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sabato 29 marzo 2025

Riscopriamo la geografia

Purtroppo la scuola sta, quasi ovunque, abdicando al suo ruolo di insegnare a pensare, a capire, a ragionare.
Perché è questo il primo ruolo della scuola. Non inculcare nozioni (che sono sì necessarie, chi lo nega non sa cosa dice, ma lo sono se funzionali a quanto scritto nel capoverso iniziale di questo articolo, non in sé stesse).

Ovviamente le due materie fondamentali e imprescindibili sono la lingua (quindi italiano in Italia, tedesco in Germania, francese in Francia, eccetera) e la matematica.
Su questo non ci piove, qui sto solo scoprendo l'acqua calda.

Però c'è una terza materia che a mio parere è assolutamente fondamentale, ma che è sempre meno considerata, sempre più picconata.
La geografia.

Adesso molti di voi strabuzzeranno gli occhi, diranno: "Cosa ha di fondamentale sapere qual è la capitale dell'Uganda o quanti abitanti ha la Bolivia?".
E mettendola così avreste anche ragione. Peccato che non stiate parlando di geografia. Almeno non della vera geografia.

Geografia è prima di tutto saper leggere e capire una carta geografica.
Se lo sapete fare riuscirete a capire perché una determinata regione, un determinato paese, un determinato continente ha avuto la storia che ha avuto, capirete la sua economia, i suoi rapporti internazionali (o anche intranazionali), le sue guerre prima ancora di studiare storia, economia, politica, eccetera.

Un esempio banale? La Germania.
Guardate la sua posizione (sia prima come Prussia che poi come Germania) in Europa, i suoi confini (o non confini) naturali e capirete molto della sua storia prima ancora di studiarla, nazismo compreso.
E cito la Germania perché è l'esempio più palese qui in Europa, dove vivo, ma in realtà è solo uno dei tanti esempi, nulla di poi così speciale.

Rifletteteci.

Saluti,

Mauro.

giovedì 11 febbraio 2021

Quello che si scrive, quello che si legge e quello che si interpreta

Io le donne su una cosa non le capisco.
OK, magari non le capisco anche su altre cose, ma sinceramente su questa in particolare.
E in questa non le capisco non per colpa mia, ma perché loro non vogliono farsi capire!
Per questo mi fa particolarmente incazzare.

Se vogliono farti capire A, loro scrivono o dicono B. E si incazzano se tu capisci B. E se gli chiedi di spiegarsi meglio usano C. Sempre per farti capire A. Ma se tu leggi B, capisci B. E se leggi C, capisci C.
A lo capisci se leggi A!
Se vogliono farti capire A... perché non possono dirti A?
Io capisco quello che tu dici o scrivi, non quello che pensi (o meglio... spesso capisco anche quello che pensi, ma di quello non posso comunque averne certezza, di quello che dici e, soprattutto, scrivi invece sì).

Ma peggio ancora è quando sei tu a scrivere o parlare e loro a dover capire.
Tu scrivi A e, ovviamente, intendi A.
Quella A, altrettanto ovviamente, può anche essere sbagliata. Nessuno è perfetto.
Ma perché, se ritengono che quella A sia sbagliata, non possono semplicemente dirti: "No, guarda, sbagli, è B, non A"?
Invece si mettono a interpretare... pensano, ma se ha scritto/detto A forse vuol dire che c'è dietro C o che ha capito D...
No!
Se ho scritto/detto A... c'è solo A. Punto. Sbagliata o giusta che sia A.
Dovete leggere, non interpretare!

Care donne, noi maschietti siamo semplici... e in fondo lo è anche la vita. Magari è dura, stronza, bastarda (anzi, lo è proprio, senza magari)... ma comunque semplice.
Perché dovete sempre complicare tutto?

Saluti,

Mauro.

sabato 16 settembre 2017

Il balletto dei followers

Già tempo fa scrissi di comportamenti assurdi (se non idioti) dei frequentatori dei social networks.

Quanto osservai allora non è ovviamente tutto.
Ci sono anche altri comportamenti assurdi, tra cui quello che io chiamo il balletto dei followers.

In cosa consiste? Guardate il numero di coloro che vi seguono su Twitter, Facebook e compagnia cantante: questo numero andrà su e giù come fosse sull'altalena.
Perché?
Perché la gente non pensa, si comporta in maniera compulsiva e/o pavloviana.

Mi spiego meglio.
Scrivo un intervento che a te piace, interessa e subito fai follow alla Pavlov e decidi di seguirmi. Però prima non ti informi su cosa scrivo in generale, su quali temi e in quali modi. Io sono semplicemente quell'intervento e nient'altro.
Dopo un po' scrivo un intervento che non ti piace, non ti interessa e subito, da bravo pavloviano, decidi di non seguirmi più. Anche qui senza informarti (e senza ricordare l'intervento per cui avevi deciso di seguirmi). Io sono di nuovo solo quest'intervento e nient'altro (neanche l'intervento di prima).
E così il numero dei followers oscilla di giorno in giorno, se non di ora in ora, in una specie di balletto sismico (registrassi regolarmente il numero di coloro che mi seguono e lo riportassi su un grafico temporale sembrerebbe l'andamento di un sismografo).

Saluti,

Mauro.