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martedì 27 giugno 2023

Un altro articolo frainteso della Costituzione: il 29

Chi non vuole il riconoscimento del diritto al matrimonio per le coppie omosessuali si rifà spesso alla Costituzione, dove secondo loro l'articolo 29 parla chiaramente di famiglia naturale composta da un uomo e una donna.

Bene, questi costituzionalisti del cavolo l'articolo 29 non lo hanno evidentemente mai letto.

Cosa dice infatti?
Eccone il testo:

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

Nel caso non vi fidaste della mia citazione, qui il testo dal sito del Senato della Repubblica Italiana.

Cosa ci dice questo testo?
Che per avere il diritto di essere considerati famiglia serve il legame del matrimonio, non bastano - almeno per i padri costituenti - forme alternative di legame.
Ma... non dice nulla su chi ha diritto al matrimonio.
La Costituzione non parla di uomo e donna. Parla solo di famiglia.
Cosa significa questo? Una cosa molto semplice: il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è impedito, non è escluso dalla Costituzione. Proprio per niente.

Cari omofobi, mettetevi il cuore in pace: la Costituzione non è dalla vostra parte.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i miei articoli sugli... articoli della Costituzione.

martedì 20 giugno 2023

Diritti e paure

Domenica ho pubblicato su Twitter un breve thread su diritti e paure.
Oggi vorrei qui renderlo più leggibile pubblicandolo come testo unico (e migliorandolo grazie a un'osservazione di Tom, che ringrazio).

Io ho sempre sostenuto che i diritti per le coppie omosessuali, o qualsiasi diritto riconosciuto a chiunque non sia il classico eterosessuale cisgender, non costituiscono, non possono materialmente costituire, un pericolo per questi ultimi.
E la cosa è in realtà lapalissiana: si riconoscono diritti a chi non ne ha (o non ne ha sufficienti), ma non si toglie nessun diritto a chi già li ha!
Nessun "nuovo" diritto ne toglie a me, nessun "nuovo" diritto mette in pericolo me, la famiglia "tradizionale" (qualunque cosa significhi quest'ultimo aggettivo) e qualsiasi persona eterosessuale e cisgender.

Quindi di cosa stiamo parlando? Perché tutta questa paura? Perché questo muro da parte di omuncoli come Adinolfi o Pillon?

Accanto all'indottrinamento clericale (questi "nuovi" diritti spingono la società verso un sacrosanto laicismo, cosa che per la Chiesa significa perdita di potere), io vedo anche un'altra spiegazione.

A me omosessuali, transgender e altro non fanno paura per due motivi.

Primo, perché la natura è variopinta e anche tra gli animali si trova di tutto, quindi è naturale che esista di tutto anche tra gli esseri umani. Ciò che non è naturale è ciò che è imposto da qualche autorità autoproclamata (e la Chiesa è un'autorità autoproclamata).

Secondo, perché io sono sicuro di ciò che sono. Sono sicuro di essere eterosessuale e cisgender, quindi non ho nulla da temere da contatti con omosessuali e transgender.
Chi invece, nonostante i proclami, non è sicuro di esserlo, ne ha paura. Si sente in pericolo. Ma non nei suoi diritti. Nella sua immagine di maschio.
Vero, Simone Pillon?

Saluti,

Mauro.

martedì 21 dicembre 2021

Insegnanti che ti cambiano la vita

A scuola (elementari, medie, superiori) ci sono insegnanti che lasciano il segno in positivo, altri in negativo, la maggioranza - purtroppo o per fortuna - invece non ne lascia proprio.
Questo lo abbiamo sperimentato tutti.
Non vi sto raccontando nulla di nuovo. Tutti sapete di cosa parlo.

Però poi ci sono anche quelli che hanno lasciato un segno indelebile.
Insegnanti che hanno veramente segnato la tua vita. Che la hanno cambiata.
Non solo insegnanti che hanno lasciato un segno positivo, comunque, questo va detto.

Nel mio caso una detta insegnante esiste. E lo ha lasciato positivo. Altro che positivo!
Un'insegnante che ha segnato la mia vita.
E ancora oggi, 39 anni dopo gli avvenimenti di cui parlo, continuo a ringraziarla. Non posso che considerarla la fortuna della mia vita. O almeno una delle più grandi fortune.

Parlo dell'insegnante di educazione artistica che ebbi alle medie, la professoressa Paola Danovaro.

Ora voi salterete sulla sedia... direte: Mauro tu sei laureato in fisica, hai fatto il liceo scientifico... che cavolo c'entra l'educazione artistica?
C'entra, c'entra... ma soprattutto c'entra l'intelligenza di detta insegnante.

Ai tempi (non so come siano le regole oggi, io finii le medie inferiori nel 1982) dovevi fare la preiscrizione alle superiori già prima dell'esame di terza media.
Ma questa preiscrizione non la facevi direttamente, bensì tramite la tua scuola media.
Cioè, tu sceglievi la scuola superiore che volevi frequentare e consegnavi la preiscrizione alla scuola media che frequentavi. In questa scuola c'era un'insegnante (uso il femminile perché nella mia scuola era un'insegnante, ma in altre scuole poteva essere tranquillamente un insegnante) che gestiva queste preiscrizioni per poi passarle alle scuole superiori in questione.

Nella mia scuola media dell'epoca (per lo meno per la mia sezione) l'insegnante a cui era stato affidato detto compito era, appunto, Paola Danovaro, insegnante di educazione artistica.

E lei ovviamente vide a quale scuola superiore volevo preiscrivermi: l'istituto tecnico "Galileo Galilei", più precisamente alla sezione per perito in telecomunicazioni (l'istituto esiste ancora, anche se ovviamente è cambiato in questi quattro decenni).

Una mattina, durante una lezione di italiano, la Danovaro bussò alla porta della classe e chiese all'insegnante di italiano Maddalena Benazzoli Flick (sì, quel cognome lì non è casuale, lo so che lo avete già sentito, era la moglie del futuro ministro di grazia e giustizia e futuro presidente della corte costituzionale Giovanni Maria Flick) "Maddalena, ti dispiace se ti rubo per un po' Venier?".
La Flick non fece resistenza perché sapeva che la collega si occupava delle preiscrizioni per le superiori e quindi pensò che la richiesta riguardasse ciò.
Pensò giusto... ma non credo proprio che potesse immaginare cosa successe dopo.

La Danovaro mi portò nella sala insegnanti, mi fece sedere e mi guardò.
Poi mi disse: "Venier, ma sei pazzo, perché non vuoi andare al liceo, coi tuoi voti e le tue capacità? Perché cavolo ti vuoi iscrivere a un istituto tecnico, anche se ottimo?".

Ecco, qui serve una specie di flashback.
Io vengo da una famiglia operaia: papà operaio e mamma casalinga.
Quindi una famiglia dove, al di là del rispetto per la cultura e l'istruzione, bisogna considerare anche il lato pratico, materiale delle scelte.
E proprio per questo avevo scelto la preiscrizione all'istituto tecnico: anche se io volevo andare un giorno all'università (e mio papà mi sosteneva), volevo anche un piano B... cioè poter avere la possibilità, se necessario, di trovare un lavoro subito finite le superiori.
Non è che la mia famiglia potesse permettersi chissà quali spese, quali impegni.

Però quell'insegnante, la Danovaro, praticamente mi mangiò la faccia.
"Uno come te deve andare al liceo!"

E alla fine andai al liceo (scientifico, ovviamente, il Leonardo Da Vinci... piuttosto che andare al classico avrei fatto lo spaccapietre 😉).

E poi andai all'università, dove mi laureai in fisica.

E poi mi sono costruito una carriera nell'industria.

Ma senza la professoressa di educazione artistica Paola Danovaro non so dove sarei arrivato. Probabilmente a molto meno di quello che ho ottenuto.
Di sicuro, se poi avessi deciso di rinunciare all'università, ascoltarla mi avrebbe danneggiato.
Ma io in realtà sapevo già da allora che all'università volevo andarci, e probabilmente il piano B di cui sopra sarebbe stato in questo senso dannoso, perché vista la qualità dell'istituto tecnico in questione avrei avuto troppe offerte per andare subito a lavorare e quindi motivi per rinunciare all'università.

Talvolta ci sono insegnanti che ti cambiano la vita. Letteralmente.
Io un'insegnante che lo ha fatto la ho avuta.
E non la dimenticherò mai.
Le sarò sempre riconoscente.

Saluti,

Mauro.

domenica 8 luglio 2018

Il pesce (non) puzza dalla testa

Ultimamente ho letto più volte (sia riguardo al governo attuale che a quelli precedenti) che non si può pretendere l'onestà, la correttezza dai cittadini visto l'esempio che ci arriva dall'alto, da parte di chi ci governa.

A parte il fatto che detto "esempio" è amplificato dall'informazione e dal fatto che un rappresentante delle istituzioni è molto più visibile di un semplice cittadino.
A parte il fatto che per i rappresentanti delle istituzioni si ama far confusione tra i concetti di indagato/accusato e quelli di colpevole/condannato.
A parte tutto ciò, è proprio il discorso dell'esempio a essere assurdo, a non avere senso.

Per due motivi.

Punto primo: l'Italia (o la Germania, visto che qui succede lo stesso, anche se viene meno urlato) è una repubblica parlamentare, quindi quelli che dovrebbero "darci l'esempio" sono lì perché, direttamente o indirettamente, ce li abbiamo messi noi... quindi vuol dire che quell'esempio ce lo siamo scelti da soli. Ce lo stiamo in realtà dando da soli! Positivo o negativo che sia.

Punto secondo: la legge, almeno nelle sue parti principali, la conosciamo tutti e tutti sappiamo cosa significano legge, diritto, onestà. Quindi non abbiamo bisogno di nessun esempio per rispettare la legge, per comportarci onestamente. Dipende solo e unicamente da noi stessi.

Il pesce puzza dalla testa?
Forse, ma ricordiamoci che la testa siamo noi. Se non sempre, per lo meno nel momento in cui mettiamo la croce sulla scheda elettorale.

E allora da dove lo prendiamo l'esempio?
L'esempio, l'insegnamento in un mondo civile ce lo danno da bambini e ragazzini la famiglia e la scuola, non la politica.
La maggioranza di noi comincia a interessarsi di politica quando l'esempio ormai è già arrivato ed è già stato interiorizzato, positivo o negativo che sia stato.

La politica non c'entra. Punto.

Saluti,

Mauro.

domenica 10 settembre 2017

La lotta alle bufale: istruire prima di sbugiardare

Qualcuno dei miei pochi lettori si sarà chiesto come mai io non abbia detto la mia sulla lotta alle bufale con un articolo espressamente dedicato.

Beh, ne hanno parlato e sparlato talmente in tanti che alla fine riparlarne significava solo contribuire a nascondere il problema (infatti alla fine la gente si è stufata di sentirne parlare).
E ora che le acque si sono calmate posso finalmente dire la mia :-)

Prima cosa: sbugiardare è secondario, non è la cosa più importante.
Sbugiardare con grande tam tam mediatico è veramente importante solo quando le bufale provocano problemi, danni concreti e potenzialmente permanenti (in particolare quando si tratta di salute, tipo la bufala su autismo e vaccini).
In tutti gli altri casi sbugiardare con detto tam tam significa solo dare ulteriore visibilità alla bufala stessa, dandogli dignità mediatica che (forse) senza sbugiardamento non avrebbe avuto.
È chiaro che ogni notizia falsa va quando possibile corretta, però l'artiglieria pesante va tirata fuori solo nei casi di cui sopra.

E allora cosa serve per difendersi dalle bufale?
Serve la prevenzione. E la prevenzione si ottiene tramite l'istruzione.

E non mi riferisco tanto a questioni di conoscenze, ma di metodo.
Certo è importante conoscere le scienze, le lingue, eccetera (in primis e obbligatoriamente la matematica e la lingua del paese dove si vive, a seguire poi il resto)... ma ancora più importante è il saper pensare, l'avere un metodo nell'affrontare le informazioni (corrette o meno che siano) che ci arrivano da tutte le parti: la scuola deve insegnare il pensiero critico, l'uso della logica.

Se una persona sa pensare criticamente, sa usare almeno le basi della logica riconoscerà in maniera praticamente automatica la maggior parte delle bufale, senza neanche bisogno di conoscenze specifiche e senza bisogno dell'intervento dei cosiddetti debunker.

E così facendo si crea anche un circolo virtuoso: più pensi più impari a pensare, più usi critica e logica più affini le tue capacità critiche e logiche.
Mentre se aspetti sempre che arrivi qualche esperto (o presunto tale) a sbufalare... al massimo affini le tue capacità di lettura, ma atrofizzi tutto il resto. Non pensi.

Il miglior debunker è l'istruzione.
E l'istruzione arriva da famiglia e soprattutto scuola, non da stampa e internet.

Ribadisco: la scuola deve insegnare il pensiero critico, l'uso della logica.

Saluti,

Mauro.

venerdì 29 luglio 2016

Una storia emblematica

Intelligenza vorrebbe che prima si legga e poi si commenti.
La realtà purtroppo dimostra che generalmente succede l'opposto (soprattutto quando il non leggere lascia porte aperte a populismi e razzismi... permettendo poi di dire ipocritamente "ma io non sapevo"...).

Come emblematicamente dimostra questa storia.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 17 febbraio 2016

La famiglia di Regeni nega... senza avere idea di cosa nega

La famiglia di Regeni nega che il ragazzo avesse legami con qualche servizio segreto.

Ora io sono il primo a credere che un qualsiasi servizio segreto (di qualsiasi paese) difficilmente, molto difficilmente, possa "assumere" come agente uno studente, anche se dottorando.

Il problema però è che le affermazioni della famiglia contano nulla. Anzi meno di nulla. Sono solo ridicole.

C'è veramente qualcuno che crede che chiunque sia legato (anche solo indirettamente) a un qualsiasi servizio segreto racconti le sue attività al proposito a famiglia, fidanzata o amici?
Ma non siamo ridicoli.
La famiglia e gli altri intimi sarebbero gli ultimi a saperne qualcosa.

Quindi questi intimi se ne parlano, non sanno di cosa parlano.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Regeni non era certo una spia... ma i suoi genitori di sicuro non sanno né cosa sia una spia, né cosa facesse il figlio.