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lunedì 18 agosto 2025

L'asta

L'incontro odierno a Washington tra Trump, Zelensky e i leader europei non è un incontro politico.
Zelensky crede (o almeno spera) che sia un incontro sulla situazione dell'Ucraina.
Il leader europei credono (illusi!) che sia un incontro politico, mettono in conto che possa essere dannoso per l'Ucraina, ma ritengono comunque che sia basato su fondamenta politiche.

Mi dispiace, ma sbagliano tutti.
Zelensky, vista la situazione, comprensibilmente. Von der Leyen, Merz e co. no, non comprensibilmente.

L'incontro odierno a Washington è parte di un'asta, la cui prima parte si è svolta ad Anchorage, in Alaska.

Trump si mette in vendita, Trump è acquistabile.
Lui non è contro l'Ucraina, l'Europa e la NATO. Basta che queste gli offrano più di quanto gli offra la Russia.

E va aggiunto che il continuare a trattarlo come un politico, magari sui generis ma comunque politico, da parte degli europei è un errore madornale, un grandissimo autogol.
Trump non è un politico, ma un giocatore d'azzardo. Anzi un giocatore d'azzardo che bara.

Infatti l'asta di cui sopra è truccata, visto che parte da una base in cui i partecipanti non sono alla pari: la Russia gli ha già dato la presidenza degli USA e Putin è disposto (almeno in parte) a dividere le risorse minerarie ucraine con lui.

Cosa gli può offrire di più l'Europa?

L'Europa (e l'Ucraina con lei) non possono vincere l'asta.
Devono però trovare il modo di far saltare il banco. E con Trump questo non lo fai trattando, ma sbattendo i pugni sul tavolo.

L'Europa a questo punto deve fare come il famoso piccione sulla scacchiera.
Ne avrà il coraggio?

Saluti,

Mauro.

P.S.: No, non ho confuso Europa con UE, ho proprio inteso Europa visto che sono coinvolti anche UK e, in misura minore, Norvegia.

sabato 26 aprile 2025

Una foto iconica

La foto è stata scattata oggi in Vaticano.
Non è una foto storica, nel senso che - ovviamente - non la trovate ancora sui libri di storia.
Però è una foto iconica, una foto che in futuro affiancherà le foto di Willy Brandt in ginocchio a Varsavia, di JFK che dice "Ich bin ein Berliner", di Sandro Pertini nel comizio a Milano il 25 aprile 1945 e poche altre altrettanto iconiche.

La foto è questa:


Noi non sappiamo cosa Trump e Zelensky qui si siano detti, e non lo sapremo mai a meno che uno dei due non lo renda pubblico, ma anche in quel caso non avremmo certezze: è stato un incontro senza testimoni (fotografi esclusi, ma questi erano a distanza, al massimo hanno sentito frammenti di quello che è stato detto) e non ci sono registrazioni, quindi sia Trump che Zelensky potrebbero riportare versioni parziali e "adattate" del dialogo (ma io personalmente credo che entrambi al massimo riporteranno in pubblico solo le parti meno importanti del loro dialogo).

Qualunque cosa ciascuno di noi possa pensare dei due protagonisti, è una foto importante. E bella.
Perché mostra due uomini che parlano, non mostra due capi di Stato. Uomini che possiamo giudicare bene o male, ma che uomini rimangono.

Due uomini che discutono di cose importanti per il mondo, non di come sta il nipotino o di che colore dipingere le pareti della cucina, ma che in questa foto sono semplicemente due uomini.
Due uomini che sanno che quel che dicono può cambiare la storia (o almeno la cronaca) ma che sanno che comunque non sarà questo incontro a farlo.
Però questo incontro li ha avvicinati, se non umanamente almeno "professionalmente", e ciò influenzerà i futuri incontri ufficiali, sia diretti che delegati a rappresentanti plenipotenziari.

Io non so cosa Trump e Zelensky si siano detti.
Ma un incontro così personale di sicuro non potrà piacere a Putin. Per fortuna.

Saluti,

Mauro.

martedì 18 marzo 2025

Un telegramma dalla Guerra Fredda

Scommetto che nessuno di voi ha mai sentito parlare di George Frost Kennan.
Eppure potrebbe aiutarci a capire qualcosa dell'attuale situazione, pur essendo morto vent'anni fa.
Prima di andare avanti spieghiamo chi fu: funzionario con incarichi diversi del Dipartimento di Stato degli USA, poi ambasciatore in Unione Sovietica e in Jugoslavia.
Quindi non proprio una figura trascurabile nella politica USA del secondo dopoguerra.

Ma, al di là delle cariche ufficiali ricoperte, fu uno dei principali ispiratori della cosiddetta "dottrina Truman", cioè del contenimento dell'URSS.
Soprattutto divenne famoso il suo cosiddetto long telegram (un telegramma di 5000 parole!) che scrisse nel febbraio 1946 da incaricato d'affari presso l'ambasciata USA di Mosca dopo un discorso tenuto da Stalin al Bol'šoj.
Telegramma che contiene quell'aiuto di cui parlavo all'inizio.

Perché questo telegramma può aiutarci?
Il contenuto principale del telegramma è il classico anticomunismo dell'epoca, ma non è questo che ci interessa qui, qualsiasi cosa possiamo pensare del comunismo e dell'URSS.
Quello che ci può aiutare è un'altra cosa.
Sono due passaggi che descrivono perfettamente l'atteggiamento di Putin, 6 anni prima che nascesse e 53 anni prima che prendesse il potere a Mosca.

Il primo dei due passaggi recita: "...at the bottom of the Kremlin's view of world affairs is a traditional and instinctive Russian sense of insecurity".
Il secondo passaggio aggiunge che l'autorità dei precedenti governanti russi era "archaic in form, fragile and artificial in its psychological foundations, unable to stand comparison or contact with political systems of western countries".

Kennan parla di Stalin (e nel secondo passaggio lo mette in linea con gli zar).
Ma questo è anche Putin. 100% Putin. Quasi 80 anni dopo.

Cosa ci dice questo?
Che siamo noi, con le nostre remore, a far forti Putin e la Russia.
È di questo che dobbiamo renderci conto.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Se volete leggere tutto il telegramma in originale, lo trovate qui.

giovedì 7 luglio 2022

E se la Z non fosse una Z?

Da quando è iniziata l'invasione russa dell'Ucraina ci si chiede cosa significa la Z che appare su molti mezzi militari russi e che ora in Russia (e non solo) viene usata da chi sostiene Putin e l'intervento russo.
Ci si chiede di che parola sia l'iniziale o domande simili.

Un ottimo esempio di queste domande lo si trova in un articolo del Post del 4 giugno scorso.

Ma... e se la Z non fosse per niente una Z?

Mi spiego meglio.

In Russia si usa l'alfabeto cirillico (anche in Ucraina del resto) e nell'alfabeto cirillico non esiste la lettera Z, come vedete in questa tabella:


Come vedete non esiste nessuna Z.
E perché i russi dovrebbero usare una lettera di un alfabeto non loro? La Z si usa nell'alfabeto latino... l'alfabeto del nemico occidentale.
E non venitemi a dire che magari è un messaggio per gli ucraini: anche gli ucraini usano l'alfabeto cirillico.

E quindi?

E quindi... se la Z fosse non una lettera ma un simbolo?
Un simbolo come la svastica nazista, la falce e martello comunista o mille altri simboli politici o nazionali nella storia del mondo?

Saluti,

Mauro.

mercoledì 25 ottobre 2006

Le "gaffes" di Putin

Negli ultimi giorni Putin ha tenuto banco, ha veramente dato spettacolo... quasi come il Berlusconi dei tempi migliori :-)

Prima l'ammirazione mostrata verso il presidente israeliano Katzav per la sua dimostrazione di mascolinità (per chi non lo sapesse: Katzav è accusato di molestie sessuali e violenza carnale).

Poi l'attacco alla corruzione dei funzionari pubblici spagnoli (ma non è forse che in Spagna i magistrati possono condannare sindaci e boiardi se necessario, mentre in Russia ci può essere, per così dire, qualche controindicazione nel farlo?).

Poi l'osservazione sulla mafia invenzione italiana (qui in Germania però domina la mafia russa, non quella italiana... non sarà che Putin vede nella mafia italiana non un'associazione criminale, ma solo un concorrente per i suoi "affari"?).

E probabilmente altre che mi sono sfuggite.

E tutti i giornali e i telegiornali a parlare delle "gaffes" di Putin, delle battute riuscite male o delle sparate senza riflettere.

Io non credo tanto che siano battute o gaffes. Putin è troppo poco spiritoso per fare battute e troppo intelligente per cadere in certe gaffes.

Io penso che siano una sorta di test. Sì, di test nei confronti dell'occidente.
La Russia è tornata (o si illude di essere tornata) a essere una potenza e Putin vuole rinverdire i fasti del passato sovietico.
E mette alla prova le reazioni dell'occidente alle sue provocazioni, per capire se l'occidente ha paura. Un modo di dirgli "Io posso permettermi di dire ciò che voglio, vediamo se tu hai il coraggio di aprir bocca".

O no?

Saluti,

Mauro.