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venerdì 27 giugno 2025

No, non se la è cercata

Ci sono reati per cui purtroppo spesso si sente dire che la vittima se la è cercata.
I due più tipici sono la donna che si cerca la violenza perché gira vestita sexy e la persona che si cerca la rapina perché entra in quartieri malfamati.
Ogni tanto si sente anche per altri reati, ma per nessuno al livello di questi due. Soprattutto il primo.

Diciamolo subito chiaro: nessuno si cerca nulla. Né violenza né rapina. Del resto nessuno punta un coltello alla gola dei criminali ordinandogli "violentami!" "rapinami!".
E questo in sé dovrebbe già bastare a chiudere l'argomento.
Ma oggi vorrei parlarne in maniera un po' più ampia, non così secca (prima di fraintenderci: la conclusione non cambia, nessuno si cerca nulla).

Intanto va detta chiaramente una cosa: solo chi commette un reato si cerca qualcosa.
Ed è vero che un reato lo può commettere anche la vittima delle situazioni di cui sopra.
Per esempio una donna (ma anche un uomo, ovviamente) che gira completamente nuda commette un reato e quindi se la cerca.
Ma non la violenza, come magari avrete capito voi.
Si è cercata l'arresto, infatti è giusto che venga arrestata, o almeno fermata, dalle Forze dell'Ordine, ma nessuno ovviamente è autorizzato a violentarla perché gira nuda.

Comunque, a parte questi casi estremi, bisogna essere chiari ed espliciti.
A meno di particolari situazioni definite per legge (e ribadisco: per legge, non perché la gente lo dice) chiunque ha il diritto di vestirsi come vuole in pubblico e di percorrere qualsiasi strada, entrare in qualsiasi quartiere. In tutta libertà e in tutta sicurezza.
L'unica cosa su cui queste persone possono al limite essere legittimamente contestate è il cattivo gusto (brutto abbigliamento usato e brutti - esteticamente - quartieri visitati). Non una virgola di più.
E anche qui ribadisco: contestate (in maniera civile!), non accusate o peggio.

Gli unici che si cercano qualcosa sono i violentatori e i rapinatori: si cercano la galera.
Per il resto nessuno si cerca niente, quindi piantatela di colpevolizzare le vittime.
E se lo fate, siete voi che vi cercate qualcosa: il disprezzo e la condanna delle persone serie.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Se parliamo di reati finanziari, invece lì sì, purtroppo, qualcuno talvolta se la cerca, affidandosi a banche, assicurazioni, intermediari o altro poco serie senza informarsi bene prima... ma per fortuna non si tratta di reati violenti, per quanto ovviamente gravi senza se e senza ma.

mercoledì 9 aprile 2025

I misteri del tedesco 35 - Delitti e cavalieri

In tedesco esiste una parola che non ha corrispettivi in altre lingue, a meno di non usare perifrasi (e non è l'unica in tedesco 😉): Kavaliersdelikt.
La traduzione letterale sarebbe delitto cavalleresco, delitto da cavaliere.
Indica un reato o un'infrazione a qualche regola ufficiale considerato di poco conto, quasi giusto da commettersi, di sicuro da non condannare moralmente.
Quella che in italiano (usando quello che io credo un francesismo, anche se il dizionario Treccani parla di "etimo incerto") chiameremmo bagattella, solo che in italiano ha un significato molto più ampio e raramente viene usata per reati, anche se di poca importanza.

Per inciso: la definizione Bagatelldelikt esiste anche in tedesco, ha una certa sovrapposizione d'uso con Kavaliersdelikt, ma non è al 100% la stessa cosa (Bagatelldelikt può essere usato anche per comportamenti ritenuti negativi, ma che non costituiscono né reato né infrazione a regole ufficiali, Kavaliersdelikt no).

Il significato è chiaro (anche se oggi la parola è prevalentemente usata in negazioni tipo Es ist kein Kavaliersdelikt!, che significa Non è una cosa da niente!), ma che origine ha?
Perché proprio i delitti di un cavaliere dovrebbero essere delitti da nulla?
Come e quando è nata l'espressione non è noto, ma l'origine viene da un certo animo romantico tedesco, che vede (o almeno vedeva) ovviamente i cavalieri come nobili eroi che se si trovano ad andare contro le regole o la legge lo fanno per nobili motivi, a fin di bene, quindi il loro delitto non può essere condannato.

Piccola aggiunta sullo spirito dei tempi: oggi la maggioranza dei tedeschi ritiene l'elusione e l'evasione fiscale dei Kavaliersdelikte, purtroppo.

Saluti,

Mauro.

venerdì 20 luglio 2018

La legge percepita

A ogni nuova sentenza di qualche tribunale su temi sensibili si scatena in rete (e non solo) la polemica su questi giudici che disattendono la legge o si ergono al di sopra di essa.
Come quei giudici, per esempio, che decidono che in caso di stupro se la vittima è ubriaca lo stupratore ha diritto a uno sconto di pena (decisione mai presa dai giudici, vedasi qui, ma ormai quella è la lettura che è passata e che viene ripetuta a pappagallo).
Ora voi mi direte, beh, i lettori profani hanno capito male la sentenza, c'è chi gliela ha spiegata e ora a parte quattro caproni analfabeti la gente ha capito.
Magari! Ingenui che siete.
A parte il fatto che molta gente preferisce credere alle bufale che alla realtà (nel caso in questione alla concessione di attenuanti, mai concesse, e non al solo cancellamento di un'aggravante precedentemente inflitta), il problema qui è molto più serio: molta gente si è formata in testa una propria idea di legge, di diritto, e pretende che i giudici sentenzino in base a questa, non in base a quella dei codici penale e civile del Paese (ehi, non capita solo in Italia, ma ultimamente in Italia un po' troppo spesso).
Nel caso particolare citato, quando alla gente è stata spiegata la sentenza, questa ha sbraitato ancora di più contro i giudici, scandalizzandosi del fatto che l'ubriachezza della vittima non fosse stata considerata un'aggravante (e molti continuando a sostenere che i giudici avevano deciso che detta ubriachezza giustificasse uno sconto di pena, sconto di pena che non c'è mai stato!).
Però, no, cari miei, l'ubriachezza in sé non è aggravante. Diventa aggravante se è indotta allo scopo di stuprare, non se la vittima si è ubriacata spontaneamente.
E no, l'ubriachezza non è stato un fattore minimizzante la pena nella decisione dei giudici, anzi è stata dai giudici stessi di fatto usata come prova per lo stupro visto che hanno sentenziato che se una persona ubriaca dà consenso al sesso, questo consenso non vale in quanto la persona non è padrona di sé (ergo i giudici si sono schierati senza riserve dalla parte della vittima, oltre che della legge, senza applicare nessun cavillo come voleva la difesa).
Eppure le proteste contro i giudici criminali che difendono gli stupratori non bastonandoli con l'aggravante sono continuate. Vergogna! Scandalo! Indignanzione! Giudici al rogo!
E casi simili si verificano continuamente quando, come scritto all'inizio, i giudici sentenziano su temi sensibili (stupro, legittima difesa, migranti, omicidi di genere e simili). Da ogni parte politica e da ogni fascia della società.

Ormai siamo alla legge percepita.
I giudici non devono decidere in base alle vere leggi del Paese, ma in base a quello che io credo (o, peggio, voglio) che dicano le leggi.

No, signori miei, non funziona così. La legge è quella che sta scritta nei codici e che viene votata dal Parlamento, non quella che la vostra morale (o più spesso le vostre fisime) vorrebbe.
Esistono leggi sbagliate? Sì, è purtroppo naturale che in un corpus legislativo vasto e complesso ci sia anche qualche legge sbagliata (o giusta di principio, ma assurda di logica). Capita in ogni Paese.
Ma, a meno che questa legge non sia anche anticostituzionale, il giudice la deve applicare (e se è anticostituzionale rinviarla alla Corte Costituzionale, non decidere in proprio di andarci contro). Punto.
Poi sarà giusto adoperarsi perché il Parlamento torni a discutere quella legge per riscriverla o cancellarla. Ma questo è un altro punto. E comunque non autorizza a confondere la propria morale con la legge.

La legge percepita tenetevela per i vostri romanzi, se ne scrivete.
Nella realtà esiste la legge scritta e codificata. Non quella percepita.

Saluti,

Mauro.

lunedì 16 luglio 2018

Il reato di procurato allarme

Ultimamente ci sono stati, soprattutto riguardo migranti e vaccini, alcuni casi in cui è stato tirato in ballo il reato di procurato allarme.
Sia da persone che lo hanno invocato in tanti casi dove la magistratura non è intervenuta sia da altre che hanno considerato un abuso condanne espresse sulla base di questo reato.

Ora vorrei contribuire al dibattito riportando quanto effettivamente dice il codice penale al proposito.
Il reato di procurato allarme è trattato dall'articolo 658 del codice penale.

Questo articolo (dal titolo Procurato allarme presso l'autorità) recita:

Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'autorità o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da euro 10 a euro 516.

Chi ritiene che certe sentenze siano un abuso (tipo la recente condanna di associazioni no-vax per aver comprato spazi pubblicitari per rilanciare le bufale sulla pericolosità dei vaccini) si attacca alle parole allarme presso l'autorità nel titolo e nel corpo dell'articolo, sostenendo che fino a che l'autorità competente non è costretta a intervenire per evitare che un pericolo presunto (o inventato) diventi un pericolo reale non vi è procurato allarme.

Chi ritiene che forze dell'ordine e magistratura debbano intervenire di più, soprattutto per quanto riguarda chi sbraita di presunti pericoli sanitari o di sicurezza pubblica, si attacca alla parola suscita davanti all'allarme per dire che è più che sufficiente che cittadini credano a questi pericoli e potenzialmente possano richiedere l'intervento dell'autorità.

Ora è evidente a qualsiasi persona raziocinante che entrambe le posizioni (come quasi sempre le posizioni estreme) sono assurde, perché entrambe abdicano al dovere che ha ciascuno di noi di ragionare e di capire ciò che legge (o almeno cercare di capire), mentre si limitano a prendere un testo (o parte di esso) per pretenderne l'applicazione coi paraocchi (in stile sharia).

Ora, dato che io non sono un giurista, mi affido a chi ne sa più di me, visto che c'è già stato chi ha avuto dubbi su come applicare concretamente questo articolo del codice penale e si è rivolto alla Cassazione.
La Cassazione, nella sentenza n. 11514 del 12 novembre 1987 ha deliberato quanto segue:

Ai fini della ravvisabilità della sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 658 c.p. è sufficiente che l'annunzio di disastri, infortuni o pericoli inesistenti sia idoneo a suscitare allarme presso l'autorità, gli enti o le persone che esercitano un pubblico servizio. Tale deve considerarsi l'annunzio di un inesistente sequestro di persona che, per le modalità del suo contenuto, provochi l'intervento della forza pubblica con dispiegamento di mezzi.

A parte l'esempio pratico, per forza di cose limitativo e basato su quanto più tipico all'epoca della sentenza, la sentenza è perfettamente ragionevole e logica, non aggiungendo o togliendo niente all'articolo 658, ma solo elaborandone il testo rendendolo più chiaro per tutti.
Del resto la parola stessa suscita in sé basterebbe a chiarire il significato del reato: un allarme è suscitato per forza di cose prima che l'autorità intervenga concretamente (del resto se non fosse suscitato, l'autorità non avrebbe né motivo né modo di intervenire). E quindi il reato può essere perseguito anche prima che le altre autorità coinvolte intervengano materialmente.

Saluti,

Mauro.

domenica 4 febbraio 2018

No, non è un folle

Non serve che vi parli per esteso di quanto successo ieri a Macerata.
Tutti ne hanno scritto e tutti ne avete letto.

Qui voglio solo ribadire un'ovvietà, un'ovvietà che purtroppo molti (anche dalla parte avversa a Traini) stanno negando o per lo meno tacendo.
Traini non è un pazzo. O almeno non è per prima cosa un pazzo.

Per prima cosa è un terrorista.

Come lo fu Breivik (vedasi qui) nel 2011.
Non solo quelli che vengono da altre culture possono essere terroristi. Lo possono essere (e spesso lo sono) anche i "nostri".

Perché un terrorista è una persona che compie reati politicamente motivati. E quelli di Traini e Breivik lo sono.

E noi italiani questo, vista la nostra storia degli anni '70 e '80 del secolo scorso, dovremmo saperlo bene, anzi benissimo. E dovremmo saperlo riconoscere. Al di là delle posizioni politiche di ciascuno di noi.

Saluti,

Mauro.

venerdì 20 ottobre 2017

Il fondamento del diritto

Le reazioni al caso Weinstein stanno dimostrando ancora una volta che per certi reati vale la negazione del diritto, visto che si ribalta l'onere della prova (anzi, per certi reati ci se ne frega proprio delle prove).

Ricordiamo una volta per tutte qual è la base del diritto: chi accusa deve provare la propria accusa.
Quando il diritto funziona non è mai l'accusato a dover dimostrare la propria innocenza, è sempre l'accusatore a dover dimostrare la colpevolezza dell'accusato.

Tutto qui.
Punto.

Saluti,

Mauro.

lunedì 3 luglio 2017

Se il criminale è italiano o straniero

Generalmente la stampa quando riporta la cronaca di un reato specifica la nazionalità del colpevole (o presunto tale) solo se straniero, non se italiano (lo stesso capita qui in Germania, logicamente sostituendo "italiano" con "tedesco").
La domanda è: perché si specifica la nazionalità del criminale o presunto tale solo se straniero?

Molti vedono in questo fatto una sorta di razzismo non esplicito, come voler sottintendere "Vedete che se fossimo solo italiani (o tedeschi) le cose andrebbero meglio?".

Io non sono d'accordo.
Il razzismo è purtroppo vivo e presente nella nostra società, ma io non lo vedo in questo atteggiamento della stampa.

In questo atteggiamento vedo qualcosa di molto più semplice: il fornire dati relativi a una notizia.
E perché allora non specificare quando l'autore del reato è italiano (o tedesco)?
Sinceramente mi stupisce che molti se lo chiedano.

La spiegazione è in realtà a mio parere semplice.
Dato che in grande maggioranza le persone presenti sul territorio italiano sono italiane (e in grande maggioranza quelle presenti sul territorio tedesco sono tedesche), si dà giustamente per scontato che quando succede qualcosa (anche in positivo, non solo in negativo) le persone coinvolte siano italiane (o tedesche in Germania), non serve specificarlo.
Mentre quando le persone coinvolte sono straniere, se non lo si specifica manca un'informazione, è come se fossero tutte italiane (o tedesche in Germania).

Ora si può discutere se detta informazione sia essenziale, se aggiunga qualcosa alla notizia. Su questo ci sono pareri discordanti (io personalmente direi che dipende dal contesto dell'avvenimento, ma è solo la mia opinione).
Ma il razzismo - almeno in questo caso - non c'entra nulla (e quando c'è razzismo lo si capisce dal tono dell'articolo, non certo dallo specificare o meno la nazionalità).

Saluti,

Mauro.

sabato 20 maggio 2017

Nessuna persona è illegale

Adesso mi attirerò caterve di insulti (e forse anche minacce)... ma comunque questa non riesco proprio a trattenerla (e poi per fortuna ho le spalle larghe).

Che ca**o di frase è "Nessuna persona è illegale", frase usata in varie manifestazioni pro accoglienza, in Italia e all'estero?
Mah, io sono per l'accoglienza... ma diffido di chi usa frasi così vuote, insensate e - soprattutto - che dimostrano incompetenza totale su diritto e legalità.

Quando è che una persona è illegale in quanto persona?
Semplicemente se è nata quando/dove/come le era proibito nascere. Cioè in nessun luogo al mondo oggi, neanche nelle peggiori dittature.

Una persona può commettere atti illegali, può essere coinvolta - consciamente o inconsciamente - in situazioni illegali, può essere vittima di atti illegali... ma non può essere illegale in sè. In nessun paese del mondo.

E anche il discorso clandestinità (a cui generalmente si riferiscono dette manifestazioni): il clandestino non è illegale in quanto persona. Semplicemente ha commesso il reato di entrare in un paese senza permesso (che poi in certi casi sia giusto chiudere un occhio se non due su detto reato concordo... ma per farlo bisogna inquadrarlo nei termini giusti... e questi termini non sono quelli della frase che contesto).

La frase "Nessuna persona è illegale" quindi non significa proprio nulla, è totalmente insensata proprio per la sua ovvietà legale.
Ma suona bene. E alle anime belle tanto basta.

Saluti,

Mauro.

domenica 14 maggio 2017

La Serracchiani e gli stupri

Tutti avete letto la dichiarazione della Serracchiani su stupri e profughi. Non serve che ve la ricordi.

Serve però che vi ricordi che stampa e politica hanno reagito come cani di Pavlov, non come persone intelligenti (sia coloro che la hanno attaccata, sia coloro che la hanno difesa).

Intanto chiariamo una cosa: quanto detto dalla Serracchiani non c'entra nulla col Diritto.
In tribunale non c'entra nulla da dove venga uno stupratore e quale status giuridico abbia nel paese. Conta il reato in sé e - per valutare eventuali attenuanti o aggravanti - al massimo le circostanze in cui è avvenuto e le motivazioni del gesto. Nulla di più.

Quindi le dichiarazioni della Serracchiani - giuste o sbagliate che siano - riguardano solo l'ambito morale del problema, non quello giuridico.

Cosa voleva dire la Serracchiani?
Che chi cerca accoglienza in Italia (o in qualsiasi altro paese) moralmente ha più ancora dovere di altri di comportarsi bene. Proprio per guadagnarsi questa accoglienza.
Può sembrare un'affermazione dura, ma tutto sommato è decisamente condivisibile.
Moralmente si intende, visto che - come già detto - giuridicamente conta il reato, non chi lo compie.

E allora dove sta il problema?
Il problema sta nel fatto che la Serracchiani (spero per stupidità e non per malafede) ha scelto come esempio un reato che - pur essendo in decrescita e non un'emergenza - viene usato, anzi abusato, dalla stampa e dai partiti per alimentare la paura nella popolazione.
I numeri per fortuna parlano un altro linguaggio... ma, si sa, i numeri in Italia sono poco amati.

E quindi la reazione è come quella dei cani di Pavlov. Automatica, non ragionata.
Se la Serracchiani avesse usato come esempio un altro reato, le reazioni da entrambe le parti sarebbero state molto più moderate.

Saluti,

Mauro.