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sabato 12 luglio 2025

Il mito della temperatura ambiente

Gli autoproclamati esperti di vino e grappa dicono sempre che il vino bianco va bevuto a temperatura di frigo, mentre il vino rosso e la grappa a temperatura ambiente.
Ma cos'è questa temperatura ambiente?
Non è certo la stessa a Palermo e a Bolzano... a parte giornate particolari, su questo tutti possiamo essere d'accordo, vero?

Il fatto è che con temperatura ambiente si intende in realtà la temperatura del luogo in cui dovrebbe venire conservato il vino (o la grappa) nel tempo, non la temperatura del luogo in cui viene consumato.
E questo luogo si chiama... cantina!
E la cantina standard (in quasi tutta Italia) ha una temperatura media intorno ai 16-18 °C.

Ergo, voi generalmente bevete il vino rosso e la grappa troppo caldi, visto che pensate alla temperatura del luogo di consumo, non di conservazione. E  quindi li lasciate ore al "caldo" dopo averli presi dalla cantina.
Ma anche il vino bianco, se lo tenete in cantina e non in frigo, lo bevete troppo caldo, anche se per la ragione opposta.

Saluti,

Mauro.

domenica 25 maggio 2025

Archeologia personale

Nei giorni scorsi mi sono ritrovato a rimettere a posto un po' di libri della mia biblioteca personale.
E da uno dei libri che stavo sistemando è caduto fuori un foglietto, strappato da un bloc notes di non grandi dimensioni e scritto su entrambi i lati.

Questo foglietto:



Di cosa si tratta?

Quando vivevo a Colonia organizzavo spesso attività culturali relative all'Italia o a Colonia stessa.
In questo caso a entrambe: questo foglietto rappresenta una prima bozza schematica del tragitto (con anche indicazioni dei mezzi pubblici da usare) di un giro per Colonia intitolato "Tracce italiane a Colonia" che organizzai quasi 15 anni fa.

Non ricordavo di averlo conservato, ma di sicuro - per quanto malconcio - ora non lo butto più via, anzi lo conservo con cura.

Saluti,

Mauro.

martedì 28 gennaio 2025

Quiz scientifici in rete

Chi mi segue sui social networks sa che su X (ex Twitter) e Mastodon mi diverto a pubblicare quiz.
Di ogni materia, ma principalmente matematici e scientifici.

Spesso me li invento io, ma altrettanto spesso li prendo da libri o siti web.

Quali siti web uso per "rifornirmi"? Quali sono i miei pusher?
Principalmente quattro (ormai cresciuti con gli aggiornamenti).

1) Mind Your Decisions, con quiz matematici e logici. Ha anche un proprio canale YouTube.

2) SciAm Games, la pagina ludica di Scientific American, non solo quiz, ma anche sudoku, puzzles e altro.

3) Denksport.de, matematica, fisica, ma anche quiz di vario altro tipo, in tedesco.

4) Notiziole di .mau., non è un blog di quiz, ma ogni domenica pubblica un quizzino matematico.

5) Matematica tranquilla, canale matematico su YouTube, non si tratta di quiz in senso stretto, ma di problemi matematici, da cui si possono però ricavare ottimi quiz (aggiornamento 12.06.2025).

6) Rätsel der Woche, anche il settimanale tedesco Der Spiegel ha una sua pagina ludica, con una sezione (quella qui citata) che settimanalmente pubblica quiz di logica e matematica, in tedesco (aggiornamento 03.07.2025).

7) Britannica Trivia Quizzes - Science, il sito dell'Enciclopedia Britannica ha una pagina di giochi e quiz su ogni argomento, ma a noi interessano quelli di scienza (aggiornamnto 04.08.2025).

Questi sono i miei pusher principali.
In futuro aggiornerò questa lista con altri siti.

Saluti,

Mauro.

martedì 8 agosto 2023

Riusciremo mai a fare gli Stati Uniti d'Europa?

Come chi mi conosce sa, gli Stati Uniti d'Europa sono un mio sogno. Lo espressi in maniera inequivocabile qui nel 2018.
E quel sogno continuo ad averlo.

Ma oggi Lele in un commento a questo mio post del 5 agosto scorso mi ha chiesto esplicitamente: "riusciremo mai a fare gli Stati Uniti d'Europa?".
E qui si parla di realtà, non di sogni.

Se devo essere realista dico che la Comunità Europea originaria, quella a 6 stati (Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) aveva tutte le potenzialità per diventare gli Stati Uniti d'Europa.
Nonostante tutte le differenze, il retroterra comune, le necessità comuni erano forti, presenti e sono convinto che alla lunga, anche se non senza difficoltà, ci si sarebbe arrivati.

E questa speranza, anche se con meno convinzione, è durata fino al 2004, fino a che l'Europa era a 14 (anzi a 15, visto che il Regno Unito era ancora dentro). Cominciava, con l'allargamento del 1995, a esserci meno omegeneità, ma le basi comuni erano ancora forti.

Con l'ampliamento affrettato a est del 2004 (e successivi), nonostante tutti i proclami, si è definitivamente detto addio a questa speranza.
Ampliamento troppo affrettato, troppo vasto e troppo snaturante. Troppe le differenze tra i membri a questo punto. E troppo tenute nascoste, o meglio sottovalutate, pur di allargarsi velocemente.
Nel 2004, di fatto, l'Europa ha rinunciato al sogno di una vera unità per limitarsi a essere una sorta di ONU continentale.

Ergo, rispondendo a Lele: no, non riusciremo mai a fare gli Stati Uniti d'Europa.

Spero che la storia mi smentisca, ovviamente.

Saluti,

Mauro.

giovedì 2 febbraio 2023

Io sono io

Io sono io.
E voi siete voi.

Ma so che avete già capito male... non sto intendendo la cosa nel senso del Marchese del Grillo 😉

E invece dovete capire bene!

Quanto ho scritto significa solo che quando dialoghiamo non dobbiamo giudicare l'altro solo in base ai nostri schemi mentali (è difficile, lo so), ma prima di giudicarlo dobbiamo cercare di capire i suoi.
Ognuno ha schemi mentali differenti e per poterli giudicare (e quindi accettare o condannare, perché sì, si possono anche condannare, non vanno per forza accettati per chissà quale malintesa tolleranza) bisogna prima capirli. Senza capire, nessun giudizio è possibile. Né positivo né negativo.

E, prima che insorgiate, vorrei che notaste l'unica parola che ho scritto in grassetto sopra.
Solo.
Con quella sottolineatura voglio rendere chiaro che non dobbiamo per forza abbandonare i nostri schemi mentali, ma che dobbiamo anche impegnarci a capire quelli altrui.
Perché gli schemi mentali sono necessari, inevitabili, ma non ce n'è uno superiore all'altro.
Gli schemi devono esserci, ma devono essere flessibili, non rigidi.

Del resto quelli che definiamo "schemi mentali" sono semplicemente la cultura in cui siamo cresciuti.
E ogni cultura ha lati positivi e negativi.
E se, per liberarci dei lati negativi, buttiamo via tutta la nostra cultura... allora buttiamo via il bambino insieme all'acqua sporca.

Poi, se uno schema mentale (che sia nostro o altrui) è rigido, intollerante, arrogante, razzista o simili... beh, allora sì che c'è qualcosa che non va. E allora va combattuto.
Perché in quel caso c'è solo acqua sporca, nessun bambino.
E soprattutto non c'è nessuna cultura,

Ma, se prima di giudicare chi ha altri schemi mentali, non vi impegnate a capirli (capire non significa accettare e basta, come certa attuale propaganda vuol far credere, capire significa impegnarsi per vedere da dove vengono quegli schemi e perché sono così)... beh, allora siete voi i "talebani".
Non quelli che combattete.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Il sottotitolo di questo blog (sottotitolo esistente dal 2006, non nato oggi) è, non a caso, "Io sono io. O no?".

lunedì 10 gennaio 2022

Tutti i dettagli genovesi

Articolo che verrà costantemente aggiornato man mano che pubblicherò nuovi "dettagli".

Dettagli genovesi 43 - Regine... (aggiornamento 09.12.2022)
Dettagli genovesi 44 - Prospettiva di chiese (aggiornamento 10.03.2023)
Dettagli genovesi 45 - La Hofbräuhaus (aggiornamento 01.08.2023)

Dettagli genovesi special:

Una fermata a Marassi (aggiornamento 23.04.2022)
Una fermata a Marassi 2 (aggiornamento 23.04.2022)
Una fermata a San Fruttuoso (aggiornamento 01.08.2023)
Un'altra fermata a San Fruttuoso (aggiornamento 25.12.2023)

Saluti,

Mauro.

domenica 19 dicembre 2021

Il latino e il liceo (scientifico)

Ieri sul canale Youtube La Biblioteca di Alessandria ho guardato il video Ha ancora senso studiare il latino al liceo scientifico?

Non ho potuto evitare di lasciare i miei commenti, che qui cerco di esplicitare un po' meglio.
Vi consiglio però vivamente di guardare prima il video di cui sopra, visto che quanto scrivo è direttamente legato ai contenuti del video stesso.

Anch'io, come Gioele (l'autore del video), ho fatto il liceo scientifico, nei lontani anni '80 quando l'impronta classica di tutto il mondo liceale era ancora più forte di oggi, e poi mi sono laureato in materie scientifiche (io in fisica, lui in medicina).

Sostanzialmente sono d'accordo con lui.
Forse io il latino non lo abolirei proprio del tutto, ma lo ridurrei al minimo perché sottrae tempo a materie altrettanto, se non più, fondamentali. Lui ha fatto l'esempio della chimica, ma anche le scienze naturali sono abbastanza bistrattate. E ho purtroppo conosciuto insegnanti che, insegnando nella stessa classe sia italiano che latino, toglievano di fatto ore all'italiano e alla letteratura italiana per aumentare quelle del latino.
Un'ora la settimana per studiarne le basi nel biennio e la letteratura nel triennio la lascerei. Di più no.

E ora qualche commento sparso su quanto Gioele dice nel video.

Il latino come lingua precisa, logica.
No, io non definirei il latino come logico e tanto meno come preciso. Lo definirei come fissato.
Mi spiego. Tutte le lingue hanno una loro precisione, se no non permetterebbero di comunicare, ma una lingua viva si muove e cambia, quindi non ti darà mai un sistema di regole, una "legislazione" definitiva e fissata. Il latino, in quanto lingua morta che non si evolve più, invece te li dà.
Quindi il latino sembra preciso, perché le regole sono fissate e quindi saprai sempre con certezza se hai fatto giusto o sbagliato in base a dette regole (indipendentemente dalla logica della regola stessa). Italiano, inglese, tedesco, ecc. essendo lingue in evoluzione avranno ovviamente sempre una qualche zona grigia, un po' di flessibilità.

Per quanto riguarda il latino e la logica, troviamo un'altra assurdità.
Come giustamente dice il video ci sono anche altre materie che usano la logica, tipo la matematica. Anzi, a scuola la matematica è la materia logica per eccellenza.
E qui allora bisogna far notare ai difensori del latino che la matematica, contrariamente al latino, la studi già alle elementari e alle medie.
Quindi, quando arrivi al liceo, al limite è la matematica (che anche se solo a livello di base già conosci) a servirti per il latino, non viceversa.

Rimanendo alla logica... se parliamo della forma mentis che la logica può dare, allora obiettivamente basta studiare bene (ma bene, non come viene fatto spesso!) la logica in filosofia. Non servono le lingue, né quelle morte né quelle vive.

Le lingue servono a due altre cose.
A comunicare (per quanto riguarda quelle vive).
A poter approfondire le fonti, visto che una traduzione - soprattutto in ambito letterario - è sempre un po' un tradimento (e questo vale sia per le lingue vive che per quelle morte).

E per quanto riguarda la comunicazione oggi - che piaccia o meno - la base è l'inglese non il latino, soprattutto in ambito scientifico.
Infatti, altra cosa sostenuta dai difensori del latino, è che questo è in realtà la base linguistica della scienza, vista la terminologia usata in molte scienze.
Sbagliato: terminologia e lingua non sono sinonimi: la terminologia che ti serve puoi anche impararla a memoria senza sapere la lingua da cui deriva.
Non per niente Gioele giustamente dice che lui senza l'inglese non avrebbe potuto laurearsi, visto che la letteratura che gli è servita per la tesi era quasi tutta in inglese. Io addirittura ho scritto la mia tesi direttamente in inglese (la versione ufficiale in italiano depositata presso l'università di Genova è solo la traduzione che feci dell'originale).
Oltretutto molti dimenticano che tra le due guerre (anzi già a inizio '900) tedesco e in misura minore francese (l'inglese ci mise più tempo anche se poi conquistò il mondo) avevano già soppiantato il latino come lingue della scienza, soprattutto in ambito fisico-matematico. Il latino sopravviveva giusto per le cosiddette scienze naturali (botanica e zoologia in particolare).

Qualcuno sostiene che il latino può aiutare a imparare il tedesco.
Qui Gioele non può rispondere (a parte giustamente dire che il tedesco puoi benissimo studiarlo anche senza latino), ma io sì, avendolo studiato.
Vero, il tedesco ha i casi e il genere neutro come il latino, ma a livello grammaticale - anche se può sembrare paradossale - è più legato al greco antico che al latino.

Il problema vero in Italia è che le materie scientifiche non vengono considerate cultura, ma qualcosa di meccanico per poter costruire cose materiali (maledetta eredità di Croce e Gentile).
In realtà il problema c'è anche qui in Germania, ma è moderato dal fatto che qui non c'è mai stato un Benedetto Croce che ha monopolizzato la cultura, o meglio ha monopolizzato la definizione di cultura.

Vorrei concludere con l'appello di Gioele al realismo.
La politica (che decide quali materie studiare e per quante ore nelle varie scuole) è fatta principalmente da persone di estrazione classica (e il ministero dell'istruzione, guarda caso, in maniera particolarmente estrema anche nella sua parte "tecnica" e non solo in quella politica). Il realismo che Gioele vorrebbe non possiamo trovarlo lì.

E ora i bicchieri che lui si aspettava di ricevere in faccia arriveranno anche a me.

Scusate il pippone.

Saluti,

Mauro.

domenica 7 novembre 2021

I misteri del tedesco 25 - La libertà del corpo

Se io vi cito i concetti di "nudismo" e "naturismo" tutti capite di cosa parlo (soprattutto se dico "nudismo", per chi non conoscesse la parola "naturismo"... sappiate che è semplicemente la stessa cosa espressa in termini più politicamente corretti), indipendentemente dal giudizio che sia io che voi possiamo dare sulla cosa.

E infatti non voglio parlarvi di come si può giudicare la cosa.
Voglio parlarvi di Germania.
Anzi, in realtà neanche di Germania, bensì di lingua tedesca.

Premessa: il nudismo qui in Germania è molto più diffuso e considerato normale di quanto lo sia in Italia. Anzi, sembra che nacque proprio qui nel 19° secolo.
E nella ex Germania Est è ancora più normale e diffuso che nella ex Germania Ovest.

Ma a parte le questioni geografiche (e politiche, che ai tempi comunque c'entravano, ma non sono il tema di quest'articolo, oltretutto già ai tempi del nazismo il nudismo era parte integrante della cultura tedesca), è il nome che qui ancora oggi viene dato al nudismo a essere interessante.

Il nudismo in tedesco è chiamato con l'acronimo FKK.
(Prima che fraintendiate: FKK, non KKK... il Ku Klux Klan non c'entra niente... del resto loro si coprono anche il volto, altro che scoprirsi il resto!).

L'acronimo FKK è l'abbreviazione di FreiKörperKultur.
Tradotto letteralmente significa Cultura del Corpo Libero.
Nel senso che il corpo, dove si pratica il nudismo, secondo i praticanti è libero da ogni costrizione e da ogni ipocrisia (e qui, come capite, c'entra il discorso politico sotto le due dittature, quella nazista e quella stalinista).

Però, onestamente, a me la definizione Cultura del Corpo Libero fa venire in mente questo:

Lo so, sono una brutta persona 😉

Saluti,

Mauro.

Altre puntate:
I misteri del tedesco  – Lista completa

domenica 16 maggio 2021

Riparliamo delle quote rosa

Più di dieci anni fa (gennaio 2010) scrissi la mia opinione sulle quote rosa su questo blog.
Nel corso degli anni il tema non ha perso, purtroppo, importanza. Purtroppo sia che si sia favorevoli, sia che si sia contrari. Spero di non dovervi spiegare quel purtroppo.

Negli ultimi giorni la questione tra Rula Jebreal e Propaganda Live (di cui tutti avete sentito, non voglio ripetervela qui) ha riportato il tema in prima pagina.

Ma, al di là delle questioni etiche, servono le quote (rosa o di qualsiasi altro tipo)?

Parliamoci chiaro: le quote sono dannose.

Quelle rosa rischiano addirittura di fornire combustibile al maschilismo, quasi di giustificarlo.
Faccio un esempio.
Mettiamo che io partecipi a un concorso che preveda quattro assunzioni ma anche la parità di genere.
Io arrivo quarto, quindi dovrei essere uno dei quattro assunti. Ma la mia sfortuna è che davanti a me sono arrivati due uomini e una donna. E quindi io sono fuori. Serve una seconda donna. Ma dietro di me tanti altri uomini e la prima (anzi, seconda) donna arriva solo decima in graduatoria.
E non perché la commissione valutatrice sia misogina o le donne siano sceme... solo perché si sono presentate pochissime donne, quindi il risultato è statisticamente logico.
Però immaginatevi come ci sentiremmo io e gli altri uomini finiti, per merito, davanti a questa donna che poi ha ottenuto il posto.
Potreste biasimarci se diventassimo almeno un po' più maschilisti?
Se rispondete sì, siete fuori dalla realtà, vivete su un altro pianeta. O siete in malafede.

Però c'è una considerazione ancora più importante da fare e di cui parlai già nel mio articolo del 2010 citato sopra.
Le quote garantite portano la parte garantita a pensare di avere diritto a quel punto di arrivo, indipendentemente dal meritarlo.
L'uguaglianza, la parità (di genere o di qualsiasi altra cosa) invece si ottiene quando tutti hanno garantite le stesse condizioni di partenza, le stesse possibilità di studiare, di presentarsi, di mettersi in mostra, di essere presi sul serio... non quando si hanno posizioni di arrivo garantite.
Queste ultime sono la negazione della parità e dell'uguaglianza.

In sostanza le quote alla fine mortificano chi ne gode, perché in pratica è come se ti dicessero: "Da sola non ce la farai mai, quindi ti do una bella spinta" (rimango sull'esempio delle quote rosa, per questo il femminile, ma vale per ogni tipo di quota).

Il problema è culturale, non legislativo o normativo.
Affrontarlo solo dal punto di vista delle norme (anche se magari non scritte, come nel caso posto da Rula Jebreal) e delle leggi, può solo esasperarlo, non risolverlo.

Saluti,

Mauro.

lunedì 1 giugno 2020

Quiz di matematica 1 - Twitter

Ogni tanto su Twitter mi diverto a proporre dei quiz sui più svariati argomenti.

Oggi ve ne ripropongo uno qui, di ambito matematico.
Scrivete le vostre risposte nei commenti.

In matematica, quale delle seguenti categorie di numeri non esiste?

1) Numeri reali;
2) Numeri iperreali;
3) Numeri irreali;
4) Numeri surreali.

Saluti,

Mauro.

sabato 11 aprile 2020

Chi vuole la riapertura delle librerie?

Scusatemi, ma stavolta faccio dietrologia.
Chi mi conosce sa che in genere odio la dietrologia.
Però stavolta tutti gli indizi e la logica portano in questa direzione.
E io non vado mai contro la logica.

Io sono un bibliomane, ho una biblioteca di migliaia di volumi a casa e considero la cultura un bene essenziale... ma stavolta sono completamente contro!!!
La riapertura delle librerie non è essenziale, non è prioritaria.
Anzi: è pericolosa!

In libreria tu tocchi i libri, li sfogli, chiedi consigli ai librai, faccia a faccia.
Lasci tracce dappertutto.
Come si fa a sanificare ogni libro toccato?
Come possono gli addetti sapere quali libri sono stati toccati e quali no?

E, al di là dei discorsi sanitari, quanti clienti avranno le librerie da martedì?
Siamo sinceri: nessuno o quasi!
Ma perderanno i sussidi, essendo aperte.
Quindi: nessun sussidio e nessun incasso.
A pensar male si fa peccato... ma la grande distribuzione (COOP, Conad & co.) ci guadagna senza se e senza ma e le catene legate direttamente agli editori (Mondadori, Feltrinelli, ecc.) probabilmente se la caveranno... le librerie indipendenti invece spariranno.

Chi ha spinto per ciò?

Leggete questo articolo scritto da librai.

Saluti,

Mauro.

sabato 25 maggio 2019

Da dove viene l'Europa?

Soprattutto ora, con le nuove elezioni europee in corso, ci si chiede dove va e/o dove dovrebbe andare l'Europa.
Ma sarebbe in realtà più interessante e importante chiedersi da dove viene l'Europa.

Io purtroppo sospetto che sia tra chi vuole un'Europa chiusa sia tra chi la vuole aperta pochi sappiano l'origine della parola Europa (pur essendo questa facilmente ricercabile sia in rete che sulle enciclopedie tradizionali).

La parola Europa nasce nella mitologia greca, molto prima dell'era cristiana.
Europa (in greco antico Εὐρώπη, Európē) era principessa di Tiro... e dove stava Tiro? In Fenicia, l'attuale Libano (Libano, sì, quindi Medio Oriente, Asia).
Europa venne poi rapita da Zeus e portata a Creta, dove dalla sua discendenza nacque la civiltà minoica, radice della civiltà e della cultura europea.

Quindi l'Europa viene da radici fenicio-minoiche, che attraverso le civiltà greca e romana hanno portato a quello che siamo oggi.
Le radici cristiane tanto care ai sovranisti non sono radici, al massimo rami. Rami importanti, grandi - su questo non si discute - ma pur sempre rami.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 22 maggio 2019

La bellezza è una cosa concreta

Questo tweet del Museo Tattile di Varese mi ha fatto riflettere su un tema spesso trascurato: l'arte, la bellezza nelle periferie, nelle baraccopoli, nei luoghi dove si potrebbe pensare che le urgenze siano altre.
La persona di cui il tweet parla, un dirigente scolastico, cos'ha fatto?
Ha curato chi non poteva curarsi? Ha creato posti di lavoro? Ha dato da mangiare a qualcuno? No, niente di tutto questo.
Ha colorato la baraccopoli. Ha portato un po' di bellezza, un po' di luminosità in un luogo dove prima era solo bruttura.

Vedo già qualcuno che storce il naso.
Che perdita di tempo! Che cretinata! Invece di fare qualcosa di concreto, butta via soldi in vernice.
Non poteva occuparsi di istruzione o salute?
A parte il fatto che non sappiamo se fa anche dell'altro per la baraccopoli, non credete che anche la bellezza e l'arte siano cose concrete? Siano cose che possano aiutare a elevarsi da una situazione disperata?
Se non lo credete, sbagliate. E tanto.

Certo le prime cosa da portare in certi luoghi sono cibo e salute. E poi l'istruzione.
Ma se queste cose ai disperati gliele dai dentro la bruttura, la bruttura resterà dentro di loro.
Magari riusciranno a elevarsi dalla povertà materiale (non che sia poco, intendiamoci, eh!), ma dentro continueranno a portarsi la bruttura.
Difficilmente riusciranno a vedere un senso nella vita al di là della sopravvivenza.
Anche dovessero fare i soldi!
Se invece le cose "concrete" gliele dai in un ambiente di bellezza (e magari di allegria!) gli toglierai anche la bruttura dentro, non solo la povertà.
Farai di loro delle persone migliori.
Sia che divengano poi ricche, sia che rimangano povere.

Perché non solo gli darai la possibilità di lasciare le baracche, ma gli darai anche la voglia di far diventare quelle baracche dei palazzi senza dimenticarle.
Gli darai la capacità di sognare concretamente, di voler migliorare la società.

Gli insegnerai la gioia di vivere, non gli darai solo la capacità di sopravvivere.

Saluti,

Mauro.

lunedì 12 novembre 2018

Due principi per l'integrazione

Prima di fraintenderci: in questo articolo non parlo di cittadinanza. L'integrazione riguarda chiunque viva in un paese diverso da quello di nascita, indipendentemente dal fatto che voglia/possa richiederne la cittadinanza.

Quando si parla di integrazione bisognerebbe distinguere tra due livelli: quello burocratico e quello sociale.

A livello burocratico quando mi trasferisco in un altro Stato io ho il dovere di informarmi su quali documenti e condizioni servono per ottenere il diritto di vivere e lavorare in quello Stato (e poi presentarli completi alle autorità locali) e detto Stato ha il dovere di mettermi a disposizione uffici che mi aiutino a orientarmi riguardo alle procedure burocratiche (generalmente si tratta di sportelli appositi presso gli uffici anagrafe, ma il come e il dove in fondo è secondario).
E... e tutto qui. A parte il sottinteso dovere poi di rispettare la legge, né io come persona né lo Stato che mi accoglie abbiamo altri doveri.

Però parliamoci chiaro: questo esaurisce la parte burocratica dell'integrazione ma se ci si limita a quello non si va poi molto lontano.
Uno é sì a posto legalmente, ma socialmente rischia di rimanere un escluso, di vivere tra casa e ufficio (o officina o fabbrica o che altro sia) e stop.
Ci sono persone che sono contente così, ma la maggioranza non si accontenta.

Come fare per integrarsi socialmente?
Su questo tema si può discutere all'infinito.
È chiaro che serve volontà da entrambe le parti: da parte di chi arriva di inserirsi nella nuova realtà e da parte del paese di arrivo di agevolare l'inserimento di chi ha questa volontà.
Ed è chiaro anche che serve, da parte di detto paese, un approccio diverso verso chi arriva per scelta senza tragedie alle spalle (come il sottoscritto che si è trasferito in Germania perché voleva fare esperienze internazionali e poi qui si è fermato) e verso chi scappa da situazioni di guerra, persecuzione o anche solo estrema povertà.

Però a mio parere ci sono due punti imprescindibili che riguardano tutti coloro che arrivano in un nuovo paese, indipendentemente dal modo e dal perché ci arrivino.

Se tu arrivi in un nuovo paese hai comunque due doveri:
1) la tua religione, le tue tradizioni, le tue convinzioni personali vengono dopo la legge del paese che ti accoglie; se - per esempio - un precetto della tua religione va contro la legge del paese che ti accoglie... mi dispiace per il tuo dio, ma non hai diritto a eccezioni, devi buttare via quel precetto e rispettare la legge;
2) non puoi venirmi a dire che tanto l'inglese lo parlano ormai tutti o che la comunità di tuoi connazionali in quel paese è sufficientemente vasta da permetterti di andare avanti con la tua lingua; no, devi imparare a farti capire nella lingua del luogo (non serve impararla alla perfezione, basta un livello di base, ma comprendente la grammatica... quindi che vada oltre le poche parole - spesso poi in dialetto - che impari sul posto di lavoro ascoltando i colleghi).

Ecco, se tu non accetti questi due punti, non puoi pretendere nulla dallo Stato che ti accoglie a parte l'aiuto per le procedure di registrazione citato all'inizio.
Se invece accetti questi due punti, poi puoi anche chiedere allo Stato di venirti incontro mettendoti a disposizione corsi di lingua ed eventualmente corsi che ti spieghino le leggi che ti riguardano e possibili "collisioni" con pratiche religiose, culturali o altro a cui sei abituato.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 1 agosto 2018

Le domeniche gratis al museo

L'Italia è piena di tesori culturali, ma gli italiani non sono (purtroppo) famosi per essere grandi fruitori di cultura. Però di cultura i politici italiani amano parlare (e soprattutto sparlare).

Quindi era inevitabile che l'annuncio del ministro Bonisoli di cancellare dopo l'estate le domeniche gratis al museo facesse un gran rumore.
Ed era altrettanto inevitabile che da entrambe le parti fosse furore ideologico con ben poco di culturale dentro.

In realtà bisognerebbe porsi e porre due semplici domande:
- Quante persone che non erano mai o quasi mai entrate in un museo hanno sfruttato l'offerta?
- Quante di queste persone sono poi diventate fruitrici dell'offerta culturale del paese (cioè non si sono limitate a una sola visita)?

Se le cifre che costituiscono la risposta a queste due domande (soprattutto alla seconda) sono buone, allora significa che l'offerta delle domeniche gratis al museo è la strada giusta e allora va mantenuta (anche se la hanno introdotta i tuoi "nemici").
Se dette cifre (soprattutto anche qui quella che risponde alla seconda domanda) sono basse, allora significa che l'iniziativa in questione non è la strada giusta e la si può cancellare, ma pensando a fare qualcos'altro visto il problema culturale del Paese.

Qualcuno in questo o nel precedente governo ha pensato a stimare queste cifre?
Se sì, le pubblichi.
Se no, si cerchi di rimediare a questa mancanza.

Tutto qui. Senza ideologie.

Saluti,

Mauro.

martedì 15 maggio 2018

L'ingegnere e le "pietre minerali"

Nei paesi di lingua tedesca la pseudoscienza legata alla salute gode di una diffusione e di un'approvazione superiore a quella di cui gode negli altri paesi cosiddetti del primo mondo (non per niente l'omeopatia e la nuova medicina germanica sono nate qui e la naturopatia è qui regolata per legge quanto la medicina vera... legge risalente oltretutto ai tempi del nazismo e mai cancellata o adeguata alle conoscenze scientifiche).

Comunque oggi non voglio parlarvi di questa fuffa in generale, bensì di una particolare credenza che ho scoperto da qualche mese "grazie" al collega che siede di fronte a me in ufficio... collega che non è un analfabeta, bensì un ingegnere elettrotecnico con esperienza e discreta cultura generale.

Però... lui crede (come molti altri tedeschi) che pietre semipreziose (tipo quarzi vari, ma in teoria pietre proprio preziose dovrebbero funzionare anche meglio) messe nell'acqua che si beve, la arricchiscano di qualità salutistiche varie, in particolare qualità energetiche.

La cosa non ha nessun senso logico oltre che scientifico: infatti queste pietre per funzionare devono essere pure... ma una pietra pura, senza impurità superficiali come può interagire con l'acqua?
I minerali che compongono la pietra stessa infatti non sono solubili in acqua, quindi...

A prova di ciò non c'è nessuno studio che dimostri effetti positivi di questa usanza e i pochi studi effettuati hanno mostrato che l'acqua non è minimamente influenzata da queste pietre, né in positivo né in negativo (come prevedibile del resto).

Purtroppo non sono riuscito a trovare nessuna pagina in italiano che parli esplicitamente di ciò, quindi vi fornisco qui un link in tedesco per una prima informazione al proposito, sito che definisce la credenza per quello che è: esoterismo.

Oltre al discorso fuffa medico-scientifica, in questo caso si aggiunge oltretutto anche il discorso fuffa linguistica: queste pietre vengono chiamate "Mineralsteine", in italiano "pietre minerali"... come se potessero anche esistere pietre non composte da minerali.

E a questa fuffa crede un ingegnere che si occupa di qualità (OK, nel settore automobilistico, non alimentare, però...).

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Se doveste trovare voi qualche link in italiano al proposito, segnalatemelo, così aggiorno l'articolo.

domenica 18 febbraio 2018

Le percentuali e l'assenza di cultura matematica - Il Post ha corretto

Ritorniamo per l'ultima volta sull'ormai famoso articolo del Post di cui parlai qui e qui.

Il Post ha finalmente corretto lo svarione sulle percentuali:


Però ha corretto mostrandosi scorretto: ha semplicemente sostituito le parole senza ammettere l'errore o aggiungere una nota che spiegasse la correzione.
Chiunque legga l'articolo solo ora quindi è portato a pensare che l'articolo sia stato matematicamente giusto fin dalla sua prima pubblicazione.

No, caro Post, così non va.

Saluti,

Mauro.

venerdì 16 febbraio 2018

Le percentuali e l'assenza di cultura matematica - La censura del Post

Qualche giorno fa vi raccontai qui di una figuraccia matematica del Post.

Feci notare a quelli del Post la cosa anche in un commento all'articolo stesso sul loro sito.
Ma sorpresa... censura.
Sono stati pubblicati un sacco di commenti, alcuni anche idioti e un po' volgari, ma il mio no. E neanche quello successivo in cui chiedevo spiegazioni.

E no, non era un commento volgare: in passato il Post ha pubblicato commenti molto più "coloriti" (anche miei, sono sincero).
E no, non c'entra che avessi messo nel commento un link al mio blog: in passato il Post ha accettato senza problemi commenti con link al mio blog.
E no, non c'entra che li contestavo: su altri argomenti il Post accetta senza batter ciglio contestazioni.

Però fargli notare una cazzata matematica (spiegando anche didatticamente come andrebbero fatti i conti, quindi rendendo tutto sommato un servizio ai lettori) non si può.
La matematica corretta? Non sia mai!

Ah, un'altra cosa: all'articolo in questione il Post ha chiuso i commenti in pochi giorni... cosa per lo meno anomala se non forse addirittura una première.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
E ovviamente l'errore non è stato corretto, come lo screenshot preso oggi mostra:

La puntata seguente:
Il Post ha corretto

lunedì 12 febbraio 2018

Le percentuali e l'assenza di cultura matematica

Non serve più che vi dica quanto in Italia le scienze naturali e la matematica siano disprezzate (sia sempre ringraziato Maledetto Croce).
Quando si tratta di numeri, formule, dati e simili quasi tutti sono allergici. Anche (forse soprattutto) i giornalisti.

Leggete questo articolo del Post di oggi.

In particolare questo estratto:


Notate nulla di strano?
Se non lo notate ve lo dico io. Leggete questa frase:

Circa il 13% degli abitanti era a rischio povertà nel 2013, mentre nel 2016 la percentuale è passata a più del 23%, con una crescita di più del 10%.

Vi quadra? Se vi quadra, dovete tornare a studiare matematica.

L'aumento vero è di circa 10 punti percentuali (per la precisione 10,3), che in questo caso equivalgono a un aumento di circa il 78% (prendendo i valori corretti di 23,5% e 13,2%, se prendessimo i valori arrotondati di 23% e 13% l'aumento sarebbe di circa il 77%).

Perché?
In realtà è semplice. Per semplicità consideriamo i valori arrotondati di 23% e 13% (con i valori precisi il procedimento è identico, solo calcoli un pochino più lunghi se svolti a mano).

10% è la differenza "assoluta" tra 23% e 13%, non è la differenza "percentuale" tra i due valori.
Se io, invece di 23% e 13%, vi avessi detto solo 23 e 13 voi avreste (giustamente) detto che tra i due valori c'è una differenza di 10 unità, non del 10%.
Quindi quel 10% rappresenta l'aumento in valore assoluto (potremmo qui quasi considerare il "%" come un'unità di misura).

Per calcolare l'aumento in percentuale devo fare un altro ragionamento.
Prendiamo solo 23 e 13 (e non 23% e 13%). Se io vi chiedo quant'è l'aumento percentuale passando da 13 a 23 voi cosa fareste?
Voi fareste il seguente calcolo (con dP indico l'aumento in percentuale):

dP=[(23-13)/13]x100=76,92%

Che è il modo corretto di calcolare un aumento (o una diminuzione) in percentuale.
E per 23% e 13% invece di 23 e 13 vale assolutamente la stessa cosa.

Usando i valori precisi:

dP=[(23,5-13,2)/13,2]x100=78,03%

Saluti,

Mauro.

Le puntate seguenti:
La censura del Post
Il Post ha corretto

domenica 27 agosto 2017

Cavalcando i paragrafi

In Germania (e nel mondo tedescofono in generale) esiste una particolare categoria di persone per cui si usa le definizione "Paragraphenreiter", che tradotto letteralmente sarebbe "cavalcatori di paragrafi".
Nessuno (o quasi) ama essere inserito in questa categoria, viene considerata offensiva... ma è una delle caratteristiche innate della mentalità teutonica ed è molto, ma molto più diffusa di quanto i tedeschi ammettano.
È una delle cose che i tedeschi praticano con passione ma su cui obbligatoriamente va steso un velo di silenzio.

Ma cos'è un cavalcatore di paragrafi?
Un cavalcatore di paragrafi è una persona che sostanzialmente ha la caratteristica di saper leggere e capire bene (anche troppo) la lettera di ciò che legge, ma che non sa pensare, non ha nessuna capacità (ma neanche volontà) interpretativa.
Questo porta due conseguenze:
- Per queste persone tutto deve essere regolato nei minimi dettagli, ciò che non è regolato non esiste (e se dovesse esistere è semplicemente l'anticamera dell'apocalisse);
- Queste persone vivono di cause, proteste ufficiali, denunce, lettere a sindaci e giornali, eccetera, eccetera... rendendo la vita propria e altrui un inferno.

Tutto ciò mi è tornato in mente leggendo la lettera di un lettore nel supplemento di venerdì della Süddeutsche Zeitung, uno dei due più importanti quotidiani tedeschi.

Traduco qui la lettera:
Il consorzio trasporti Reno-Meno concede un rimborso parziale del costo del biglietto per ritardi superiori ai dieci minuti. Ieri io ho potuto prendere un treno precedente a quello previsto, perché questo aveva già in partenza un notevole ritardo. Quindi sono arrivato a casa prima nonostante il ritardo. Posso comunque avvalermi della regola dei dieci minuti? (1)

Ora questa persona aveva capito benissimo lo spirito della regola e cercava semplicemente di trarne un doppio vantaggio (arrivo anticipato a casa + rimborso di parte dei costi).
Il problema è che nel suo caso il rimborso andava contro lo spirito della regola ma sarebbe stato perfettamente corretto considerando solo la lettera della regola.
Proprio per questa legittimità molti tedeschi in questa situazione avrebbero fatto direttamente richiesta di rimborso non per ottenere un vantaggio, bensì semplicemente perché "così dice la regola e quindi così va fatto" (anzi molti cavalcatori di paragrafi sono ben contenti di aver anche personalmente svantaggi pur di vedere rispettato anche il più insignificante e assurdo cavillo... e poi gonfiano il petto tronfi della propria superiorità morale nei confronti degli altri).

Un altro esempio capitò a me una ventina d'anni fa, nel 1996.
Era l'epoca in cui la UE stava rendendo effettive le regole presenti nei trattati di Schengen, Maastricht & co. e stavano cambiando molte cose per i cittadini UE residenti in altri paesi UE (tipo io in Germania), mentre allora poco o nulla cambiava per i cittadini del paese stesso e per i cittadini extracomunitari (poi sono cambiate cose anche per questi ultimi, ma allora i cambiamenti riguardavano quasi esclusivamente i cittadini UE).
Io avevo bisogno di un certificato di residenza quindi mi recai all'anagrafe di Münster per richiederlo. L'impiegata cerca i moduli che devo compilare e non li trova... non li trova perché ci sono i moduli per i "tedeschi" e per gli "stranieri"... ma lei sapeva (come da regolamento) che lo straniero tout court era il cittadino extra UE.
E non c'erano moduli per "cittadini UE non tedeschi". Quindi lei non poteva farmi il certificato di residenza. Non era prevista una situazione come la mia, quindi detta situazione non poteva esistere. (2)
Il giorno dopo chiesi consiglio al consolato italiano: l'impiegato mi disse di non chiedere esplicitamente il certificato di residenza, ma di chiedere semplicemente il modulo xyz, compilarlo e consegnarlo senza dire nulla. Lo feci ed ebbi il mio certificato di residenza in cinque secondi.

Il problema è che anche se le nuove generazioni sono un po' piú flessibili e indipendenti, questa mentalità è ormai entrata talmente a fondo nel DNA tedesco che i conseguenti danni e problemi andranno avanti ancora per generazioni.

Saluti,

Mauro.

(1) Non so se poi l'autore della lettera abbia chiesto il rimborso, ma colui che risponde alle lettere su detto supplemento gli ha risposto che tecnicamente sì, ne avrebbe diritto, ma che ciò andrebbe contro lo spirito della regola e non sarebbe eticamente corretto.

(2) In realtà la situazione era di una semplicità disarmante: essendo la regola nuova e non essendo ancora pronti i moduli nuovi lei avrebbe potuto tranquillamente darmi uno qualsiasi dei due moduli, sia quello per i tedeschi che quello per gli stranieri e per me sarebbero andati bene entrambi.
Ma né lei né il direttore dell'ufficio (a cui si rivolse per consiglio) erano in grado di pensare oltre la lettera.