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mercoledì 9 agosto 2023

Un ragionamento sugli "extraprofitti"

Ieri su Twitter (o meglio su X) ho pubblicato un breve thread in cui esprimevo alcune considerazioni sui tanto famigerati "extraprofitti" delle banche che il governo vorrebbe tassare.
Qui vorrei riprendere quelle considerazioni in testo unico, in maniera che le mie idee siano (forse) più comprensibili, anche ampliando un po' il ragionamento.
Vorrei comunque invitarvi ad andare a leggere anche tutti gli interessanti commenti e segnalazioni ricevuti nel thread: quelli non posso riportarli qui sul blog, ma sono assolutamente da leggere.

Ho voluto provare a fare un ragionamento da persona che vive di numeri, da fisico che vive - tra le altre cose - di statistica, ma da persona che non vive di economia.
Un ragionamento, appunto, sui famigerati extraprofitti.
Leggete tutto e poi ditemi dove sbaglio. Se sbaglio.

Gli extraprofitti (oggi se ne parla per le banche, ieri per il settore energetico, in altri momenti per altri settori... e non solo in Italia) sono quei profitti che - detto terra terra - esplodono per situazioni contingenti particolari.
Profitti che vanno molto oltre i profitti "standard" del settore, per i quali non si può quindi parlare di normale andamento dei mercati.
E secondo certi governi (ma anche certe opposizioni e certi economisti, politicizzati o meno che siano) vanno tassati extra in quanto ingiusti.
Ed è questo il problema: cosa significa ingiusti?
Giustizia/ingiustizia è un concetto morale... in diritto (e la tassazione dovrebbe dipendere dal diritto) vale la legge, non la giustizia.

Inciso.
Non per niente nei tribunali c'è - correttamente - la scritta "La legge è uguale per tutti" e non "La giustizia è uguale per tutti".
Inciso chiuso.

Ora, a mio parere esistono due situazioni: o questi extraprofitti sono ottenuti legalmente o sono ottenuti illegalmente.
Nel secondo caso, ovviamente, la tassazione non c'entra. Ciò che va applicato è una confisca o un sequestro (al di là delle eventuali responsabilità penali personali delle singole persone).
A noi quindi è il primo caso che interessa: gli "extraprofitti" legali.
La tassazione attuale (giusta o sbagliata, alta o bassa che la si consideri) è già su tutti i profitti, anche su quelli cosiddetti extra. Alti o bassi che siano.
Ci sono qui due "sottocasi" in base alla tassazione.
O i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione fissa, diciamo per esempio al 25%, e allora se io guadagno 10 pago 2,5 e se guadagno 1000 pago 250. L'eventuale extraprofitto è già tassato.
Se invece i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione progressiva... a maggior ragione l'extraprofitto è già tassato: più guadagno più l'aliquota sale, quindi più pago, anche in percentuale, non solo in valore assoluto.

E faccio questo ragionamento da uomo di sinistra, non da liberista.
Ditemi dove sbaglio.

E questo è quanto scrissi nel thread originale.
Ma ho poi aggiunto qualcosa oggi in un minithread successivo, che riporto qui sotto.

La motivazione principale che sento/leggo spesso riguardo un'ulteriore tassazione di questi extraprofitti quando si parla delle banche sono i guadagni che queste farebbero ai danni di coloro che hanno sottoscritto mutui o prestiti a tasso variabile.
Ma siamo sicuri che questi ultimi siano sempre e solo vittime?
A me la cosa ricorda però tanto un'altra storia che riguardava le banche (nel mio racconto in particolare una banca, ma in realtà fu un fenomeno che riguardava molte banche e che, come prevedibile, finì nel nulla), cioè il vedere come vittime chi comprò azioni e/o obbligazioni di certe banche.
Leggetevi quanto scrissi qui allora, nel 2019.

Prima di chiudere vi segnalo due letture decisamente interessanti che mi sono state consigliate nei commenti al mio thread originario:
1) Un testo di Mario Seminerio (alias Phastidio);
2) Un thread di Carlo Alberto Carnevale-Maffè.

Saluti,

Mauro.

lunedì 23 gennaio 2023

Le accise dovrebbero venire aumentate, non ridotte o abolite

Ragioniamo sul cambiamento climatico.
Cosa che sta a cuore a tutti... fino a che non ci tocca nel portafogli.
Se i prezzi dei carburanti aumentano, usiamo meno l'auto, il riscaldamento e qualsiasi altra cosa richieda combustibili di origine fossile.

Quindi, per quanto riguarda i combustibili, la crescita dei prezzi dovrebbe essere vista come una bella cosa, per lo meno da verdi e ambientalisti, se non da tutti.
Ma gli stessi governi con verdi dentro (vedi la Germania) hanno tagliato le tasse sui combustibili quando i prezzi sono saliti.

Perché l'ambiente è bello... ma i voti di più.
E comunque non è il tuo elettore a inquinare, quello lo fanno solo gli elettori altrui.

Ergo: se vi sta veramente a cuore l'ambiente, pregate che i prezzi dei carburanti vadano alle stelle.
Se no, non lamentatevi del cambiamento climatico.

Saluti,

Mauro.

venerdì 9 aprile 2021

Paradiso o oasi? (I misteri del tedesco... edizione speciale)

Anni fa vi raccontai qui dell'errore che portò alla nascita dell'espressione "paradiso fiscale".

Però mi dimenticai una cosa.

In Germania se vuoi nascondere ricavi e guadagni, non cerchi porti o paradisi, ma oasi: cerchi le Steueroasen (anche se talvolta pure qui si parla di Steuerparadies)!

Saluti,

Mauro.

giovedì 23 maggio 2019

Vestager e i paradisi fiscali

Qualche giorno fa sulla radio tedesca ho sentito una dichiarazione di Margrethe Vestager, commissaria europea alla concorrenza, in cui sosteneva che per lei i paradisi fiscali sono quelli in cui tutti pagano le tasse.

Per noi italiani e per i tedeschi (che usano l'espressione Steuerparadies) magari può sembrare un'apprezzabile provocazione, un gioco di parole per far capire che le tasse sono una cosa necessaria, giusta e utile (magari non bellissima come sostenne Padoa Schioppa, ma pur sempre più bella dell'alternativa).

Però anche se Vestager con le parole ha sì un po' giocato, lo ha fatto molto meno di quanto sembri, visto che l'espressione originale inglese, quella da cui sono poi derivate tutte le altre, è Tax Haven, cioè porto fiscale, e non (come italiani e tedeschi hanno interpretato, non so in altre lingue) Tax Heaven, cioè paradiso fiscale.

Nei parlai già qui tre anni fa. E Vestager me lo ha fatto tornare in mente.

Saluti,

Mauro.

domenica 13 maggio 2018

Spieghiamo le aliquote fiscali e la flat tax

Premettiamo che stiamo parlando della tassa sul reddito, la cosiddetta IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche).
Uno dei temi caldi delle trattative di governo è la questione fiscale: flat tax o non flat tax?
A parte che alcuni dei protagonisti non sembrano aver capito cosa sia veramente questa flat tax, chi la difende - oppure contesta solo l'attuale sistema delle aliquote - usa spesso argomenti (anche, anzi soprattutto, matematicamente) sbagliati.

I due argomenti tipici sono:
a) i ricchi "pagano il pasto" per tutti (in contrapposizione all'argomento anti flat tax secondo cui con essa se io mangio pizza e birra e tu aragosta e champagne, paghiamo metà per uno, cioè alla romana - argomento comunque sbagliato anch'esso);
b) perché uno deve pagare solo il 23% (aliquota minima) di tasse e uno il 43% (aliquota massima e no, nessuno alla fine paga veramente il 43% di tasse)?

Intanto, come sono le aliquote in Italia?
1) da 0 a 15000 € annui, 23%;
2) da 15000 a 28000 €, 27%;
3) da 28000 a 55000 €, 38%;
4) da 55000 a 75000 €, 41%;
5) oltre 75000 €, 43%.
Vi è poi una fascia esentasse, variabile tra 0 e 7500 € a seconda di diversi parametri, ma che vale per tutti (e che nei calcoli seguenti per semplicità ignorerò, perché ininfluente ai fini concettuali e avente di fatto l'unico risultato di rendere nella realtà alla fine un po' più basse tutte le percentuali che vi calcolerò e di esentare totalmente dalle tasse solo le persone che guadagnano 7500 € l'anno o meno).

Ora, da quanto appena scritto capirete subito l'assurdità del punto a) di cui sopra: chiunque guadagni da 7501 € all'anno in su paga qualcosa, quindi non è vero che i ricchi pagano il pasto a tutti. Infatti uno che guadagna 10000, 20000 ma anche 50000 € all'anno non lo definirei ricco. Eppure paga il suo pasto (giustamente lo paga, aggiungo io).

Veramente interessante è però il punto b).
Nessuno alla fine paga il 23% di tasse. Ma soprattutto nessuno paga veramente il 43%. E la spiegazione è semplice matematica.
In teoria chi guadagna fino a 15000 € annui sembra pagare esattamente il 23% (cioè su 15000 €, 3450 € andrebbero allo Stato). In realtà - a causa della fascia esentasse citata - pagherà comunque meno del 23% (quanto meno dipende da diversi fattori).
Vediamo cosa succede a chi va oltre i 15000 €.
Prendiamo tre esempi: un reddito basso (25000 € annui), uno medio (50000) e uno alto (100000).
Reddito basso: paga il 23% sui primi 15000 € e il 27% sugli ulteriori 10000, cioè 3450+2700=6150 €. Il che significa che nel complesso paga il 24,6% di tasse (ignorando la fascia esentasse).
Reddito medio: paga il 23% sui primi 15000 €, il 27% sui successivi 13000 e il 38% sugli ulteriori 22000. Nel complesso 3450+3510+8360=15320 €, ergo il 30,64% del suo reddito (sempre ignorando la fascia esentasse).
Reddito alto: paga il 23% sui primi 15000 €, il 27% sui successivi 13000, il 38% sui successivi 27000, il 41% sui successivi 20000 e il 43% sugli ultimi 25000. Cioè 3450+3510+10260+8200+10750=36170 €, che sono il 36,17% del proprio reddito, decisamente inferiore quindi al 43% che i sostenitori della flat tax sostengono.

Però come ho scritto prima anche l'argomento "pagamento alla romana" dei nemici della flat tax è matematicamente sbagliato.
Pagamento alla romana significa che tutti pagano la stessa cifra in termini assoluti, non che tutti pagano la stessa percentuale.
"Alla romana" significa che chi guadagna 25000 € l'anno paga, per esempio, 7500 € di tasse, ma anche chi guadagna 50000 o 100000 paga sempre 7500.
Flat tax significa invece che - ipotizzando per esempio un'aliquota unica del 30% - chi guadagna 25000 paga 7500, chi guadagna 50000 paga 15000 e chi guadagna 100000 paga 30000.

Vedete che sapere un po' di matematica aiuta anche a non farsi prendere in giro dalla propaganda sulle tasse?

Saluti,

Mauro.

martedì 27 febbraio 2018

Le balle sui trasferimenti fiscali

Quando sentite parlare leghisti e antieuropeisti sui trasferimenti fiscali... storcete il naso.

Uno dei cavalli di battaglia di leghisti e autonomisti vari è il mancato ritorno delle tasse pagate nei territori dove esse sono state pagate.
Senza dimenticare che certi ragionamenti possono portare agli estremi che descrissi qui, c'è un problema di comprensione di base.

Esistono due tipi di tasse.
Le tasse locali e quelle nazionali.

Le tasse locali vengono raccolte dagli enti locali e dagli stessi vengono usate. Che vengano usate bene o male, non possono comunque uscire dall'ambito locale.

Le tasse nazionali, dovunque vengano raccolte, appartengono allo Stato e basta, non hanno nulla a che vedere con le regioni, con le varie entità locali dove vengono raccolte.
In Italia non esiste nessun trasferimento da una regione all'altra. Esiste solo il trasferimento dallo Stato alle varie regioni (o altre entità locali).

Quindi quando, per esempio, un Salvini sbraita sui trasferimenti dalla Lombardia alla Calabria, per esempio,sbraita sul nulla: detti trasferimenti non esistono.

Le tasse locali raccolte dalla regione Lombardia rimangono già in Lombardia, non servono leggi per garantirlo.
Le tasse nazionali - dovunque vengano raccolte - appartengono allo Stato e lo Stato le utilizza dove servono. A vantaggio dell'intero paese. Punto.
È lo Stato a trasferire da sé stesso alle periferie (tra cui vi sono anche le regioni ricche come Lombardia, Piemonte o Emilia Romagna) in base ai bisogni delle stesse, non esiste nessun trasferimento da regione a regione.

Saluti,

Mauro.

venerdì 12 maggio 2017

I vaccini, i grillini e la legge

Di Battista sostiene che il M5S è contro l'obbligatorietà dei vaccini, ma che lotta per la loro gratuità.

Bene, io sono nato nel 1968... e i vaccini li ho sempre avuti gratuiti (cioè pagati dallo Stato grazie alle tasse di tutti... cosa che poi sarebbe quanto propone Di Battista).

E qualcuno mi viene ancora a dire che questi sono una proposta politica credibile? Gente che propone come novità ciò che è legge da più di quarant'anni?

Saluti,

Mauro.

lunedì 11 gennaio 2016

La leggenda del paradiso fiscale

Detto chiaro e tondo: non esiste nessun paradiso fiscale. Almeno non se vogliamo essere linguisticamente corretti.

La definizione nasce dall'inglese "fiscal haven" o "tax haven", in quanto molti porti (cioè "haven") offrivano agevolazioni fiscali o doganali per attirare navi e quindi commerci, introiti.

A un certo punto in italiano (e non solo) si confuse "haven" con "heaven"... e così il porto divenne un paradiso.
E soprattutto così divennero paradisi fiscali anche luoghi senza porti.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 24 settembre 2014

Del secessionismo fiscale e dell'ignoranza

Qualche giorno fa (il 18 settembre per la precisione) si è tenuto in Scozia il referendum per separarsi dal Regno Unito.
Hanno vinto i contrari alla separazione (ma forse di fatto ha vinto semplicemente la voglia di tenersi i vantaggi di una forte autonomia senza doversi accollare le responsabilità di doversi veramente governare completamente da soli, ma questo è un altro discorso, che non c'entra con questo articolo).

Detto referendum ha fornito a televisioni e quotidiani di tutto il continente la scusa per andare a "indagare" le istanze secessioniste in tutta Europa.
Come prevedibile, il caso più gettonato e sviscerato è stato il rapporto tra Catalogna e Spagna.

Io nei giorni del referendum ero in Francia, a Parigi (a proposito, le TV francesi parlavano di Scozia, Galles, Catalogna, Paesi Baschi e altro... ma non di Corsica, chissà come mai).
Mi ha colpito (si fa per dire) l'intervista in un cosiddetto programma di approfondimento giornalistico a un catalano che si lamentava del fatto che su 100 € di tasse pagate solo 80 rimanevano/rientravano in Catalogna.
Argomento vecchio, trito e ritrito: anche l'ormai ammuffita Lega Nord ne ha fatto un cavallo di battaglia per anni e anni.

A parte il fatto che esistono tasse locali e tasse nazionali (e che questa divisione ha un senso indipendentemente dalla qualità dell'amministrazione che riscuote dette tasse) ma questi "indipendentisti" parlano sempre come se tutte, ma proprio tutte, le tasse fossero riscosse e gestite/distribuite dallo stato centrale.

A parte il fatto che se esiste uno stato questo avrà comunque un'amministrazione centrale che, per quanto ridotta di dimensioni ed efficiente, non è e non sarà mai a costo zero... e se passi da Spagna a Catalogna (o da Regno Unito a Scozia o da Italia a Lombardia) questo stato/amministrazione cambierà nome e dimensione ma continuerà a esistere... quindi un'entità centrale sopra di te ci sarà sempre.

A parte il fatto che esistono cose come infrastrutture e progetti nazionali o sovraregionali, ma anche come solidarietà, condivisione, sostegno reciproco e simili.

A parte ciò... mi sono sempre chiesto come non ci si possa rendere conto che un'argomentazione simile è un'arma a doppio taglio. E l'altro lato della lama è forse il più affilato.

Cosa voglio dire?

Torniamo al nostro amico catalano.
Lui vuole lasciare la Spagna, così il 100% delle sue tasse rimane in Catalogna. Va bene, allora facciamo la Catalogna indipendente.

Ora però gli abitanti della provincia di Tarragona (la provincia più meridionale tra le quattro catalane) si accorgono che solo l'80% delle tasse che pagano (locali tarragonesi o nazionali catalane che siano) restano/ritornano nella provincia. E no! Non è giusto!
E allora "Diputaciò de Tarragona" indipendente! Via dalla Catalogna, via da Barcellona!
Bene, ora finalmente tutti sono contenti: tutte le tasse pagate dai tarragonesi rimangono nella provincia di Tarragona.

Sicuri, sicuri?
Troppo facile! A un certo punto gli abitanti della comarca (divisione amministrativa al di sotto della provincia) "Baix Camp" si rendono conto che solo l'80% delle loro tasse ritornano/rimangono nella loro comarca... e allora... "Baix Camp" indipendente! Via dalla Diputaciò, via da Tarragona!

Però poi il comune di Cambrils...
Però poi il quartiere di La Vila...
Però poi la Rambla Jaume I...
Però poi il condominio al numero 25...
Però poi l'appartamento al numero 3...

Insomma, alla fine ogni catalano rimarrà da solo, chiuso nella sua stanzetta, visto che l'unico modo di vedere il 100% di tasse ritornare a chi le paga è solo quello di pagarle a sé stessi spostando semplicemente i soldi da una tasca all'altra.

Quindi, a meno di voler rimanere appunto un essere umano solo, completamente staccato da ogni altro essere umano, avrai sempre bisogno di un'entità - per quanto piccola - sopra di te, caro amico catalano (o lombardo o bavarese o corso o che altro tu sia).
E questa entità avrà bisogno di una parte - per quanto piccola - delle tue tasse per poter funzionare.
E tu - sì, tu, proprio tu che ti lamenti - avrai bisogno che lei ci sia e che funzioni.

Quindi, se vuoi l'indipendenza, trova ragioni più valide.
Quella fiscale non regge, anche se è quella che fa più presa sugli ignoranti.

Saluti,

Mauro.

lunedì 21 aprile 2014

Ridurre le tasse inesistenti

Oggi il Tg2 ha dato la notizia che tra i prossimi obiettivi del governo Renzi c'è la riduzione delle tasse per gli incapienti.
Bene, sembrerebbe un'iniziativa a favore di chi ha meno... peccato solo che gli incapienti (cioè coloro che guadagnano meno di 8000 € l'anno) siano per legge esentati dalle tasse. Ed è un po' difficile ridurre delle tasse che non esistono...
Però prometterlo fa effetto e fa comodo, finalmente un governo che fa qualcosa per I più disagiati...
E fa ancora più comodo farlo dire alla RAI... infatti se qualche altro gionalista un giorno dovesse chiederti conto di quest'assurdità... "Mai detto! È stata la RAI a sbagliare".
E tecnicamente sarebbe anche vero, ma nulla mi toglie dalla testa che stavolta alla RAI l'errore sia stato "suggerito".

Saluti,

Mauro.