La questione - da un punto di vista politico, legale e sociale - è complessa e importante, per cui non voglio entrare in questo intervento nel dibattito favorevoli-contrari. Me ne tengo fuori e (almeno qui oggi) non vi dico come la penso.
Voglio usare l'articolo di Repubblica come ennesima dimostrazione della crassa ignoranza del giornalismo italiano, soprattutto quando si tratta di questioni tecnologiche e scientifiche.
Eppure bastava fare una brevissima ricerca su Internet e Andrea Tarquini (l'autore del testo... definirlo articolo in realtà è troppo) avrebbe evitato una figuraccia colossale.
Intanto comincia subito dimostrando di non aver neanche saputo copiare bene il nome dell'ufficio brevetti europeo: European Patent Office. Ma per lui il Patent merita una s in fondo. Vabbé, facciamo finta che sia un errore di battitura.
Le perle successive però non sono errori di battitura.
Leggo: "Il brevetto per strappare al resto del mondo l'esclusiva della patata, del pomodoro, del broccolo, della bistecca".
A parte che esistono comunque differenze anche regolamentative tra prodotti vegetali e prodotti animali, a livello di brevettabilità c'è molta differenza tra una materia prima (in questo caso patata, pomodoro, broccolo) e un prodotto lavorato (in questo caso bistecca).
Oppure per voi l'alluminio e l'automobile, il legno e la cassapanca, lo zolfo e il fiammifero sono la stessa cosa?
Leggo:
"l'Ufficio europeo dei brevetti annullerà il ricorso contro il brevetto sul broccolo (EP10698199)".
Nella banca dati dell'EPO non vi è traccia di un brevetto con codice EP10698199.
In compenso esiste il brevetto EP1069819. Che non è un brevetto sul broccolo, ma un brevetto su una ben particolare e precisa caratteristica di broccolo non esistente in natura, cioè una contenente più elementi anticancerogeni. Infatti il titolo di questo brevetto recita:
Method for Selective Increase of the Anticarcinogenic Glucosinolates in Brassica Oleracea.
Leggo:
"Poi seguirà il brevetto sul pomodoro (EP1211926)".
Il brevetto EP1211926 invece esiste. E conferma che il "giornalista" vuole farci credere quello che non è. Non viene per niente brevettato il pomodoro in sé, bensì un particolare metodo di produrre un pomodoro con ridotto contenuto d'acqua e il prodotto che ne risulta (non esistente in natura!). Titolo del brevetto:
Method for Breeding Tomatoes having Reduced Water Content and Product of the Method.
Leggo:
"In altre parole, per spiegare tutto ai profani: chi vorrà coltivare pomodori dovrà pagare ogni anno al detentore del brevetto, cioè a una multinazionale, una royalty, un diritto di brevetto".
Qui si tratta completamente di parole in libertà, con le quali il "giornalista" dimostra di non sapere cosa è un brevetto. Lui ai "profani" non spiega niente, se non palle colossali.
Se uno vorrà coltivare quel particolare pomodoro, usando quel particolare metodo, dovrà pagare dei diritti (a proposito: le royalties in italiano sono i diritti, non usiamo l'inglese per coprire l'ignoranza). Se uno vorrà coltivare i pomidoro che si sono sempre coltivati
NON dovrà pagare un cazzo a nessuno.
Solo cose
nuove e
non esistenti in natura infatti sono brevettabili. Quindi il pomodoro, il broccolo, il fagiolino, la fragola, ecc. che conosciamo continueranno a essere liberamente coltivabili e continueranno a non essere brevettabili. Punto.
Leggo:
"La produzione indipendente di verdure di cui l'umanità si nutre da millenni verrà quasi equiparata all'attività di chi, come le industrie cinesi controllate dal sistema totalitario al potere a Pechino, produce e vende copie spudorate di auto, treni ad alta velocità o aerei".
Caro il mio "giornalista", no, la produzione indipendente di cui parli continuerà a essere indipendente e libera, come spiegato sopra. Che a te piaccia o no.
Quello che succederà è che - se il prodotto artificiale brevettato risulterà migliore e/o preferito rispetto a quello naturale classico - il piccolo contadino sparirà non reggendo la concorrenza del grande produttore.
Ma questo succede già. Anche senza brevetti. E non solo in agricoltura. Purtroppo il pesce grosso mangia il pesce piccolo. E non sempre lo fa con fair play.
Leggo:
"Conseguenza: agricoltori e allevatori, soprattutto nel terzo mondo ma anche da noi in Europa, rischieranno di andare in rovina".
Succederà anche senza brevetti. Anzi ha cominciato a succedere ben prima che fosse possibile modificare in maniera mirata (geneticamente o mediante incroci o altri metodi) i prodotti agricoli. Ma a quanto pare, caro Tarquini, quando è successo dormivi della grossa.
Leggo:
"Sembra linguaggio ostico da addetti ai lavori, ma tradotto in pratica significa che le multinazionali non avranno più solo in mano i brevetti esclusivi del cibo transgenico, bensì anche del cibo tout court".
Perfetta ciliegina sulla torta di un cumulo di ignoranza. O di malafede?
Il signor Tarquini cita due brevetti che parlano esplicitamente di cibi modificati in laboratorio (non esistono solo le modifiche transgeniche nei laboratori) e poi - sfruttando l'ignoranza diffusa per quanto riguarda le materie tecniche e scientifiche - cerca di farci credere che sia brevettabile il cibo in generale.
Commettendo due gravi errori:
1) Il cibo è quello che ti arriva nel piatto, non necessariamente e soprattutto non direttamente quello che viene coltivato o allevato;
2) Non puoi brevettare ciò che già esiste. Una cosa (oggetto o pianta che sia) è brevettabile solo se
nuova e
non naturale.
Leggo:
"Se brevetti il broccolo o il pomodoro, detto in soldoni, l'agricoltore ovunque nel mondo dovrà pagarti ogni anno i diritti".
E insiste! Il broccolo o il pomodoro non lo puoi brevettare. Punto.
E non ho commentato tutto. Il resto ve lo risparmio.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Qui una spiegazione per valutare l'affidabilità dello scrivente :-)
P.P.S.:
E
qui una lettera a Repubblica sull'argomento.