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martedì 25 febbraio 2025

L'Europa e la difesa comune

Ultimamente, purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista, si sta discutendo seriamente di spesa militare europea.
Sia intesa come spesa operata direttamente dall'UE sia come spesa dei singoli paesi ma coordinata/autorizzata dall'UE.

Ora che gli USA vogliono tirarsi indietro e non impegnarsi più (o almeno non più di tanto) nel coprire l'Europa questa discussione è comunque assolutamente necessaria e doverosa.

Vanno però posti dei paletti, dei punti che non possono essere ignorati se si vogliono ottenere dei risultati seri, concreti.
Io vorrei qui citare cinque punti a mio parere significativi (non che non possano essercene altri, anzi).
Il primo in realtà è una premessa (non solo per la discussione, ma anche per la narrativa che l'informazione deciderà di farne), gli altri quattro sono veri paletti nel senso di cui sopra.

1) Molti sostengono che l'Europa ha dormito troppo, si è cullata nelle braccia statunitensi convinta che queste la avrebbero protetta in eterno.
Non è proprio così. Che l'Europa un po' abbia dormito è vero, ma non lo ha fatto nell'illusione che gli USA ci avrebbero protetto per sempre, bensì nell'illusione di un malinteso pacifismo, che dopo la caduta del muro di Berlino ci ha convinto che non sarebbero mai più scoppiate guerre sul suolo europeo (e in questa ottica molti hanno visto - e alcuni continuano a vedere - le guerre jugoslave degli anni '90 come guerre civili, non come guerre tout court).
Oltretutto non dimentichiamo mai una cosa: la "protezione", almeno fino al cambio di millennio (ma probabilmente ancora oggi), gli USA ce la hanno imposta, non è mai stata un'offerta a cui potessimo anche dire di no.

2) Un aumento della spesa, che sia gestito direttamente dalla UE o dai singoli paesi, ha senso solo se i paesi europei ragionano come una cosa sola, non come semplici alleati.
Se aumentiamo la spesa ma continuiamo ad andare ognuno per conto proprio serve a poco. La Russia sarà sempre più forte dei paesi europei presi singolarmente.
Vero che Francia (e UK, anche se ora uscito dalla UE) hanno un deterrente nucleare.
Vero che Italia e Francia hanno entrambe una marina probabilmente superiore a quella russa.
Vero che gli aerei europei (in particolare il Gripen svedese) sono superiori a quelli russi (e in molti casi anche a quelli statunitensi).
Ma i numeri contano: la Russia, se mettiamo insieme marina, esercito e aviazione, ha numeri che nessun paese europeo da solo può contrastare. E possibilità di mobilitazione forzata che le democrazie non si possono permettere.
Se non vere e proprie forze armate comuni, l'UE deve almeno darsi un comando militare comune che abbia la possibilità legale se necessario di scavalcare gli stati maggiori dei singoli paesi e mobilitarne le truppe di propria iniziativa.

3) Anche se stiamo parlando di UE e siamo in era post Brexit, non si può parlare di difesa comune europea senza coinvolgere anche il Regno Unito.
Conviene a entrambe le parti (UE e UK) andare a braccetto su questo tema. Per motivi sia militari che politici (e ovviamente economici).
E sotto questo punto di vista il discorso non cambierebbe anche dovessero tornare al potere a Londra gli artefici della Brexit. Coglioni sì, ma suicidi no... almeno lo spero per loro 😉
Oltretutto il Regno Unito con la Brexit aveva puntato una partnership preferenziale con gli USA... puntata che si è dimostrata perdente. E a Londra i Tories sono i primi a rendersene conto.

4) Nonostante il comportamento USA non bisogna fare l'errore di costruire una difesa comune europea in alternativa o, peggio, in contrapposizione alla NATO.
Tenendo anche conto che 23 dei 27 paesi UE sono anche paesi NATO (Austria, Cipro, Irlanda e Malta sono gli unici a non essere nella NATO) si capisce come una contrapposizione indebolirebbe entrambe le parti.
Non dico che la UE debba entrare come istituzione nella NATO (anzi, sostengo che non debba farlo), ma le due istituzioni devono essere forti alleati, Trump o non Trump.

5) E non bisogna fare l'errore di sottovalutare la componente industriale della difesa.
Una difesa comune forte non può prescindere da un'industria militare europea forte.
Sia ben chiaro: non voglio fare lo statalista e chiedere ai paesi europei o alla UE stessa di diventare imprenditori nel settore militare più di quanto già non siano, ma le forze armate europee devono poter contare su attrezzature europee, non essere obbligate (come Trump e Hegseth vorrebbero) a comprare dagli USA.
Le eccellenze tra UE e UK le abbiamo: Airbus, Saab, Leonardo, Rheinmetall, Thales-Alenia, BAE, Dassault, ecc.
Che si compri a livello UE o che si compri ognuno per sé, è lì che bisogna comprare.

Saluti,

Mauro.

domenica 6 novembre 2022

I misteri del tedesco 28 - Un vecchio svedese

Ragazzo mio, tu sei un vecchio svedese!
E se sei un mio amico, un mio compagno (nel senso complice di appartenente alla mia compagnia) lo sei anche se non sei né vecchio né svedese.

Ovviamente, quanto ho scritto sopra per un italiano non ha senso.
Ma se lo avessi scritto in tedesco... un senso lo avrebbe eccome, visto che alter Schwede (cioè vecchio svedese) nel linguaggio colloquiale tedesco indica proprio quello (talvolta usato anche ironicamente, dipende dal contesto).

Ma da dove nasce questa espressione?

Sembra che l'espressione nasca alla fine della guerra dei 30 anni, quando il principe elettore del Brandeburgo assoldò soldati svedesi esperti e navigati come addestratori per il proprio esercito. Date le loro qualità e anche l'età vennero in genere assoldati come sottufficiali, non semplici soldati, e nel gergo delle truppe del tempo divennero in breve i vecchi svedesi.

E col tempo, come con altre espressioni, il significato cambiò fino a diventare quello che è oggi.

Saluti,

Mauro.

Altre puntate:
I misteri del tedesco - Lista completa

martedì 30 agosto 2022

A zonzo per il poligono militare di Grafenwöhr

Qui vedi bombe...


Vedi i bersagli delle esercitazioni...


E all'improvviso ti ritrovi mezzi militari in assetto operativo di fianco...


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Tutti gli A zonzo per...

martedì 26 aprile 2022

Se l'Ucraina è nazista... allora il mondo?

Molti si stanno schierando contro l'Ucraina perché sarebbe un paese nazista a causa del battaglione Azov.

Bene, vediamo un po' i fatti.

Il battaglione Azov è nato da idee di estrema destra? Sì.
Il battaglione Azov è ora inquadrato nelle forze armate ucraine? Sì.
Il battaglione Azov è ancora oggi formato da persone di estrema destra? Probabilmente sì.
Il battaglione Azov è la dimostrazione che l'Ucraina è nazista? No. Proprio per niente.

Vediamo anche i fatti riguardo la Russia.

Il gruppo Wagner è nato da idee di estrema destra? Sì.
Il gruppo Wagner combatte al fianco delle truppe russe? Sì.
Il gruppo Wagner è ancora oggi formato da persone di estrema destra? Sì, senza dubbio.
Il gruppo Wagner è la dimostrazione che la Russia è nazista? No. Ma ci sono ben altre prove che lo dimostrano.
Esistono altri gruppi neonazisti/neofascisti che combattono al fianco delle truppe russe e delle milizie separatiste del Donbass? Sì.

Ora vediamo perché il battaglione Azov e il gruppo Wagner (e le altre milizie russe o filorusse) non sono significativi per definire i relativi paesi nazisti (cioè, la Russia può essere definita neofascista, ma a causa della guida politica, non certo a causa del gruppo Wagner, per quanto criminale questo sia).

Esistono formazioni militari o paramilitari di estrema destra in Europa? Sì.
Esistono formazioni militari o paramilitari di estrema destra nel mondo? Sì.
Esistono formazioni politiche di estrema destra in Europa? Sì.
Esistono formazioni politiche di estrema destra nel mondo? Sì.
Possiamo perciò definire l'Europa o il mondo come nazisti? No.

Ergo: se definiamo l'Ucraina nazista a causa del battaglione Azov... per coerenza allora dovremmo definire il mondo intero come nazista.

Da qui non si scappa, a meno di non essere in malafede.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 20 ottobre 2021

Il giorno che ho capito gli anni di piombo

Io gli anni di piombo li ho capiti veramente quando erano finiti da tempo. Li ho capiti veramente negli anni '90.
Perché le cose le capisci dentro (e non solo teoricamente, storicamente) quando le incontri.
E io gli anni di piombo li ho incontrati di persona, li ho guardati negli occhi, all'inizio degli anni '90. Anche se avevo vissuto (seppur da bambino e ragazzino) quelli veri, a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80.
Ora vi racconto.

Per me gli anni di piombo significano soprattutto due nomi: Guido Rossa e Mario Sossi.

Due persone agli antipodi: operaio comunista Rossa, magistrato fascista Sossi. Ma entrambi vittime delle Brigate Rosse. Assassinato il primo, rapito (e probabilmente anche torturato) il secondo.
(Di Rossa ne scrissi già su questo blog).

Rossa lo conosco più che altro dai racconti di mio padre, che era suo collega all'allora Italsider, quindi non è lui il protagonista di questo racconto.

Il protagonista è Sossi.
Io lo incontrai una volta nei primi anni '90 e guardandolo negli occhi ho capito veramente cosa furono gli anni di piombo: sì destra contro sinistra ed entrambe contro lo Stato, ma soprattutto paura.
Umanissima paura.

Sossi era un uomo di destra, un fascista (negli anni 2000 si candidò anche con Forza Nuova, per dire), ma quando lo incontrai era solo un uomo che aveva paura di aprire la porta di casa.
Ero andato da lui per portargli l'invito a una cerimonia presso il Distretto Militare di Genova (sì, prima che facciate calcoli sulle date, il militare lo ho fatto dopo l'università, non prima).
Ma quando suonai alla porta e lui venne ad aprire (con tutte le precauzioni e i chiavistelli del caso) aveva paura. Paura di chiunque suonasse alla porta.
Aveva paura di me, che ero in divisa (tra l'altro la sua divisa, visto che era stato Alpino anche lui) e che ero in quel momento il portavoce del comandante del Distretto Militare, non ero lì di mia iniziativa.

Sossi aveva i suoi scheletri nell'armadio, ma ciò non giustifica ciò che subì dalle BR.

Mai ho visto in vita mia la paura negli occhi di un essere umano come quel giorno.

Quel giorno capii veramente cosa sono stati gli anni di piombo.

Saluti,

Mauro.

domenica 20 dicembre 2020

Le cose vanno fatte quando non servono

Ultimamente, in relazione alla seconda ondata del COVID19, ho sempre più vivido e chiaro il senso di una frase che usava dire il mio comandante a militare, un colonnello degli Alpini, 30 anni fa: "Le cose le devi fare quando non servono, perché quando servono è tardi".

Cosa significa?

Significa che devi prevenire le emergenze, prima di affrontarle. Nel momento in cui l'emergenza arriva, se non avevi agito prima, puoi reagire anche nel modo più grandioso che ci sia, ma potrai solo limitare i danni. La reazione è nella maggior parte dei casi solo un pannicello caldo.

E cosa c'entra col COVID19? Che nel momento in cui la prima ondata sembra finire, tu devi pensare al dopo, non all'immediato. Come coloro che venivano definiti "moriremo tutti" o "catastrofisti" (cioè noi che su Twitter ci riconosciamo nel #GruppoCassandra o nel #TeamFauci) da certi medici ed economisti hanno sempre sostenuto: non aprire perché i numeri calano, valuta prima come probabilmente andranno i numeri se (e come) apri. E poi decidi.

Invece no. Invece liberi tutti.

Ma oltre a questo... sfrutta la "pausa" per rinforzare il sistema sanitario, il sistema di controllo.
Non riposare sugli allori.
Invece no. Neanche questo. Niente è stato fatto.
Ricordatevi poi sempre una cosa (e ve lo dico occupandomi di qualità nell'automotive e nella tecnologia medicale, quindi qualche conoscenza la ho): un sistema complesso deve sempre essere tarato sul "worst case". E sanità, istruzione, protezione civile sono sistemi complessi. Gli automatismi di sicurezza devono essere basati sul peggio che possa capitare, non sulla situazione media. Vale in un'automobile come in un sistema sanitario.
E questo nella sanità, nell'istruzione, nella protezione civile non c'è (né in Italia né nella maggioranza degli altri paesi).
Tra la prima e la seconda ondata abbiamo fallito (fallimento anche figlio di politiche precedenti alla pandemia, comunque). Ormai è evidente che falliremo anche tra seconda e terza (anche se la seconda non è ancora finita). Speriamo che dopo la terza impareremo per le pandemie future (che ci saranno, eccome se ci saranno, anche grazie al cambiamento climatico, come scrissi qui).

Tornando al "fare le cose quando non servono", vi segnalo un'interessantissima intervista a Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler di Trento. In particolare una frase: "Si deve intervenire quando la situazione non è ancora grave, perché se aspetti quel momento è già tardi".
Riciclando lo slogan di una vecchia pubblicità: meditate, gente, meditate.

Saluti,

Mauro.

venerdì 7 settembre 2018

Nonnismo e bullismo

Ogni volta che sento parlare di episodi di bullismo, nonnismo o cose simili mi sovviene sempre un aneddoto di quando ero militare io.
Io ho fatto la leva dopo la laurea, quindi al reparto ero uno dei più vecchi anagraficamente.
Un giorno un "anziano" (cioè uno di uno scaglione precedente al mio) ha provato a fare il "nonno" con me.
Io lo ho guardato con pietà (oserei dire dall'alto verso il basso, anche se ciò non mi fa onore) e gli ho detto con calma "Tu sarai anziano, ma io sono vecchio, quindi non rompere".
Da quel giorno nessuno ha più provato neanche i più innocenti scherzi con me.

Morale della favola?
Chi fa nonnismo o bullismo (o qualsiasi cosa paragonabile) è un grandissimo stronzo e un delinquente... ma spesso, per non diventare vittime, basta non volerlo essere.

Saluti,

Mauro.

sabato 25 novembre 2017

Mi stupisco di una cosa

Come mai i due Carabinieri accusati di stupro a Firenze non siano ancora stati cacciati dall'Arma.

Cosa dite?
Il processo è ancora in corso, magari il rapporto è stato, nonostante la denuncia, veramente consensuale.

E allora?
Vi sembra che tra i compiti di un militare in servizio di ordine pubblico ci sia fare sesso? In servizio?
Ma siamo matti?

Fuori dall'Arma comunque. E con disonore. Anche se l'accusa di stupro fosse falsa (e non credo lo sia, ma questo è un altro discorso, che deve chiarire sì il tribunale).

Saluti,

Mauro.