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mercoledì 6 agosto 2025

Quello sconosciuto del TCO

No, non sto parlando del TSO... anche se molti economisti e politici il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) lo meriterebbero 😉
Sto parlando del TCO.

Purtroppo quando si parla di investimenti (sia privati che, soprattutto, pubblici) il lato economico viene generalmente valutato in base ai soldi necessari per metterlo in piedi, ergo i costi di costruzione e/o acquisto.
E questa è una grandissima belinata.
Certo, se quei soldi non li hai e non hai nessuno che te li presta, ovviamente non puoi investire, questo è ovvio.

Ma la sensatezza di un investimento non va valutata in base ai costi di costruzione/acquisto, bensì in base al TCO. Cosa significa TCO? Semplicemente "Total Cost of Ownership" (talvolta anche detto "Total Cost of Operation").
E questo tiene conto di tutti i costi dal momento della decisione di investire fino al momento in cui smantelli tutto.
E chi calcola seriamente il TCO mette sull'altra colonna tutti i guadagni, sia diretti che indiretti (e se si tratta di investimenti pubblici sia propri del pubblico che di riflesso del privato, in quanto - se onesti - di vantaggio per tutta la società).
Il costo secco di costruzione/acquisto non ti dice nulla su quanto positivo economicamente sia quell'investimento.
Ti dice solo se in quel preciso momento te lo puoi permettere oppure no.

Saluti,

Mauro.

sabato 29 marzo 2025

Riscopriamo la geografia

Purtroppo la scuola sta, quasi ovunque, abdicando al suo ruolo di insegnare a pensare, a capire, a ragionare.
Perché è questo il primo ruolo della scuola. Non inculcare nozioni (che sono sì necessarie, chi lo nega non sa cosa dice, ma lo sono se funzionali a quanto scritto nel capoverso iniziale di questo articolo, non in sé stesse).

Ovviamente le due materie fondamentali e imprescindibili sono la lingua (quindi italiano in Italia, tedesco in Germania, francese in Francia, eccetera) e la matematica.
Su questo non ci piove, qui sto solo scoprendo l'acqua calda.

Però c'è una terza materia che a mio parere è assolutamente fondamentale, ma che è sempre meno considerata, sempre più picconata.
La geografia.

Adesso molti di voi strabuzzeranno gli occhi, diranno: "Cosa ha di fondamentale sapere qual è la capitale dell'Uganda o quanti abitanti ha la Bolivia?".
E mettendola così avreste anche ragione. Peccato che non stiate parlando di geografia. Almeno non della vera geografia.

Geografia è prima di tutto saper leggere e capire una carta geografica.
Se lo sapete fare riuscirete a capire perché una determinata regione, un determinato paese, un determinato continente ha avuto la storia che ha avuto, capirete la sua economia, i suoi rapporti internazionali (o anche intranazionali), le sue guerre prima ancora di studiare storia, economia, politica, eccetera.

Un esempio banale? La Germania.
Guardate la sua posizione (sia prima come Prussia che poi come Germania) in Europa, i suoi confini (o non confini) naturali e capirete molto della sua storia prima ancora di studiarla, nazismo compreso.
E cito la Germania perché è l'esempio più palese qui in Europa, dove vivo, ma in realtà è solo uno dei tanti esempi, nulla di poi così speciale.

Rifletteteci.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 5 marzo 2025

L'autogol dei dazi

Diciamolo subito: i dazi nel mondo odierno sono un autogol e affossano l'economia.
Perché il mondo è interconnesso ed economia e soprattutto industria lo sono ancora più del resto.

Ve lo spiego con un esempio astratto, ma voi saprete senza problemi trasferirlo su esempi reali, ne sono sicuro 😉

Il paese X mette dazi su importazioni dal paese Y.
Bene, il prodotto A del paese Y costerà di più alle industrie del paese X. Che però lo usano come componente del proprio prodotto B.
Ma questo renderà anche B più caro e i consumatori del paese X lo compreranno meno, fino a che le industrie di X troveranno il modo di sostituire A.
Ma intanto avranno ridotto le vendite e rischieranno di diventare ricattabili sui prezzi da parte di produttori alternativi di A.

Ma c'è un altro problema, quanto sopra non è tutto.
Per reazione Y mette a sua volta dazi su importazioni da X. E X esporta anche B in Y. B che ora in Y costerà ancora di più perché su di messo peseranno due dazi: quello di X su A e quello di Y su B.
Quindi le industrie di X venderanno meno B ai consumatori di Y, il che le danneggerà ulteriormente.

E questa è la versione semplificata del problema. La realtà sarà più complessa e soprattutto più dura per tutte le parti coinvolte.

Meditate, gente, meditate.

Saluti,

Mauro.

domenica 15 dicembre 2024

Chiudere il nucleare significa tornare al carbone

Vorrei ricordare che l'uscita dal nucleare ha sempre significato una ripresa del fossile, in primis del carbone, non delle rinnovabili. Successe in Italia. Sta succedendo in Germania. Successe in Svezia (che proprio perciò fece poi marcia indietro). E non solo in questi paesi. Quello che pochi capiscono è che, al di là del giudizio personale o scientifico sulle singole fonti di energia, se rinunci totalmente a una fonte devi avere un piano (tecnico, non ideologico) per sostituirla. Se la decisione è solo ideologica... non hai un piano. Quindi carbone. Perché il carbone è la fonte al tempo stesso più economica e flessibile, velocemente attivabile. Devi solo avere le scorte di combustibile, poi ti basta un forno da quattro soldi. Forno che puoi accendere e spegnere a piacimento. E puoi farlo in pochi minuti.

Saluti,

Mauro.

giovedì 5 dicembre 2024

Il fraintendimento linguistico sul fast food

Quando parliamo di fast food c'è sempre un fraintendimento.
Tutti pensiamo sempre a qualcosa di economico, sì veloce, ma anche, anzi soprattutto, da quattro soldi.

In realtà non è così.
L'immagine di cui sopra è dovuta a quello che crediamo di conoscere delle grandi catene tipo McDonald's o Burger King... ma così cadiamo in errore.

A parte il fatto che queste catene non sono in realtà per niente economiche, perché per valutarle dobbiamo considerare il rapporto qualità/prezzo (e nella qualità entrano anche il servizio - di fatto inesistente - e l'ambiente - generalmente di qualità infima - non solo il valore degli ingredienti), il discorso è più ampio.
E molto diverso da quello che crediamo.

Cosa significa "fast food"?
Semplicemente "cibo veloce".
Il termine non ha nulla a che fare con la qualità o con il prezzo. Ma solo con il tempo che passa tra l'ordine e la consegna di quanto ordinato.
Una pasta aglio, olio e peperoncino è - per esempio - non certo più lenta di un hamburger da preparare (a meno che quest'ultimo non sia precotto e solo velocemente riscaldato).
E vale per tanti altri piatti della cucina mondiale. Piatti spesso preparati con ingredienti di eccellenza.

Il vero senso del termine "fast food" è che tu devi aspettare poco prima di averlo nel piatto o in mano.
Non c'entra niente con quello che paghi.
Il cibo veloce può anche essere di altissima qualità e con ingredienti assolutamente nobili. E quindi caro, costoso (e giustamente, aggiungo io).
Il suo senso è la velocità, non il costo o la qualità (che possono essere anche entrambi notevoli senza con questo togliere nulla al concetto di "fast").

Saluti,

Mauro.

mercoledì 9 agosto 2023

Un ragionamento sugli "extraprofitti"

Ieri su Twitter (o meglio su X) ho pubblicato un breve thread in cui esprimevo alcune considerazioni sui tanto famigerati "extraprofitti" delle banche che il governo vorrebbe tassare.
Qui vorrei riprendere quelle considerazioni in testo unico, in maniera che le mie idee siano (forse) più comprensibili, anche ampliando un po' il ragionamento.
Vorrei comunque invitarvi ad andare a leggere anche tutti gli interessanti commenti e segnalazioni ricevuti nel thread: quelli non posso riportarli qui sul blog, ma sono assolutamente da leggere.

Ho voluto provare a fare un ragionamento da persona che vive di numeri, da fisico che vive - tra le altre cose - di statistica, ma da persona che non vive di economia.
Un ragionamento, appunto, sui famigerati extraprofitti.
Leggete tutto e poi ditemi dove sbaglio. Se sbaglio.

Gli extraprofitti (oggi se ne parla per le banche, ieri per il settore energetico, in altri momenti per altri settori... e non solo in Italia) sono quei profitti che - detto terra terra - esplodono per situazioni contingenti particolari.
Profitti che vanno molto oltre i profitti "standard" del settore, per i quali non si può quindi parlare di normale andamento dei mercati.
E secondo certi governi (ma anche certe opposizioni e certi economisti, politicizzati o meno che siano) vanno tassati extra in quanto ingiusti.
Ed è questo il problema: cosa significa ingiusti?
Giustizia/ingiustizia è un concetto morale... in diritto (e la tassazione dovrebbe dipendere dal diritto) vale la legge, non la giustizia.

Inciso.
Non per niente nei tribunali c'è - correttamente - la scritta "La legge è uguale per tutti" e non "La giustizia è uguale per tutti".
Inciso chiuso.

Ora, a mio parere esistono due situazioni: o questi extraprofitti sono ottenuti legalmente o sono ottenuti illegalmente.
Nel secondo caso, ovviamente, la tassazione non c'entra. Ciò che va applicato è una confisca o un sequestro (al di là delle eventuali responsabilità penali personali delle singole persone).
A noi quindi è il primo caso che interessa: gli "extraprofitti" legali.
La tassazione attuale (giusta o sbagliata, alta o bassa che la si consideri) è già su tutti i profitti, anche su quelli cosiddetti extra. Alti o bassi che siano.
Ci sono qui due "sottocasi" in base alla tassazione.
O i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione fissa, diciamo per esempio al 25%, e allora se io guadagno 10 pago 2,5 e se guadagno 1000 pago 250. L'eventuale extraprofitto è già tassato.
Se invece i miei profitti rientrano in una categoria sottoposta a tassazione progressiva... a maggior ragione l'extraprofitto è già tassato: più guadagno più l'aliquota sale, quindi più pago, anche in percentuale, non solo in valore assoluto.

E faccio questo ragionamento da uomo di sinistra, non da liberista.
Ditemi dove sbaglio.

E questo è quanto scrissi nel thread originale.
Ma ho poi aggiunto qualcosa oggi in un minithread successivo, che riporto qui sotto.

La motivazione principale che sento/leggo spesso riguardo un'ulteriore tassazione di questi extraprofitti quando si parla delle banche sono i guadagni che queste farebbero ai danni di coloro che hanno sottoscritto mutui o prestiti a tasso variabile.
Ma siamo sicuri che questi ultimi siano sempre e solo vittime?
A me la cosa ricorda però tanto un'altra storia che riguardava le banche (nel mio racconto in particolare una banca, ma in realtà fu un fenomeno che riguardava molte banche e che, come prevedibile, finì nel nulla), cioè il vedere come vittime chi comprò azioni e/o obbligazioni di certe banche.
Leggetevi quanto scrissi qui allora, nel 2019.

Prima di chiudere vi segnalo due letture decisamente interessanti che mi sono state consigliate nei commenti al mio thread originario:
1) Un testo di Mario Seminerio (alias Phastidio);
2) Un thread di Carlo Alberto Carnevale-Maffè.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 9 marzo 2022

Germania e Russia: una storia che viene da lontano

Per capire la posizione della Germania nei confronti della Russia in questo momento di grave crisi bisogna comunque anche guardare la storia.
Proviamo a farlo, anche se semplificando e riassumendo (eufemismi, lo ammetto) visto che chiudere in un articolo 150 anni storia di un paese così complesso è in realtà impossibile.
Spero però che questo articolo vi sia di spunto per cercare libri o siti per approfondire.

La Germania in realtà ha sempre avuto il suo baricentro politico ed economico spostato a est. In maniera più o meno forte, più o meno evidente è sempre stato così, anche ai tempi delle due Germanie (e per entrambe, nonostante le apparenze).

Perché questo?

Perché la Germania è stata creata dalla Prussia. E la Prussia era un paese dell'est.
La Prussia ha di fatto costituito il cuore e la parte più forte della Germania fino alla caduta di Hitler (anche se lui non era prussiano, bensì austriaco col cuore in Baviera).
E mentalmente questo "nucleo" prussiano è rimasto anche dopo.
Nei confronti dell'est la Germania ragiona di fatto ancora oggi come la vecchia Prussia.

Passiamo al dopoguerra, che è ciò che oggi ci interessa di più per capire i rapporti tedeschi con l'est.

Fino agli anni '60 questa spinta verso est era di fatto rivendicativa. Si continuava a pensare ai territori persi, a chi fu costretto a scappare dai Sudeti e dalla Slesia.
Atteggiamento mai aperto, esplicito, comunque, a causa della presenza delle potenze occupanti, che mai lo avrebbero permesso.
(Nota: ancora oggi le associazioni dei profughi dei Sudeti e della Slesia sono molto forti e molto politicizzate. Molto più forti e politicizzate, per esempio, delle associazioni dei profughi giuliano-dalmati in Italia).

Negli anni '60 ci fu la prima cesura: Willy Brandt lanciò la Ostpolitik, ma non in termini rivendicativi bensì di riconciliazione. La foto di Brandt inginocchiato a Varsavia è una delle più iconiche della storia, la conosciamo tutti.
E questa politica con alti e bassi e aggiustamenti vari venne poi portata avanti anche da Helmut Schmidt ed Helmut Kohl (parlo solo della politica verso l'Europa dell'est, non della politica in generale: sia Schmidt che Kohl in generale fecero una politica molto diversa da Brandt).
Col secondo che, dopo l'avvento di Gorbaciov e soprattutto dopo la caduta del muro, intensificò il rapporto economico con l'est facendo però l'errore di "scavalcare" Polonia, Cecoslovacchia, ecc. per guardare direttamente all'URSS e poi alla Russia.

E su questo errore di Kohl si compì, grazie a Gerhard Schröder (successore di Kohl alla Cancelleria), la seconda cesura: la Germania si legò mani e piedi alla Russia (Schröder e i suoi accoliti avevano anche interessi personali nella cosa).
La differenza?
Con Kohl di fatto la Germania era il senior partner, con Schröder il senior partner divenne la Russia.
Angela Merkel continuò poi la politica di Schröder, cambiando lo stile ma non la sostanza. Del resto la sua storia parla per lei: prima della caduta del Muro era ben inserita nelle strutture della vecchia DDR e non partecipò mai alle manifestazioni per la democrazia e per la riunificazione.

Ora è arrivato Olaf Scholz che, per necessità o per volontà, vuole spostare il baricentro.
Ma la Germania ha troppi impegni e legami con la Russia per potersi liberare facilmente da questa situazione (di fatto la Germania è sotto ricatto da parte russa) e quindi Scholz se vuole durare e avere successo deve andare coi piedi di piombo.
O fare l'esatto opposto: dare un taglio netto e totale immediatamente. Cosa che non rientra nelle corde della politica (ma neanche della società) tedesca. Ci vuole troppo coraggio e la disponibilità a fare sacrifici.

Saluti,

Mauro.

domenica 5 settembre 2021

L'incidenza e la scuola

Sì, parliamo di nuovo di Covid.

In Italia, in Germania e altrove si è deciso di non considerare più l'incidenza (cioè quanti nuovi casi ogni 100000 abitanti si verificano in un determinato lasso di tempo, generalmente in una settimana) come indice per decidere che misure prendere o allentare, bensì le ospedalizzazioni (cioè quanti nuovi ricoverati nei reparti Covid, in particolare UTI, vi sono nello stesso arco di tempo di cui sopra).

Cambiamento molto apprezzato dalla "società" (in particolare dall'economia) e contestato dalla scienza e dalla medicina.

Ma, al di là di chi approva e chi no, perché questo cambio e perché ora?
La politica ha semplicemente dichiarato che l'incidenza non è più un parametro veramente indicativo, soprattutto a causa del fatto che ora abbiamo i vaccini.

Onestamente: spiegazione di facciata (alias arrampicata sugli specchi: vero che i vaccini hanno cambiato il gioco, ma fino a che non si raggiunge l'immunità di gregge l'incidenza rimane un parametro importante).
Però... indicativo/significativo non significa usato correttamente.

Se la politica avesse detto che l'incidenza non è significativa perché dipende in realtà dalla scelta (politica, anche se dovrebbe essere medica) di quanti tamponi fare e dove, quando e su chi farli... cioè che l'incidenza può essere manipolata senza tecnicamente mentire e barare, allora io per primo sarei d'accordo sul non considerarla o sul ridurne il peso tra i parametri usati.
Ma dirlo (cioè dire la verità) significherebbe ammettere che le convenienze politiche (generalmente dirette da quelle economiche, cioè da chi vorrebbe evitare ogni misura limitativa) comandano, non le indicazioni della medicina, della scienza.
Quindi non si può dire.
E si usano i vaccini come foglia di fico (prima che ci fraintendiamo: i vaccini sono una cosa necessaria e bellissima, ma usarli come scusa per non considerare l'incidenza è sbagliato).

Quindi perché?
Guardiamo al momento: stanno per riaprire le scuole o sono appena ripartite dopo la pausa estiva. E ci sono enormi pressioni per farle riaprire tutte nonostante che quasi dappertutto non siano state messe in sicurezza (leggetevi la prima considerazione qui per capire di cosa parlo).
Non essendo state messe in sicurezza (consiglio di aprire le finestre a intervalli regolari a parte) le scuole rischiano di diventare dei focolai.
Focolai significa aumento dell'incidenza.
Ma i bambini e i ragazzi allo stato attuale delle conoscenze (la variante delta potrebbe cambiare le cose, non dimentichiamolo) si ammalano meno, pur infettandosi.
E questo significa non aumento delle ospedalizzazioni, almeno non aumento drammatico.

Ora capite perché l'incidenza diventa non significativa proprio ora?
(Con grande gioia delle varie conf).

E no, non parlo solo dell'Italia.
La stessa cosa è stata messa in evidenza da Sascha Lobo per la Germania in un suo editoriale sullo Spiegel.
Cito un passaggio di questo editoriale:

Kinder stecken sich zwar etwa so schnell an wie Erwachsene, müssen aber deutlich seltener ins Krankenhaus. Das heißt, selbst wenn eine unfassbare Zahl von Kindern sich anstecken sollte, müssen nicht zwingend Maßnahmen eingeleitet werden. Smells like Kinderdurchseuchung durch die Hintertür.

Traduco:

I bambini si infettano sì più o meno con la stessa frequenza degli adulti, devono però essere ricoverati molto meno spesso. Cioè, anche se un incredibile numero di bambini dovesse infettarsi, non dovrebbero necessariamente essere prese misure. Puzza di infezione endemica infantile attraverso la porta di servizio.

Saluti,

Mauro.

lunedì 15 marzo 2021

Considerazioni sul vaccino AstraZeneca

Vorrei fare qualche considerazione personale sui problemi, veri o presunti che siano, del vaccino AstraZeneca.

Per il momento facciamo finta che ci sia almeno in alcuni casi veramente un rapporto di causa-effetto (anche se le autopsie già effettuate sembrano escluderlo).

Intanto vediamo i numeri.
La Bayerischer Rundfunk ha calcolato che si sono contati 6 trombi per milione di vaccini.
La pillola anticoncezionale è provato provochi più di mille trombi per milione di donne che la usano. Eppure viene contestata per motivi religiosi, ma non per la pericolosità.


Poi che potessero esserci dei problemi era stato messo in conto sia dalle aziende che dai governi: era il prezzo da pagare per uno sviluppo e una certificazione così veloci. La domanda da porsi è se 6 casi per milione di vaccini siano un prezzo accettabile o meno.

Ovviamente è giusto, anzi doveroso sia dal punto di vista morale che legale che scientifico, fare accertamenti per verificare se vi è veramente un rapporto di causa-effetto e per verificare se il problema riguarda solo un lotto, solo uno stabilimento o tutta la produzione AstraZeneca.

Ma, mentre si fanno questi accertamenti, è giusto sospendere la somministrazione del vaccino? O la sospensione è solo un segno di isteria? Molti, tra cui il deputato, medico ed esperto di sanità tedesco Karl Lauterbach, ritengono che sia isteria e che avrà pesanti ripercussioni. Primo, la sospensione fa ripiombare nel caos le strategie vaccinali che stavano cominciando a ingranare in tutta Europa. Secondo, mina la fiducia della popolazione nei vaccini in generale e non solo in quello AstraZeneca. E di novax ne abbiamo già più che a sufficienza.
Oltretutto... il caos e i ritardi nei vaccini causati inevitabilmente dalla sospensione di AstraZeneca (gli altri produttori non possono certo aumentare la produzione per sopperire a questo buco) causeranno più morti dell'eventuale difetto del vaccino.
E provocherà diseguaglianze regionali, visto che non è che ogni centro vaccinale riceva lo stesso mix di vaccini dei vari produttori. Ci saranno zone dove si riuscirà a vaccinare come prima, zone dove si rallenterà e zone dove praticamente ci si fermerà. Riflettiamoci.

E un'ultima considerazione per quelli che mettono sempre davanti a tutto l'economia: ve ne rendete conto questa sospensione che danni economici può fare a un'azienda come AstraZeneca? Per un problema probabilmente inesistente o comunque molto piccolo? Ci avete pensato che una sospensione così frettolosa lede l'immagine dell'azienda tutta e non solo del suo vaccino? Che molta gente ora guarderà storto ogni prodotto AstraZeneca?

Sullo stesso tema voglio segnalarvi questo video di Entropy for Life su YouTube.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 8 aprile 2020

Il rimbalzo del PIL

In tanti stanno facendo previsioni sul PIL (Prodotto Interno Lordo, per chi non lo sapesse, in pratica il fatturato di una nazione).
A parte che sono previsioni in questo momento aleatorie, visto che molto dipende da quanto durerà la pandemia, e quanto durerà non siamo ancora in grado di saperlo.
A parte ciò vedo in molti lettori (non negli esperti, per fortuna) entusiasmo per la ripresa prevista nel 2021. Entusiasmo dovuto a ignoranza matematica ed economica.

Prendiamo per esempio le previsioni di Goldman Sachs (ma vale anche per le altre):


Quello che molti non capiscono è che le variazioni percentuali sono sempre sull'anno precedente, non su oggi.

Prendiamo la previsione per l'Europa in genere (ma il discorso vale anche per i singoli paesi):
2020: -9%
2021: +7,8%

Cosa significa?
Mettiamo che il PIL del 2019 fosse 100 (per facilitare i calcoli).
Ciò significa che nel 2020 sarà 91 (-9% di 100).
Ma nel 2021 sarà 98,098 (+7,8% di 91) e non 107,8 (+7,8% di 100) come molti lettori sembrano credere.
Nel 2021 ci sarà un rimbalzo, non una ripresa.

Comunque fidatevi: le previsioni di Goldman Sachs e consorteria sono ottimistiche. Molto ottimistiche.

Saluti,

Mauro.

domenica 16 giugno 2019

Savona, Socrate e il debito

Tutti avrete sentito il casino riguardo alle parole di Savona nel suo primo discorso come presidente di Consob.
Prima di tutto, prima di venire ai punti che voglio trattare, per coloro che non hanno già sentito o letto il discorso, vi rinvio al testo completo, così potete ragionare su di esso con la vostra testa. E valutare obiettivamente i commenti che sentite in giro.

Partiamo dalle levate di scudi sulla "caverna di Socrate".
Siamo sicuri che coloro che si sono scandalizzati per aver sentito Socrate invece che Platone conoscano la filosofia?
Vero che il mito è noto come il mito della caverna di Platone, ma nel testo in cui Platone ne parla (il libro settimo de La Repubblica) il mito è narrato da Socrate. Platone mette il mito in bocca a Socrate.
E dato che Socrate è stato il maestro di Platone e che tutto ciò che sappiamo di lui è quanto riporta Platone (Socrate non ha lasciato nulla di scritto) è molto probabile che Platone il mito della caverna lo abbia veramente ascoltato da Socrate.
Se volete accertarvene leggetevi La Repubblica (quella di Platone, non quella di Scalfari). Il libro settimo comincia a pagina 86 della versione nel link.
Per concludere: Platone o Socrate... in questo caso vanno benissimo entrambi.

E veniamo ai contenuti economici, finaziari del discorso, cioè quelli al momento importanti.
Io ne esaminerò uno solo (che è prima matematica e solo dopo economia). Per un'analisi globale del discorso vi rimando a Michele Boldrin e alla sua banda che in questo video hanno fatto una disanima irriverente ma scientificamente accurata di quanto detto da Savona.

Torniamo a noi.
Il punto di cui vorrei parlare è il famoso debito al 200% del PIL che non sarebbe un dramma (lo trovate a pagina 10 del testo che vi ho messo in link all'inizio).
A parte il fatto che invece sarebbe eccome un dramma, il problema è quando - nel paragrafo successivo - Savona (o chi gli ha scritto il discorso) sostiene che l'importante è che il PIL cresca più del debito.
Il che in astratto può anche essere giusto... se non fosse che la crescita del PIL superiore alla crescita del debito impedirebbe all'Italia di arrivare al 200%.
Facciamo due conti.
Il debito italiano attualmente è al 132,1% del PIL.
Il che significa che posto il PIL a 100, il debito è 132,1.
Facciamo crescere il PIL - per esempio - di 3. Crescere più del debito significa che quest'ultimo al massimo cresce di 2,9 (mi limito sempre solo al primo decimale per semplicità). Abbiamo quindi il PIL a 103 e il debito a 135. Il che significa un rapporto debito/PIL di 135/103=131,1%.
Quindi il rapporto debito/PIL è sceso, anche se il debito assoluto è aumentato.
Continuando a far crescere il PIL più del debito in valori assoluti, il rapporto continuerà a scendere. Non potrà mai raggiungere il 200%.
Va detto che il testo di Savona è un po' ambiguo, lascia la porta socchiusa all'ipotesi che intendesse "facciamo finta di avere un debito al 200%"... ma (a parte il fatto che il buon senso leggendo il tutto esclude questa interpretazione) parlando di temi così importanti per l'economia del Paese è criminale rimanere ambigui. Soprattutto se ricopri una posizione delicata e importante come quella di presidente della Consob.

Saluti,

Mauro.

martedì 20 novembre 2018

Domande di un ignorante in economia

Salvini ha dichiarato che lo spread scenderà e se non succederà sarà perché qualcuno specula contro l'Italia. Ma che il governo saprà impedirlo.
Ora, facciamo finta che l'Italia sia vittima di speculatori (cioè, non nego che esistano speculatori, ma che ce l'abbiano particolarmente con l'Italia).
Qualcuno mi sa spiegare come oggi un governo da solo può impedire le speculazioni?
Che poi mi faccio anche un'altra domanda: come fai a distinguere uno speculatore (cioè chi ti danneggia di proposito per guadagnare) da un investitore (cioè chi semplicemente pensa alle proprie finanze, ma non ti danneggia di proposito)?
Entrambi operano sugli stessi mercati/prodotti.
Ora qualcuno mi dirà: uno speculatore è disonesto, un investitore no.
Però... uno può speculare anche senza infrangere la legge. E allora?

Sono domande di un ignorante in economia.
Ogni risposta è gradita.

Saluti,

Mauro.

lunedì 10 aprile 2017

Andrea Tarquini proprio non ce la fa

In fondo il ragazzo - corrispondente da Berlino per Repubblica - un po' pena mi fa. In fondo si impegna... ma proprio non ce la fa.
Ogni volta che deve scrivere qualcosa che non sia semplicemente la descrizione di un fatto di cronaca senza commenti... riesce a tirare fuori solo puttanate.

I miei lettori ricorderanno quando lo beccai con le mani nel sacco su brevetti riguardanti pomodoro e broccolo: Ignoranza brevettata.

Ma anche prima e dopo quell'articolo il povero Tarquini si era distinto spesso per scrivere cose sbagliate su argomenti che non capiva.
Mi risulta che ci sia anche una pagina Facebook a lui dedicata al proposito, ma non la ho mai consultata... forse è una leggenda metropolitana ;-)

Oggi a coglierlo in fallo è - in tema di economia e di cambio tra Euro e Corona Ceca - Mario Seminerio sul suo blog Phastidio: Il meraviglioso antimondo di Andrea Tarquini.

No. Andrea Tarquini proprio non ce la fa. E temo non ce la farà mai.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Ma forse, in realtà, è Tarquini stesso una leggenda metropolitana e Repubblica a Berlino ha solo un bot che mediante algoritmi strani mette insieme parole a caso.

domenica 22 gennaio 2017

Una segnalazione: lavorare gratis... a che scopo?

Chi mi conosce sa che generalmente non ho (da fisico che adora, rispetta e conosce la matematica) rispetto per gli economisti, visto che la maggioranza di loro non ha nessuna idea di cosa sia la matematica (e l'economia si basa necessariamente sulla matematica, che agli economisti piaccia o meno).
Mario Seminerio è un economista.
Mario Seminerio è una delle rare eccezioni a quanto sopra.

Si può essere d'accordo o meno politicamente o ideologicamente con le sue idee, ma lui la matematica la sa usare (contrariamente alla maggioranza dei suoi colleghi), quindi quanto dice non va sottovalutato... anche quando - talvolta capita anche a lui - sbaglia ;-)

Tutta questa premessa per segnalare questo suo articolo (in cui assolutamente non sbaglia), che definire interessante e sottoscrivibile sarebbe solo segno di sottovalutazione, per non dire di peggio.
Leggetelo. Non ve ne pentirete.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 28 dicembre 2016

Il problema delle problematiche

Da svariati anni a questa parte nella politica (intesa in senso lato, quindi anche sindacalismo, industria, economia, ecc.) è diventata onnipresente una parola: problematica (il sostantivo, non l'aggettivo, il quale invece è usato molto meno).

"E allora?" - direte voi - "Che c'è di male? Basta che sia usata correttamente".

È proprio questo il punto: "problematica" viene sempre meno usata correttamente.
Ascoltate bene, quando detta parola spunta. Scoprirete che sempre più spesso viene usata al posto della parola "problema".

Ma problematica e problema, per quanto strettamente imparentati, non sono affatto sinonimi.

Cito dal De Mauro:



E nei rari casi in cui i due termini siano veramente interscambiabili, un buon stile imporrebbe di usare il più semplice dei due, cioè problema.

Ma forse problema è troppo semplice. La gente rischierebbe di capire ciò di cui si parla.

Saluti,

Mauro.

sabato 12 dicembre 2015

Il problema con le banche e i bilanci

Il fatto è che l'economia in realtà è pura matematica.
Purtroppo non si è visto ancora un economista che sapesse anche solo un minimo di vera matematica (quella insegnata nelle facolta di economia non è matematica, è giocare coi numeri).

I problemi saranno quindi risolti solo quando per legge si impedirà ai laureati in economia di lavorare in banche, assicurazioni e ministeri.

Saluti,

Mauro.

giovedì 9 luglio 2015

Grecia: debiti e prestiti

Rischio di diventare noioso, ma devo scrivere di nuovo della situazione greca.

Il referendum è passato. E per ora non sembra cambiato nulla. Né in meglio né in peggio.
Continua infatti il teatrino del tira e molla tra Atene e Bruxelles (o Berlino, se preferite).

Cerchiamo di riassumere i punti importanti.

1) Le misure proposte alla Grecia e finora attuate hanno depresso ulteriormente l'economia greca. Infatti, mentre a parole si parlava di abbattere i costi, insieme ai costi si sono abbattuti gli investimenti (oltre che lo stato sociale).

2) Le misure non ancora applicate o anche solo proposte vanno tutte nella stessa direzione di cui sopra. Ma abbattendo gli investimenti come fa la Grecia a guadagnare e quindi a trovare i soldi per pagare i suoi debiti? Con i prestiti? OK, ma...

3) La Grecia finora ha usato i prestiti praticamente solo per pagare i debiti. E l'Europa lo sa benissimo. Insomma è un cane che si morde la coda... ma così facendo (e facendo finta che gli interessi non contino) il debito al massimo si stabilizza, non si riduce.

4) Traducendo il punto 3) in parole povere: Bruxelles tiene le banconote nella mano destra e le passa ad Atene che le prende con la sinistra. Poi Atene se le passa nella destra e con essa le dà a Bruxelles che le prende con la sinistra. Poi Bruxelles se le passa nella destra e il giro ricomincia.

5) Ergo, se Bruxelles e Atene smettessero di darsi soldi a vicenda i bilanci non cambierebbero da nessuna delle due parti (ma se smettessero i tedeschi urlebbero "greci ladri" ancora più forte, non rendendosi conto della stupidità della cosa).

6) Domanda: a cosa serve questo teatrino? Se in Germania, altri importanti paesi europei o per la UE fossero previste elezioni a breve, parlerei di teatrino elettorale. Ma elezioni a breve non ve ne sono. Quindi? Boh!

7) Tsipras rifiuta l'austerità rigida imposta fino a ora. E, a parole, non si può che dargli ragione. Ma finora non ha proposto nulla di concreto, nulla di applicabile in alternativa. È solo uno che ha sottovalutato quello che lo aspettava, è un incapace o la risposta è un'altra? E se è un'altra, qual è?

Io non so cosa dirvi, ma pensate anche voi a questi sette punti.
E magari spiegatemi le cose. Grazie.

Saluti,

Mauro.

sabato 4 luglio 2015

La Grecia, l'Europa e il referendum

Ormai ci siamo. Domani in Grecia si vota per il referendum sulla trattativa tra Grecia e Troika.
Ne ho già parlato qui e in un commento a questo articolo di un amico.


Oggi però non voglio parlarvi di cosa penso del referendum in sè. Voglio parlarvi della sua (presunta) importanza per l'Europa.
Chi è dalla parte di Tsipras e del no sta raccontando in giro che questo referendum potrebbe essere l'inizio di una nuova Europa.
Chi è dalla parte di Schäuble (perché il vero sostenitore della durezza è lui, il ministro delle finanze tedesco, colui che veramente comanda in Germania, non la Merkel, Juncker o la Troika) e del sì sta raccontando in giro che col sì i greci dimostrebbero all'Europa serietà e sarebbero di esempio per l'Europa stessa.

Balle, solo balle. Da entrambe le parti.

Questo referendum ha importanza solo e unicamente per la Grecia. Internamente.
Per l'Europa i greci possono votare quello che vogliono e non cambia nulla.
Ma non perché il voto in sè non significhi nulla, bensì perché - scusate il cinismo - è la Grecia a non significare nulla.

Che peso percentuale ha la Grecia nel PIL e negli altri indicatori economico-finanziari dell'Europa?
Che peso percentuale ha la Grecia nell'import/export europeo?
Che peso politico ha la Grecia in Europa e fuori?
Quale percentuale degli scambi bilaterali costituisce la Grecia per gli altri paesi europei (e non solo)?
Quale peso sui bilanci degli altri stati hanno i debiti greci?

Sì, la riposta è semplice e la avete capita: poco più di zero.
E vale per tutte e cinque le domande (anche per la quinta, sì, qualunque cosa ci raccontino i cosiddetti economisti).

È chiaro: ciò non ci libera dagli obblighi morali verso il popolo greco... ma qualunque cosa succeda in Grecia non avrà - non potrà avere - effetti globali sull'Europa (sia intesa come EU sia come zona Euro sia in senso geografico).
La Grecia ha un peso troppo limitato (soprattutto ora che non esiste più la contrapposizione NATO-Patto di Varsavia).

Detto papale papale: la Grecia non conta nulla. È cinico, lo so, ma è così.

Quindi - se non siete greci - rilassatevi: qualunque idea politica, economica, umana, etica, eccetera abbiate... domani per voi non cambierà un belino. Né in meglio né in peggio.


Se invece siete greci preparatevi al peggio. Chiunque vinca, purtroppo.


Saluti,

Mauro.

mercoledì 1 luglio 2015

Spero di sbagliarmi...

...ma temo che il referendum organizzato da Tsipras in poco più di una settimana, obbligando (almeno in teoria) i votanti a leggersi tutte le carte della trattativa tra la Grecia e la Troika per votare consapevolmente, si rivelerà un autogol.
Sia che vincano i sì, sia che vincano i no.

Sia ben chiaro, spero di sbagliarmi.

Saluti,

Mauro.

lunedì 8 giugno 2015

Viale delle acconciature

Nel novembre del 2011 vi parlai qui dell'"esplosione" delle farmacie in Germania.
Bene, le farmacie non sono diminuite, ma almeno l'espansione si è fermata.

In compenso, fermatasi l'esplosione farmaceutica, è cominciata l'esplosione delle acconciature.
Stanno aprendo parrucchieri (di ogni livello, dal piccolo bugigattolo al salone di gran lusso) quasi a ogni angolo di strada.
Nello stesso tratto di strada di cui vi parlai per le farmacie (circa 1200 metri) ora ci sono una decina di parrucchieri. Un paio di anni fa erano la metà.
E le teste da acconciare non è che siano aumentate.

Io un sospetto lo avrei (sia allora per le farmacie, sia ora per le acconciature)... diciamo che suppongo che in certi ambienti queste attività abbiano soppiantato la gastronomia usata nei decenni passati... chi vuol capire, capisca ;-)

Saluti,

Mauro.