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domenica 30 giugno 2019

Siamo diventati razzisti?

Risposta breve: no. Non lo siamo diventati, almeno non più di quanto già lo fossimo.
Razzisti lo siamo sempre stati (infatti se la domanda fosse stata "Siamo razzisti?", la risposta sarebbe stata ). O meglio una discreta parte di noi è sempre stata razzista.
E vale per tutti, non solo per noi italiani. Alcuni di più, alcuni di meno, ma nessuno è immune.

Risposta lunga: la situazione si è evoluta negli ultimi tempi e richiede un'analisi più complessa di un semplice sì o no.
Vediamola (spoiler: comunque non smentisce la risposta breve).

Il razzismo è connaturato alla natura umana.
Ma il conformismo ancora di più.
Ergo in un periodo in cui il governo, la politica sembrano sdoganare il razzismo i razzisti sembrano aumentare (e le statistiche sugli atti di razzismo che avvengono generalmente lo confermano).
In un periodo in cui il governo, la politica sembrano veramente impegnarsi contro il razzismo i razzisti sembrano diminuire (e anche qui le statistiche generalmente confermano).
Ma in realtà il numero di razzisti rimane pressoché uguale.

Cosa succede allora?
Che chi si comporta da razzista come norma se ne frega di chi è al governo e di cosa dicono le leggi. E fa il razzista sempre.
Però c'è chi è razzista ma, diciamo, prima di tutto tiene alle proprie chiappe e quindi annusa l'aria. Se c'è uno sdoganamento si sente libero di vivere il proprio razzismo. Se invece vive in un periodo politicamente corretto mette la coda tra le gambe e si trattiene.
Poi c'è chi è indifferente, colui a cui non interessa né sostenere né combattere il razzismo, ma anche lui annusa l'aria e si accoda a chi comanda in un determinato momento.

Tra le altre cose queste due ultime categorie (soprattutto la prima, quella dei razzisti "paurosi") vivono in una condizione di legge percepita (cosa intendo con legge percepita lo spiegai qui in altro contesto).
Queste persone credono che le leggi sul razzismo siano state ora ammorbidite da Salvini e prima fossero state irrigidite da Renzi. E pensano che siano ora permesse cose in realtà proibite e che durante la legislatura precedente fossero proibite cose che proibite non erano.
Perché le leggi sul razzismo in Italia non sono state cambiate né da Renzi né da Salvini, almeno nella parte sostanziale. Sono ben più vecchie.
Come non è tutto permesso ora, non era tutto proibito prima. Anche se molti lo credono.

Tornando al punto: no, il razzismo in sé non è aumentato. Ma sono aumentate le espressioni palesi di razzismo (sia illegali che no).

Saluti,

Mauro.

domenica 29 luglio 2018

Istinto e razionalità (e autoreti)

Da quanto esiste la Terra? Da più di quattro miliardi di anni.
Da quanto esiste l'uomo? Da circa due milioni e mezzo di anni se ci riferiamo al genere Homo. Al massimo 300000 anni se ci riferiamo alla nostra specie, l'Homo sapiens.
Quindi noi siamo sulla Terra da molto poco tempo, facendo le proporzioni tra l'esistenza della Terra e la vita media di un essere umano è come se esistessimo da meno di un mese.
Ergo... quanto possiamo essere evoluti? Ben poco, per lo meno a livello psicologico.
E infatti i nostri istinti - che oggi cozzano contro la razionalità, ma un tempo erano garanzia di sopravvivenza - sono gli stessi di quelli dei cosiddetti uomini primitivi.
E uno di questi istinti è la paura, la diffidenza per il diverso.
E, dato che le parole sono importanti (come disse Claudio Magris: le parole sono fatti), ribadisco: paura, diffidenza. Non odio, non disprezzo.

Oggi, nel 2018, noi esseri umani abbiamo conquistato la razionalità, ma non abbiamo perso gli istinti primordiali.
Quindi è normale essere diffidenti verso chi ha cultura e aspetto diversi dai nostri. E sì, anche la paura è normale, non solo la diffidenza. Questo è l'istinto.
Però, come detto, oggi accanto all'istinto abbiamo conquistato la razionalità, quindi sappiamo che questa paura, questa diffidenza sono oggi ingiustificate, assurde.
Però continuiamo a fare autoreti bollando chi ha queste paure come razzista nel peggiore dei casi, come ignorante nel migliore. No, non è né razzista né ignorante. È solo una persona in cui gli istinti prevalgono sulla razionalità.
E bollandolo come razzista e/o ignorante lo facciamo diventare quello che non è: un vero razzista. Perché condannandolo e sbeffeggiandolo, invece che aiutandolo a capire, trasformiamo la sua diffidenza, la sua paura verso il diverso (che ribadisco: sono cose naturali, non sono colpe) in disprezzo, in odio verso il diverso. Cioè in razzismo.

Fermiamoci.
E ripensiamo alle nostre strategie. Non partiamo dalla presunzione di essere migliori. Anche questo in fondo è una forma di razzismo.

Saluti,

Mauro.

giovedì 12 luglio 2018

Linkiesta, Bielefeld e l'ignoranza

Ieri LinkPop, il servizio di Linkiesta per le notizie che sono riempite di errori* (anzi bestialità) e non interessano a nessuno e non servono a niente, ha pubblicato un articolo sulla città tedesca di Bielefeld.

Prima osservazione: leggetevi bene le parole e i toni usati sull'umorismo dei tedeschi (che non commenterò in dettaglio nel seguito dell'articolo). Puro razzismo. Se lo avessero fatto con un paese extraeuropeo, meglio se del terzo mondo, apriti cielo!

Ma veniamo ai contenuti (pubblico gli screenshot perché c'è sempre il rischio che Linkiesta corregga cercando di nascondere la correzione).


Cittadina?
Bielefeld ha 330.000 abitanti, poco più di Bari o Catania e decisamente di più di Verona o Trieste.
Chiamatemela cittadina.


Usenet è l'internet tedesco?
Ma lo sapete cosa sono usenet e internet?
(A parte il fatto poi che non esistono un internet tedesco, uno italiano, uno francese, eccetera, ma solo i contenuti in italiano, in tedesco, in francese su internet, ma questo comunque sarebbe l'errore meno grave).


Vedasi quanto scritto sopra (l'umorismo tedesco è sì diverso dal nostro e a noi italiani sembra scarso, ma...).


Bielefeld è ricca di storia, basti dire viene citata già a partire dal nono secolo d.C. (tre secoli prima di Monaco di Baviera, tanto per chiarire il concetto).
Per quanto riguarda le vie di comunicazione, Bielefeld si trova sul percorso dell'autostrada A2, la principale arteria ovest-est tedesca che unisce il bacino della Ruhr a Berlino e sul percorso della linea ferroviaria Colonia-Hannover che proprio secondaria non è.
Non ha monumenti famosi all'estero vero, ma questo vale per la maggioranza delle città del mondo (anche italiane): poche città vantano monumenti di fama veramente mondiale.

Saluti,

Mauro.

*Qui un esempio al proposito, tratto dal blog che state leggendo.

mercoledì 4 luglio 2018

Razzismi di destra e di sinistra 2

Lunedì ho pubblicato questo articolo sul razzismo implicito nel modo in cui è stata trattata la foto delle ragazze italiane che hanno vinto la 4x400 nell'atletica leggera ai Giochi del Mediterraneo.

Shevathas ha lasciato un commento decisamente importante e condivisibile al mio articolo:

purtroppo molti pensano, magari anche in buona fede, che se il razzismo è A->B allora antirazzismo è B->A

Vorrei qui esplicitare meglio la mia risposta al suo commento.

Intanto è assolutamente vero che purtroppo molti credono che fare dell'antirazzismo significhi ribaltare il razzismo: se io dico che i bianchi sono superiori ai neri, allora tu reagisci privilegiando i neri e inferiorizzando i bianchi.
Ma questo è invece semplicemente un raddoppio del razzismo, perché i razzismi - come i torti - non si sommano algebricamente, ma in valore assoluto.

Poi ci sono coloro che per dimostrarsi superiori dicono che antirazzismo significhi fare A+B.
Certo, fare A+B è un notevole passo avanti in quanto non c'è più la contrapposizione tra A e B. Però ci sono sempre A e B e quindi i germi della contrapposizione non sono eliminati ma solo, per così dire, sedati.

Il problema è che l'antirazzismo si definisce (a autodefinisce) solo in base al razzismo.
Per cui se il razzismo sparisce (o meglio sembra sparire), sparisce anche l'antirazzismo, perché non ce n'è più bisogno (si crede). Però è il razzismo (e con lui l'antirazzismo) a essere sparito, non le differenze.
A e B esistono ancora.

L'antirazzismo non elimina le differenze, anzi le esalta. Generalmente in buona fede, ma le esalta. E questa esaltazione è il germe del razzismo.

Ciò di cui abbiamo bisogno non è l'antirazzismo, ma la civiltà.
E la civiltà non è "A+B", ma "né A né B".
La civiltà significa indiferrenza, non antirazzismo.

Vedo che saltate sulla sedia. Indifferenza!?!?

Sì, indifferenza.
Ma non indifferenza verso il razzismo: il razzismo va combattuto sempre e comunque. Su questo non ci piove.
Però indifferenza verso le differenze: non essere razzista significa che se io ti ho davanti neanche mi accorgo se sei bianco, nero o che altro. Significa che è una cosa che non considero proprio. Né per attaccarti né per difenderti.
Significa che se ti do del coglione o del profittatore tu mi quereli perché ti ho diffamato come cittadino, non che ti metti a sbraitare al razzismo perché magari io sono bianco e tu nero (o viceversa).
Significa che se incontro un razzista lo rivolto per la sua ignoranza, non perché gli altri siano belli e bravi. Rivolto lui e in quel momento per me esiste solo lui, lui come ignorante, non lui come bianco o nero.
Significa che quando ti incontro non mi viene neanche in mente di pensare a quali diritti hai o non hai, perché tanto questi li decide la legge, non i razzisti o gli antirazzisti.

Voi mi direte: va bene, però ammetterai anche tu che l'antirazzismo è un passaggio utile, se non necessario, per arrivare a questo.
E se mi dite così vi do anche ragione.

Il problema è che l'antirazzismo per molti è la meta, lo scopo. Non un passaggio, un mezzo.
E così mettono le basi di nuovi razzismi.

Saluti,

Mauro.

lunedì 2 luglio 2018

Razzismi di destra e di sinistra

Purtroppo oggigiorno bisogna spiegare (oserei dire giustificare) tutto quello che si fa, si dice e si scrive... visto che la regola è strumentalizzare, non capire.

Ieri è stata l'ultima giornata dei Giochi del Mediterraneo e l'Italia ha vinto un bel po' di medaglie, tra cui quella della 4x400 femminile, vittoria tutto sommato insperata.
E su Twitter è apparsa la foto delle ragazze della staffetta, che io ho ritwittato. Questa foto:


Ora mi sono trovato costretto a cancellare il retweet.
Perché? Appunto perché questa foto è stata strumentalizzata. E non voglio che venga strumentalizzato anche il mio retweet.

Perché strumentalizzato? Perché se io (io Mauro Venier, non io persona generica) pubblico in qualsiasi termine una foto del genere o comunque ne scrivo... pubblico o ne scrivo perché voglio celebrare una vittoria o altra impresa sportiva fatta da atlete (o atleti) italiane... io vedo per prima cosa quella maglietta azzurra con la scritta "Italia". Il resto non mi interessa, anzi neanche lo vedo.

Chi inorridisce per il colore della pelle di quelle ragazze o non pubblica la foto per quel colore ha problemi seri sia di razzismo che di identità, visto che così facendo nega il colore più importante: l'azzurro.
Ma - e questo è il punto importante e sottovalutato - anche chi pubblica questa foto e gioisce proprio per il colore della pelle delle quattro ragazze ha gli stessi identici problemi di coloro che inorridiscono: problemi di razzismo e di identità, perché anche a lui alla fine del colore più importante - l'azzurro - non gliene frega nulla.

Ma allora, ve lo dico chiaramente, se non ve ne frega nulla dell'azzurro... cosa ve ne frega di questa foto e delle circostanze che a essa hanno portato? Ignoratela e non rompeteci le balle!

Io non posso che associarmi a quanto Fabrizio Biasin ha scritto su Twitter:


Per questo ho cancellato il mio retweet e di questa foto ne parlo solo qui sul mio blog, spazio mio personale anche se aperto al pubblico: perché qui sopra, a casa mia, se mi strumentalizzate vi prendo a calci in culo e cancello i vostri commenti.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Sarebbe anche interessante sapere quanti di coloro che hanno incensato e pubblicato o ritwittato la foto di cui sopra abbiano fatto lo stesso con la foto dei ragazzi vincitori della 4x100 alla stessa manifestazione (foto per me ugualmente bella, visto che riprende gli stessi colori: l'azzurro e il tricolore):


P.S.2:
Qui un ulteriore sviluppo del mio pensiero su razzismo e antirazzismo.

martedì 5 giugno 2018

Balotelli e la fascia

Negli ultimi giorni, con le ultime amichevoli stagionali della nazionale italiana di calcio, si è improvvisamente presentato un "problema": la possibilità che Mario Balotelli indossasse la fascia di capitano.

Gli uni a plaudire alla possibilità perché sarebbe un forte segnale di integrazione (in realtà ipocrisia politicamente corretta).
Gli altri a contestare i meriti morali di Balotelli, tirando in ballo le famose "balotellate" (in realtà ipocrisia razzista per nascondere il fatto che volessero un capitano bianco).

Peccato solo che sia un problema non problema.
Semplicemente non esiste, è un problema inventato.

La nazionale italiana di calcio ha sempre avuto la regola che il giocatore col maggior numero di presenze in campo porta la fascia di capitano.
Quindi se un giorno capiterà che Balotelli dovesse essere il giocatore nell’11 iniziale con più presenze sul groppone quel giorno avrà la fascia. E non per questioni di integrazione o politiche.
Se tale evenienza non capiterà mai, se non sarà mai il giocatore in campo con più presenze, la fascia non la porterà mai. E non per questioni caratteriali o politiche.
Punto.

L’integrazione, le balotellate e altre seghe mentali non c’entrano un cazzo, se non a riempire le TV e i giornali di chiacchiere e stronzate.
Sono, appunto, solo seghe mentali per inventarsi un problema che non è un problema (e magari per nasconderne, farne passare sotto silenzio altri che esistono veramente).

Saluti,

Mauro.

domenica 25 marzo 2018

Il gelato di Salvini

Tutti avete letto negli ultimi giorni la storia della dipendente di una gelateria che ha rifiutato di servire Salvini. Non serve che ve la racconti di nuovo.

Quello che però posso raccontarvi è che la storia molto probabilmente è (molto) esagerata.
Leggete le dichiarazioni della dipendente e della sua famiglia, leggete le dichiarazioni dei gestori della gelateria. Tutte dichiarazioni che non dicono nulla, da qualsiasi parte arrivino. Semplicemente parole, parole, parole.

Per di più Salvini mentre era nella gelateria non si è accorto di nulla. E anche dopo non si è espresso sul tema. Credete veramente che un politico come lui non avrebbe sfruttato la cosa (qualsiasi politico di qualsiasi partito ne avrebbe approfittato, ma uno con le sue posizioni a maggior ragione)?

Insomma, alla fine la domanda è: siamo sicuri che sia veramente successo qualcosa?

Saluti,

Mauro.

mercoledì 7 marzo 2018

I torti non si sommano algebricamente ma in valore assoluto

Il titolo di questo articolo non è mio, lo ho rubato all'amico Shevathas.

Però credo di poterglielo rubare senza rischio di denuncia o querela, visto che lui lo ha preso da un mio commento al suo blog di qualche tempo fa: Razzismo e torti (come anche i diritti, quelli veri) si sommano in valore assoluto infatti, non algebricamente. :-)

Sul discorso torti ha spiegato benissimo lui la cosa, quindi riporto esplicitamente le sue parole: Per i non tecnici: se si sommassero algebricamente 1 Torto A->B + 1 Torto B->A = 0 Torti; se si sommano in valore assoluto 1 Torto A->B + 1 Torto B->A = 2 Torti.

Però, come scritto nella mia frase originale, la cosa vale anche per razzismo e diritti (oltre che per altre cose che non ho citato).

Quindi ritengo utile fare esempi per razzismo e diritti.

Quando si parla di razzismo noi siamo abituati a vedere il razzismo dei bianchi contro i neri (sempre che le parole bianchi e neri significhino qualcosa).
Però il razzismo è generalizzato: ogni popolo ha le sue frange razziste, più o meno ampie, più o meno violente.
Ora in Europa molti giustificano il razzismo antieuropeo col razzismo degli europei verso gli altri.
Io non nego assolutamente il nostro razzismo verso popoli extraeuropei (e talvolta anche verso popolazioni europee viste come meno "europee" di altre), ma questo non giustifica nessun altro razzismo.
Se un europeo odia gli africani, il fatto che un africano odii gli europei non è una compensazione, è solo un altro razzismo. Siamo di fronte a due stronzi da bastonare entrambi, non a due cose che si compensano.

Lo stesso per quando riguarda i diritti.
L'esempio migliore sono le unioni civili (in Italia, in altri paesi sono matrimoni in tutto e per tutto).
Il Vaticano e i suoi lecchini alla Adinolfi le contestano in quanto attacchi alla famiglia tradizionale. Ma dove? (Ne scrissi già più di dieci anni fa qui).
Qui si concede un diritto a qualcuno che prima non lo aveva, senza togliere nessun diritto a chi già lo aveva.
Dove prima c'era un diritto per qualcuno, ora c'è un diritto per qualcuno in più (o altrimenti detto: dove prima c'era un diritto, ora ce ne sono due). Ma, appunto, nessun diritto è stato cancellato, quindi abbiamo una somma di valori assoluti, non due diritti che si annullano a vicenda.

Saluti,

Mauro.

domenica 4 febbraio 2018

No, non è un folle

Non serve che vi parli per esteso di quanto successo ieri a Macerata.
Tutti ne hanno scritto e tutti ne avete letto.

Qui voglio solo ribadire un'ovvietà, un'ovvietà che purtroppo molti (anche dalla parte avversa a Traini) stanno negando o per lo meno tacendo.
Traini non è un pazzo. O almeno non è per prima cosa un pazzo.

Per prima cosa è un terrorista.

Come lo fu Breivik (vedasi qui) nel 2011.
Non solo quelli che vengono da altre culture possono essere terroristi. Lo possono essere (e spesso lo sono) anche i "nostri".

Perché un terrorista è una persona che compie reati politicamente motivati. E quelli di Traini e Breivik lo sono.

E noi italiani questo, vista la nostra storia degli anni '70 e '80 del secolo scorso, dovremmo saperlo bene, anzi benissimo. E dovremmo saperlo riconoscere. Al di là delle posizioni politiche di ciascuno di noi.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 27 settembre 2017

Quando un partito è neonazista (o neofascista)?

La domanda è giustificata oggi dall'ascesa della AfD in Germania.

C'è chi lo definisce neonazista (o neofascista) e c'è chi sostiene che i suoi atteggiamenti sono populisti e non neonazisti, come ha fatto Ricolfi sul Messaggero.

Nella sua analisi Ricolfi dice tante cose interessanti, alcune delle quali anche estremamente condivisibili.
Però sul punto in questione Ricolfi sbaglia completamente: AfD è neonazista (e Ricolfi non sembra sapere bene cosa siano populismo e neonazismo).
Perché Ricolfi sbaglia? Probabilmente perché si accontenta di studiare le cose a tavolino, dall'Italia, quindi vede solo le piazzate mediatiche di AfD e non il comportamento quotidiano dello stesso partito.
Ma soprattutto perché Ricolfi si rifà all'AfD del 2013, di quando è stata fondata come partito, e non tiene conto dell'evoluzione del partito in questi quattro anni: evoluzione che lo ha portato sempre più a destra (ed era già di destra molto decisa alla nascita).

Va detto chiaramente che un partito può nascere non neonazista ma diventarlo nel tempo, pur mantenendo stesso nome e stesso statuto (salvo poi quest'ultimo rispettarlo solo di facciata).
Ed è questo che è successo all'AfD (e che Ricolfi non dice, non so se perché lo ignora o perché lo vuole ignorare).
Se a me quattro anni fa aveste chiesto cos'era l'AfD io vi avrei risposto che era un partito populista di destra.
Se me lo chiedete oggi vi rispondo che è un partito populista neonazista.

Ed entrambe le risposte sarebbero corrette: quattro anni fa l'AfD veniva votato anche da neonazisti ma non era neonazista, oggi lo è. Senza se e senza ma.

Lo è perché ha tutte le caratteristiche del neonazismo: populismo, razzismo, isolazionismo, nazionalismo, legittimazione della violenza, rifiuto del confronto di idee.
E lo è indipendentemente da nome e statuto.
Rispondendo alla domanda del titolo: un partito è neonazista quando i suoi contenuti e i suoi atti diventano neonazisti, anche se non lo era alla nascita e non lo è nel nome.

L'altro punto che Ricolfi non capisce bene è la differenza tra populismo e neonazismo o estrema destra.
Secondo Ricolfi sono cose diverse.
No, anche qui Ricolfi sbaglia: il neonazismo e l'estrema destra attuale in genere non sono diverse dal populismo, sono un sottoinsieme del populismo.
Esistono partiti che sono populisti ma non neonazisti (e infatti il populismo può anche essere di centro o di sinistra, non solo di destra).
Ma non esistono - non possono esistere - partiti neonazisti che non siano populisti.

Saluti,

Mauro.

lunedì 3 luglio 2017

Se il criminale è italiano o straniero

Generalmente la stampa quando riporta la cronaca di un reato specifica la nazionalità del colpevole (o presunto tale) solo se straniero, non se italiano (lo stesso capita qui in Germania, logicamente sostituendo "italiano" con "tedesco").
La domanda è: perché si specifica la nazionalità del criminale o presunto tale solo se straniero?

Molti vedono in questo fatto una sorta di razzismo non esplicito, come voler sottintendere "Vedete che se fossimo solo italiani (o tedeschi) le cose andrebbero meglio?".

Io non sono d'accordo.
Il razzismo è purtroppo vivo e presente nella nostra società, ma io non lo vedo in questo atteggiamento della stampa.

In questo atteggiamento vedo qualcosa di molto più semplice: il fornire dati relativi a una notizia.
E perché allora non specificare quando l'autore del reato è italiano (o tedesco)?
Sinceramente mi stupisce che molti se lo chiedano.

La spiegazione è in realtà a mio parere semplice.
Dato che in grande maggioranza le persone presenti sul territorio italiano sono italiane (e in grande maggioranza quelle presenti sul territorio tedesco sono tedesche), si dà giustamente per scontato che quando succede qualcosa (anche in positivo, non solo in negativo) le persone coinvolte siano italiane (o tedesche in Germania), non serve specificarlo.
Mentre quando le persone coinvolte sono straniere, se non lo si specifica manca un'informazione, è come se fossero tutte italiane (o tedesche in Germania).

Ora si può discutere se detta informazione sia essenziale, se aggiunga qualcosa alla notizia. Su questo ci sono pareri discordanti (io personalmente direi che dipende dal contesto dell'avvenimento, ma è solo la mia opinione).
Ma il razzismo - almeno in questo caso - non c'entra nulla (e quando c'è razzismo lo si capisce dal tono dell'articolo, non certo dallo specificare o meno la nazionalità).

Saluti,

Mauro.

venerdì 29 luglio 2016

Una storia emblematica

Intelligenza vorrebbe che prima si legga e poi si commenti.
La realtà purtroppo dimostra che generalmente succede l'opposto (soprattutto quando il non leggere lascia porte aperte a populismi e razzismi... permettendo poi di dire ipocritamente "ma io non sapevo"...).

Come emblematicamente dimostra questa storia.

Saluti,

Mauro.

giovedì 21 gennaio 2016

Io non sono razzista, ma...

Ecco, chi comincia così è il primo dei razzisti.

Ogni persona ha il diritto di critica.
Anche contro interi popoli, religioni, etnie, nazioni, gruppi, associazioni, eccetera...
Se questa critica è onesta, seria, concreta, argomentata (giusta o sbagliata qui non conta, il dovere di avere ragione quando si parla/scrive non esiste)... allora è accettabile sempre e comunque, qualsiasi siano i contenuti.

Sempre che non cominci appunto con "Io non sono razzista, ma...".

Se comincia così... allora è razzismo. Puro e semplice. Senza se e senza ma.

Saluti,

Mauro.

domenica 27 luglio 2014

Israele e la patente di antisemita

Io ho un ottimo rapporto con gli ebrei. Almeno con quelli che conosco personalmente (con gli altri non posso sapere, visto che io giudico le persone singolarmente e non in quanto appartenenti a una determinata religione, nazionalità o altro modo di raggrupparle).
E per me una religione vale l'altra. L'essere ebrei, l'essere cristiani, l'essere musulmani, ecc. per me non comporta né superiorità, né inferiorità.

Però io ho una pessima opinione del governo israeliano, visto il suo comportamento nazistoide verso i palestinesi.

Sono antisemita?
Per gli ebrei che conosco e per le persone intelligenti no.
Per il governo israeliano e, a quanto pare, ultimamente anche per quello tedesco invece sì.

Quindi: fanculo a detti governi.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Non so in questa situazione se sono antisemita anche per il governo italiano e, in tutta sincerità, non mi interessa neanche saperlo.

mercoledì 18 giugno 2014

Adesso con l'antirazzismo si esagera 2

E dopo i senatori statunitensi di cui avevo parlato qui, ora ci si mette anche l'Ufficio marchi e brevetti degli USA: sembra abbia tolto la protezione al marchio dei Washington Redskins (i "Pellerossa" di Washington), in quanto razzista.

Ne parla qui la CNN.

Io sinceramente comincio ad aver paura della piega che stanno prendendo le cose...

Saluti,

Mauro.

giovedì 22 maggio 2014

Adesso con l'antirazzismo si esagera

50 senatori USA vogliono far cambiare il nome di una squadra di Football Americano perché non politicamente corretto: I Redskins non devono più chiamarsi così.
Peccato che oggi quel nome - razzista o meno che sia - identifica solo la squadra e nessuno lo associ a idee positive o negative sui nativi americani.

In casi del genere mi viene da credere che l'antirazzismo sia alla fine l'apoteosi del razzismo :-(

Saluti,

Mauro.

martedì 23 luglio 2013

Due anni da Utøya

Due anni fa, il 22 luglio 2011, avvenne la strage di Utøya.
Credo tutti ricordiate ancora abbastanza gli eventi e del resto anche su questo blog ne parlammo più volte; qui, qui, qui e qui.

Ora due anni dopo, a mente fredda, oltre a ricordare e a piangere le vittime si può fare un'ulteriore osservazione "politica" sulla strage stessa. E (forse) imparare qualcosa.

La strage di Utøya fu un atto terroristico, un atto politico. E questo è ormai accettato. Almeno dalle persone che sanno usare i propri neuroni (quindi non il Feltri citato in uno degli articoli di cui sopra).
Oggi però possiamo anche dire chiaramente che fu anche una strage razzista.
Ed è questo che pochi capiscono: un norvegese che uccide altri norvegesi! Mica ha sterminato congolesi o vietnamiti! Come fa a essere razzista?
Eppure sì, il punto principale è proprio questo: il razzismo. Perché Breivik "accusava" i socialdemocratici (in particolare i giovani socialdemocratici) norvegesi di aprire le porte del paese al multiculturalismo.
E in questo Breivik si è comunque dimostrato molto più intelligente del razzista medio (il Calderoli o il Le Pen per intendersi): quest'ultimo si scaglia contro altri popoli, altre "razze" (tra virgolette perché la biologia, in particolare grazie agli studi di Luca Cavalli-Sforza, ha dimostrato che non esistono se non a livello, per così dire, estetico) e quindi è subito visibile, è subito attaccabile e alla fine può far più casino che danni.
Un Breivik invece attacca non chi è straniero, ma chi allo straniero apre... quindi spesso non viene riconosciuto come razzista (ma solo come pazzo) e per di più dimostra di capire chi sono i suoi veri nemici (lo straniero delle sue idee generalmente non sa niente, il connazionale antirazzista sì e le combatte).

Insomma, Breivik è sì psicopatico... ma sa benissimo quello che ha fatto (e che rifarebbe se ne dovesse avere l'occasione).
Non è incapace di intendere e di volere.

Saluti,

Mauro.