giovedì 31 ottobre 2024

I tre pacifismi

In teoria il pacifismo dovrebbe essere per la pace, contro ogni guerra, ma in primis contro ogni aggressione. Su ciò siamo tutti d'accordo, credo e spero. Ma allora perché il pacifismo odierno (ma non solo odierno, anche se oggi più che mai) di fatto è contro chi si difende? Lo vediamo nella maniera più lampante possibile nell'aggressione russa all'Ucraina. I pacifisti chiedono di non mandare armi all'Ucraina, di usare la diplomazia e le trattative (oltretutto non capendo come funziona la diplomazia, come scrissi qui). Perché non si rendono conto che così aiutano la Russia? Che se vuoi fermare la guerra devi fermare la Russia, non l'Ucraina? Sono scemi? Sono collusi? Sono manipolati? Beh, in parte sì, ma in realtà per capire veramente bisogna andare un po' più a fondo, non etichettare e basta. Io voglio qui provare a fare una breve (e non scientifica, almeno non in senso rigoroso) analisi basandomi su due paesi. 1) L'Italia, dove sono nato e cresciuto. 2) La Germania, dove vivo da quasi trent'anni. Ma credo possa essere allargata al resto dell'Europa occidentale. Prima di andare avanti però una piccola premessa: in questo thread non voglio giudicare la politica dei singoli governi e dei vari blocchi, quindi non commentatemi con "sì, però questo governo ha fatto questo e quell'altro quello, ecc. ecc.". Sarà anche vero (anzi spesso lo è), ma qui, in questo articolo, non conta. Osservando i movimenti pacifisti dei due paesi citati dagli anni '70/'80 a oggi (per prima di allora dovrei basarmi su studi, non sulle mie osservazioni, essendo io nato nel 1968) si notano due categorie principali, che di fatto si sono divise il movimento pacifista. La prima categoria è quella che definirei dei "gandhiani", cioè coloro che rifiutano ogni forma di violenza, anche la più innocua e anche quella necessaria a difendere sé stessi. Quelli che dicono che Gandhi ha liberato l'India (un paese enorme!) senza alzare un dito. E che quindi ogni paese può farlo. Fraintendendo così sia la storia dell'India sia l'insegnamento di Gandhi. Questi sono innocenti, ingenui e idealisti, quindi sotto un certo punto di vista ammirevoli e degni di rispetto, ma comunque pericolosi. Perché se tutti fossimo come loro, basterebbero quattro gatti violenti e antidemocratici per conquistare il mondo intero e renderci tutti schiavi. La seconda categoria sono quelli che confondono pacifismo con antiamericanismo (e antioccidentalismo in generale). Anche questi in maggioranza (non tutti, ovviamente) in buona fede. Perché? Perché loro conoscevano le atomiche, le armi statunitensi, non quelle sovietiche. Le conoscevano per colpa di Hiroshima e Nagasaki e anche perché vedevano i missili USA installati in Europa (quelli sovietici non li potevano vedere, ne sapevano solo dalla stampa, che era... occidentale). Quindi la loro posizione era comprensibile, anche se sbagliata. Di questo pacifismo ne scrissi (in maniera comunque più polemica e meno equilibrata di quanto farei oggi) già nel 2006 in questo articolo. Questi due tipi di pacifismo avevano una giustificazione (sbagliata ma onestamente comprensibile) alcuni decenni fa, ma non più oggi. Però l'umanità è lenta, è pachidermica e prima che ci se ne renda conto ci vorranno ancora alcuni decenni. E ovviamente sono due tipi di pacifismo facilmente manipolabili da chi ne vuol trarre politicamente vantaggio (non serve che vi dica a chi alludo, vero?). Ma esiste un altro pacifismo, quello che io considero il vero pacifismo. Quello che aborre sì la guerra ma che sa due cose. 1) Che la non violenza fine a sé stessa aiuta solo i violenti; 2) Che la pace può esserci solo se viene garantita la giustizia. Esistono pacifisti del genere? Sì, ne esistono, anche se sono in minoranza e vengono sommersi dalle urla delle due categorie precedenti. Che questo terzo pacifismo può e deve esistere ce lo insegna un vero grande pacifista: Alexander Langer. Lo dimostrò durante le guerre jugoslave degli anni '90, ma quanto disse vale per ogni guerra (all'interno di questo mio articolo il link al suo discorso completo). Saluti, Mauro.

domenica 6 ottobre 2024

I misteri del tedesco 32 - Il Barista

Tutti noi conosciamo il bar.
Noi italiani, intendo.
Almeno spero.

Non sempre all'estero esistono locali che corrispondano al nostro concetto di bar.
Ma soprattutto, almeno qui in Germania, c'è una differenza lessicale per quanto riguarda chi nei bar, o in locali analoghi, ci lavora.

Chi è un barista in Italia?
Chiunque lavori dietro il bancone di un bar, indipendentemente dal livello del bar e dalle competenze del barista in questione.
Se vogliamo parlare di qualcosa di più nobile (o presunto tale) usiamo la parola inglese barman, ma con questa indichiamo di fatto solo chi è esperto in cocktails, long drinks e simili.

In Germania però...
In Germania il barman è bene o male lo stesso che è in Italia.
Ma il barista no!
Per i tedeschi la parola barista indica qualcosa di iperspecializzato, di nobile... ma che si occupa solo di caffetteria.
Il barista è colui che si inventa, o almeno sa fare, i più astrusi caffé, cappuccini, latti e compagnia bella. Tutte quelle cose che in un bar serio non esisterebbero mai, ma che fanno tanto figo.
In pratica per i tedeschi il barista è il barman della caffetteria.
Cioè colui che violenta la caffetteria facendo o cose inbevibili o cose che sono banali, ma dandogli nomi assurdi.

E lo chiamano barista. In italiano.
Perché la parola italiana lo rende qualcosa di speciale (anche se non sanno cosa significhi).

Saluti,

Mauro.

venerdì 4 ottobre 2024

Il chiodo e le ferrovie

Vorrei fare qualche considerazione sul chiodo (no, non il giubbotto dei metallari) e sulle ferrovie a Roma.

A parte il fatto che è una storia poco credibile (e la foto mostrata come prova - vedi sotto - la rende ancora meno credibile), il punto è la ridondanza.


Cosa significa?

Significa che nelle infrastrutture essenziali, cioè quelle che fanno funzionare il paese o che possono riguardare la vita o morte delle persone, le strutture devono essere ridondanti. Un'alimentazione elettrica, per esempio, deve essere ridondante.
Cosa significa questo?
Che un'infrastruttura essenziale deve continuare a funzionare anche in caso di guasti (anche dovuti a cause umane, qui non stiamo parlando di colpe, solo di funzionamento).
Ora qualcuno dirà: ma tutto a Roma ha continuato a funzionare per qualche ora!
Appunto! Significa che un sistema di emergenza ha funzionato, non che c'era ridondanza!
Ridondanza significa un doppio sistema che garantisce funzionamento ad libitum se uno dei due (o tre o più, ci sono anche sistemi a ridondanza multipla, non solo doppia) fallisce.
Se il tutto continua a funzionare solo per un paio d'ore, significa che c'è un sistema di emergenza (e la parola emergenza da sola dovrebbe spiegare tutto!) e che questo - per fortuna - ha funzionato. Ma ci dice anche che non c'era ridondanza o che questa non ha funzionato.
Se no il sistema globale avrebbe funzionato ad libitum, non solo per qualche ora.

Ma c'è una cosa ancora più grave.
L'allarme, che avrebbe dovuto scattare, non è scattato.
O forse, questo è il mio timore (ma è solo un mio timore, non ho prove), non c'era nessuno a riceverlo. Io so, purtroppo per esperienza, che ci sono casi in cui i lavoratori stessi disattivano gli allarmi per poter lavorare più velocemente e comodamente (ma anche più pericolosamente!), ma nelle infrastrutture essenziali non esiste che possa succedere!
Non esiste che un lavoratore possa disattivare gli allarmi (e non intendo solo che non debba averne l'autorizzazione, ma proprio che non debba poterlo fare tecnicamente, gli allarmi devono essere non toccabili).
Voi credete pure al chiodo.
Il problema è molto più grosso.

Saluti,

Mauro.