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domenica 12 settembre 2021

I giovani sono il futuro. Per questo i vecchi se ne fregano.

Si dice sempre che i giovani sono il futuro, il nostro futuro. E quindi bisogna operare pensando a questo futuro.
Il problema è che questi sono i discorsi ipocriti dei vecchi. Vecchi che sono, per chiarire, la maggioranza degli elettori. Maggioranza crescente.
Ma i vecchi non hanno futuro. Hanno solo presente.
E questo presente vogliono goderselo.
Se poi tutto questo lo pagheranno i giovani di oggi... chi se ne frega?
Noi vecchi non ci saremo più. Non ne soffriremo.

Il problema principale è questo.
Non la politica o la finanza o l'industria.

Il problema siamo noi.
Noi vecchi.

Saluti,

Mauro.

lunedì 30 marzo 2020

Covid-19 e istruzione

Con la pandemia in corso siamo tutti focalizzati sui rischi medici ed economici.
Ma c'è una terza categoria di rischio molto seria: quella legata all'istruzione.
Un tema che è già stato trattato da molti, più competenti e aggiornati di me, ma nelle cui trattazioni vedo sempre mancare l'ultimo passaggio (se poi mi è solo sfuggito, meglio: talvolta è bello avere torto).

La presente pandemia ha costretto l'istruzione a interrompersi o a spostarsi su lezioni telematiche.
È un problema globale, non solo italiano.
Ci sono scuole e insegnanti che erano più preparati digitalmente e hanno potuto affrontare meglio la situazione e quelli che lo erano meno, ma il problema vero è un altro.

Premetto, prima di venire al sodo: parlo di scuola, non di università. Ovviamente anche le università hanno avuto problemi ma un'università, proprio strutturalmente, può gestire situazioni simili molto meglio di una scuola.

Veniamo al sodo. In questo momento gli alunni sono a casa.
Nei casi migliori a seguire lezioni telematiche e a lavorare online con insegnanti e compagni.
Nei casi peggiori affidati a sé e alle capacità e volontà dei genitori.
E questo è noto.
Noto è anche che un alunno proveniente da una famiglia di basso livello culturale ed economico ha come istruzione solo vantaggi a stare di più a scuola e di meno a casa.
I genitori non sono in grado di aiutarlo a sufficienza oppure gli mancano i mezzi tecnologici adeguati.
E quindi al gap che, tranne rare eccezioni, già c'è di base, perché l'aiuto dei genitori è importante anche in tempi normali, si aggiungono ulteriori gap dovuti all'avere meno contatti con insegnanti e compagni e al non potere seguire altrettanto bene a causa di tecnologia non adeguata.

Io qui vorrei soffermarmi in particolare sul problema tecnologico.
È vero che ormai uno smartphone lo hanno tutti.
Ma per le lezioni telematiche non basta.
In tutto il mondo si parla da lustri della digitalizzazione della scuola. Ma sempre presupponendo presenza in classe.
Poco si è fatto (ovunque) per tener conto anche delle possibilità in remoto.
Poco (o nulla) si è fatto per permettere a tutti gli alunni di avere le stesse possibilità (o almeno simili) anche da casa.
Eppure, anche senza pandemia, si poteva immaginare un aumento del remoto (e aumenterà ancora in futuro).


E fin qua sono tutte cose che hanno già detto anche altri, spesso meglio di me, con più competenza e più dati a disposizione.
Ma ho notato che spesso l'analisi finisce con la considerazione che al ritorno in classe il gap di cui parlavamo sarà aumentato. 

Quello di cui si sente parlare poco o nulla è cosa significherà poi quel gap.
A quel punto la scuola avrà purtroppo solo due possibilità.
1) Rallentare chi è avanti per far recuperare chi è indietro.
2) Abbandonare chi è indietro per non danneggiare chi è avanti.

Ed entrambe sono scelte che danneggiano sia i singoli alunni che il paese.
Perché?
Nel caso 1) ti costruisci una generazione di mediocri, indipendentemente da intelligenza e provenienza.
Nel caso 2) perdi per strada potenziali eccellenze e costruisci una bomba sociale. 

Nel decidere spese e investimenti da fare per gestire e superare la pandemia, teniamo conto anche di questo e pensiamo anche all'istruzione.
Non sono vite attaccate a un respiratore in terapia intensiva ma sono vite che, se fatte fallire, possono portare in terapia intensiva il paese tutto.

Saluti,

Mauro.

venerdì 30 agosto 2019

Cos'è Hartz IV (non è un reddito di cittadinanza)

Domenica qualcuno in una discussione su Twitter ha sostenuto che in Germania il reddito di cittadinanza già esiste. (E questo qualcuno sottintendeva che i tedeschi sono brutti e cattivi perché vogliono impedire a noi di farlo mentre loro se lo fanno allegramente).
All'inizio non era chiaro a cosa si riferisse, ma poi è diventato chiaro che si riferiva al cosiddetto Hartz IV (e tra le righe si capiva che l'espressione Hartz IV lui mai l'aveva sentita prima che la usassimo io e un paio d'altri).

Visto che questo Hartz IV fuori dalla Germania (ma talvolta anche in Germania stessa) viene frainteso e descritto per quello che non è, vuoi per malafede, per ignoranza o per altro, mi sembra utile qui descriverlo.

Prima però due punti che vanno oltre Hartz IV, pur comprendendolo, e che sono anche parte della discussione di domenica.

Per prima cosa, il qualcuno di cui sopra sosteneva che in Germania il welfare (di cui Hartz IV è parte) vale anche per chi lavora, non solo per i disoccupati o per chi non può lavorare.
Bella scoperta 😄
In ogni paese (per lo meno in quelli legati alla concezione europea occidentale di welfare) il welfare vale anche per chi lavora. Anche in Italia, Francia, Spagna e chi più ne ha più ne metta.
Cosa credete che sia, per esempio, il proseguimento dello stipendio per chi è in malattia? O per esempio la cassa integrazione per chi non viene licenziato - quindi ufficialmente ha un lavoro - ma la cui azienda lavora a ritmo ridotto o è ferma? Cosa sono se non welfare?

Seconda cosa, chi viene messo alle strette sul fatto che Hartz IV non è un reddito di cittadinanza generalmente si arrampica sugli specchi dicendo che puoi chiamarlo in modo diverso o vedere differenze formali ma reddito di cittadinanza rimane.
Beh, a questo modo allora puoi chiamare reddito di cittadinanza qualsiasi cosa non sia una retribuzione per un lavoro svolto. A questo punto, usando questa arrampicata sugli specchi, volendo anche le pensioni e le borse di studio diventano una specie di reddito di cittadinanza.
Semmai vero è il contrario, cioè che anche il reddito di cittadinanza italiano non è un reddito di cittadinanza, visto che con la cittadinanza non c'entra nulla.

Ma torniamo a Hartz IV.

In questo articolo di Wikipedia (in tedesco) trovate la descrizione particolareggiata di tutto ciò che riguarda Hartz IV, con tutti i riferimenti agli articoli di legge e a tutta la regolamentazione al proposito. Qui elencherò i punti principali della questione. Per chi vuole saperne di più, l'articolo citato sopra è un ottimo punto di partenza. Non parlerò di cifre, perché il punto importante è il cosa, non il quanto.
Una cosa interessante è che è una delle leggi più spesso modificate in Germania da quando nel 2005 è stata introdotta.

Per prima cosa diciamo che il suo nome ufficiale è in realtà Arbeitslosengeld II, cioè Sussidio di disoccupazione II.
Quindi già il nome ci dice qualcosa dell'ambito in cui ci muoviamo. Non certo in quello del reddito di cittadinanza.
La seconda cosa da notare è che per averne diritto (a prescindere dai vincoli economici) la prima condizione è il vivere in Germania, non l'essere tedeschi.
Quindi, se qualcuno insisteva a parlare di "reddito di cittadinanza" a questo punto deve smetterla. Se proprio vogliamo rimanere nel concetto di reddito allora sarebbe più adeguato chiamarlo "reddito di residenza".

A parte le battute, Hartz IV nasce dall'unificazione (e per la maggioranza dei beneficiari conseguente riduzione) di due sistemi paralleli preesistenti:
- il sussidio di disoccupazione (che rimane presente nella vecchia forma per il primo anno di disoccupazione dopo la perdita del lavoro);
- i sussidi sociali per chi era in difficoltà economica ma non aveva diritto al sussidio di disoccupazione, pur essendo abile al lavoro.
Quindi vediamo che la nascita di Hartz IV non introduce qualcosa di nuovo ma unifica due cose già esistenti (e in forme diverse esistenti già anche negli altri paesi dell'Europa occidentale).
E soprattutto non allarga la base di chi ha diritto a detto sostegno. Ergo: se Hartz IV fosse veramente un reddito di cittadinanza significherebbe che quest'ultimo esisteva già e che ha solo cambiato nome.

Una cosa importante è che se tu hai famigliari (genitori o figli) che guadagnano a sufficienza puoi vederti ridotto e in casi estremi negato il sostegno anche se tu non sei legalmente a loro carico in quanto puoi venir aiutato da loro (e questa è una delle più frequenti ragioni di cause legali relative al diritto a Hartz IV).
Cosa che non sarebbe possibile neanche in teoria se fosse un vero reddito di cittadinanza.

Hartz IV non è incondizionato.
Oltre alle condizioni economiche e occupazionali già citate, condizione per ricevere Hartz IV è essere attivi nella ricerca di un lavoro o comunque di un modo legale per non essere a carico dello Stato. Questo "essere attivi" non è definito con precisione assoluta e questo lascia quindi spazio a possibili arbitrii (ho conosciuto persone che non facevano assolutamente nulla prendere Hartz IV e persone che si facevano il mazzo per trovare lavoro vederselo ridotto o tolto).

Le prestazioni di Hartz IV sono limitate e limitanti. L'esempio migliore è il calcolo dell'affitto: dato che questo fa parte delle prestazioni, se secondo gli uffici preposti il tuo alloggio costa troppo, può venirti imposto di cambiare casa o di arraggiarti senza aiuto (e in certi casi ciò ti viene imposto anche se l'affitto è economico ma il tuo alloggio viene giudicato troppo grande o troppo lussuoso per le tue esigenze).

Un vantaggio indubbio di Hartz IV rispetto ai sussidi sociali (ma non a quello di disoccupazione) è che hai assicurazione sanitaria e pensionistica (nel senso non che ti versano i contributi per la pensione, ma che gli anni di Hartz IV vengono contati come anni lavorativi).

Al di fuori di Hartz IV ci sono prestazioni economiche dovute a emergenze o necessità particolari. Per queste bisogna fare richieste apposite e la loro erogazione è di fatto indipendente dal livello di Hartz IV che uno riceve.

Va in più detto che, almeno in teoria, il controllo della situazione economica da parte degli uffici erogatori di Hartz IV è addirittura più severo di quella del fisco.
Per esempio se tu ti stai facendo una pensione integrativa può venirti negato Hartz IV in quanto tu puoi richiedere (con perdite, come sappiamo tutti) di risolvere il contratto e che quanto accumulato ti venga versato subito. E poi vivere con quello (e fare nuova richiesta per Hartz IV quando stai per finire i soldi). Ciò vale per le pensioni integrative private, ma non per quelle garantite dallo Stato.

Ci sarebbe tanto altro da dire, ma mi pare quanto sopra basti per mettere fine alla leggenda che Hartz IV sia una specie di reddito di cittadinanza.

Un'ultima precisazione prima di chiudere.
Al di là delle somiglianze e differenze tra Hartz IV e reddito di cittadinanza, il problema comunque non sono i tedeschi cattivi che (manovrando Bruxelles) vogliono sfruttarci e impoverirci.
Il problema sono quello che i conti di questo o quel paese ti permettono materialmente di fare senza mettere a repentaglio il futuro del paese stesso.

Saluti,

Mauro.

martedì 11 giugno 2019

L'occupazione dello spazio cittadino

Non esistono solo l'inquinamento atmosferico e quello acustico.
È giusto combatterli - entrambi, ma ovviamente soprattutto il primo - se vogliamo migliorare l'ambiente in cui viviamo e soprattutto se vogliamo lasciare un mondo vivibile alle prossime generazioni.

Ma c'è un altro inquinamento, anche se pochi lo chiamerebbero con questo termine, e contribuisce altrettanto a rendere le nostre città invivibili.
Io lo chiamo inquinamento "spaziale".
E no, non c'entrano astronauti e cosmonauti. C'entra lo spazio che abbiamo a disposizione nelle nostre città.
E questo spazio è sempre più occupato da veicoli di ogni tipo. Ce n'è sempre meno a disposizione per gli esseri viventi (umani e no).
E questo problema, questo inquinamento, non cambia se camion, auto e moto sono diesel o elettriche o qualsiasi altra cosa. Anzi, per quanto possa sembrare un paradosso, anche le biciclette contribuiscono.

Oltre alle politiche per ridurre le emissioni servono politiche per ridurre l'occupazione dello spazio cittadino da parte delle ruote a scapito dei piedi.

Prima che ci fraintendiamo: non voglio la sparizione dei mezzi di trasporto (di ogni tipo), voglio solo che se ne ripensi l'uso.
Uso in molti casi necessario (e allora lo difendo a spada tratta, che si tratti di camion, auto o biciclette).
In molti altri però no (e allora lo combatto, indipendentemente dal mezzo di trasporto usato).
E in particolare: sono per una crescita del trasporto pubblico (a prezzi ragionevoli, ma non sottocosto, visto che ciò spingerebbe a usarlo anche quando non serve e quindi lo gonfierebbe oltremisura).

Saluti,

Mauro.

sabato 25 maggio 2019

Da dove viene l'Europa?

Soprattutto ora, con le nuove elezioni europee in corso, ci si chiede dove va e/o dove dovrebbe andare l'Europa.
Ma sarebbe in realtà più interessante e importante chiedersi da dove viene l'Europa.

Io purtroppo sospetto che sia tra chi vuole un'Europa chiusa sia tra chi la vuole aperta pochi sappiano l'origine della parola Europa (pur essendo questa facilmente ricercabile sia in rete che sulle enciclopedie tradizionali).

La parola Europa nasce nella mitologia greca, molto prima dell'era cristiana.
Europa (in greco antico Εὐρώπη, Európē) era principessa di Tiro... e dove stava Tiro? In Fenicia, l'attuale Libano (Libano, sì, quindi Medio Oriente, Asia).
Europa venne poi rapita da Zeus e portata a Creta, dove dalla sua discendenza nacque la civiltà minoica, radice della civiltà e della cultura europea.

Quindi l'Europa viene da radici fenicio-minoiche, che attraverso le civiltà greca e romana hanno portato a quello che siamo oggi.
Le radici cristiane tanto care ai sovranisti non sono radici, al massimo rami. Rami importanti, grandi - su questo non si discute - ma pur sempre rami.

Saluti,

Mauro.

venerdì 8 febbraio 2019

Politici fuori dalla realtà

Tutti ormai conoscete i venerdì di sciopero dalla scuola per protestare per il clima e per il futuro, lanciati dalla svedese Greta Thunberg e ormai diffusi in tutta Europa.

È lecito approvare l'iniziativa come è lecito disapprovarla. È lecito ritenere che possa funzionare come è lecito ritenere che non servirà a niente.
Ma il suo scopo e il perché viene fatta in orario scolastico sono palesi, sarete d'accordo che solo un cretino avrebbe difficoltà a capire.

Eppure c'è chi è così cretino. E questo chi è addirittura il presidente del Land più grande (come popolazione e PIL) della Germania, cioè il Nordreno-Vestfalia: Armin Laschet.
Guardate cosa è riuscito a dire (screenshot da un tweet della WDR, la TV pubblica regionale del Land):


Traduco la frase di Laschet: "Lo troverei un segnale molto più forte se venisse fatto nel tempo libero."
Mi sono cadute le braccia: che segnale sarebbe sarebbe nel tempo libero? Semplicemente nessun segnale. Uno sciopero deve disturbare (con civiltà, ma disturbare), se lo fai nel tempo libero chi se ne accorge?
Laschet ha tutto il diritto di disapprovare lo sciopero, l'iniziativa, ma una frase come quella che ha detto significa solo che vive sulla Luna.

Per chi fosse interessato traduco anche la mia risposta sotto: "Se venisse fatto nel tempo libero non sarebbe proprio un segnale. Del resto anche i lavoratori non scioperano durante le ferie. Nessuno se ne accorgerebbe. Armin Laschet, per favore torna sulla Terra!"

Saluti,

Mauro.