituire il nucleare che sta chiudendo).
5) Eolico offshore... in mari come il Mare del Nord è una vera risorsa. Ma nel Mediterraneo? Non basta vedere se c'è vento o meno. Nel Mediterraneo i fondali sono velocemente profondi e molto spesso sono pura roccia. Un'impresa tecnologica non da poco piantarci le torri eoliche. E un'impresa distruttiva dei fondali, soprattutto.

Transizione digitale - Net Zero

6) Non bisogna dimenticare le questioni sociali legate alla questione climatica: non solo clima, ma migrazioni "ecologiche". In futuro saranno sempre più le migrazioni dovute al cambiamento climatico e meno (anche se oggi suona strano) quelle dovute alla povertà in senso classico.
7) Uno dei punti di cui si parla tanto è la Carbon Capture and Storage (CCS). Obiettivamente è utile, utilissima, va sviluppata con tutte le forze... ma non è risolutiva. Ha i suoi limiti (quantitativi più che qualitativi). A mio parere la priorità va comunque sempre posta sulle emissioni.
8) La conservazione e l'infrastrutturazione sono in realtà le sfide maggiori nella transizione (sia digitale che energetica). Paradossalmente la produzione è al momento il problema minore, essendo più quantitativo che qualitativo. Stoccaggio e trasporto invece...
9) High Performance Computing... bellissima cosa (e da fisico mi fa brillare gli occhi 😉), ma è da prendere con le molle: è energivora e quindi potenzialmente dannosa. Pensiamo per esempio all'hype sulla blockchain (il cui uso principale oggi riguarda le valute virtuali): è assolutamente energivora. Se non si trova il modo di rendere i supercomputer meno energivori... risolviamo un problema creandone due dall'altra parte.
10) Poli di eccellenza. In realtà in Italia già li abbiamo (IIT, PoliMi, Pisa, per esempio) ma non li consideriamo. E non solo dal punto di vista dei finanziamenti. C'è poca considerazione politica, ma soprattutto (purtroppo) poca considerazione sociale nei loro confronti. Senza considerazione sociale chiudiamo la scienza in una torre d'avorio... ma la chiudiamo noi dall'esterno, non è la scienza a chiudersi. E inoltre in Italia non riusciamo a fare rete.
11) E-Mobility. Ci lavoro. È obiettivamente il futuro, ma ha senso solo cambiando alla svelta il modo di produrre energia (e per farlo non basta impiantare un paio di pale eoliche e montare un paio di pannelli solari). Se no è solo un modo per spostare il problema da un punto di vista geografico, non per risolverlo.

Fonti rinnovabili

12) Il mondo sta sottovalutando alla grande il geotermico. E col mondo anche l'Italia... eppure ne abbiamo tanto e siamo stati pionieri (mai sentito parlare di Larderello?).
13) Per quanto riguarda l'eolico non si deve dimenticare che abbisogna di tanto, tanto cemento (e anche asfalto per quello onshore: servono le strade per raggiungere le pale per la manutenzione e altro).
14) Il solare ha anche un problema di cui si parla molto poco (quasi nulla, in realtà): i pannelli non sono eterni e a fine vita parte di essi vanno trattati come rifiuti speciali. Non puoi buttarli nel bidone dell'indifferenziato.
15) Alla fine il sistema più semplice ed efficace (sia per la produzione che per lo stoccaggio dell'energia) rimane l'idroelettrico... ma costruire i bacini significa danneggiare (o comunque modificare) i biotopi locali.
16) Il nucleare spesso viene visto male anche da chi lo considera pulito e non pericoloso. A causa dei costi. Pochi però sanno che una parte non indifferente dei costi è di tipo assicurativo. E non per il rischio di incidenti tipo Chernobil o Fukushima, bensì per il rischio terrorismo (e sono costi nati con le proteste e gli attacchi degli ambientalisti alle centrali e ai trasporti delle scorie... non certo col terrorismo islamico, sovranista o simili).
17) Insomma, bisogna rendersi conto che una fonte di energia veramente verde alla fine non esiste. Esistono solo fonti di energia più o meno grigie.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 16 febbraio 2022

Ancora sui brevetti (vaccini edition)

Su Twitter (ma immagino che sugli altri social networks non sia diverso) cominciano ad apparire tweet di questo tenore:


Questi tweet, anche se tecnicamente non del tutto sbagliati, sono altamente fuorvianti per il modo in cui presentano la notizia.
Non dicono cose assolutamente false, ma mirano a far passare un messaggio sbagliato: cioè che gli Stati vogliono solo far regali alle aziende produttrici di vaccini.
Ovviamente non è così e gli autori di questi tweet lo sanno, ma contano sull'ignoranza della massa riguardo al tema "brevetti".

Quindi cerchiamo di chiarire.
Una premessa: tutto quello che leggerete sotto vale per tutti i brevetti, non solo per quelli sui vaccini.

Per prima cosa va detto che un brevetto, quando viene concesso, vale per un anno. Non di più.
Può essere rinnovato più volte (ogni volta solo per un anno, ogni rinnovo dura un anno) fino a un massimo di vent'anni totali. Non di più.
Quindi significa che il brevetto viene concesso una volta e poi può essere rinnovato (o prorogato, usando il linguaggio del tweet di cui sopra) al massimo diciannove volte.

Ma questi rinnovi non sono un favore che lo Stato, tramite gli uffici brevetti, fa alle aziende.

All'inizio un'azienda presenta una richiesta di brevetto.
L'ufficio brevetti (in Italia l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, ma ormai i brevetti importanti vengono richiesti all'EPO, l'European Patent Office) esamina la richiesta, sia formalmente che tecnicamente, e decide se il brevetto su quell'invenzione, su quel prodotto, può essere concesso o meno.
E qui detto ufficio ha un ruolo attivo.

Non però sui rinnovi (o proroghe).

Alla scadenza del primo anno (e di ogni anno successivo) il brevetto può essere rinnovato.
Ma sono di fatto le aziende stesse a decidere: loro pagano la tariffa annuale e la validità del brevetto viene prolungata di un anno.
Non è una concessione del singolo Stato o dell'Europa: la cosa è automatica. Non c'è un nuovo esame formale o tecnico dell'invenzione, del prodotto. Quella - come detto - viene fatta solo la prima volta, quando l'azienda (o l'inventore) fa la richiesta per ottenere il brevetto.
Dopo, se il detentore del brevetto paga, il brevetto viene automaticamente rinnovato, se non paga il brevetto decade.
E dopo vent'anni è comunque fine: il brevetto non potrà più essere rinnovato.
Punto.

E ogni rinnovo costa. E soprattutto non è una tariffa fissa: anno dopo anno la tariffa cresce. Per le aziende non è una passeggiata di salute, comunque.

Va anche aggiunto che queste regole - giuste o sbagliate che siano - sono uguali ovunque, non valgono solo per l'Italia.
È inutile che cerchiate di far passare che l'Italia sia al servizio delle aziende, sottintendendo che gli altri paesi siano meno cedevoli.

Comunque sui brevetti ne ho scritto già in abbondanza in passato.
Se volete sapere di più su di essi, vi consiglio di leggere questi miei articoli:

Saluti,

Mauro.