domenica 10 luglio 2022

A zonzo per Scansano

Prima delle foto... lasciatemi dire: viva il Morellino!

A Scansano ci sono tori un po' così...


Gli uliveti si nascondono...


E tonnellate di carciofini sott'olio...


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Tutti gli A zonzo per...

venerdì 8 luglio 2022

A zonzo per Genova 2

Carducci dove meno te lo aspetti...


Cimiteri senza salme...


Cactus in convento...


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Tutti gli A zonzo per...

giovedì 7 luglio 2022

E se la Z non fosse una Z?

Da quando è iniziata l'invasione russa dell'Ucraina ci si chiede cosa significa la Z che appare su molti mezzi militari russi e che ora in Russia (e non solo) viene usata da chi sostiene Putin e l'intervento russo.
Ci si chiede di che parola sia l'iniziale o domande simili.

Un ottimo esempio di queste domande lo si trova in un articolo del Post del 4 giugno scorso.

Ma... e se la Z non fosse per niente una Z?

Mi spiego meglio.

In Russia si usa l'alfabeto cirillico (anche in Ucraina del resto) e nell'alfabeto cirillico non esiste la lettera Z, come vedete in questa tabella:


Come vedete non esiste nessuna Z.
E perché i russi dovrebbero usare una lettera di un alfabeto non loro? La Z si usa nell'alfabeto latino... l'alfabeto del nemico occidentale.
E non venitemi a dire che magari è un messaggio per gli ucraini: anche gli ucraini usano l'alfabeto cirillico.

E quindi?

E quindi... se la Z fosse non una lettera ma un simbolo?
Un simbolo come la svastica nazista, la falce e martello comunista o mille altri simboli politici o nazionali nella storia del mondo?

Saluti,

Mauro.

martedì 5 luglio 2022

I comunicatori

Io credo che la maggioranza dei "comunicatori" che vediamo in giro vengano reclutati dai corsi di laurea in "scienza della comunicazione" o che vengano dal giornalismo (voglio sperare che gli autonominatisi "comunicatori" siano pochi), credendo che se conosci le tecniche di comunicazione... saprai comunicare tutto.
Oppure che, essendo grandi esperti nella propria materia, si dia per scontato che sappiano anche comunicarla.

Grandissime cazzate.

Se vuoi comunicare qualcosa, devi aver studiato sia la materia che devi comunicare (anche se magari non con la profondità di chi poi vorrà dedicarsi professionalmente a quella materia e non solo alla comunicazione della stessa, ma comunque la devi conoscere), sia le tecniche di comunicazione.

Non esiste il comunicatore che può comunicare tutto.
Neanche il miglior comunicatore del mondo può.

Ma non esiste neanche lo specialista che può comunicare la sua materia senza sapere di tecniche di comunicazione. Per quanto bene conosci la materia, non basta (a meno che non si voglia comunicare solo ad altri specialisti, che è ben altra cosa della comunicazione per il grande pubblico o per politici e amministratori).

Io, per esempio, nelle materie che conosco, che ho studiato (ma solo e unicamente in quelle, non in generale!) mi permetto di comunicare (nel mio piccolo, non essendo il mio lavoro) perché sono stato anche giornalista e la cosa mi ha insegnato tanto, pur non avendo titoli accademici al proposito.
Ma appena esco dalle mie materie... non comunico più. Non ne sarei in grado. Posso permettermi solo di esprimere opinioni o al massimo di ripetere cose dette da veri esperti per chi se le fosse perse.

Per comunicare devi conoscere sia la materia che vuoi/devi comunicare che le tecniche di comunicazione.
Se conosci solo una delle due cose, lascia perdere. Lascia comunicare altri.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 15 giugno 2022

Ci hanno battuto per la prima volta...

Da italiano in Germania il primo commento che viene è: merda!
Il secondo, dopo aver pensato alle scelte di Mancini è: merda!
Il problema è che Mancini non ha minimamente capito cosa significa Germania-Italia.
Mancini vive sulla Luna.

È un ottimo allenatore o CT? Apparentemente sì (anche se ce ne sono di migliori).
È uno che capisce quello va oltre il calcio? Proprio per niente.

Se no non avrebbe concesso alla Germania la prima vittoria in una partita non amichevole della storia.
Bastava poco per ottenere almeno un pareggio.
Bastava non essere presuntuosi.
Bastava chiamare giocatori esperti (anche trentenni o più, non sarebbe stato uno scandalo).

E Mancini presuntuoso lo è stato.
Ha creduto di poter affrontare la Germania con un squadra raffazzonata.
Se a guidare la Germania ci fosse stato ancora Löw avrebbe funzionato.
Purtroppo oggi c'è Flick, non Löw.
E Flick è molto più intelligente di Löw (e siamo sinceri: anche il titolo mondiale del 2014 della Germania si deve più a Flick che a Löw... ma Löw sa vendersi... come Klinsmann prima di lui: nel 2006 senza Löw la Germania mai sarebbe arrivata in semifinale, Klinsmann veniva spacciato come CT, ma in realtà si occupava praticamente solo delle pubbliche relazioni, come poi fece Löw nel 2014, lasciando il lavoro vero a Flick).

Tanto Mancini è stato coraggioso nell'Europeo... tanto è stato solo presuntuoso ieri contro la Germania.

Io sono italiano (anche se vivo in Germania) e tifo Italia senza se e senza ma, ma viste le scelte suicide di Mancini ieri sono veramente stato tentato di tifare Germania.

Mancini, ribadisco, non ha minimamente capito cosa significhi Germania-Italia a livello assoluto, non solo calcistico.
La ha confusa con un Italia-San Marino o simili.

Saluti,

Mauro.

martedì 14 giugno 2022

No, non è stata una guerra civile

Tra il 1943 e il 1945 non c'è stata nessuna guerra civile in Italia.
Eppure la leggenda continua a vivere.
Persino a sinistra e alcuni partigiani ormai da anni la definiscono così.
E negli ultimi giorni lo ho riletto e risentito da più parti.
Ma non c'è mai stata.

Da un punto di vista tecnico non c'è mai stata! Non c'entrano i giudizi sulla Resistenza e sulla RSI (comunque inequivocabilmente e sempre a favore della prima) per poterlo dire. È proprio un fatto tecnico.
Un guerra civile esiste quando due (o più) fazioni dello stesso Paese si combattono tra loro. Magari con sostegno di stati esteri, ma le fazioni dette sono gli attori principali. Gli eventuali attori esteri (anche se magari presenti direttamente sul territorio) non sono i protagonisti: sono al massimo un sostegno, per quanto importante.

Tra il 1943 e il 1945 questo in Italia non successe.
La guerra fu tra Resistenza e nazisti. La RSI era solo un piccolo fiancheggiatore dei nazisti, non era un attore vero nella guerra in corso. Non era un protagonista. Era una presenza di fatto simbolica (se i nazisti fossero stati a guardare e avessero lasciato la RSI a combattere da sola contro i partigiani, la liberazione sarebbe stata sì al più tardi il 25 aprile, ma del 1944, non del 1945).

Punto.

Saluti,

Mauro.

lunedì 23 maggio 2022

Non siate sempre controcorrente

Essere controcorrente è una gran cosa quando si ha ragione.
Ma essere controcorrente non sempre significa aver ragione.
Anzi, lo significa raramente, purtroppo per noi.

Non siamo tutti Galileo.
Quasi nessuno di noi lo è.
La maggioranza di noi è solo presuntuosa e ignorante.
Sappiatelo.

Saluti,

Mauro.

martedì 17 maggio 2022

Io sono un idiota

Infatti continuo a illudermi che con l'umanità si possa ragionare.

Non ho mai creduto veramente alla bontà dell'essere umano, ma ho sempre sperato che sapesse ragionare, che non fosse così scemo da andare contro sé stesso.
Insomma, ho sempre creduto in un suo sano egoismo.

Ma la realtà mi smentisce quotidianamente.
Ogni allusione alla pandemia e alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina (ma anche a tante altre cose) è puramente voluta.

L'essere umano ha un egoismo malato: è disponibile a farsi del male da solo purché anche gli altri si facciano male. E se il bene proprio diventa anche il bene altrui... allora diventa masochista. Basta che gli altri soffrano, se ne frega di subire danni in proprio.

Saluti,

Mauro.

martedì 3 maggio 2022

Siamo in guerra?

Negli ultimi giorni sono sempre più frequenti le affermazioni secondo cui siamo già in guerra. Sia come Italia (o Germania, dove vivo), sia come UE o NATO.

Ma cosa significa "essere in guerra"?'
Quando si è tecnicamente in guerra?
Questa è la domanda importante, cosa significa essere in guerra in termini di diritto.
Quello che noi sentiamo e proviamo ha sì un valore morale... ma, appunto, solo morale, nient'altro. E dato che il livello morale è soggettivo, cambia da persona a persona... in questo caso non conta.

Quindi, usando criteri oggettivi, siamo in guerra o no?

No, non lo siamo.
Essere in guerra presuppone due fatti.
1) Avere dichiarato guerra (o altre dichiarazioni magari non così esplicite, ma comunque non interpretabili);
2) Avere truppe sul campo, magari non direttamente combattenti, ma comunque vicine e di sostegno a chi combatte.

E nessuno dei due fatti esiste.

Sosteniamo l'Ucraina con armi e fondi?
Sì, vero, ma più o meno direttamente lo facciamo anche con la Russia, che vi piaccia o meno (insomma, teniamo il piede in due scarpe).

Cosa significa questo?
Che a livello di diritto non siamo in guerra, ma stiamo facendo un grande esercizio di ipocrisia (e non vale solo per l'Italia, anzi Germania e Regno Unito stanno facendo esercizi di ipocrisia ben peggiori, soprattutto la Germania).
E purtroppo questo esercizio lo stiamo di fatto facendo a favore della Russia, non dell'Ucraina (e anche qui la Germania lo sta facendo molto più di noi e di chiunque altro).

Saluti,

Mauro.

giovedì 28 aprile 2022

A zonzo per Stella

O paìze do sciô Sàndro, o Prescidénte.



Saluti,

Mauro.

P.S.:
Tutti gli A zonzo per...

martedì 26 aprile 2022

Se l'Ucraina è nazista... allora il mondo?

Molti si stanno schierando contro l'Ucraina perché sarebbe un paese nazista a causa del battaglione Azov.

Bene, vediamo un po' i fatti.

Il battaglione Azov è nato da idee di estrema destra? Sì.
Il battaglione Azov è ora inquadrato nelle forze armate ucraine? Sì.
Il battaglione Azov è ancora oggi formato da persone di estrema destra? Probabilmente sì.
Il battaglione Azov è la dimostrazione che l'Ucraina è nazista? No. Proprio per niente.

Vediamo anche i fatti riguardo la Russia.

Il gruppo Wagner è nato da idee di estrema destra? Sì.
Il gruppo Wagner combatte al fianco delle truppe russe? Sì.
Il gruppo Wagner è ancora oggi formato da persone di estrema destra? Sì, senza dubbio.
Il gruppo Wagner è la dimostrazione che la Russia è nazista? No. Ma ci sono ben altre prove che lo dimostrano.
Esistono altri gruppi neonazisti/neofascisti che combattono al fianco delle truppe russe e delle milizie separatiste del Donbass? Sì.

Ora vediamo perché il battaglione Azov e il gruppo Wagner (e le altre milizie russe o filorusse) non sono significativi per definire i relativi paesi nazisti (cioè, la Russia può essere definita neofascista, ma a causa della guida politica, non certo a causa del gruppo Wagner, per quanto criminale questo sia).

Esistono formazioni militari o paramilitari di estrema destra in Europa? Sì.
Esistono formazioni militari o paramilitari di estrema destra nel mondo? Sì.
Esistono formazioni politiche di estrema destra in Europa? Sì.
Esistono formazioni politiche di estrema destra nel mondo? Sì.
Possiamo perciò definire l'Europa o il mondo come nazisti? No.

Ergo: se definiamo l'Ucraina nazista a causa del battaglione Azov... per coerenza allora dovremmo definire il mondo intero come nazista.

Da qui non si scappa, a meno di non essere in malafede.

Saluti,

Mauro.

sabato 23 aprile 2022

Una fermata a Marassi 2 (dettagli genovesi special)

Nel luglio dell'anno scorso vi presentai l'arredamento di una fermata dell'autobus a Marassi (mica che quelli di Castelletto si credano gli unici ad avere fermate arredate!).

È tempo di aggiornamenti! Aggiornamenti primaverili.

Questo è quello che vi ho trovato oggi:

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui tutti i dettagli genovesi.

martedì 5 aprile 2022

A zonzo per Rothenburg ob der Tauber

Volti spuntano dai muri...


I vignaioli mettono le botti (piene) per strada...


E i chierici sono particolarmente magri...


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Tutti gli A zonzo per...

mercoledì 9 marzo 2022

Germania e Russia: una storia che viene da lontano

Per capire la posizione della Germania nei confronti della Russia in questo momento di grave crisi bisogna comunque anche guardare la storia.
Proviamo a farlo, anche se semplificando e riassumendo (eufemismi, lo ammetto) visto che chiudere in un articolo 150 anni storia di un paese così complesso è in realtà impossibile.
Spero però che questo articolo vi sia di spunto per cercare libri o siti per approfondire.

La Germania in realtà ha sempre avuto il suo baricentro politico ed economico spostato a est. In maniera più o meno forte, più o meno evidente è sempre stato così, anche ai tempi delle due Germanie (e per entrambe, nonostante le apparenze).

Perché questo?

Perché la Germania è stata creata dalla Prussia. E la Prussia era un paese dell'est.
La Prussia ha di fatto costituito il cuore e la parte più forte della Germania fino alla caduta di Hitler (anche se lui non era prussiano, bensì austriaco col cuore in Baviera).
E mentalmente questo "nucleo" prussiano è rimasto anche dopo.
Nei confronti dell'est la Germania ragiona di fatto ancora oggi come la vecchia Prussia.

Passiamo al dopoguerra, che è ciò che oggi ci interessa di più per capire i rapporti tedeschi con l'est.

Fino agli anni '60 questa spinta verso est era di fatto rivendicativa. Si continuava a pensare ai territori persi, a chi fu costretto a scappare dai Sudeti e dalla Slesia.
Atteggiamento mai aperto, esplicito, comunque, a causa della presenza delle potenze occupanti, che mai lo avrebbero permesso.
(Nota: ancora oggi le associazioni dei profughi dei Sudeti e della Slesia sono molto forti e molto politicizzate. Molto più forti e politicizzate, per esempio, delle associazioni dei profughi giuliano-dalmati in Italia).

Negli anni '60 ci fu la prima cesura: Willy Brandt lanciò la Ostpolitik, ma non in termini rivendicativi bensì di riconciliazione. La foto di Brandt inginocchiato a Varsavia è una delle più iconiche della storia, la conosciamo tutti.
E questa politica con alti e bassi e aggiustamenti vari venne poi portata avanti anche da Helmut Schmidt ed Helmut Kohl (parlo solo della politica verso l'Europa dell'est, non della politica in generale: sia Schmidt che Kohl in generale fecero una politica molto diversa da Brandt).
Col secondo che, dopo l'avvento di Gorbaciov e soprattutto dopo la caduta del muro, intensificò il rapporto economico con l'est facendo però l'errore di "scavalcare" Polonia, Cecoslovacchia, ecc. per guardare direttamente all'URSS e poi alla Russia.

E su questo errore di Kohl si compì, grazie a Gerhard Schröder (successore di Kohl alla Cancelleria), la seconda cesura: la Germania si legò mani e piedi alla Russia (Schröder e i suoi accoliti avevano anche interessi personali nella cosa).
La differenza?
Con Kohl di fatto la Germania era il senior partner, con Schröder il senior partner divenne la Russia.
Angela Merkel continuò poi la politica di Schröder, cambiando lo stile ma non la sostanza. Del resto la sua storia parla per lei: prima della caduta del Muro era ben inserita nelle strutture della vecchia DDR e non partecipò mai alle manifestazioni per la democrazia e per la riunificazione.

Ora è arrivato Olaf Scholz che, per necessità o per volontà, vuole spostare il baricentro.
Ma la Germania ha troppi impegni e legami con la Russia per potersi liberare facilmente da questa situazione (di fatto la Germania è sotto ricatto da parte russa) e quindi Scholz se vuole durare e avere successo deve andare coi piedi di piombo.
O fare l'esatto opposto: dare un taglio netto e totale immediatamente. Cosa che non rientra nelle corde della politica (ma neanche della società) tedesca. Ci vuole troppo coraggio e la disponibilità a fare sacrifici.

Saluti,

Mauro.

domenica 6 marzo 2022

Guerra e pace

La pace non è solo assenza di guerra.

Anzi, la sola assenza di guerra senza vera pace è solo incubatrice di altre guerre.

Per questo chi vuole la pace a ogni costo, andando solo contro la violenza ma non a favore della giustizia, quasi sempre finisce per non impedire le guerre, anzi spesso le provoca o ne aiuta l'allargamento.

Rifletteteci.
Pensate, per esempio, alla conferenza di Monaco del 1938.
Ma anche a casi attuali, sotto gli occhi di tutti.

Essere pacifisti senza se e senza ma non significa automaticamente essere per la pace.
Anzi, quasi sempre significa solo essere di fatto alleati del più forte e carnefici del più debole.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 2 marzo 2022

Pensieri sui problemi delle transizioni e delle rinnovabili

Tra i temi fondamentali del dibattito attuale causato dal cambiamento climatico ci sono - oltre ovviamente alle fonti rinnovabili (fonti, non energie!) - le due transizioni: energetica e digitale.

Qui voglio proporvi qualche mio pensiero sparso al proposito.
Non sarà un articolo unitario come normalmente cerco di scrivere qui sul blog, ma piuttosto una serie di spunti, in parte slegati tra loro, che spero possano stimolare la discussione o almeno darvi da pensare.

E, prima di fraintenderci: questo non è un articolo scientifico. Sono miei pensieri, nati da un dialogo su Twitter con Mirella Castigli.

Buona lettura.

Transizione energetica

1) Si parla spesso di fotovoltaico sui tetti. Ingenuità. Basterebbe solo per una minima frazione delle necessità. E oltretutto non su tutti i tetti si possono mettere pannelli. È qualcosa, in fondo, per sentirsi ecologici, non per esserlo veramente.
2) L'idrogeno è senza se e senza ma parte del futuro energetico, non è il futuro tout court, ma è parte importante di esso. Ma non va dimenticato che l'idrogeno non si trova libero in natura, va prodotto (mediante separazione dell'acqua, per esempio).
3) Uno dei più grandi problemi di eolico e fotovoltaico è e sarà lo stoccaggio. Certo il miglioramento tecnologico degli accumulatori e di altri strumenti migliorerà molto la situazione, ma a livello di rinnovabili il più efficiente metodo di stoccaggio rimarranno sempre i bacini idrici.
4) Collegato al problema stoccaggio c'è anche il problema del trasporto dell'energia. Si parla di cavi sottomarini. Giusto, ottima scelta e tecnologicamente provata... ma come porti i cavi sottomarini, per esempio in Baviera o Alto Adige? Ti serviranno sempre gli elettrodotti... e gli elettrodotti scatenano i NIMBY (lo vedo qui in Baviera, dove c'è una forte protesta contro l'elettrodotto che dovrebbe portare qui l'energia prodotta con l'eolico nel nord per sostituire il nucleare che sta chiudendo).
5) Eolico offshore... in mari come il Mare del Nord è una vera risorsa. Ma nel Mediterraneo? Non basta vedere se c'è vento o meno. Nel Mediterraneo i fondali sono velocemente profondi e molto spesso sono pura roccia. Un'impresa tecnologica non da poco piantarci le torri eoliche. E un'impresa distruttiva dei fondali, soprattutto.

Transizione digitale - Net Zero

6) Non bisogna dimenticare le questioni sociali legate alla questione climatica: non solo clima, ma migrazioni "ecologiche". In futuro saranno sempre più le migrazioni dovute al cambiamento climatico e meno (anche se oggi suona strano) quelle dovute alla povertà in senso classico.
7) Uno dei punti di cui si parla tanto è la Carbon Capture and Storage (CCS). Obiettivamente è utile, utilissima, va sviluppata con tutte le forze... ma non è risolutiva. Ha i suoi limiti (quantitativi più che qualitativi). A mio parere la priorità va comunque sempre posta sulle emissioni.
8) La conservazione e l'infrastrutturazione sono in realtà le sfide maggiori nella transizione (sia digitale che energetica). Paradossalmente la produzione è al momento il problema minore, essendo più quantitativo che qualitativo. Stoccaggio e trasporto invece...
9) High Performance Computing... bellissima cosa (e da fisico mi fa brillare gli occhi 😉), ma è da prendere con le molle: è energivora e quindi potenzialmente dannosa. Pensiamo per esempio all'hype sulla blockchain (il cui uso principale oggi riguarda le valute virtuali): è assolutamente energivora. Se non si trova il modo di rendere i supercomputer meno energivori... risolviamo un problema creandone due dall'altra parte.
10) Poli di eccellenza. In realtà in Italia già li abbiamo (IIT, PoliMi, Pisa, per esempio) ma non li consideriamo. E non solo dal punto di vista dei finanziamenti. C'è poca considerazione politica, ma soprattutto (purtroppo) poca considerazione sociale nei loro confronti. Senza considerazione sociale chiudiamo la scienza in una torre d'avorio... ma la chiudiamo noi dall'esterno, non è la scienza a chiudersi. E inoltre in Italia non riusciamo a fare rete.
11) E-Mobility. Ci lavoro. È obiettivamente il futuro, ma ha senso solo cambiando alla svelta il modo di produrre energia (e per farlo non basta impiantare un paio di pale eoliche e montare un paio di pannelli solari). Se no è solo un modo per spostare il problema da un punto di vista geografico, non per risolverlo.

Fonti rinnovabili

12) Il mondo sta sottovalutando alla grande il geotermico. E col mondo anche l'Italia... eppure ne abbiamo tanto e siamo stati pionieri (mai sentito parlare di Larderello?).
13) Per quanto riguarda l'eolico non si deve dimenticare che abbisogna di tanto, tanto cemento (e anche asfalto per quello onshore: servono le strade per raggiungere le pale per la manutenzione e altro).
14) Il solare ha anche un problema di cui si parla molto poco (quasi nulla, in realtà): i pannelli non sono eterni e a fine vita parte di essi vanno trattati come rifiuti speciali. Non puoi buttarli nel bidone dell'indifferenziato.
15) Alla fine il sistema più semplice ed efficace (sia per la produzione che per lo stoccaggio dell'energia) rimane l'idroelettrico... ma costruire i bacini significa danneggiare (o comunque modificare) i biotopi locali.
16) Il nucleare spesso viene visto male anche da chi lo considera pulito e non pericoloso. A causa dei costi. Pochi però sanno che una parte non indifferente dei costi è di tipo assicurativo. E non per il rischio di incidenti tipo Chernobil o Fukushima, bensì per il rischio terrorismo (e sono costi nati con le proteste e gli attacchi degli ambientalisti alle centrali e ai trasporti delle scorie... non certo col terrorismo islamico, sovranista o simili).
17) Insomma, bisogna rendersi conto che una fonte di energia veramente verde alla fine non esiste. Esistono solo fonti di energia più o meno grigie.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 16 febbraio 2022

Ancora sui brevetti (vaccini edition)

Su Twitter (ma immagino che sugli altri social networks non sia diverso) cominciano ad apparire tweet di questo tenore:


Questi tweet, anche se tecnicamente non del tutto sbagliati, sono altamente fuorvianti per il modo in cui presentano la notizia.
Non dicono cose assolutamente false, ma mirano a far passare un messaggio sbagliato: cioè che gli Stati vogliono solo far regali alle aziende produttrici di vaccini.
Ovviamente non è così e gli autori di questi tweet lo sanno, ma contano sull'ignoranza della massa riguardo al tema "brevetti".

Quindi cerchiamo di chiarire.
Una premessa: tutto quello che leggerete sotto vale per tutti i brevetti, non solo per quelli sui vaccini.

Per prima cosa va detto che un brevetto, quando viene concesso, vale per un anno. Non di più.
Può essere rinnovato più volte (ogni volta solo per un anno, ogni rinnovo dura un anno) fino a un massimo di vent'anni totali. Non di più.
Quindi significa che il brevetto viene concesso una volta e poi può essere rinnovato (o prorogato, usando il linguaggio del tweet di cui sopra) al massimo diciannove volte.

Ma questi rinnovi non sono un favore che lo Stato, tramite gli uffici brevetti, fa alle aziende.

All'inizio un'azienda presenta una richiesta di brevetto.
L'ufficio brevetti (in Italia l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, ma ormai i brevetti importanti vengono richiesti all'EPO, l'European Patent Office) esamina la richiesta, sia formalmente che tecnicamente, e decide se il brevetto su quell'invenzione, su quel prodotto, può essere concesso o meno.
E qui detto ufficio ha un ruolo attivo.

Non però sui rinnovi (o proroghe).

Alla scadenza del primo anno (e di ogni anno successivo) il brevetto può essere rinnovato.
Ma sono di fatto le aziende stesse a decidere: loro pagano la tariffa annuale e la validità del brevetto viene prolungata di un anno.
Non è una concessione del singolo Stato o dell'Europa: la cosa è automatica. Non c'è un nuovo esame formale o tecnico dell'invenzione, del prodotto. Quella - come detto - viene fatta solo la prima volta, quando l'azienda (o l'inventore) fa la richiesta per ottenere il brevetto.
Dopo, se il detentore del brevetto paga, il brevetto viene automaticamente rinnovato, se non paga il brevetto decade.
E dopo vent'anni è comunque fine: il brevetto non potrà più essere rinnovato.
Punto.

E ogni rinnovo costa. E soprattutto non è una tariffa fissa: anno dopo anno la tariffa cresce. Per le aziende non è una passeggiata di salute, comunque.

Va anche aggiunto che queste regole - giuste o sbagliate che siano - sono uguali ovunque, non valgono solo per l'Italia.
È inutile che cerchiate di far passare che l'Italia sia al servizio delle aziende, sottintendendo che gli altri paesi siano meno cedevoli.

Comunque sui brevetti ne ho scritto già in abbondanza in passato.
Se volete sapere di più su di essi, vi consiglio di leggere questi miei articoli:

Saluti,

Mauro.

venerdì 11 febbraio 2022

Io non vi voglio male, ma voi volete farvi voler male

Io non vi voglio male... ma se continuate a seguire e a diffondere le pseudoscienze non posso che bastonarvi.

E più credete a oroscopi, omeopatia, vaccini che provocano l'autismo e simili fregnacce più vi bastono.

Libertà di opinione non è libertà di sparare cazzate, come pensate voi.
E soprattutto libertà di opinione non implica il dovere da parte nostra di ascoltarvi e di prendervi sul serio.
Libertà di opinione è libertà di avere idee diverse se ci sono basi logiche e fatti concreti per averle.
E soprattutto è libertà di non ascoltarvi e non darvi spazio se quelle basi logiche e quei fatti concreti non potete offrirli.
Tutto qui.

La scienza non è democratica... ma non perché, come sostenete voi, venga imposta dall'alto. Proprio per nulla.
La scienza non è democratica perché si basa sulle prove, sui fatti, non sulle opinioni. Non conta quanti credano o non credano a una cosa. Conta quali e quante prove ci siano pro o contro.

Se ci pensate bene la cosa, anzi la scienza, come struttura di base, come ragionamento è semplice... ma voi amate complicare tutto, creando teorie antiscientifiche complicate fin dalla base, fin dal ragionamento.
Accettare le vostre idee significherebbe distruggere una delle basi della conoscenza e della scienza: il rasoio di Occam.
Ergo, non siete credibili fin dall'inizio. Anzi, non lo siete proprio a priori.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 9 febbraio 2022

Per quelli che il curling...

È vero.
Ci sono sport che ottengono la ribalta solo ogni quattro anni.
Cioè quando ci sono le Olimpiadi, estive o invernali che siano.
E il curling (relativamente alle Olimpiadi invernali) è uno di questi sport.

E ogni quattro anni spuntano i soliti polemici che (per sminuire lo sport in sé e nascondere la propria ignoranza e invidia, in particolare quando l'Italia vince, come a Pechino 2022) pontificano contro chi commenta e gioisce, dicendo "Siete i soliti esperti da salotto, non conoscete le regole del curling, ma fate solo finta!"

Eh no, cari miei.
Su altri sport forse (ma solo forse) potreste anche aver ragione.
Ma non sul curling.

Le regole del curling sono essenzialmente le stesse delle bocce (l'unica differenza di fatto è che nelle bocce non sei obbligato a tenere la boccia sempre a contatto col terreno).
Quindi, sì, noi italiani le regole del curling in realtà le conosciamo, eccome se le conosciamo, visto che le bocce sono roba nostra, roba che conosciamo molto bene.
E conoscendole possiamo parlarne.
Alla faccia dei rosiconi.

Saluti,

Mauro.

Con Covid o per Covid?

Ancora oggi, ogni giorno qualcuno (anche nel mondo medico) pretende di distinguere tra ricoveri e decessi con Covid19 e ricoveri e decessi per Covid19.
In singoli casi la distinzione può aver anche senso, ma se guardiamo al fenomeno complessivo no. Proprio non ha senso.

Per tre motivi.
Vediamoli.

1) Molti pazienti arrivano in ospedale perché stanno male, ma senza una vera diagnosi. Questi pazienti quindi non arrivano né con Covid, né per Covid. In questi casi il motivo per cui sono arrivati in ospedale (e se hanno il Covid o meno) si scopre solo alle visite dopo l'arrivo in ospedale.

2) Anche se una persona arriva in ospedale con una diagnosi precisa, e questa diagnosi non ha nulla a che fare col Covid, se al tampone viene scoperta positiva... va comunque ricoverata nei reparti Covid (UTI o no che siano), quindi la pressione sull'ospedale è la stessa: è un paziente Covid, punto. Non puoi lasciarlo nei reparti dove stanno i pazienti negativi (cioè quelli che veramente non hanno nulla a che fare col Covid).

3) Se una persona decede col Covid ma aveva anche altre patologie, non puoi dirmi per quello che è "solo" deceduta col Covid. Devi dimostrarmi che le altre patologie la avrebbero uccisa con la stessa velocità. Se, per esempio, una persona muore dopo due settimane dal ricovero col Covid ma aveva anche un tumore... devi dimostrarmi che quel tumore lo avrebbe comunque ucciso più o meno nello stesso tempo. Se la prognosi relativa al tumore le lasciava una speranza di vita più lunga (anche se breve, ma comunque più lunga di quello che si è verificato nella realtà) significa che il Covid è stato decisivo. O ha ucciso lui o ha accelerato il decorso dell'altra patologia, ma comunque è stato decisivo. Quindi quella persona è morta per Covid. Punto.

Saluti,

Mauro.