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domenica 30 marzo 2025

Guerra, violenza, pace e giustizia

La maggioranza di noi ama la pace, pochi - anche tra quelli che consideriamo stronzi - amano la guerra, la violenza.
Le brave persone vogliono la pace e non vogliono violenza.
Le cattive persone cercano generalmente di raggiungere i propri malevoli obiettivi senza violenza.
Pochi amano la violenza (e di conseguenza la guerra) in sé.

Però...

Però molti purtroppo non capiscono cosa significhi veramente pace.
E credono che l'assenza di violenza, l'assenza di guerra sia in sé pace.

NO!

Chi lo crede o è un idiota o è in malafede.

La pace si basa sulla giustizia, non sull'assenza di violenza.
Una pace ingiusta è guerra. Magari non ancora sul campo, ma è già guerra. Solo, al limite, posticipata.

Pensateci, prima di chiedere all'Ucraina di trattare, di cedere.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 9 agosto 2023

Un ragionamento sugli "extraprofitti"

Ieri su Twitter (o meglio su X) ho pubblicato un breve thread in cui esprimevo alcune considerazioni sui tanto famigerati "extraprofitti" delle banche che il governo vorrebbe tassare.
Qui vorrei riprendere quelle considerazioni in testo unico, in maniera che le mie idee siano (forse) più comprensibili, anche ampliando un po' il ragionamento.
Vorrei comunque invitarvi ad andare a leggere anche tutti gli interessanti commenti e segnalazioni ricevuti nel thread: quelli non posso riportarli qui sul blog, ma sono assolutamente da leggere.

Ho voluto provare a fare un ragionamento da persona che vive di numeri, da fisico che vive - tra le altre cose - di statistica, ma da persona che non vive di economia.
Un ragionamento, appunto, sui famigerati extraprofitti.
Leggete tutto e poi ditemi dove sbaglio. Se sbaglio.

Gli extraprofitti (oggi se ne parla per le banche, ieri per il settore energetico, in altri momenti per altri settori... e non solo in Italia) sono quei profitti che - detto terra terra - esplodono per situazioni contingenti particolari.
Profitti che vanno molto oltre i profitti "standard" del settore, per i quali non si può quindi parlare di normale andamento dei mercati.
E secondo certi governi (ma anche certe opposizioni e certi economisti, politicizzati o meno che siano) vanno tassati extra in quanto ingiusti.
Ed è questo il problema: cosa significa ingiusti?
Giustizia/ingiustizia è un concetto morale... in diritto (e la tassazione dovrebbe dipendere dal diritto) vale la legge, non la giustizia.

Inciso.
Non per niente nei tribunali c'è - correttamente - la scritta "La legge è uguale per tutti" e non "La giustizia è uguale per tutti".
Inciso chiuso.

Ora, a mio parere esistono due situazioni: o questi extraprofitti sono ottenuti legalmente o sono ottenuti illegalmente.
Nel secondo caso, ovviamente, la tassazione non c'entra. Ciò che va applicato è una confisca o un sequestro (al di là delle eventuali responsabilità penali personali delle singole persone).
A noi quindi è il primo caso che interessa: gli "extraprofitti" legali.
La tassazione attuale (giusta o sbagliata, alta o bassa che la si consideri) è già su tutti i profitti, anche su quelli cosiddetti extra. Alti o bassi che siano.
Ci sono qui due "sottocasi" in base alla tassazione.
O i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione fissa, diciamo per esempio al 25%, e allora se io guadagno 10 pago 2,5 e se guadagno 1000 pago 250. L'eventuale extraprofitto è già tassato.
Se invece i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione progressiva... a maggior ragione l'extraprofitto è già tassato: più guadagno più l'aliquota sale, quindi più pago, anche in percentuale, non solo in valore assoluto.

E faccio questo ragionamento da uomo di sinistra, non da liberista.
Ditemi dove sbaglio.

E questo è quanto scrissi nel thread originale.
Ma ho poi aggiunto qualcosa oggi in un minithread successivo, che riporto qui sotto.

La motivazione principale che sento/leggo spesso riguardo un'ulteriore tassazione di questi extraprofitti quando si parla delle banche sono i guadagni che queste farebbero ai danni di coloro che hanno sottoscritto mutui o prestiti a tasso variabile.
Ma siamo sicuri che questi ultimi siano sempre e solo vittime?
A me la cosa ricorda però tanto un'altra storia che riguardava le banche (nel mio racconto in particolare una banca, ma in realtà fu un fenomeno che riguardava molte banche e che, come prevedibile, finì nel nulla), cioè il vedere come vittime chi comprò azioni e/o obbligazioni di certe banche.
Leggetevi quanto scrissi qui allora, nel 2019.

Prima di chiudere vi segnalo due letture decisamente interessanti che mi sono state consigliate nei commenti al mio thread originario:
1) Un testo di Mario Seminerio (alias Phastidio);
2) Un thread di Carlo Alberto Carnevale-Maffè.

Saluti,

Mauro.

domenica 6 marzo 2022

Guerra e pace

La pace non è solo assenza di guerra.

Anzi, la sola assenza di guerra senza vera pace è solo incubatrice di altre guerre.

Per questo chi vuole la pace a ogni costo, andando solo contro la violenza ma non a favore della giustizia, quasi sempre finisce per non impedire le guerre, anzi spesso le provoca o ne aiuta l'allargamento.

Rifletteteci.
Pensate, per esempio, alla conferenza di Monaco del 1938.
Ma anche a casi attuali, sotto gli occhi di tutti.

Essere pacifisti senza se e senza ma non significa automaticamente essere per la pace.
Anzi, quasi sempre significa solo essere di fatto alleati del più forte e carnefici del più debole.

Saluti,

Mauro.

lunedì 4 maggio 2020

Un brutto giorno per la Germania

Oggi è un brutto giorno qui in Germania.

E no, non c'entra la pandemia.

Oggi è stato definitivamente archiviato il processo per la tragedia della Love Parade di Duisburg del 2010.
È un brutto giorno perché si è scelto di archiviare senza arrivare a sentenza (e molti prevedevano che comunque anche senza archiviazione il processo si sarebbe protratto fino a fine luglio, in modo di far scattare la prescrizione).
Eppure fu una strage praticamente voluta.

Cosa intendo?

Ai tempi io a Duisburg ci lavoravo e passavo ogni giorno davanti all'area dove si sarebbe tenuta la Love Parade.
Quell'area non era né pronta (i lavori preparatori non erano conclusi) né adeguata (l'area avrebbe potuto contenere un decimo, massimo un quinto della folla prevista).
Ne scrissi subito qui.

La volontà di fare chiarezza non c'è mai stata. Mai.
Infatti basti dire che il processo è cominciato più di sette anni dopo l'evento.
Proprio un processo per direttissima.

Eppure i fatti erano noti, la documentazione disponibile e i possibili responsabili conosciuti fin da subito.
Del resto c'erano anche responsabilità politiche. La tentazione di insabbiare era forte.

E devo essere sincero: io quando nel giugno 2017 venne annunciato il processo dubitavo che alla fine lo avrebbero tenuto.
Tanto che nel dicembre 2017, quando cominciò effettivamente, ne scrissi quasi stupito.

Subito era chiaro il rischio prescrizione: non essendovi tra le ipotesi di reati in causa l'omicidio, essa sarebbe scattata il 23 luglio 2020.
Nel febbraio 2019 venne già archiviata la posizione di sette dei dieci imputati.
Oggi, 4 maggio 2020, l'archiviazione definitiva.

Anzi tombale.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 9 maggio 2018

Perché sono contro l'istituzione giuridica della grazia

In Italia, come in molti altri paesi, esiste l'istituzione giuridica della grazia, cioè - detto terra terra - del condono della pena o parte di essa.
In Italia è prevista all'interno dell'articolo 87 della Costituzione ed è regolata dall'articolo 681 del codice di procedura penale.

Negli ultimi mesi/anni se ne è riparlato in particolare per il caso Dell'Utri.
Ma adesso qui non mi interessano i casi particolari, bensì il concetto generale.

Molti confondono la grazia con il perdono.
Bene, non c'entra niente: il perdono è una cosa soggettiva, morale (indipendentemente dall'essere credenti o meno) e non giuridica.
Una vittima può perdonare un colpevole, ma il perdono non può appartenere al sistema giuridico, visto che quest'ultimo deve (anzi, dovrebbe) basarsi sui fatti e su concetti il più possibile razionali.

La grazia è, come detto, un'istituzione giuridica.
Una particolare istituzione giuridica che può essere applicata per i più disparati motivi e che alla fine (pur con il ruolo consultivo del Ministero dell'Interno) è ad arbitrio del Presidente della Repubblica, nel senso che per il suo sì o no finale deve vedersela solo con sé stesso e non deve rendere conto a nessuno.
E negli altri paesi dove la grazia è prevista la situazione è analoga (anzi, in alcuni non è neanche previsto il ruolo consultivo di qualche ministero).

Ebbene, io trovo questa istituzione giuridica assurda e anacronistica.

Mi spiego.
Io non sono un giustizialista inquisitore che vuole vedere qualsiasi condannato marcire in carcere fino all'ultimo giorno della pena prevista in tribunale.
Però... per la maggioranza dei casi in cui il condannato meriti fiducia e una seconda possibilità o per qualsiasi altro motivo si creda giusto venirgli incontro ci sono altri dispositivi giuridici non autocratici, tipo la conversione della pena (l'esempio più noto è il trasformare parte della pena detentiva in una pena con sospensione condizionale).
E quindi?

E quindi non sono d'accordo con l'istituzione giuridica della grazia (almeno non nella forma in cui esiste oggi) proprio per la sua anacronistica autocrazia.
Un uomo solo (in questo caso il Presidente della Repubblica) che possa prendere una decisione del genere senza doverne rendere conto a nessuno a me ricorda tanto i principi feudali o il papa re (o i dittatori moderni).
E per fortuna in Europa e buona parte del resto del mondo siamo fuori da quei tempi.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i miei articoli sugli... articoli della Costituzione.

mercoledì 28 giugno 2017

Processi per direttissima - Hillsborough Stadium

Qualche giorno fa vi avevo raccontato del processo "per direttissima" per la strage della Love Parade di Duisburg del 2010.

Ci sono paesi comunque che se la prendono ancora più comoda della Germania. Per la precisione il Regno Unito.

Il 15 aprile 1989 allo stadio di Hillsborough a Sheffield, prima della semifinale della coppa d'Inghilterra, ci fu un incidente (non tumulti tra le due tifoserie, quindi niente a che vedere con gli hooligans) che provocò una strage: 96 morti.
Fu chiaro fin da quasi subito che qualcosa non aveva funzionato nell'organizzazione e nelle misure di sicurezza.

Negli anni si sono susseguite le indagini e... finalmente oggi, 28 giugno 2017, David Duckenfield - ai tempi responsabile della polizia a Hillsborough - e altre cinque persone sono state incriminate per omicidio colposo.
Ad agosto comincerà il processo penale.
Solo 28 anni e 4 mesi dopo.
Per direttissima, insomma.

Saluti,

Mauro.

venerdì 9 giugno 2017

Riina e la morte dignitosa: stiamo parlando del nulla

In questi giorni si sta parlando tanto (e generalmente a sproposito) della sentenza della Cassazione su Totò Riina.
Dopo le false e sensazionalistiche notizie dei giornali già molti hanno messo in chiaro che la Cassazione non ha ordinato la scarcerazione di Riina.
Ha solo rinviato il tutto di nuovo al Tribunale di Sorveglianza, in quanto le sue motivazioni erano insufficienti e in parte contradditorie.
Per capirlo ai "giornalisti" sarebbe bastato leggere l'ultima frase della sentenza della Cassazione (non sarebbe neanche stato necessario leggere la sentenza completa, che comunque trovate qui):

"Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Bologna".

Ma non è tanto di questo che volevo parlarvi, la cosa è già stata chiarita bene altrove.

Quello che vorrei far notare è che in realtà si sta parlando del nulla. Sia gli avvocati di Riina che i vari tribunali si stanno occupando di una cosa che non ha senso (ma che chiaramente agli avvocati porta pubblicità e ai tribunali anche, in un modo o nell'altro).

Il punto è che l'ordinamento giuridico italiano prevede il diritto a una morte dignitosa anche per i detenuti, anche per i peggiori criminali detenuti.
E su questo credo che nessuna persona civile abbia qualcosa da ridire (è chiaro che le vittime la vedano spesso diversamente, ma non si può pretendere che le vittime perdonino, bensì solo che accettino le sentenze).

E Riina è malato seriamente (oltre che vecchio, il che certo non agevola la salute). Questo è un fatto.
Merita di morire dignitosamente? Per la legge sì (qualsiasi cosa noi moralmente pensiamo di lui).
E le carceri italiane non sono proprio il luogo migliore per morire con dignità, le condizioni della maggior parte di esse sono (eufemismo) "deficitarie".
E Riina è detenuto nel carcere di Parma (non so se sia tra i migliori o tra i peggiori in Italia, ma - come capirete sotto - la cosa in questo caso non conta proprio un belino).

Sicuri sicuri che Riina sia in carcere?
Burocraticamente sì... ma di fatto no.

Riina è ricoverato all'Ospedale Universitario di Parma in una camera singola posta momentaneamente sotto la giurisdizione del carcere di Parma, in quanto Riina è un detenuto, ma l'infermeria del carcere non poteva garantire adeguate cure.
In quella camera, a parte il fatto che è costantemente sotto sorveglianza delle forze dell'ordine e che non può ricevere visite liberamente come gli altri degenti, Riina ha le stesse comodità (o scomodità, visto che è pur sempre un ospedale) e riceve la stessa assistenza sanitaria degli altri degenti.
Sta morendo in un ospedale (o casa di cura), come la maggioranza delle persone (liberi cittadini o detenuti che siano) nelle sue condizioni di salute ed età.

Mi sapete dire dov'è la mancanza di dignità in questa situazione?
Riina sta morendo in maniera assolutamente dignitosa. All'ospedale.

Stiamo parlando del nulla.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 7 giugno 2017

Processi per direttissima - Love Parade

Molti dei miei lettori ricorderanno la strage alla Love Parade di Duisburg del 24 luglio 2010.

Il 6 o l'8 dicembre comincerà a Düsseldorf il processo (ipotesi di reato: omicidio colposo e lesioni colpose) contro sei dipendenti del comune di Duisburg e quattro dipendenti dell'organizzatore.

Sì, avete letto bene: comincerà, non si chiuderà.

7 anni, 4 mesi e 13 (o 15) giorni dopo i fatti. Con i presunti responsabili noti fin dal primo giorno.

Processo per direttissima, direi.

Saluti,

Mauro.

domenica 14 maggio 2017

La Serracchiani e gli stupri

Tutti avete letto la dichiarazione della Serracchiani su stupri e profughi. Non serve che ve la ricordi.

Serve però che vi ricordi che stampa e politica hanno reagito come cani di Pavlov, non come persone intelligenti (sia coloro che la hanno attaccata, sia coloro che la hanno difesa).

Intanto chiariamo una cosa: quanto detto dalla Serracchiani non c'entra nulla col Diritto.
In tribunale non c'entra nulla da dove venga uno stupratore e quale status giuridico abbia nel paese. Conta il reato in sé e - per valutare eventuali attenuanti o aggravanti - al massimo le circostanze in cui è avvenuto e le motivazioni del gesto. Nulla di più.

Quindi le dichiarazioni della Serracchiani - giuste o sbagliate che siano - riguardano solo l'ambito morale del problema, non quello giuridico.

Cosa voleva dire la Serracchiani?
Che chi cerca accoglienza in Italia (o in qualsiasi altro paese) moralmente ha più ancora dovere di altri di comportarsi bene. Proprio per guadagnarsi questa accoglienza.
Può sembrare un'affermazione dura, ma tutto sommato è decisamente condivisibile.
Moralmente si intende, visto che - come già detto - giuridicamente conta il reato, non chi lo compie.

E allora dove sta il problema?
Il problema sta nel fatto che la Serracchiani (spero per stupidità e non per malafede) ha scelto come esempio un reato che - pur essendo in decrescita e non un'emergenza - viene usato, anzi abusato, dalla stampa e dai partiti per alimentare la paura nella popolazione.
I numeri per fortuna parlano un altro linguaggio... ma, si sa, i numeri in Italia sono poco amati.

E quindi la reazione è come quella dei cani di Pavlov. Automatica, non ragionata.
Se la Serracchiani avesse usato come esempio un altro reato, le reazioni da entrambe le parti sarebbero state molto più moderate.

Saluti,

Mauro.

giovedì 13 aprile 2017

La proposta di legge tedesca sulle fake news

Molti di voi avranno sentito o letto nei giorni scorsi della proposta di legge tedesca contro le fake news (e già qui c'è un problema: tale proposta di legge parla di hate speech, non di fake news).

La stampa italiana ne ha parlato oserei dire quasi con entusiasmo (ma mi chiedo quanti di quelli che ne hanno scritto si siano presi la briga di leggere le 31 pagine scritte in tedesco burocratico della proposta di legge) lodando la messa fuorilegge di fake news e simili.
Molti blogger o siti specializzati si sono invece chiesti - giustamente - come il governo tedesco intende applicarla.

Bene, io mi sono andato a cercare la proposta di legge in questione e - masochista come sono - mi sono sacrificato per voi e me la sono letta :-)

Intanto precisiamo che la stampa che ne ha parlato direi che non ha letto neanche il titolo della legge: infatti non si tratta di una legge che introduce il reato di fake news e/o hate speech. Questi reati, anche se ovviamente non formulati sotto queste definizioni inglesi, esistono già.
La proposta di legge porta questo titolo: Entwurf eines Gesetzes zur Verbesserung der Rechtsdurchsetzung in sozialen Netzwerken (tradotto in italiano: Bozza di una legge per il miglioramento dell'imposizione del diritto nelle reti sociali).
Ergo: non vengono introdotti nuovi reati. Si cercano "solo" gli strumenti per poterli perseguire adeguatamente.

Inciso: qui il testo completo della proposta se volete leggervela da soli, sul sito del Bundesministerium der Justiz und für Verbraucherschutz (Ministero Federale della Giustizia e per la Tutela del Consumatore).
Inciso chiuso.

Infatti già nell'introduzione, dove il proponente spiega perché ritiene utile proporre questa legge e quale problema con essa intende risolvere o almeno contrastare, si parla appunto del problema posto da Hasskriminalität und andere strafbare Inhalte (in italiano: Criminalità dell'odio e altri contenuti penalmente perseguibili).
E se volessimo solo rispondere alla stampa italiana basterebbe fermarci qui: infatti non si mette fuori legge niente. I temi in questione sono già fuorilegge.

Ma c'è di più.

Facciamo un passo indietro e rileggiamoci il titolo: questa legge è esplicitamente dedicata ai soziale Netzwerke (alias social networks). Infatti nell'introduzione di cui sopra vengono citati per nome Facebook, YouTube e Twitter.
Quindi, per esempio, un quotidiano costruito sull'incitamento all'odio come la Bild Zeitung non è minimamente toccato (e in Germania fa molti più danni di Facebook & co.).

E ció dimostra quanto poco la politica capisca della rete.
Se infatti si trattasse di una legge sulla prevenzione di certi contenuti potrei capire la dedica ad hoc ai social networks, visto il modo di creazione dei contenuti decisamente diverso rispetto a quello dei media classici.
Ma trattandosi di una legge per la repressione dei contenuti detti... che differenza fa che io inciti all'odio su Facebook o sulla Bild? Nessuna: una volta che la magistratura ha scoperto che il reo sono io, mi mette nella lista degli indagati e porta avanti il procedimento indipendentemente da dove io ho scritto.
E anche per i casi in cui la legge ritenga il medium (o meglio il suo editore/padrone) corresponsabile... non cambia nulla che il medium sia cartaceo, informatico o che so io.

Sì, ora voi mi direte: ma Facebook sta negli USA... come fa la magistratura tedesca a colpirlo con le leggi esistenti?
Appunto: sta negli USA. Quindi puoi fare tutte le leggi che vuoi... nuove, nuovissime, buone, buonissime, dure, durissime... Facebook rimane negli USA. Le tue nuove leggi sono impotenti quanto quelle vecchie.

Ma comunque ora la domanda è: come intende procedere il proponente? Quali sono gli strumenti presenti in questa proposta di legge?

Inciso: vi risparmio la parte in cui si parla dei costi dell'attuazione e di come coprirli: questa parte, se vi interessa, ve la leggete e ve la traducete da soli.
Inciso chiuso.

Finita l'introduzione di cui ho parlato sopra (e che servirà al dibattito parlamentare, ma non farà parte del testo della legge nel caso questa venga approvata), comincia il testo di legge vero e proprio.

Il primo articolo della legge riguarda doveri e pene.

Questo precisa nel primo comma che la legge vale per i fornitori di servizio a scopo di lucro.
Cioè, fatemi capire, se Tizio diffama Caio su Facebook allora la cosa va perseguita, mentre se lo fa in un commento al mio blog no, visto che il mio blog non ha scopo di lucro?
Va beh, andiamo avanti.

Nel secondo comma viene citato il primo atto concreto che la proposta di legge prevede per i social networks: il dovere di rapporto. Essi devono trimestralmente scrivere un rapporto sui reclami ricevuti a proposito di hate speech e altri contenuti penalmente rilevanti, da pubblicarsi sia sulla propria homepage che sul corrispettivo tedesco della Gazzetta Ufficiale.
E la proposta di legge dettaglia burocraticamente cosa deve contenere detto rapporto, tra cui quantità e tipo di reclami, se si sono consultati esperti esterni per decidere, tempo passato tra arrivo del reclamo e intervento concreto, metodo di comunicazione al reclamante, ecc.

Nel terzo comma si descrive come si deve comportare il fornitore del servizio una volta ricevuto il reclamo: tempi di reazione e di cancellazione (dove tra l'altro si distingue tra illegale e palesemente illegale: come decidere se un reato è palese o meno però non viene detto).

Il quarto comma cita le pene a carico dei fornitori di servizio in caso di non adempimento di quanto negli articoli precedenti: fino a mezzo milione di euro per non adempimento colposo/preterintenzionale, fino a cinque milioni di euro per non adempimento volontario.

Quinto e sesto comma sono puramente tecnici (istituzione pubblica responsabile e tempi di attuazione). Non ci interessano.

Il secondo articolo prevede una modifica all'attuale legge tedesca sui media: la legge attuale parla per televisione, radio e internet di padrone (inteso nel senso finanziario del termine... quindi per il mio blog, volendo cavillare, non sarei io, bensì Blogger, alias Google), con la modifica proposta si parlerebbe di padrone o di chi ne ha la totale gestione di diritto (e quindi per il mio blog qui entrerei in gioco anch'io).

Il terzo articolo definisce i tempi dell'entrata in vigore della legge (cioè nel momento stesso dell'approvazione finale da parte del Parlamento).

E... e tutto qui.

Le restanti pagine del testo il cui link ho pubblicato sopra (da pagina 10 a pagina 31) sono allegati, spiegazioni, questioni tecniche dedicate alla discussione parlamentare ma che (per quanto effettivamente molto interessanti e utili a livello informativo) non contano nulla, in quanto non faranno parte del testo della legge e quindi - pur dicendo qualcosa di più degli articoli esposti - non avranno nessun effetto sull'applicazione e sul successo della legge stessa.

Quindi riassumendo: una legge assolutamente generica, non concreta (obbligo di rapporto a parte), il cui unico scopo è di colpevolizzare esplicitamente i social networks e prevedere pene molto più sostanziose di quelle attuali (e che probabilmente lo Stato comunque non riuscirà a incassare).

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Ringrazio Mattia Butta per avermi invitato a scrivere questo articolo, dopo che avevamo discusso dell'argomento nei commenti a un articolo sul suo blog.

mercoledì 6 luglio 2016

Il caso Alfano

I cosiddetti garantisti (cosiddetti in quanto il loro garantismo dipende da chi è l'accusato) starnazzano che Alfano non ha fatto nulla di penalmente rilevante.
Per quel che ne so io (e chi mi conosce sa che non sono certo un estimatore di Alfano e della sua consorteria politica) è vero: Alfano non ha commesso reati e neanche li ha favoriti.
Ma se la tua famiglia (in questo caso padre e fratello) ha comportamenti tali... non c'entra più niente cosa tu come singola persona hai fatto o non hai fatto. E non c'entra neanche se i tuoi parenti hanno approfittato di te a tua insaputa.
Quello che c'entra è che tu hai dimostrato inaffidabilità (se no ti saresti accorto di quel che stava succedendo). Punto.
E una persona inaffidabile - anche se onestissima - non ha niente a che fare con una carica di governo. Detta persona deve dimettersi e basta.
Come detto, al di là della propria onestà.
E se non lo fa volontariamente, deve essere il consiglio dei ministri a obbligarlo a dimettersi. Sempre che detto consiglio dei ministri abbia idea di cosa siano giustizia e opportunità.

Saluti,

Mauro.

venerdì 8 aprile 2016

Una domanda sul caso Regeni

C'è una domanda che mi ronza nel cervello sul caso Regeni.
No, non sto parlando di giustizia (e in un mondo serio l'Egitto avrebbe al proposito più di qualcosa da spiegare), bensì di diritto (che non è la giustizia, ma senza di esso non vedo come si possa avere giustizia).

Regeni era cittadino italiano.
Regeni è stato ucciso in Egitto.
Quindi, comunque siano andate le cose, che Italia ed Egitto abbiano giurisdizione sul caso (anche se su diversi piani) è palese.
Io non sono un giurista, ma quel poco che ne so mi basta per affermare che sia Italia che Egitto possono (e devono) dire la loro.

Però c'è un terzo paese che viene taciuto (e che tace).
Regeni era residente nel Regno Unito.
Regeni era in Egitto per conto di un'istituzione del Regno Unito (l'Università di Cambridge).
Eppure, a parte le condoglianze e condanne di rito, non mi pare che il Regno Unito abbia mosso un dito.

Se non a livello giuridico, non dovrebbe almeno essere coinvolto a livello politico-diplomatico?

Saluti,

Mauro.

venerdì 23 ottobre 2015

Perché distinguere?

In questi ultimi due giorni la stampa (e non solo) è stata inondata di articoli e commenti sul fatto avvenuto nel bresciano milanese in cui un "cittadino" ha reagito e ucciso un "ladro".
Ora... io purtroppo ho sentito solo ricostruzioni di parte. Lasciamo perdere quali parti politiche si schierino dalla parte del morto e quali dalla parte dello sparatore... il problema è un altro.
Il problema è che non c'è da scegliere: abbiamo semplicemente a che fare con due criminali.
Il morto era entrato in una casa per rubare e non gliene fregava nulla delle possibili conseguenze... lo sparatore - in base alle ricostruzioni, credibili - cercava solo una scusa per sparare a qualcuno.
Ergo: due puri e semplici delinquenti.
Se uno dei due non fosse morto, meriterebbero semplicemente entrambi di marcire in carcere.
Il fatto che uno dei due sia morto non dovrebbe - si spera - risparmiare all'altro il marcire in carcere.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 10 dicembre 2014

Firmate per salvare Di Matteo

Nino Di Matteo è in pericolo.

Chi è Nino Di Matteo?
È l'erede a Palermo dei Falcone e dei Borsellino. È il primo nemico della mafia oggi in Italia. È l'uomo che la mafia vuole uccidere. È il giudice che la politica non protegge.

Quindi... firmate questa petizione che verrà presentata domani in Parlamento.

Firmate, firmate, firmate!!!

Saluti,

Mauro.

lunedì 23 giugno 2014

Una scomunica ai mafiosi... sì, e allora?

Bergoglio ha scomunicato i mafiosi.
Tutti ne parlano, bravo Bergoglio, parole coraggiose e importanti le tue, anche Wojtyla e Ratzinger avevano tuonato contro le mafie (almeno così dicono i media tedeschi, ma parole antimafiose di Ratzinger io non ne ricordo) ma non erano arrivati a una scomunica.

Ma... fermi tutti! Dove stanno il coraggio e l'importanza?
No, prima di fraintenderci: non sto parlando del significato che si può dare alla scomunica. Per un credente è una cosa seria, per un non credente è una cosa che ha lo stesso valore dei castelli in aria.
Ma questo non c'entra: il Papa è un'importante figura politica, quindi quello che dice va valutato con attenzione anche dai non credenti (del resto quello che dice Obama, per esempio, lo prendiamo in considerazione anche da non statunitensi... e il principio è lo stesso).

Quello che è importante è che, di fatto, Bergoglio non ha detto proprio nulla! Nulla di nulla.

Hai scomunicato i mafiosi? I mafiosi si atteggiano a veri credenti quindi dovrebbero sentirsi colpiti? Illuso.

Quello che conta è quello che succede nelle aree mafiose. E lì quello che dici non conta nulla. Contano i fatti che vengono messi in atto lì, in quelle aree. Contano i fatti (magari accompagnati dalle parole, ma non certo le parole da sole).

Se i vescovi e i preti lì sono vicini alla mafia, gli stessi vescovi e preti se ne fregheranno della tua scomunica e continueranno a considerare i mafiosi cittadini "esemplari". Tu devi sostituirli e spretarli, non lanciare belle parole come "scomunica".
Se i vescovi e i preti lì cercano solo di tenersi fuori dai guai senza entrare in contatto con la mafia (per paura, voglia di quieto vivere o qualsiasi altra cosa) la tua scomunica scivolerà via come pioggerellina nelle grondaie. Tu devi muoverti e andarli a scuotere per farli diventare antimafiosi.
Se i vescovi e i preti lì sono già antimafiosi e si danno veramente da fare contro la mafia e per le vittime, le tue scomuniche non gli servono a niente, anzi rischiano di metterli ancora più in difficoltà. Tu devi darti da fare per proteggerli e sostenerli, aumentando il supporto materiale a loro e cercando di fare terra bruciata (collaborando con lo Stato, non limitandoti a lavorare dentro la chiesa) attorno a chi li minaccia.

Insomma, caro Bergoglio, o ti muovi, o ti dai da fare veramente con fatti, azioni, anche parole, sì, ma non alla folla, bensì direttamente in faccia ai mafiosi, oppure non hai fatto proprio niente. Niente di niente.

Se non fai queste cose, la tua scomunica non è un atto antimafioso. È solo pubblicità per la tua persona e sabbia negli occhi al mondo.

Saluti,

Mauro.

martedì 15 aprile 2014

I servizi asociali del caimano

Berlusconi è stato definitivamente affidato ai servizi sociali.
Pena alternativa al carcere o ai domiciliari. Fin qui nulla da dire, scelta accettabile e - spesso - utile.

Ci sono però due cose che mi lasciano perplesso.

1
L'affidamento ai servizi sociali è comunque seguito di un reato, quindi è una pena giudiziaria.
Nell'ordinamento giuridico italiano la pena deve avere scopo rieducativo, in altri ordinamenti lo scopo è puramente punitivo, in altri ancora si parla di pena ma senza citarne lo scopo.
In tutti però rimane una pena.
Cosa significa ciò? Significa che deve costringere il punito a vivere una situazione scomoda, non piacevole (almeno psicologicamente) in maniera da farlo riflettere su ciò che ha fatto (se lo scopo è rieducativo) o da piegarlo psicologicamente (se lo scopo è punitivo).
Ora spiegatemi come si possa raggiungere un tale obiettivo con solo quattro ore di lavoro per i servizi sociali a settimana (e probabilmente, vista l'età di Berlusconi, si tratterà anche di lavoro leggero).

2
Nella mia infinita ingenuità io ritengo che l'affidamento ai servizi sociali debba avere due scopi.
Il primo, come detto sopra, è l'espiazione della pena da parte del condannato.
Il secondo è, nella mia visione del mondo, fornire un vero servizio concreto a chi di quel servizio sociale usufruisce.
Ciò presuppone due cose:
- il servizio deve avere una certa estensione e continuità per garantire efficacia;
- gli addetti a detto servizio (affidati ai servizi sociali compresi) devono avere almeno una parziale competenza nel campo.
Ora spiegatemi come quattro ore settimanali possano essere abbastanza per garantire una certa efficacia e quali competenze ha Berlusconi nella cura agli anziani.

Saluti,

Mauro.

venerdì 28 dicembre 2012

La scelta di Grasso non mi quadra

Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, ha deciso di lasciare la magistratura e di candidarsi nel PD.

Giovanni Falcone, di fatto "padre" della procura nazionale antimafia, è sempre stato descritto come - in fatto di legalità e giustizia - l'esempio a cui il PD guarda.

Grasso e Falcone sono stati spesso in polemica.
Grasso ha più volte cercato (talvolta con successo talvolta no) di smontare quanto da Falcone costruito.

Qualcosa non mi quadra.

Saluti,

Mauro.