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giovedì 31 luglio 2025

Morricone, Genova, Sacco e Vanzetti e un ponte

Nel 2020 Ennio Morricone scrisse "Tante Pietre a Ricordare" in memoria delle vittime della tragedia del cosiddetto Ponte Morandi (in realtà ufficialmente Viadotto Polcevera) di Genova del 2018.
Brano che ebbe la sua prima al Teatro Carlo Felice a Genova mentre veniva finito il nuovo ponte.
Qui sotto un video di detta prima (a un certo punto si vede anche il sottoscritto, presente tra il pubblico):


Però, però... in realtà non un brano molto originale.
No, non parlo di plagio, al massimo di "autoplagio", visto che questo brano ricorda in maniera impressionante (quasi imbarazzante, onestamente), "Here's to you" dello stesso Morricone, dalla colonna sonora del film "Sacco e Vanzetti" (e qui il cerchio si chiude anche a Genova, visto che il regista era il genovese Giuliano Montaldo).
Durante il concerto non me ne accorsi, preso com'ero dalla situazione (tragedia del ponte a cui il brano è dedicato e tragedia Covid dentro cui ci trovavamo al momento della prima), ma tornato a casa ci pensai subito.
Eccolo qui:


Ora, io trovo entrambi i brani splendidi, ma non apprezzo comunque la scelta: sembra come se Morricone avesse voluto riciclare qualcosa per togliersi alla svelta l'incombenza.

C'è però anche chi ha un giudizio positivo anche sull'idea della ripetizione (vedendolo come omaggio e paragone con altre vittime innocenti) e non solo musicalmente come me.
Qui l'interessante articolo di Lorenzo Fabre al proposito.

Saluti,

Mauro.

giovedì 6 luglio 2023

La nascita del voyeurismo di massa delle tragedie

Premettiamo subito: no, non c'entra Internet, e neanche i social networks, nonostante tutti sembrino crederlo (giornalisti in primis).
Anzi, tra i responsabili ci sono proprio i giornalisti.

Siamo chiari: un certo voyeurismo per i fatti macabri c'è sempre stato nella storia dell'uomo. In parte è connaturato alla natura umana ed è una sorta di parente del mors tua, vita mea.
Vedere che certe cose succedono ad altri e non a noi contribuisce a farci sentire vivi.

Quello che è nuovo (anche se non nuovissimo) è il voyeurismo di massa delle tragedie.
La gente è diventata nei confronti delle tragedie una versione macabra delle groupies degli anni '60/'70 nei confronti dei loro idoli musicali.

E questo voyeurismo ha, almeno in Italia, una data e un luogo di nascita ben precisi: 10 giugno 1981, Vermicino, frazione di Frascati.
Quel giorno Alfredino Rampi, sei anni di età, cadde un un pozzo non protetto... da cui non uscì vivo, nonostante tutti i tentativi (in buona parte dilettantistici a esser buoni) fatti per salvarlo.
Dal tardo pomeriggio del 10 giugno fino alla mattina del 13 giugno, quando venne stabilita la morte di Alfredino, più di due giorni di fila di servizi TV, di collegamenti dalle più varie trasmissioni, di telegiornali centrati sulla notizia fino alle ultime 18 ore della tragedia trasmesse in diretta senza interruzione dalla RAI (sì, dalla RAI!). E di folle di giornalisti e curiosi sul posto che ovviamente non facilitavano il lavoro di chi cercava di salvare il bambino.

Il voyeurismo di massa delle tragedie, del macabro in Italia è nato quel giorno.

Saluti,

Mauro.

lunedì 4 maggio 2020

Un brutto giorno per la Germania

Oggi è un brutto giorno qui in Germania.

E no, non c'entra la pandemia.

Oggi è stato definitivamente archiviato il processo per la tragedia della Love Parade di Duisburg del 2010.
È un brutto giorno perché si è scelto di archiviare senza arrivare a sentenza (e molti prevedevano che comunque anche senza archiviazione il processo si sarebbe protratto fino a fine luglio, in modo di far scattare la prescrizione).
Eppure fu una strage praticamente voluta.

Cosa intendo?

Ai tempi io a Duisburg ci lavoravo e passavo ogni giorno davanti all'area dove si sarebbe tenuta la Love Parade.
Quell'area non era né pronta (i lavori preparatori non erano conclusi) né adeguata (l'area avrebbe potuto contenere un decimo, massimo un quinto della folla prevista).
Ne scrissi subito qui.

La volontà di fare chiarezza non c'è mai stata. Mai.
Infatti basti dire che il processo è cominciato più di sette anni dopo l'evento.
Proprio un processo per direttissima.

Eppure i fatti erano noti, la documentazione disponibile e i possibili responsabili conosciuti fin da subito.
Del resto c'erano anche responsabilità politiche. La tentazione di insabbiare era forte.

E devo essere sincero: io quando nel giugno 2017 venne annunciato il processo dubitavo che alla fine lo avrebbero tenuto.
Tanto che nel dicembre 2017, quando cominciò effettivamente, ne scrissi quasi stupito.

Subito era chiaro il rischio prescrizione: non essendovi tra le ipotesi di reati in causa l'omicidio, essa sarebbe scattata il 23 luglio 2020.
Nel febbraio 2019 venne già archiviata la posizione di sette dei dieci imputati.
Oggi, 4 maggio 2020, l'archiviazione definitiva.

Anzi tombale.

Saluti,

Mauro.

venerdì 28 giugno 2019

Non vedere più un ponte

Durante le vacanze natalizie volli vedere il ponte.

Quando lunedì tornerò a Genova sarà la prima volta che vedrò la mia città senza il ponte.
A Natale e a Pasqua in fondo c'era ancora, anche se a pezzi.
Io Genova senza il Ponte Morandi non la conosco. Il ponte è stato costruito tra il 1963 e il 1967. Io sono nato nel 1968.
Per la mia generazione e per quelle successive il ponte Morandi semplicemente faceva parte della città, del panorama. Non esisteva una Genova senza ponte, non era concepibile.
Il ponte era parte della città. Il ponte era la città. Era lì, semplicemente era lì.
Come non si può concepire una Genova senza Lanterna, senza Righi o senza Boccadasse.
Come la Lanterna, il Righi o Boccadasse sono la città.

Di sicuro quando arriverò giù dalla A7 Milano-Genova, la camionale, e girerò verso Genova Est mi farà uno strano effetto non dover stare attento a sbagliare corsia per non infilarmi verso Aeroporto e Voltri.
Non ci sarà un'altra corsia.
E mi verrà un groppo in gola.
(È vero che anche a Natale e Pasqua non c'era la possibilità di sbagliare corsia, ma nelle due occasioni ero andato a Genova in aereo. Lunedì vado in auto.)

Saluti,

Mauro.

sabato 22 dicembre 2018

Vedere un ponte

Torni a Genova per le vacanze di Natale.
Sai che ti farà male, ma vuoi andare a vedere coi tuoi occhi la ferita subita dalla città il 14 agosto 2018.
Forse, nel tuo intimo, ti vuoi illudere che sia stato tutto un incubo o, come va di moda oggi, una fake news. Un complotto.

Vuoi vedere un ponte. Il ponte.
Che scavalca fiume, strade, ferrovie, case e stabilimenti nella sua inquietante maestosità.

E allora una mattina prendi la metropolitana a Brignole e scendi al capolinea opposto, a Brin.
E ti incammini verso via Fillak. Poi la raggiungi e la percorri in direzione mare.
Vedi avvicinarsi la campata del ponte... alta, enorme, incombente sulle case.
Intatta... non è una delle campate interessate dal crollo e da lì non puoi vedere il resto del ponte.
E inconsciamente magari speri...


Ti avvicini. E cominci a vedere.
Prima lo sbarramento, la famosa zona rossa. Poi il moncone est.
Se tu non sapessi, se tu non avessi visto (e percorso!) quel ponte mille volte il taglio apparentemente netto potrebbe farti quasi credere che sia un ponte ancora in costruzione.
O magari invece una delle mille opere incompiute di questo paese.
Invece tu quel ponte lo hai visto.


Poi arrivi allo sbarramento, non puoi passare.
Devi deviare in via Campi, muoverti in direzione del fiume, non in direzione del ponte.
E a un certo punto all'improvviso alla tua sinistra rivedi il moncone. E vedi che il taglio non è netto.
Sembra come rosicchiato. C'è anche il metallo deformato.
E al più tardi ora la realtà ti colpisce come un pugno alla bocca dello stomaco.


E arrivando in via Perlasca vedi anche il moncone ovest.
Quello senza le torri che danno un'illusoria idea di forza e resistenza.
E ti chiedi come fa a stare su, se per caso stia fluttuando nell'aria.


E poi ci arrivi sotto.
No, in realtà sotto non ci arrivi. Sotto i monconi non ci puoi andare.
Tu in realtà vorresti farlo, vorresti vedere tutto... vorresti ferirti come è ferita la tua città.
Ma giustamente non puoi.
Non puoi per la tua sicurezza e non puoi per non rompere le palle a chi lì sta lavorando. Indirettamente lavorando anche per te.
Però arrivi nel punto in cui, se il ponte ancora ci fosse, ci saresti stato sotto o quasi.



Prosegui oltre, vuoi vedere anche dall'altro lato.
Prosegui e continui a guardarti dietro le spalle. A guardare quei due monconi.
E ogni tanto alla tua sinistra vedi resti delle macerie del ponte e delle costruzioni sottostanti non ancora portati via.
E arrivi a via Renata Bianchi, un ponte cittadino sul Polcevera che i genovesi che arrivano da questo lato usano per andare all'IKEA, sull'altro lato.
E ti fermi a metà.
Per guardare il ponte.
Per quardare il buco.
Il vuoto rimasto.


Vedere un ponte.

Sperare, presto, di vederne un altro.

Saluti,

Mauro.

giovedì 16 agosto 2018

Tragedia del Ponte Morandi a Genova 4

Perché bisogna ricostruire bene ma anche alla svelta (o un nuovo ponte o la famosa Gronda):

1) La città è spaccata in due;
2) Il traffico a Genova è un casino anche col ponte, figuriamoci senza;
3) Il porto - il più importante porto d'Italia - senza il ponte ha grossi problemi di collegamento col resto d'Italia/d'Europa;
4) Aeroporto e centro città si trovano sui due lati opposti del ponte;
5) Quell'autostrada è il principale - di fatto l'unico - collegamento tra Italia pensinsulare e Francia/Spagna.

Non serve che vi dica cosa significano economicamente queste cose per Genova e per l'Italia tutta, soprattutto i punti 3 e 5, vero?

Saluti,

Mauro.

mercoledì 15 agosto 2018

Tragedia del Ponte Morandi a Genova 3

Il Ponte Morandi a Genova è crollato proprio sopra il fiume, dove - per quanto l'affermazione possa sembrare cinica - ha fatto il meno danni possibili.
Avrebbe potuto crollare la parte sopra le case o sopra la ferrovia. E allora i morti ci sarebbero stati non solo tra chi percorreva il ponte, ma anche tra chi ci stava sotto. E sarebbero stati molti, ma molti di più.

Qualcuno ha definito la cosa un miracolo. E io stesso, a caldo, in un tweet la ho definita mezzo miracolo.
Ora però, a freddo, devo correggermi: non è stato un miracolo. È stata intelligenza.

Il Ponte Morandi era a rischio. La cosa è nota al più tardi da fine anni '80.
Il problema è che il ponte non si poteva chiudere prima della costruzione della cosiddetta Gronda (cioè del raddoppio/spostamento dell'autostrada a monte): chiuderlo significava chiudere il principale (di fatto l'unico) collegamento tra l'Italia peninsulare e Spagna e Francia (e tramite Francia anche in parte Regno Unito).
Il ponte non poteva venire chiuso, ma aveva bisogno di lavori continui.
E qui sta l'intelligenza: non potendo curare continuamente tutto il ponte, si è data la precedenza alle parti che avrebbero potuto causare più danni. Cioè le parti sopra le case e sopra la ferrovia. La parte sopra il fiume veniva - cinicamente, ma giustamente - dopo.

Saluti,

Mauro.

martedì 14 agosto 2018

Tragedia del Ponte Morandi a Genova 2

Un paio di considerazioni sparse.

1) Chiunque viva a Genova o abbia conoscenze tecniche nel settore sapeva al più tardi da fine anni '80 che il ponte era a rischio.

2) Le affermazioni di Salvini che implicitamente accusano l'austerità "imposta" dall'Europa (non è una fake news: chiunque abbia visto il TG1 delle 20:00 stasera lo ha sentito dalla sua stessa voce) sono pura idiozia: il Ponte Morandi è a gestione privata e le regole europee riguardano solo il pubblico.

3) Non è un problema solo genovese: quel ponte è (era, purtroppo) il collegamento principale (in realtà di fatto unico) tra l'Italia peninsulare e Spagna e Francia (e, tramite Francia, anche UK).

4) Ponti a rischio simile ce ne sono purtroppo in quantità dappertutto: non per niente qui in Germania è scoppiato il panico dopo la tragedia genovese.

Saluti,

Mauro.

Tragedia del Ponte Morandi a Genova 1

Comunicazione importante:


Saluti,

Mauro.

venerdì 8 dicembre 2017

È cominciato sul serio

Il processo per la Loveparade a Duisburg.

Vero che a giugno avevano detto che sarebbe cominciato il 6 o l'8 dicembre. È cominciato oggi (qui vi anticipai la cosa), ma io non ci credevo veramente. Tra un cavillo e l'altro temevo altri rinvii.

E ora è una corsa contro il tempo: se la sentenza di primo grado non arriva entro il 23 luglio 2020 (la tragedia avvenne il 24 luglio 2010) tutto va in prescrizione.
Visto che nonostante i 21 morti tra le accuse non c'è l'omicidio.

E secondo molti giuristi (sia colpevolisti che innocentisti) questa sarà la fine più probabile, viste le dimensioni e difficoltà del processo.

Saluti,

Mauro.

P.S.: Oltretutto i due responsabili morali (sindaco e organizzatore) non sono tra i dieci imputati... giuridicamente cosa probabilmente ineccepibile, ma le parti civili, le vittime e i loro parenti credo avrebbero preferito vederli assolti che nemmeno processati.

lunedì 8 agosto 2016

Quando gli emigranti eravamo (anche) noi

60 anni fa oggi la tragedia di Marcinelle.

Che la terra e il carbone vi siano lievi, sfortunati sfruttati minatori.

Saluti,

Mauro.

venerdì 29 luglio 2016

Una storia emblematica

Intelligenza vorrebbe che prima si legga e poi si commenti.
La realtà purtroppo dimostra che generalmente succede l'opposto (soprattutto quando il non leggere lascia porte aperte a populismi e razzismi... permettendo poi di dire ipocritamente "ma io non sapevo"...).

Come emblematicamente dimostra questa storia.

Saluti,

Mauro.

lunedì 30 marzo 2015

Troppe parole usate a sproposito

Molti di voi si saranno stupiti del fatto che io non abbia ancora scritto una singola riga sulla tragedia dell'aereo Germanwings della settimana scorsa.

I motivi sono semplicemente due:
1) Purtroppo ne stanno parlando tutti, soprattutto coloro che non hanno nulla da dire, quindi qualsiasi cosa scrivessi si perderebbe nel gran rumore di fondo;
2) Le indagini sono - nonostante le apparenze - di fatto agli inizi. L'unica cosa che sembra certa è che il copilota sia il responsabile... ma in quali termini concreti lo diranno le indagini. E sinceramente non mi va di scrivere qualcosa sulla base di così pochi fatti.

Però oggi ho letto l'articolo migliore sulla tragedia da quando è spuntata la responsabilità di Andreas Lubitz.
Migliore in assoluto, non migliore in Italia.
Poi, sui singoli punti, chiunque di noi può concordare o discordare, ma la profondità, la lucidità e la sostanza di quest'articolo non vanno sottovalutate. Anzi.
Scritto dalla bravissima Silvia Bencivelli.

Qui l'incipit (articolo completo cliccando sul link):

La tragedia dell’aereo della GermanWings è una di quelle cose su cui tutti hanno qualcosa da dire. Per chi si occupa di salute, e di comunicazione della salute, proprio qui sta il problema.
Più di dieci anni fa feci la tesi di master sul lessico della salute mentale trasportato nelle pagine di cronaca nera, dove in un attimo è tragedia della follia e in un attimo c’è il vicino di casa che, alternativamente, non poteva immaginare niente di simile o aveva avuto il sospetto di qualcosa che non andasse. [Prosegui la lettura]


Saluti,

Mauro.