Visualizzazione post con etichetta politicamente corretto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta politicamente corretto. Mostra tutti i post

martedì 17 giugno 2025

Non abbiate paura di usare più caratteri

Chi mi segue avrà notato il titolo del mio ultimo articolo qui sul blog: Non giudicate l'autore/autrice.

Ora, qualcuno potrà accusarmi di essere politicamente corretto: non bastava scrivere solo autore?
Ma è invece proprio perché sono contro il politicamente corretto che ho usato la doppia forma autore/autrice.

Altri avrebbero usato cose come la schwa o l'asterisco, scrivendo (rendendosi abbastanza ridicoli, oltretutto, visto che qui la differenza non riguarda una sola lettera) autə o aut*.
Altri ancora, seguendo la consuetudine, avrebbero scritto solo autore, usando (magari inconsciamente) il maschile sovraesteso o non marcato.
Altri ancora avrebbero proprio usato il maschile consapevolmente, come rifiuto del politicamente corretto.

Ora, io vorrei buttare nella spazzatura sia i primi che i terzi e salvare solo i secondi.
Però mi rendo conto che viviamo in tempi ipersensibili... dove ognuno di noi si crede uno snowflake.
Non volendo cadere nell'ipersensibilità (e rendermi quindi ridicolo con cose come la ə), ma non volendo neanche offendere gli ipersensibili... uso quindi il doppio termine.
Del resto cosa mi (vi) costa digitare un paio di caratteri in più?

Saluti,

Mauro.

martedì 28 maggio 2024

Un'ulteriore considerazione sulla frociaggine di Bergoglio

Lo scivolone di Bergoglio aka Francesco sulla frociaggine (di cui parlai qui già ieri) mi ha fatto fare un'ulteriore considerazione, al di là dei giudizi sia morali che pratici sulla sparata del papa.

Quando ero bambino e ragazzino (anni '70/'80) il linguaggio, soprattutto da giovani, era meno "corretto" di oggi. Il politicamente corretto non esisteva e spesso non ci accorgevamo che l'uso di certe parole potesse essere offensivo.
Altre volte invece lo sapevamo, ma le usavamo lo stesso, considerandole alla stregua di come oggi potremmo considerare "stronzo" o "imbecille", cioè parole offensive sì, ma non politicamente scorrette.
Non ci comportavamo bene, per niente. Ma eravamo meno ipocriti di oggi.
Quel che col tempo abbiamo guadagnato da un lato, lo abbiamo perso dall'altro.

Ma non è comunque questo il punto, la considerazione che volevo fare.

La considerazione che volevo fare è di carattere linguistico, relativa al significato che diamo alle parole e che cambia col tempo, offensive o meno che siano.

Bergoglio ha chiaramente usato frocio come sinonimo di omosessuale.
E oggi chiunque usi quella parola lo fa nello stesso significato di Bergoglio.

Negli anni '70/'80 di cui parlavo prima non era così.
Frocio nel mio ambiente (sia sociale che geografico) era sinonimo di effeminato, non di omosessuale.
Un eterosessuale dai comportamenti effeminati era comunque un frocio.
Un omosessuale dai comportamenti mascolini non era un frocio.

Ai tempi, nei vostri ambienti, come era interpretata la parola frocio (al di là del fatto che voi la usaste o meno)?
Magari scrivetemelo nei commenti.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
In realtà l'uso della parola frocio negli ambienti che frequentavo era poco diffuso, ma comunque era usata (o interpretata quando la si sentiva solo) nel significato di cui sopra, non nel senso bergogliesco.

martedì 25 ottobre 2022

Il sesso delle città

Oggi, in un gruppo chiuso su Twitter, è venuta fuori una domanda sul genere grammaticale: le città sono femminili o maschili?
C'entra in parte col discorso del politicamente corretto, ma è meglio che non vi dica come è nata la discussione 😉

Ma torniamo alla domanda.
Genova, Milano, Roma, ecc. sono di genere femminile o maschile?

Spontaneamente verrebbe da dire femminile, visto che diciamo "Genova è bella", "Milano è caotica", "Roma è piena di frigoriferi", ecc.
E qui casca l'asino: bella, caotica, piena non si riferiscono direttamente a Genova, Milano, Roma bensì alla sottintesa parola "città" (per esempio "La città di Genova è bella").

In realtà i nomi delle città non hanno genere in sé, il genere è dato dalla parola città, che ovviamente è di genere femminile.

Ora voi mi direte, perché allora regioni e stati hanno un genere (la Lombardia, il Lazio, la Francia, il Belgio)?
Regioni e stati sono in primis espressioni geografiche, non amministrative, non "prendono" il genere dalle parole "regione" o "stato".

Prendiamo per esempio la Lombardia.
Se io parlo dell'espressione geografica dico "la Lombardia" e non è proprio precisamente definita, ci sono parti della Lombardia politica che geograficamente starebbero fuori e viceversa oltre che parti al tempo stesso lombarde e no.
Se passo invece alla Lombardia in senso amministrativo devo dire "la Regione Lombardia", è precisamente definita nei suoi confini ed è la parola "regione" a definire il genere grammaticale, non il nome Lombardia.
E lo stesso vale per gli stati.

Per le città (ma anche per paesi e villaggi, solo che qui il genere diventa maschile) il discorso è diverso: in genere l'entità geografica e quella amministrativa coincidono, le eccezioni sono poche, e quindi dire "Genova" (espressione geografica) o "la città di Genova" (espressione amministrativa) è la stessa identica cosa, per cui prevale il genere di "città" e non ha più senso chiedersi che genere abbiano Genova, Milano, Roma, ecc.
"Città" prevale perché, mentre geograficamente regioni e stati hanno confini fluidi, le città sono (tranne rare eccezioni) ben definite anche gograficamente, non solo amministrativamente.

Saluti,

Mauro.

lunedì 17 maggio 2021

Cosa rimarrebbe della Bibbia?

Negli ultimi tempi si sono accumulate notizie di iniziative (generalmente assurde) riconducibili alla cosiddetta cancel culture e più in generale al politicamente corretto.
Statue ribaltate o imbrattate, musica proibita, libri riscritti, film oscurati e chi più ne ha più ne metta.
Premesso che molte di queste notizie erano travisate (per esempio Oxford che cancella Mozart e il pentagramma musicale... Oxford non ha cancellato nulla, ha semmai integrato aggiungendo qualcosa) e che quelle giuste riportavano comunque iniziative di poche persone, non certo di massa.
Premesso ciò va detto che comunque c'è veramente una deriva pericolosa, una voglia di proibire ciò che ci disturba senza però sforzarsi di capire perché ci disturba (se lo capissimo, magari poi non ci disturberebbe più).

A me ultimamente è venuto da chiedermi (da non credente ma cresciuto in una cultura, in una famiglia cattolica... non sono appunto credente, ma non posso negare che il cattolicesimo faccia parte del mio retroterra culturale) cosa rimarrebbe della Bibbia se l'ipotetica cancel culture venisse applicata anche per essa.
Ve ne rendete conto di quanto poco rimarrebbe? In particolare del Vecchio Testamento?

Immaginate se, per esempio, la storia di Abramo e Isacco finisse sotto processo. Un padre disposto a uccidere un figlio per nulla? Ma siamo matti? Tagliare!
E il Cantico dei Cantici? Pornografia! Tagliare!

Ma anche i Vangeli... per esempio quando Matteo fa dire a Gesù; "non sono venuto a metter pace, ma spada!" Istigazione alla violenza! Tagliare!

E io parlo della Bibbia perché è il libro sacro che conosco meglio, ma non crediatevi che Corano, Talmud, Veda e compagnia bella siano meglio.

Saluti,

Mauro.

martedì 5 giugno 2018

Balotelli e la fascia

Negli ultimi giorni, con le ultime amichevoli stagionali della nazionale italiana di calcio, si è improvvisamente presentato un "problema": la possibilità che Mario Balotelli indossasse la fascia di capitano.

Gli uni a plaudire alla possibilità perché sarebbe un forte segnale di integrazione (in realtà ipocrisia politicamente corretta).
Gli altri a contestare i meriti morali di Balotelli, tirando in ballo le famose "balotellate" (in realtà ipocrisia razzista per nascondere il fatto che volessero un capitano bianco).

Peccato solo che sia un problema non problema.
Semplicemente non esiste, è un problema inventato.

La nazionale italiana di calcio ha sempre avuto la regola che il giocatore col maggior numero di presenze in campo porta la fascia di capitano.
Quindi se un giorno capiterà che Balotelli dovesse essere il giocatore nell’11 iniziale con più presenze sul groppone quel giorno avrà la fascia. E non per questioni di integrazione o politiche.
Se tale evenienza non capiterà mai, se non sarà mai il giocatore in campo con più presenze, la fascia non la porterà mai. E non per questioni caratteriali o politiche.
Punto.

L’integrazione, le balotellate e altre seghe mentali non c’entrano un cazzo, se non a riempire le TV e i giornali di chiacchiere e stronzate.
Sono, appunto, solo seghe mentali per inventarsi un problema che non è un problema (e magari per nasconderne, farne passare sotto silenzio altri che esistono veramente).

Saluti,

Mauro.

sabato 17 marzo 2018

Lettera aperta a Salvo Di Grazia

Caro Salvo,

io seguo il tuo blog da una vita, non proprio da quando lo hai creato ma quasi.
Non apprezzo solo il contenuto medico o scientifico (che da scienziato, pur in altro settore, considero comunque fondamentale), ma soprattutto la tua capacità di esprimerti in maniera comprensibile da chiunque.

Però l'otto marzo scorso la hai fatta fuori dal vasino. Molto fuori. Ma veramente molto.
Pur di associarti alla vulgata attuale sul femminismo (perché, nonostante il titolo Donne del tuo articolo, tu non hai parlato alle donne bensì alle femministe) hai offeso, anzi diffamato, buona parte dell'umanità.

Quindi ora io chiedo apertamente le tue scuse.
Tu hai il dovere di scusarti verso tutti gli uomini (o maschi, se preferisci) che sono estremamente corretti sia nei confronti delle donne che in generale.

Tu scrivi: Nulla a che vedere con noi uomini, rozzi, pesanti, banali. E non lo dico per luogo comune ma proprio perché noi uomini siamo in genere più prevedibili e superficiali.

Ecco, io non so che uomini tu frequenti, ma se veramente sono uomini che rispecchiano quanto scrivi (ma voglio sperare che tu lo abbia scritto solo per renderti bello presso i talebani del politicamente corretto) posso solo darti un consiglio: cambia amicizie e frequentazioni, visto che gli uomini sono solo in minima parte (ma veramente molto minima) come tu li descrivi.

Io non sono come tu descrivi gli uomini. E nessuno dei miei amici e conoscenti lo è.
Quindi o ti scusi o potrei prendere in considerazione l'idea di querelarti.

Con immutata stima (femminismo a parte),

Mauro.

domenica 5 marzo 2017

Partito del Carciofo Liberal-Marxista: il programma

Qualche giorno fa rilanciai su Twitter il mio Partito del Carciofo Liberal-Marxista.
L'amico Moreno Colaiacovo giustamente pretese qui di conoscerne prima il programma.

Quindi, ecco qui il programma!

1) Governo e Parlamento vanno liberalizzati e privatizzati. In tempi di libero mercato è inconcepibile che certe funzioni siano ancora in regime di monopolio!

2) Alla guida delle multinazionali deve essere posto un commissario del popolo. È inaccettabile che chi guida le aziende non sappia nulla delle persone che guida.

3) L'Euro non è una valuta solida. Serve una valuta che sia resistente sia a inflazione che a deflazione. Questa valuta è il Cynar!

4) Il diritto al voto verrà deciso dall'etilometro: chiunque sia sotto i limiti di legge non potrà votare.

5) Tremonti disse che con la cultura non si mangia. E allora sarà obbligatorio berci sopra.

6) Calciatori e insegnanti dovranno scambiarsi gli stipendi.

7) Il Festival di Sanremo sarà dichiarato fuorilegge.

8) Il politicamente corretto sarà dichiarato fuorilegge.

Questi sono i punti base: militanti e simpatizzanti sono invitati a integrare il programma.

Saluti,

Mauro.

domenica 12 febbraio 2017

La Germania ha un nuovo presidente

Sul vecchio presidente (Gauck) e sul nuovo (Steinmeier) ognuno può - giustamente - avere la propria personale opinione.
Ma una cosa è sicura: finalmente la Germania ha di nuovo un presidente vero, con delle idee proprie e concrete (condivisibili o meno non è qui importante), e non semplicemente uno che vuole accontentare tutti, senza avere idee personali da presentare.

Peccato solo che il presidente tedesco abbia ben poco potere. Anche meno del presidente italiano. Molto meno.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Fino al 18 marzo 2017 comunque Gauck può purtroppo ancora fare danni, visto quella è la data ufficiale dell'insediamento del nuovo presidente.

P.S.2:
Il più grosso problema di Gauck è che antepone il politicamente corretto al corretto.

mercoledì 9 novembre 2016

Perché ha vinto Trump

Dopo i risultati delle elezioni presidenziali USA si stanno sprecando le analisi sul perché e sul come Trump, da totale sfavorito, ce l'abbia fatta (OK, la Clinton ha fatto un sacco di autogol, ma agli occhi di molti quelli di Trump sembravano peggiori).

Sto leggendo tante "dotte" analisi di ogni tipo e - devo essere onesto - in molte di esse ci sono considerazioni interessanti e un pizzico di verità.
Ma veramente convincente non è nessuna di esse, anzi...

Un'analisi un po' meno "dotta" a mio parere però andrebbe letta...
Io direi infatti che chi più ha centrato il punto è stato Fabrizio Leone con quello che ha scritto qui. I suoi toni possono piacere o meno, ma quel che scrive su Trump (e che in grandissima parte condivido) è un dato di fatto, anche se spesso ignorato.
Certo, la sua spiegazione da sola non basta a dire perché Trump sia stato eletto. Ma senza la sua spiegazione di fatto non c'è perché.

Il problema di Leone è però che lui è troppo ottimista. Dimentica il potere del politically correct.
Io personalmente non mi stupirei se Trump finisse presto o tardi sotto impeachment proprio per aver preso a pedate il politically correct e non per colpe politiche o legali vere.

In aggiunta a quanto giustamente detto da Leone mi è tornato in mente un episodio raccontato da Mattia Butta durante un suo recente soggiorno negli USA e che dimostra come spesso le donne siano le più maschiliste delle persone.
Leggete verso la fine di questo testo come una donna dica che quello del presidente sia un "lavoro da uomini".
Quando lo ho letto non mi sono stupito. Anzi mi avrebbe stupito leggere il contrario.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 18 giugno 2014

Adesso con l'antirazzismo si esagera 2

E dopo i senatori statunitensi di cui avevo parlato qui, ora ci si mette anche l'Ufficio marchi e brevetti degli USA: sembra abbia tolto la protezione al marchio dei Washington Redskins (i "Pellerossa" di Washington), in quanto razzista.

Ne parla qui la CNN.

Io sinceramente comincio ad aver paura della piega che stanno prendendo le cose...

Saluti,

Mauro.

giovedì 22 maggio 2014

Adesso con l'antirazzismo si esagera

50 senatori USA vogliono far cambiare il nome di una squadra di Football Americano perché non politicamente corretto: I Redskins non devono più chiamarsi così.
Peccato che oggi quel nome - razzista o meno che sia - identifica solo la squadra e nessuno lo associ a idee positive o negative sui nativi americani.

In casi del genere mi viene da credere che l'antirazzismo sia alla fine l'apoteosi del razzismo :-(

Saluti,

Mauro.

sabato 17 maggio 2014

Io difendo gli inni nazionali

In Francia ultimamente sono scoppiate polemiche relative all'inno nazionale e al non cantarlo da parte di personalità politiche. Qui potete trovare qualcosa al proposito.
Polemiche analoghe in passato sono scoppiate anche in altri paesi.
Polemiche talvolta favorevoli all'inno e talvolta contro lo stesso.

Chi è contro l'inno (francese, italiano o di qualunque altro paese) generalmente porta come argomento contro l'inno il nazionalismo e la violenza insiti nello stesso.
Io vi dico: tutta ipocrisia. I nemici degli inni nazionali sono semplicemente ipocriti che disprezzano il proprio paese.
Sinceramente: trovatemi un inno che non abbia almeno un paio di parole violente o nazionalistiche. E (visto che non lo troverete) cercate almeno di inquadrare gli inni storicamente.
Sarebbe quindi l'ora di piantarla con questo assurdo politicamente corretto secondo cui gli inni devono essere "puliti": gli inni rappresentano l'epoca in cui sono stati scritti e gli ideali del tempo. E, soprattutto, rappresentano l'ideale della nascita di un paese.
Oggi quindi vanno visti come indicatori dell'identità nazionale, senza vederci obbligatoriamente relazioni (positive o negative che siano) con altri paesi o popoli. Niente di più, niente di meno.
Se a qualcuno, in quanto troppo sensibile o troppo prepotente o troppo idiota, ciò non va bene... può sempre emigrare e scegliersi un paese con un inno che rispetti meglio le sue idee.

L'inno è un simbolo dello Stato ma non è lo Stato. E non lo sarà mai.
Invece chi disprezza l'inno, disprezza non solo lo Stato, ma chiunque in tale Stato vive. E quindi merita a sua volta disprezzo.

Saluti,

Mauro.