mercoledì 7 agosto 2024
Qualche considerazione sul "caso" Imane Khelif
giovedì 14 ottobre 2021
Il Covid, i giuristi e la Costituzione
Ma non è questo il punto.
Nel senso "questa cosa rispetta la legge, la Costituzione e quest'altra no".
Il problema è che, anche quando hanno totalmente ragione nello smontare una norma (qualche volta sbagliano anche loro, chiaro, ma quelli che conosco io sono generalmente affidabili), non mettono fuori gioco la norma incriminata, come i loro lettori spesso credono.
Quindi chi li prende alla lettera e rifiuta di fare le cose che i giuristi hanno teoricamente cassato, si mette nei guai.
Non è una sentenza della Corte Costituzionale.
Qualsiasi altro giudizio, anche se corretto nella sostanza e perfetto nella forma, ha solo valore informativo.
Fino a che la Corte Costituzionale (o chi di dovere, vedasi sopra) non le cassa, il non rispettare le leggi o i decreti è sempre e comunque una pessima idea. Anche quando sono palesemente sbagliate.
La disobbedienza civile è una cosa molto più alta e nobile del fregarsene di norme e leggi, per quanto sbagliate.
mercoledì 22 settembre 2021
Cosa facciamo stasera? Un referendum!
La polemica del momento, non serve che ve lo dica io, è quella sui referenda.
Con la sentenza per cui la firma elettronica (SPID) è valida quanto quella a mano verificata ora molti credono che sarà troppo facile organizzare un referendum e che quindi ce ne saranno troppi.
E chiedono che venga alzato il numero di firme da raccogliere.
Ora, io personalmente non so quale possa essere un quorum ottimale per richiedere un referendum (che ci debba essere è palese, ma a che altezza debba stare l'asticella meno) però non sono convinto che diventerà più facile organizzare i referenda. O almeno non troppo più facile.
Perché è sì vero che non bisognerà più fermarsi al banchetto o recarsi al Comune per firmare, ma è anche vero che non ci saranno più i tanti passanti fermati e convinti dagli attivisti a firmare (perché molto probabilmente ci saranno meno banchetti).
E oltretutto il successo delle firme elettroniche nelle due raccolte in corso (suicidio assistito e cannabis legale) è anche dovuto alla novità della cosa, all'entusiasmo che c'è sempre per le cose nuove.
Per i referenda futuri non credo che le firme elettroniche saranno tante come ora.
Ecco, la possibilità di firmare da casa potrà aiutare quei quesiti veramente di interesse "universale", ma sono la minoranza. La maggioranza dei quesiti non raccoglie tanto interesse, quindi questi ultimi non avranno chissà quale aiuto.
A mio parere ovviamente.
Quello che però è per me il punto è che sarebbe sì giusto non fare tanti referenda.
Ma sarebbe giusto in un altro modo e per un altro motivo.
Tanti quesiti vengo risolti con un referendum (e non vale solo in Italia) perché ci sono temi di cui la politica non si occupa. Temi su cui il legislatore abdica, non fa politica (nel senso alto del termine).
Prendete appunto quello sul suicidio assistito.
Che si sia d'accordo o meno col tema in questione si è arrivati al referendum perché la politica per decenni (sì, decenni) ha di fatto solo girato intorno al tema, rifiutando di affrontarlo seriamente.
Sul tema è stata fatta bassa politica, roba di bottega, non lo si è affrontato con una discussione politica alta, seria in Parlamento.
Se lo si fosse fatto, ora non ci sarebbe il referendum.
Ecco, cari politici, se volete diminuire i referenda non alzate il quorum.
Occupatevi dei temi importanti. Fate politica nel senso alto e nobile del termine.
(E lasciamo per ora perdere i tanti quesiti tecnici a cui si chiede di rispondere al cittadino, ma a cui solo pochi cittadini possono veramente votare a ragion veduta, proprio per la tecnicità dei temi... perché anche questi quesiti ci sono solo a causa di mancanze della politica; una politica seria, alta li renderebbe superflui).
Ecco, cari politici, sì anch'io sogno meno referenda.
Ma non perché non mi piacciano.
Sogno meno referenda, perché sogno più politica.
Sogno un Parlamento che faccia politica alta, discutendo seriamente i temi importanti.
Saluti,
Mauro.
sabato 28 agosto 2021
Considerazioni politiche e polemiche sulla "lotta" al Covid
Vorrei qui estendere e riordinare alcune considerazioni personali sparse che ho fatto ieri, 27 agosto, su politica e Covid su un gruppo privato di Twitter.
Non parlerò di Covid in termini scientifici (a livello medico lo lascio fare a chi ne sa, io posso solo ascoltare e imparare, e a livello statistico-matematico ne ho già parlato più volte e probabilmente ne riparlerò in futuro).
In questo articolo si parlerà di politica e Covid.
E la componente polemica sarà molto grande... quindi, se volete commentare, fate un bel respiro profondo e rileggete l'eventuale commento prima di premere invio.
Considerazione 1: Perché tanta insistenza con le scuole aperte, anche se queste non sono in sicurezza?
Premetto che non sono per le scuole chiuse a priori. Io stesso riconosco i rischi della DAD (ne scrissi già qui a marzo 2020).
Il problema è che non è stato fatto nulla (e non solo in Italia) per mettere in sicurezza le scuole e soprattutto quali sono le vere motivazioni per le riaperture a dispetto di tutto.
Molte aziende (che siano industrie, attività commerciali o altro) col sostegno delle varie conf sono sia contro le chiusure (a loro interessa il guadagno immediato, non sanno ragionare a medio-lungo termine) che contro l'home office (hanno ancora la mentalità da catena di montaggio pure per il lavoro non di produzione e temono di perdere controllo e quindi potere sui dipendenti).
Ma per riaprire i negozi e riportare i lavoratori in ufficio serve che il meno scolari possibile (soprattutto i più piccoli) stiano a casa.
Da qui la decisione a tavolino (perché quello è: una decisione politica a tavolino contro ogni evidenza scientifica) che le scuole sono sicure e che i contagi possono - al massimo! - avvenire solo nel tragitto casa-scuola-casa.
Decisione presa appunto su insistenza delle varie conf, che hanno molta, ma veramente molta influenza sui governi. Di ogni colore e paese.
Considerazione 2: Perché tanto (apparente) attivismo ma poca o nulla programmazione?
Il problema sono le elezioni. I politici vivono per le elezioni, programmano in base alla prossima scadenza elettorale (e a quel che dicono i sondaggi in vista della stessa). E ciò significa che più vicina è questa, più brevi sono le legislature o gli altri tipi di mandato, più diventa importante lavorare con l'ottica a quella e non ai risultati concreti (che richiedono tempo, quindi per il bene dei paesi richiederebbero che si evitasse di guardare alle prossime elezioni... mentre invece si è fatto proprio l'opposto accorciando addirittura la prospettiva tramite la politicizzazione e "nazionalizzazione" delle elezioni locali).
E le elezioni le vince non chi fa quel che è giusto e necessario fare, ma chi accontenta le masse.
Il problema grosso qui è però che per molti politici (e giornalisti...) la "massa" non è la popolazione, ma quella parte di popolazione che si fa sentire (che sia nelle piazze come i novax o mediaticamente come le conf di cui sopra è lo stesso).
Considerazione 3: Perché così poca considerazione per le tematiche del Long Covid?
Il Long Covid è come i progetti infrastrutturali o le riforme a lungo termine: i meriti pubblici (e quindi i dividendi politici) se li prenderanno coloro che saranno in carica quando il Long Covid avrà cure, quando le infrastrutture saranno finite e aperte, quando le riforme daranno frutti concreti.
Meriti (e dividendi politici) non se li prendono coloro che se ne occupano concretamente oggi e fanno partire gli studi per il Long Covid, i progetti per le infrastrutture, le leggi per le riforme.
Quindi chi glielo fa fare a questi ultimi a occuparsi di ciò che darà frutti dopo di loro, quando al loro posto ci sarà con ogni probabilità qualcun altro?
Considerazione 4: Perché i politici locali impediscono più di quelli nazionali una seria lotta al virus?
I politici locali in frangenti come quello attuale sono peggio di quelli nazionali, al di là della loro indole personale, in quanto soggetti in maniera più diretta, più esplicita alle pressioni delle varie categorie. E le pressioni nella maggioranza dei casi vengono dall'economia locale: più è "piccolo" il locale, più diretta è la pressione sull'amministratore.
Non si può pretendere che il sindaco del paesino di 1000 abitanti applichi con durezza e intransigenza regole per limitare il virus e non si può pretendere che il negoziante all'angolo pensi oltre gli incassi a breve termine del suo negozio, accetti sacrifici. Loro non possono pensare a lungo termine o riflettere sui grandi numeri.
Devono essere i governi centrali a imporre le regole e a fornire strumenti e risorse, devono essere i vertici nazionali delle associazioni di categoria a guidare i propri associati, a impedirgli di fare cazzate. Le decisioni in tempi di emergenza (come è la pandemia) devono essere prese centralizzate.
Già il livello Land/regione è troppo "locale" per molti interventi.
Però i vertici delle associazioni di categoria pensano a loro volta in piccolo, al guadagno immediato (più proprio che dei piccoli negozianti locali, comunque). E i governi ascoltano loro non scienziati ed esperti. Questi ultimi non portano voti, le conf sì.
Considerazione 5: Perché non si riconosce il legame tra pandemia e cambiamento climatico?
È vero, magari la catena di contagio che ha portato al Covid-19 non è legata al cambiamento climatico, almeno non direttamente, ma non possiamo trattare il problema pandemie e il problema cambiamento climatico separatamente.
Uno degli effetti del cambiamento climatico è lo scioglimento del permafrost e questo scioglimento porterà alla liberazione di virus e altri microorganismi ibernati da secoli o millenni. Virus e altro che non sono mai entrati prima in contatto con l'uomo e con gli animali odierni e contro cui questi quindi non hanno protezioni naturali. Di questo tema ne parlai già qui nell'aprile 2020.
E lo sfruttamento commerciale esasperato delle foreste pluviali è a sua volta legato a quanto sopra: prima in quanto la riduzione della superficie forestale pluviale accelera il cambiamento climatico e poi in quanto tale riduzione e l'avanzamento della "civiltà" in quei territori porterà sempre più uomini e animali domestici a contatto con virus e altro a noi sconosciuti, finora confinati ad angoli inaccessibili della foresta.
Ma riconoscere questi legami costringerebbe i governi e le organizzazioni sovranazionali a fare veramente qualcosa contro il cambiamento climatico... pestando i piedi ai potentati economici.
E potrei continuare. Da dire ce ne sarebbe. Tanto.
Saluti,
Mauro.
sabato 19 gennaio 2019
La nuova pubblicità della Gillette (che non avete capito)
Qui vorrei fare due commenti che mi sarei aspettato dalla stampa, ma non li ho trovati né Italia né in Germania (non so in altri paesi).
Il primo è molto semplice, oserei dire ovvio.
La Gillette è un'azienda che per vivere deve vendere. Quindi non ha lanciato nessun messaggio sociale, giusto o sbagliato che sia.
L'unico messaggio che ha lanciato è "Comprate i miei prodotti!". E ha usato le immagini che secondo lei portano a quel risultato. Sia con le pubblicità vecchie sia con quella nuova.
Il secondo invece ha molto a che fare con l'intelligenza (e infatti sia gli ammiratori che i contestatori di detta pubblicità ne hanno dimostrata poca).
Tutte le reazioni vedono le pubblicità vecchie della Gillette e quella nuova in contrapposizione, quasi in contraddizione fra loro.
Perché questo?
La vecchia pubblicità mostrava uomini sicuri di sé, forti caratterialmente (e anche fisicamente), veniva sottinteso che avessero anche idee forti.
La nuova pubblicità mostra uomini tolleranti, che sanno essere teneri e sanno dialogare e ascoltare.
E allora?
Dove cavolo sta la contraddizione?
Non avete mai visto uomini forti e sicuri di sé che sappiano anche ascoltare ed essere teneri?
Se non li avete mai visti significa che vivete su un altro pianeta.
Quindi, per favore, tornate sulla Terra.
Saluti,
Mauro.
domenica 10 giugno 2018
Perché usare l'aereo di Stato?
C'è chi approva l'uso di aerei dedicati (ergo di proprietà o noleggiati dal Governo tramite il Ministero della Difesa) e chi invece vorrebbe che le alte cariche volassero su normali voli di linea.
Posizioni entrambe degne di rispetto, ma non è questo il punto.
Il punto sono le motivazioni addotte.
Generalmente si portano solo due motivazioni:
- Rappresentanza (generalmente dai sostenitori dei voli di Stato);
- Costi (generalmente dagli avversatori dei voli di Stato, anche se in realtà - fatti due calcoli - parlerebbe a favore).
I voli di Stato però hanno più giustificazioni che solo queste due (e anche queste, anzi soprattutto la seconda, sono in parte malposte).
Vediamole (queste due comprese).
1) Rappresentanza. Quando ci sono incontri internazionali ad alto livello, le alte cariche - in particolare il Presidente della Repubblica e quello del Consiglio - rappresentano il Paese, non loro stesse, quindi l'immagine portata da un volo di Stato non va sottovalutata.
2) Costi. Tenendo conto che le alte cariche si muovono sempre con un certo seguito - non volano da sole come faremmo io o voi miei lettori - i costi dell'acquisto dei biglietti per i voli di linea (tenendo anche conto che non sempre gli incontri sono preventivabili con sufficiente anticipo) rischierebbero di essere ben superiori a quelli di un volo di Stato.
3) Efficienza. A meno che il volo non sia veramente molto breve, questo viene anche utilizzato per lavorare. Per lo meno per preparare ulteriormente l'incontro verso cui si sta volando. Su un volo di linea (anche nella migliore delle business class, che poi comunque costa non poco, quindi vedi punto 2) non puoi certo lavorare bene e indisturbato come su un volo dedicato.
4) Tempi. I vertici internazionali non puoi gestirli in base ai piani di volo delle varie compagnie aeree. Devi essere flessibile. E devi poter rientrare il più alla svelta possibile per riprendere in mano gli affari istituzionali. Un aereo dedicato ti permette tutto ciò.
5) Sicurezza. Un'alta carica di Stato è chiaramente più a rischio di attentati (e noi in Italia ne sappiamo qualcosa) di un comune cittadino. E oltretutto colpire un'alta carica ha per il Paese un effetto funzionalmente più devastante che colpire nel mucchio - per quanto cinico sia dirlo e per quanto moralmente il colpire nel mucchio sia peggio. E un aereo di Stato è più facilmente proteggibile di un aereo di linea.
E queste sono solo le giustificazioni principali, non le uniche.
Saluti,
Mauro.
giovedì 24 maggio 2018
Il taxi e la scorta
Seguito dalle auto di scorta.
E subito è scattata la polemica (stile quella per Fico, solo che quella per Fico era giustificata, qui invece come vedrete il problema è diverso): perché deve prendere un taxi e non salire su un'auto della scorta?
Facciamo ordine.
Fino al momento dell'incarico da parte di Mattarella, Conte era un normale privato cittadino e non una carica istituzionale.
Dopo aver ricevuto l'incarico (che non è ancora la nomina!), Conte non può più essere definito un privato cittadino... ma non ricopre ancora nessuna carica istituzionale (quello succederà dopo la nomina).
Ergo non ha diritto automatico alla scorta.
In più: Conte per la sua attività e passato non è sotto minaccia malavitosa, mafiosa o simili come purtroppo sono alcuni giornalisti, imprenditori o politici.
Ergo non ha diritto alla scorta per ragioni di sicurezza.
Quindi il problema non è perché ha preso il taxi, ma perché aveva la scorta (e anche come sapeva come sarebbe arrivato al Quirinale chi aveva il potere di concederla).
Ecco, questa è la domanda: perché la scorta?
Saluti,
Mauro.
sabato 16 dicembre 2017
Le parole hanno un peso
E quindi anche delle successive polemiche.
Ora io non voglio fare un discorso politico (anche se politicamente ci sarebbe molto da dire, visto che Emiliano sta tenendo il piede in più scarpe... o forse sta cercando di infilare più piedi in una scarpa), però quanto detto da Emiliano è importante e grave.
Importante e grave in quanto sintomatico di un un fenomeno diffuso: la perdita del significato delle parole.
Le parole non hanno solo un significato lessicale, semantico. Hanno anche un significato sociale, storico.
Le parole hanno un peso.
Auschwitz (o Oświęcim, come dovrebbe oggi più correttamente venir chiamata) per esempio.
È il nome di una località, come migliaia e migliaia di altri nomi di località al mondo.
Però è un nome a cui la storia ha dato un peso. Un peso non indifferente.
Significa che non puoi usarlo? Significa che non puoi fare satira o dissacrazione con esso? Significa che non puoi farne oggetto di paragoni o confronti?
No, non significa niente di tutto questo.
Significa solo che prima di usarlo devi sapere cosa significa, che peso ha.
Una volta che è garantita questa premessa puoi usarlo quanto e come vuoi, perché saprai prenderti la responsabilità di detto uso e in caso di necessità saprai spiegarlo e giustificarlo senza problemi (almeno da un punto di vista logico).
Purtroppo oggi (come Emiliano ha dimostrato, ma non è stato il primo e non sarà l'ultimo, purtroppo) prima si parla e poi ci si informa (se lo si fa) sul significato e sul peso delle parole.
E ci si scusa solo per evitare ulteriori polemiche, senza neanche provare a giustificare l'uso fatto della parola. Proprio perché non si conosce il significato e il peso di detta parola.
Auschwitz è solo un esempio, importante in quanto estremo e usato male recentemente, ma si potrebbe fare lo stesso discorso con tante altre parole. Forse con tutte.
Come disse Claudio Magris: Le parole sono fatti.
Saluti,
Mauro.
sabato 14 ottobre 2017
Alternanza tra fuori tema e luoghi comuni
I ragazzi contestano usando, non solo ma soprattutto, il fatto che i lavori che svolgono (o che fanno finta di svolgere) non c'entrano nulla con quello che dovrebbe essere il cammino professionale e che sono sfruttamento in quanto non pagati.
E cosa cavolo c'entra? Nulla, ma proprio nulla.
Per il cammino professionale ci sono i tirocinii e, appunto, la formazione professionale. L'alternanza scuola-lavoro - sia che la si approvi sia che no - è tutt'altro, ha altri scopi, altre motivazioni e altra regolamentazione.
Per la retribuzione poi ci sono i lavoretti che gli studenti (e anche alcuni scolari) hanno sempre fatto e non gli obblighi scolastici (visto che l'alternanza in questione è un obbligo scolastico).
I liberisti all'amatriciana contestano gli studenti dicendo che in altri paesi (e citano praticamente solo l'UK, comunque) senza lavori da studente nel curriculum vieni guardato storto.
E cosa cavolo c'entra? Nulla, ma proprio nulla.
I lavori in questione sono quelli che gli studenti - poi oltretutto generalmente intesi come studenti universitari, quindi la scuola non c'entra - svolgono durante le vacanze o nel tempo libero (libero si fa per dire, visto che per lavorare poi spesso allunghi gli studi).
Non c'è nessuna alternanza scuola-lavoro obbligatoria (e no, i tirocinii/stages che alcuni corsi di laurea ti obbligano a fare per poterti laureare sono anche loro tutt'altro).
Insomma, tra i tanti motivi - reali! - che ci sono sia per approvare che per disapprovare l'alternanza scuola-lavoro entrambi i partiti usano argomenti che non c'entrano nulla.
Argomenti che sono nel migliore dei casi solo luoghi comuni, più frequentemente completi fuori tema (un po' come quando al liceo venivi interrogato su tema che non avevi studiato e facevi di tutto per portare l'insegnante su un altro tema... per poi beccarti giustamente un bel 4).
Saluti,
Mauro.
lunedì 2 gennaio 2017
Giustizialismo e garantismo
A seconda delle convenienze - ma spesso neanche delle convenienze, bensì semplicemente delle mode - praticamente tutti i partiti della storia repubblicana sono stati entrambe le cose.
E il cittadino medio ha oscillato e oscilla tra i due estremi anche più di ogni partito, di qualsiasi colore esso sia.
Ma farebbe proprio tanto schifo affidarsi con equilibrio al Diritto (maiuscolo non casuale) e dimenticarsi sia il garantismo che il giustizialismo?
Saluti,
Mauro.
venerdì 13 novembre 2015
L'accoltellamento di Milano
Però visto che la vittima è di religione ebraica sembra sia scoppiata la terza guerra mondiale (e la comunità filo-israeliana, no, non quella ebraica seria, proprio quella filo-israeliana, ci specula sopra alla grande).
Se l'accoltellato fosse stato cristiano, musulmano, buddista o ateo nessun giornale se ne sarebbe accorto.
Accusatemi pure di quello che volete (antisemitismo, razzismo, nazismo, eccetera), non farò marcia indietro di neanche un centimetro, salvo prove inconfutabili contrarie alla mia posizione portate dagli inquirenti.
Saluti,
Mauro.
giovedì 3 settembre 2015
La foto di Aylan
Ed è insorta la polemica. Polemica sul fatto se fosse giusto o sbagliato pubblicarla. Polemica a cui forse, da una parte o dall'altra, avete partecipato anche voi.
E io non pubblico la foto perché il tema di questo articolo non è se sia giusto pubblicarla o meno, non perché sia contro la pubblicazione in sé.
Il tema è che vi siete fatti accecare tutti: la polemica è servita solo a cancellare la discussione su cosa ha portato Aylan a morire su quella spiaggia e soprattutto la discussione su cosa fare per evitare che la cosa si ripeta e dove/cosa ho/abbiamo/avete/hanno sbagliato o omesso o provocato prima.
La pietà (spesso ipocrita, pelosa) per la morte di un bambino - che per la maggior parte dei lettori è solo una foto che per fortuna mostra un bambino mai arrivato da noi, se no non sarebbe più stato un bambino ma un clandestino da rifiutare - diventa anestesia per non accorgersi dei bambini che moriranno domani. E dopodomani. E il giorno dopo dopodomani. E dopo ancora.
Saluti,
Mauro.