lunedì 30 marzo 2020

Covid-19 e istruzione

Con la pandemia in corso siamo tutti focalizzati sui rischi medici ed economici.
Ma c'è una terza categoria di rischio molto seria: quella legata all'istruzione.
Un tema che è già stato trattato da molti, più competenti e aggiornati di me, ma nelle cui trattazioni vedo sempre mancare l'ultimo passaggio (se poi mi è solo sfuggito, meglio: talvolta è bello avere torto).

La presente pandemia ha costretto l'istruzione a interrompersi o a spostarsi su lezioni telematiche.
È un problema globale, non solo italiano.
Ci sono scuole e insegnanti che erano più preparati digitalmente e hanno potuto affrontare meglio la situazione e quelli che lo erano meno, ma il problema vero è un altro.

Premetto, prima di venire al sodo: parlo di scuola, non di università. Ovviamente anche le università hanno avuto problemi ma un'università, proprio strutturalmente, può gestire situazioni simili molto meglio di una scuola.

Veniamo al sodo. In questo momento gli alunni sono a casa.
Nei casi migliori a seguire lezioni telematiche e a lavorare online con insegnanti e compagni.
Nei casi peggiori affidati a sé e alle capacità e volontà dei genitori.
E questo è noto.
Noto è anche che un alunno proveniente da una famiglia di basso livello culturale ed economico ha come istruzione solo vantaggi a stare di più a scuola e di meno a casa.
I genitori non sono in grado di aiutarlo a sufficienza oppure gli mancano i mezzi tecnologici adeguati.
E quindi al gap che, tranne rare eccezioni, già c'è di base, perché l'aiuto dei genitori è importante anche in tempi normali, si aggiungono ulteriori gap dovuti all'avere meno contatti con insegnanti e compagni e al non potere seguire altrettanto bene a causa di tecnologia non adeguata.

Io qui vorrei soffermarmi in particolare sul problema tecnologico.
È vero che ormai uno smartphone lo hanno tutti.
Ma per le lezioni telematiche non basta.
In tutto il mondo si parla da lustri della digitalizzazione della scuola. Ma sempre presupponendo presenza in classe.
Poco si è fatto (ovunque) per tener conto anche delle possibilità in remoto.
Poco (o nulla) si è fatto per permettere a tutti gli alunni di avere le stesse possibilità (o almeno simili) anche da casa.
Eppure, anche senza pandemia, si poteva immaginare un aumento del remoto (e aumenterà ancora in futuro).


E fin qua sono tutte cose che hanno già detto anche altri, spesso meglio di me, con più competenza e più dati a disposizione.
Ma ho notato che spesso l'analisi finisce con la considerazione che al ritorno in classe il gap di cui parlavamo sarà aumentato. 

Quello di cui si sente parlare poco o nulla è cosa significherà poi quel gap.
A quel punto la scuola avrà purtroppo solo due possibilità.
1) Rallentare chi è avanti per far recuperare chi è indietro.
2) Abbandonare chi è indietro per non danneggiare chi è avanti.

Ed entrambe sono scelte che danneggiano sia i singoli alunni che il paese.
Perché?
Nel caso 1) ti costruisci una generazione di mediocri, indipendentemente da intelligenza e provenienza.
Nel caso 2) perdi per strada potenziali eccellenze e costruisci una bomba sociale. 

Nel decidere spese e investimenti da fare per gestire e superare la pandemia, teniamo conto anche di questo e pensiamo anche all'istruzione.
Non sono vite attaccate a un respiratore in terapia intensiva ma sono vite che, se fatte fallire, possono portare in terapia intensiva il paese tutto.

Saluti,

Mauro.

11 commenti:

  1. Io ho due figli in età scolara e ti posso dire che uno degli aspetti più drammatici e disastrosi è il totale analfabetismo digitale della maggior parte dei docenti.
    I nostri figli, che vengono etichettati "nativi digitali" come se questo volesse dire di per se che hanno tutte le capacità per gestire la complessità delle interazioni cibernetiche della tecnologia in se, hanno un parte consistente della propria educazione affidata a persone che sono invece totalmente analogiche. I nativi digitali nelle mani dei morenti analogici.
    I miei figli hanno la possibilità di avere qualcuno in casa che di mestiere si occupa di questo, ma nella gran parte dei casi i genitori sono completamente ignoranti rispetto alla complessità del digitale e questo ha due risvolti negativi: il primo è che i ragazzi imparano sugli errori, e gli errori in questo ambito possono essere esiziali. Il secondo è che, una volta imparato, potranno far fessi i propri genitori in una quantità di modi che i genitori nemmeno immaginano.
    Mi tornano in mente i tempi in cui le ragazze restavano incinte perché di sesso a casa non si poteva parlare. C'erano quelle che temevano di poter restare incinte coi baci o per telefono.

    Se una lezione dobbiamo imparare da questa pestilenza che si è abbattuta sulla nostra comunità e che gli insegnanti, in gran parte, hanno bisogno di un vigoroso investimento formativo per far fronte all'incedere dei tempi.
    Inoltre bisognerebbe che, se chiediamo loro di far lezione da casa, che il laptop e l'ADSL fossero a carico dei contribuenti, non dei loro miseri salari.

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    1. E invece - oltre che insegnanti e famiglie devono pagare di tasca loro - non ci sarà nessun investimento. Né nella formazione degli insegnanti, né nell'infrastruttura.
      L'istruzione semplicemente non porta voti.

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    2. A Genova è già iniziata la distribuzione dei tablet alle famiglie non abbienti, per permettere ai figli di seguire le lezioni. Quanto al resto, posso solo darti ragione.

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    3. Ottimo. Ma io mi riferivo alla situazione globale. L'iniziativa c'è anche altrove, ma è a pelle di leopardo.

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  2. Ottime riflessioni, alquanto condivisibili.

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    1. Purtroppo.
      Se aveste potuto smentirmi su tutta la linea mi avreste fatto un gran regalo, anche se avrei dovuto cancellare l'articolo.

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  3. Preciso che non l'avrei mai detto in "età scolare" ^_^ A questo punto la scuola non riaprirà: facciamo ripetere l'anno, con esclusione delle ultime 2 classi e senza necessità di ricomprare i libri.

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    1. Età scolare in realtà riguarda chiunque frequenti un'istituzione scolastica, escluse ovviamente le università.
      A livello tecnico chiunque frequenti un'istituzione scolastica è uno scolaro (sì, anche al liceo lo è), chiunque frequenti un'istituzione universitaria uno studente.
      Anche se nel linguaggio comune (sbagliato) sono scolari solo quelli delle elementari o al massimo delle medie.

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  4. 2 classi di istituti superiori !

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  5. Con "età scolare" intendevo il mio periodo di studio (dalle elementari all'università)in cui non mi sarei mai sognata di dire una cosa come: "facciamo ripetere l'anno scolastico".
    Ora mi sembra l'unica soluzione per non rischiare di creare situazioni di disparità.
    Non verrà mai fatto.

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    1. Sarebbe la soluzione più intelligente, vero (e non solo in Italia).
      Ma non verrà fatto, vero (e non solo in Italia).

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