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lunedì 8 novembre 2021

Perché ti dicono di non urlare al lupo?

Ci sono in giro, in rete, persone che usando una logica perversa, ma apparentemente corretta, cercano di farti credere che il problema sia l'antifascismo, non il fascismo.

Vediamo la cosa, cerchiamo di capire.

A leggere i loro testi superficialmente può sembrare un'osservazione sensata quando ti dicono di non tirare in ballo il fascismo ogni volta che succede qualcosa che lo ricordi.
Può sembrare sensato perché ricorda il fatto che urlare al lupo quando il lupo non c'è poi ti rende meno credibile se urli al lupo quando però il lupo veramente arriva.

Ma, appunto, sembra sensato. Sembra.
In realtà non lo è. Per vari motivi.

Per prima cosa perché in realtà si urla al fascismo molto meno di quanto queste persone sostengano (in buona o in mala fede che lo facciano).
E anche per quello i fascisti si stanno infiltrando in ogni tipo di protesta (novax e nogreenpass in primis, ma non solo): perché non li si vede, perché grazie a chi ti dice che urlare al lupo non serve, fa danni... si aprono le porte al lupo.
Perché i lupi sono stati tollerati troppo a lungo, perché si è voluto credere che non fossero lupi o che fossero comunque recuperabili, e quindi non gli è mai stato detto in faccia cosa obiettivamente fossero.
(Detto tra noi: questi sono i veri danni del buonismo, il far credere che anche i fascisti siano recuperabili, che vadano istruiti, non combattuti).

Secondo punto.
È vero che talvolta (ma obiettivamente molto raramente) si urla al fascismo a torto, cioè trattando problemi veri ma che col fascismo nulla hanno a che fare.
Ma io - e se siete onesti vi sfido a portarmi fatti contrari - anche quando si urla al fascismo a torto non ho comunque mai sentito urlare al fascismo per mettere a tacere movimenti democratici. Tranne che dai fascisti stessi.

Se sbaglio matrice (cit. Meloni) correggetemi 😉

Ma correggetemi sulla matrice di quel particolare movimento, di quella particolare protesta.
Ma non venitemi a dire che se urlo al fascismo lo faccio solo per mettere a tacere avversari democratici e quindi sono in realtà fascista io.
Questi avversari possono parlare, fare le vittime e dare del fascista a me (quindi non sono vittime, la legge li protegge). Non sono messi a tacere. Ma vorrebbero mettere a tacere me.

Ma è il terzo punto il più importante di tutti.

Quelli che ti dicono che urlare al fascismo sempre (che poi come abbiamo visto sopra sempre non è) rende alla fine tutto non credibile, che l'unico risultato è che nessuno ti ascolta e che poi se il fascismo arriva veramente sei fregato perché hai alla fine insegnato alla gente a fare spallucce... bene, quelli, quando vai a vedere che idee sostengono, che persone o gruppi seguono... ma soprattutto a chi (usando la loro "logica") fanno le pulci e a chi no, quando ti accorgi del loro strabismo... cosa scopri?

Scopri che la loro "logica" ti porterebbe a non parlare mai più di fascismo, ti porterebbe a ignorarne e negarne l'esistenza oggi e sempre.
Perché in realtà il loro scopo è riportare il fascismo in Italia (ma non solo) senza che ci se ne accorga. Vogliono reintrodurre il fascismo facendo finta che non esista.
Facendo finta di essere sensati (usando fallacie logiche a manetta e sfruttando il fatto che la massa non conosce la logica) negano l'esistenza del fascismo per aiutarlo a crescere e a vincere.

Leggeteli bene, quando li incontrate, quelli che dicono "non urlate al fascismo".
Leggeteli bene, anche tra le righe. Capirete di cosa sto parlando.

Potrei anche farvi nomi concreti, su Twitter, su FB o altrove e nominarvi anche blog vari... non lo faccio solo perché a me qui interessa il problema in sé... e il problema è molto più diffuso dei singoli nomi che io potrei farvi.
E poi potrebbero comunque cambiare nome in rete, se sbugiardati.
Io voglio che voi possiate riconoscerli, possiate riconoscere il problema, non voglio darvi ordini, non voglio indottrinarvi, contrariamente a loro.

Tra le altre cose sono anche persone che possono tranquillamente apprezzare (o meglio far finta di) cose scritte da antifascisti sinceri, basta che possano sfruttare questi testi per i loro scopi (è capitato anche con miei testi, purtroppo... anni fa un testo in cui segnalavo i doveri degli immigrati, ovviamente senza negarne i diritti, venne usato di fatto per sostenere che gli immigrati rifiutano i doveri e pretendono solo diritti).

Saluti,

Mauro.

martedì 12 gennaio 2021

La "censura" dei social networks contro Trump

Non serve che vi racconti che Trump è stato bannato da alcuni social networks. Ne avete letto tutti.
Voglio però fare alcune riflessioni per stimolare una discussione seria, al di là dell'essere d'accordo col ban di cui sopra o meno.
Voglio darvi da pensare, non darvi delle risposte.

La prima cosa da osservare è che una qualsiasi azienda, come sono Twitter o Facebook, ha il diritto di stabilire le proprie condizioni di utilizzo (fino a che ovviamente non confliggono con le leggi dei paesi in cui operano, in particolare del paese in cui hanno sede legale). E in base a queste condizioni di utilizzo hanno il diritto di fornire o negare i propri servizi.

Seconda cosa. Come già stabilito da vari tribunali in giro per il mondo, aziende con miliardi di utilizzatori come quelle che gestiscono i social networks hanno ovviamente, a causa del loro impatto sull'opinione pubblica, doveri un po' diversi da quelli di un'azienda privata media. Per loro l'asticella sta ovviamente un po' più in alto. Ma ciò comunque non fa di loro istituzioni pubbliche. Non possiamo valutarle come valutiamo un ente pubblico.

Terza cosa. Non è stato bannato il profilo del presidente degli Stati Uniti d'America. È stato bannato il profilo privato di Donald Trump (esempio per quanto riguarda Twitter: @POTUS è perfettamente visibile, @realdonaldtrump no... e il fatto che fosse account verificato non conta nulla... lo era da ben prima che diventasse presidente).

Il vero problema dei social networks non è comunque che abbiano bannato Trump: è che bannino arbitrariamente, ignorando le proprie stesse condizioni di utilizzo. Vero che se incita alla violenza Trump ha un effetto molto maggiore che se lo faccia io. Ma in base alle condizioni di utilizzo (che noi accettiamo nel momento stesso in cui ci iscriviamo) andremmo bannati allo stesso modo (e oltretutto in base alle stesse Trump avrebbe dovuto essere bannato da anni... ma Trump portava click e quindi guadagni).

Saluti,

Mauro.

giovedì 23 aprile 2020

La app e il virus

Tutti ormai sappiamo della app "Immuni" per il tracciamento del Covid19.
Io non ho le competenze per valutare tecnicamente la app in sé e, oltre ciò, non voglio lasciarmi andare a dietrologie varie (anche se forse non sarebbero proprio dietrologie, date informazioni riservate che ho).
Però ci sono tre domande che sorgono comunque spontanee, indipendentemente dalle informazioni e dalle competenze che uno ha o meno.

Domanda numero 1
Come può un'app di tracciamento funzionare se non ci sono test a tappeto? Per lo meno se non ci sono test per tutti i sintomatici?

Domanda numero 2
Si dice che già diciamo tutto (o quasi) di noi a Google, Facebook & co., quindi che male c'è a dirlo al governo? A parte che a Google, Facebook & co. la maggioranza di noi dice meno di quel che si racconta... loro non possono modificare le leggi in base alle informazioni raccolte. Un governo sì. Non è pericoloso?

Domanda numero 3
Visto lo scopo della app, in un mondo ideale dovrebbe venire cancellata automaticamente appena finita la pandemia. Qualcuno ha pensato a questo?

Saluti,

Mauro.

venerdì 21 giugno 2019

Twitter e le segnalazioni

Così non va, non funziona. Sto parlando delle segnalazioni su Twitter (e da quel che sento su Facebook è anche peggio, ma ormai Facebook lo frequento molto poco, quindi in realtà non so).

No, non sto parlando di segnalazioni fatte in malafede, fatte per intimidire o silenziare chi non la pensa come noi o cose simili.
Questi sono problemi seri (e i cui colpevoli siamo prima di tutto noi frequentatori che crediamo che le discussioni siano guerre senza possibilità di dialogo), ma io voglio parlare di altri problemi: quelli che ci sono dopo aver fatto la segnalazione, corretta o no che essa fosse.

Ecco, il problema vero sta lì. Perché se la gestione delle segnalazioni funzionasse quelle in malafede si ridurrebbero a un limite fisiologico e quelle in buonafede ma moderate male anche.

Il primo problema è legato a paese, IP e lingua.
Ve lo spiego con un esempio pratico.

Io mi muovo su Twitter in tre lingue: italiano, tedesco e inglese. Ma soprattutto italiano. Però scrivo dalla Germania e l'IP del mio computer (sia a casa che sul lavoro) è ovviamente tedesco.
Cosa significa questo? Che se io segnalo un tweet in italiano (o in inglese) il sistema riconosce il mio IP e mi pone le scelte in base alla normativa, alla legislazione tedesca.
Ora, le cose permesse e proibite sono più o meno le stesse in tutta Europa, ma con formulazioni diverse, con riferimenti di legge diversi, ecc.
Quindi in molti casi non posso segnalare perché Twitter non mi mette a disposizione la scelta adeguata.
Quando riesco a superare questo ostacolo, la mia segnalazione (a meno che non riguardi tweet in tedesco) viene invariabilmente cassata. Ed è inevitabile (e a suo modo giusto) perché il desk tedesco non capisce i tweet in italiano (anche se qualcuno dei moderatori parlasse italiano non avrebbe certo il tempo di valutare e poi reagire... visto che dovrebbe tradurre e i moderatori si trovano in una situazione stile catena di montaggio).
E al di là della lingua: il desk applica (ovviamente) la lettera della legge e anche se leggi diverse di paesi diversi hanno lo stesso senso, la stessa sostanza, hanno per forza di cose lettere diverse.

Il secondo problema è relativo ai diversi registri di linguaggio.
Anche qui passiamo tramite un esempio.

Magari io sto "litigando" con un amico e ci permettiamo - conoscendoci - un linguaggio sopra le righe. Magari con minacce semiserie, del resto tra amici quando non si è d'accordo su qualcosa ci si lascia andare e non ci si pongono problemi (visto che ci si conosce si sa fino a dove ci si può spingere e poi comunque spiegarsi è più semplice).
Però può capitare che si usi lo stesso linguaggio litigando veramente con uno sconosciuto.
È sì lo stesso linguaggio. Ma non è per niente lo stesso registro, visto che io non so fino a dove posso spingermi ed è quindi molto probabile che io sia serio nelle mie minacce e offese (al di là del fatto che abbia una qualche seria intenzione di metterle in pratica).
E se qualcuno segnala i miei due tweet di minacce (quello all'amico e quello allo sconosciuto) i moderatori che leggeranno capiranno il linguaggio ma non il registro (non avranno neanche il tempo di porsi il problema del registro, vista la pressione temporale ai cui sono sottoposti) e quindi o bloccheranno un tweet innocuo o ne lasceranno passare uno pericoloso.

Come si possono risolvere questi problemi?

Il primo in realtà è molto semplice da risolvere: basta che tra le schermate che appaiono durante il processo di segnalazione la prima ti chieda a quale desk ti vuoi rivolgere (italiano, tedesco, inglese, ecc.). Sarebbe una funzione facilissima da programmare. E neanche costosa.

Il secondo tecnicamente sarebbe anche risolvibile: moderatori più preparati e con più tempo a disposizione, aiutati da algoritmi più sofisticati per una prima scrematura automatica. Ma sarebbe molto più costoso.

Il problema vero è comunque che entrambe le soluzioni imporrebbero una presa di responsabilità attiva da parte dei social networks. Con la situazione attuale invece possono nascondersi dietro i vuoti della politica (e di conseguenza della legge).

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Articolo leggermente ampliato il 17/01/2020.

martedì 18 settembre 2018

Gli scienziati sui social

Il collega blogger Shevathas in uno dei suoi ultimi articoli pone una questione interessante:

Se abitui la gente a pensare che gli scienziati dicano cavolate e che il parere di zia Maria sia equivalente a quello del luminare negli argomenti sopra riportati, perché se parla Burioni deve stare zitta mentre se parlano Silvio Garattini, Enzo Boschi o Ilaria Capua, invece può parlare e straparlare? Cosa hanno di speciale Burioni e i vaccini?

A parte il fatto che zia Maria purtroppo non tace neanche con Burioni, ma semplicemente in quel caso non viene ascoltata, a mio parere la risposta a questa domanda è abbastanza semplice.

Il fatto è che Burioni, pur continuando a comportarsi da scienziato per quanto riguarda i contenuti, ha capito che sui social networks si usa però un linguaggio (oserei quasi dire una lingua) diverso.
Al di là di tutto l'odio e la volgarità che debordano su Twitter, Facebook & co., anche quando riesci a intavolare un dialogo civile non puoi comunque scrivere come lo faresti su una rivista (anche se divulgativa o proprio non scientifica) o come parleresti a una conferenza, per informale che sia.

Ecco, Burioni questo lo ha capito e si è adeguato.

Gli altri, altrettanto ammirevoli da un punto di vista scientifico, però non si sono resi conto di ciò e usano sui social networks lo stesso stile che userebbero nello scrivere un testo divulgativo, che è sì destinato a tutti, ma che è comunque più vicino allo stile di una conferenza o di una lezione universitaria che a quello di Twitter o Facebook.

A questo poi dobbiamo comunque aggiungere che i vaccini sono un tema particolarmente sensibile in quanto visto come più concreto degli altri e riguardante in primis i bambini, quindi coloro che tutti (almeno a parole) vorremmo proteggere.

Saluti,

Mauro.

giovedì 26 luglio 2018

Adulti e vaccinati

Un tempo esisteva il modo di dire "essere adulti e vaccinati".
Questo modo di dire era usato per far capire di essere grandi, maturi, di aver già esperienza della vita. L'espressione nasceva dal fatto che tutti i vaccini venivano fatti in età infantile o al massimo adolescenziale e che quindi un adulto che non avesse fatto tutti i vaccini in fondo da quell'età infantile/adolescenziale non era veramente uscito.

Negli ultimi anni questa espressione si sente sempre meno e il mio sospetto è che la cosa succeda non perché la lingua cambia e con essa i modi di dire, bensì perché gli adulti (adulti sulla carta) che possano dire di essere maturi nel senso di cui sopra sono sempre meno.
Infatti si incontra sempre meno gente che abbia vera esperienza della vita (nonostante tutte le "lauree alla scuola della vita" prese su Facebook & co.) e soprattutto sempre meno gente che abbia intelligenza sufficiente per riconoscerlo.
E la copertura vaccinale cala...

Saluti,

Mauro.

venerdì 13 aprile 2018

Ma cos'è l'industria "tech"?

La notte scorsa su Twitter mi stavo chiedendo una cosa.

Perché oggi vengono considerate "tecnologiche" solo aziende che hanno a che fare con informatica e internet o al limite robotica (ma queste ultime solo se collegate all'internet delle cose)?
Meccanica, farmaceutica, strumentazione medicale, elettrotecnica, automotive, aeronautica, logistica, ecc. non hanno bisogno di tecnologia? Non sono tecnologiche?

E non ditemi che non è vero: basta vedere gli articoli che appaiono nelle pagine di tecnologia di giornali, riviste e siti o quali aziende vengono trattate nei listini tecnologici delle borse (solo per citare i due esempi più evidenti).

Credete forse che la tecnologia che c'è dietro un tomografo o una centrale elettrica sia meno complessa di quella che c'è dietro il vostro laptop o il vostro profilo Facebook?
O forse è invece il contrario?

Saluti,

Mauro.

venerdì 30 marzo 2018

Perché lui è furbo

Ieri Mattia Butta (ma non è stato l'unico in questi giorni) ha pubblicato un articolo in cui spiega che anche nella vita reale regaliamo da stupidi dati importanti sulla nostra vita, non solo in rete.

Tutto giusto, ma io andrei oltre.

Ipotizziamo, per assurdo, che solo tramite la rete si possano ricavare dati sulle persone e che la vita reale sia sicura.

Il furbo, quello che ha capito tutto, si cancella da Facebook e per sicurezza toglie l’URL dai preferiti e disinstalla l’app.
Contemporaneamente fa lo stesso con Google e comincia a usare solo altri motori di ricerca (e visto che lui “sa”, toglie Chrome e passa a un altro browser).

Però Facebook non è (più) il social network e Google non è (più) il motore di ricerca.
Entrambi sono ormai conglomerati che possiedono un sacco di altre aziende e gestiscono un sacco di altre applicazioni e siti.

Ma lui è furbo e infatti va su Internet senza più fornire dati a Facebook e Google.

Lui è furbo. Li fornisce solo ad aziende che appartengono a quei colossi costringendoli a fare la fatica di un passaggio in più prima di averli a disposizione sul proprio server centrale.
Perché lui è furbo, mica si fa fregare da Facebook o Google.
Per le cose importanti poi lui si affida a Yahoo, Twitter, LinkedIn, ecc., ecc. mica a Facebook e Google.

Perché lui è furbo. Mica come noi.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Testo pubblicato in origine (con minime variazioni) come commento all'articolo citato all'inizio.

lunedì 9 ottobre 2017

Cose da integrare nel blog

In seguito a commenti vostri sia qui che su Twitter, minuscolo elenco di cose da integrare sul blog:

1) Riferimento agli ultimi commenti (potrebbe essere utile per vedere se qualcuno ha messo commenti sui vecchi post) -> consiglio di Raoul alias lituopadania sul blog;

2) Pulsante per condividere su Twitter (ed eventualmente su FB o altrove) -> consiglio di Salvo su Twitter.

Prima che mi metta al lavoro (tanto le calende greche sono ancora lontane, ho tempo ;-) ) qualcuno ha altri consigli/richieste/desideri?

Saluti,

Mauro.

sabato 16 settembre 2017

Il balletto dei followers

Già tempo fa scrissi di comportamenti assurdi (se non idioti) dei frequentatori dei social networks.

Quanto osservai allora non è ovviamente tutto.
Ci sono anche altri comportamenti assurdi, tra cui quello che io chiamo il balletto dei followers.

In cosa consiste? Guardate il numero di coloro che vi seguono su Twitter, Facebook e compagnia cantante: questo numero andrà su e giù come fosse sull'altalena.
Perché?
Perché la gente non pensa, si comporta in maniera compulsiva e/o pavloviana.

Mi spiego meglio.
Scrivo un intervento che a te piace, interessa e subito fai follow alla Pavlov e decidi di seguirmi. Però prima non ti informi su cosa scrivo in generale, su quali temi e in quali modi. Io sono semplicemente quell'intervento e nient'altro.
Dopo un po' scrivo un intervento che non ti piace, non ti interessa e subito, da bravo pavloviano, decidi di non seguirmi più. Anche qui senza informarti (e senza ricordare l'intervento per cui avevi deciso di seguirmi). Io sono di nuovo solo quest'intervento e nient'altro (neanche l'intervento di prima).
E così il numero dei followers oscilla di giorno in giorno, se non di ora in ora, in una specie di balletto sismico (registrassi regolarmente il numero di coloro che mi seguono e lo riportassi su un grafico temporale sembrerebbe l'andamento di un sismografo).

Saluti,

Mauro.

giovedì 13 aprile 2017

La proposta di legge tedesca sulle fake news

Molti di voi avranno sentito o letto nei giorni scorsi della proposta di legge tedesca contro le fake news (e già qui c'è un problema: tale proposta di legge parla di hate speech, non di fake news).

La stampa italiana ne ha parlato oserei dire quasi con entusiasmo (ma mi chiedo quanti di quelli che ne hanno scritto si siano presi la briga di leggere le 31 pagine scritte in tedesco burocratico della proposta di legge) lodando la messa fuorilegge di fake news e simili.
Molti blogger o siti specializzati si sono invece chiesti - giustamente - come il governo tedesco intende applicarla.

Bene, io mi sono andato a cercare la proposta di legge in questione e - masochista come sono - mi sono sacrificato per voi e me la sono letta :-)

Intanto precisiamo che la stampa che ne ha parlato direi che non ha letto neanche il titolo della legge: infatti non si tratta di una legge che introduce il reato di fake news e/o hate speech. Questi reati, anche se ovviamente non formulati sotto queste definizioni inglesi, esistono già.
La proposta di legge porta questo titolo: Entwurf eines Gesetzes zur Verbesserung der Rechtsdurchsetzung in sozialen Netzwerken (tradotto in italiano: Bozza di una legge per il miglioramento dell'imposizione del diritto nelle reti sociali).
Ergo: non vengono introdotti nuovi reati. Si cercano "solo" gli strumenti per poterli perseguire adeguatamente.

Inciso: qui il testo completo della proposta se volete leggervela da soli, sul sito del Bundesministerium der Justiz und für Verbraucherschutz (Ministero Federale della Giustizia e per la Tutela del Consumatore).
Inciso chiuso.

Infatti già nell'introduzione, dove il proponente spiega perché ritiene utile proporre questa legge e quale problema con essa intende risolvere o almeno contrastare, si parla appunto del problema posto da Hasskriminalität und andere strafbare Inhalte (in italiano: Criminalità dell'odio e altri contenuti penalmente perseguibili).
E se volessimo solo rispondere alla stampa italiana basterebbe fermarci qui: infatti non si mette fuori legge niente. I temi in questione sono già fuorilegge.

Ma c'è di più.

Facciamo un passo indietro e rileggiamoci il titolo: questa legge è esplicitamente dedicata ai soziale Netzwerke (alias social networks). Infatti nell'introduzione di cui sopra vengono citati per nome Facebook, YouTube e Twitter.
Quindi, per esempio, un quotidiano costruito sull'incitamento all'odio come la Bild Zeitung non è minimamente toccato (e in Germania fa molti più danni di Facebook & co.).

E ció dimostra quanto poco la politica capisca della rete.
Se infatti si trattasse di una legge sulla prevenzione di certi contenuti potrei capire la dedica ad hoc ai social networks, visto il modo di creazione dei contenuti decisamente diverso rispetto a quello dei media classici.
Ma trattandosi di una legge per la repressione dei contenuti detti... che differenza fa che io inciti all'odio su Facebook o sulla Bild? Nessuna: una volta che la magistratura ha scoperto che il reo sono io, mi mette nella lista degli indagati e porta avanti il procedimento indipendentemente da dove io ho scritto.
E anche per i casi in cui la legge ritenga il medium (o meglio il suo editore/padrone) corresponsabile... non cambia nulla che il medium sia cartaceo, informatico o che so io.

Sì, ora voi mi direte: ma Facebook sta negli USA... come fa la magistratura tedesca a colpirlo con le leggi esistenti?
Appunto: sta negli USA. Quindi puoi fare tutte le leggi che vuoi... nuove, nuovissime, buone, buonissime, dure, durissime... Facebook rimane negli USA. Le tue nuove leggi sono impotenti quanto quelle vecchie.

Ma comunque ora la domanda è: come intende procedere il proponente? Quali sono gli strumenti presenti in questa proposta di legge?

Inciso: vi risparmio la parte in cui si parla dei costi dell'attuazione e di come coprirli: questa parte, se vi interessa, ve la leggete e ve la traducete da soli.
Inciso chiuso.

Finita l'introduzione di cui ho parlato sopra (e che servirà al dibattito parlamentare, ma non farà parte del testo della legge nel caso questa venga approvata), comincia il testo di legge vero e proprio.

Il primo articolo della legge riguarda doveri e pene.

Questo precisa nel primo comma che la legge vale per i fornitori di servizio a scopo di lucro.
Cioè, fatemi capire, se Tizio diffama Caio su Facebook allora la cosa va perseguita, mentre se lo fa in un commento al mio blog no, visto che il mio blog non ha scopo di lucro?
Va beh, andiamo avanti.

Nel secondo comma viene citato il primo atto concreto che la proposta di legge prevede per i social networks: il dovere di rapporto. Essi devono trimestralmente scrivere un rapporto sui reclami ricevuti a proposito di hate speech e altri contenuti penalmente rilevanti, da pubblicarsi sia sulla propria homepage che sul corrispettivo tedesco della Gazzetta Ufficiale.
E la proposta di legge dettaglia burocraticamente cosa deve contenere detto rapporto, tra cui quantità e tipo di reclami, se si sono consultati esperti esterni per decidere, tempo passato tra arrivo del reclamo e intervento concreto, metodo di comunicazione al reclamante, ecc.

Nel terzo comma si descrive come si deve comportare il fornitore del servizio una volta ricevuto il reclamo: tempi di reazione e di cancellazione (dove tra l'altro si distingue tra illegale e palesemente illegale: come decidere se un reato è palese o meno però non viene detto).

Il quarto comma cita le pene a carico dei fornitori di servizio in caso di non adempimento di quanto negli articoli precedenti: fino a mezzo milione di euro per non adempimento colposo/preterintenzionale, fino a cinque milioni di euro per non adempimento volontario.

Quinto e sesto comma sono puramente tecnici (istituzione pubblica responsabile e tempi di attuazione). Non ci interessano.

Il secondo articolo prevede una modifica all'attuale legge tedesca sui media: la legge attuale parla per televisione, radio e internet di padrone (inteso nel senso finanziario del termine... quindi per il mio blog, volendo cavillare, non sarei io, bensì Blogger, alias Google), con la modifica proposta si parlerebbe di padrone o di chi ne ha la totale gestione di diritto (e quindi per il mio blog qui entrerei in gioco anch'io).

Il terzo articolo definisce i tempi dell'entrata in vigore della legge (cioè nel momento stesso dell'approvazione finale da parte del Parlamento).

E... e tutto qui.

Le restanti pagine del testo il cui link ho pubblicato sopra (da pagina 10 a pagina 31) sono allegati, spiegazioni, questioni tecniche dedicate alla discussione parlamentare ma che (per quanto effettivamente molto interessanti e utili a livello informativo) non contano nulla, in quanto non faranno parte del testo della legge e quindi - pur dicendo qualcosa di più degli articoli esposti - non avranno nessun effetto sull'applicazione e sul successo della legge stessa.

Quindi riassumendo: una legge assolutamente generica, non concreta (obbligo di rapporto a parte), il cui unico scopo è di colpevolizzare esplicitamente i social networks e prevedere pene molto più sostanziose di quelle attuali (e che probabilmente lo Stato comunque non riuscirà a incassare).

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Ringrazio Mattia Butta per avermi invitato a scrivere questo articolo, dopo che avevamo discusso dell'argomento nei commenti a un articolo sul suo blog.

mercoledì 25 gennaio 2017

Ti seguo, non ti seguo

Io (come molti di voi) sono sui cosiddetti social network.
Non su tutti, ma su alcuni, anche importanti, sì.

E una cosa continua a non entrarmi in testa: la pretesa di reciprocità.

Mi spiego meglio.

Io decido di seguirti perché mi interessa ciò che scrivi. Perciò tu ti senti obbligato a seguirmi a tua volta, magari senza che ti interessi ciò che scrivo io. E mi segui senza - logicamente - leggermi. È assurdo. Anzi idiota.

Tu decidi di seguirmi perché ti interessa ciò che scrivo. Però poi ti offendi se io a mia volta non ti seguo (ma se tu scrivessi cose più interessanti magari ti seguirei) e talvolta perciò ti cancelli dal mio seguito. Altrettanto assurdo. Altrettanto idiota.

Forse sarebbe il caso di anteporre l'intelletto all'ego.
Sempre che si possieda un intelletto.

Saluti,

Mauro.

giovedì 15 dicembre 2016

La lotta contro le bufale di FB

E così Facebook vuole lottare contro le notizie false (alias fake news) e le bufale.
E per far ciò vuole addirittura collaborare con sbufalatori professionisti (e seri e preparati, oltretutto) come Snopes e simili.

Visto ciò che tiene in piedi Facebook, i casi sono due:

1) Facebook si vuole suicidare;
2) Facebook vuol fare perdere credibilità a Snopes & co.

Tertium non datur.

Saluti,

Mauro.

lunedì 23 novembre 2015

Cose che non voglio sentire sui fatti di Parigi

I fatti di Parigi di dieci giorni fa sono stati drammatici e tragici, su questo non ci piove.

Ma ci sono cose che al proposito non voglio e non posso sentire, cose che non potete dirmi, in quanto inaccettabili per chiunque abbia almeno un paio di neuroni funzionanti.


1) Non ditemi che la religione non c'entra. Senza la religione i capoccia non avrebbero mai trovato i manovali per portare a termine gli attentati. Quindi la religione c'entra, eccome se c'entra.

2) Non ditemi che noi occidentali ce la siamo cercata con il nostro comportamento in Medio Oriente: lo so che i nostri governi non sono santi, ma ciò non giustifica sparare a chi si gode un concerto o una cena al ristorante, al massimo giustificherebbe attentati a installazioni militari o a centri amministrativi/governativi.

3) Non ditemi che altrove muoiono più persone: i morti contano, non si contano. Chi conta il numero di morti è in malafede. I morti contano in quanto vittime, non per il loro numero.

4) Non ditemi che i morti di Parigi valgono per noi europei più di quelli di Beirut. Ogni morto ha lo stesso valore, ma è normale che ciò che geograficamente e culturalmente ci è più vicino, più ci colpisce. Se io fossi giordano mi colpirebbe di più l'attentato a Beirut. Essendo italiano mi colpisce di più quello a Parigi.

5) Non parlatemi dell'attentato in Kenya: è avvenuto ad aprile e se ne è parlato in abbondanza. Non è un attentato contemporaneo a quelli di Parigi e non è passato sotto silenzio come si vuol far credere.

6) Non ditemi che Parigi cambierà la nostra vita. Non la cambiò neanche il famoso 11 settembre...sono solo balle, l'unica cosa cambiata sono stati i controlli agli aeroporti (e anche questi più che altro di facciata, come dimostrai qui). La nostra vita la cambia (forse) la crisi economica, non gli attentati.

7) Non ditemi che si tratta di un complotto o di un inside job... se ci credete ciò parla contro la vostra intelligenza, non contro i fatti a cui non credete.

8) Non ditemi che colorare con i colori francesi le vostre immagini di profilo su Facebook o altrove sia un segno di solidarietà (o di egocentrismo come qualcuno ha sostenuto). No, è solo conformismo, come - in una situazione completamente diversa - descrissi qui.

Saluti,

Mauro.

martedì 29 settembre 2015

La Volkswagen è sempre quella di una volta - La discussione, prima parte

Per prima cosa: scusate il ritardo :-)

Il mio articolo di giovedì scorso sul casino Volkswagen ha scatenato un piccolo putiferio sia qui sul blog che su facebook.

Prima di entrare nel dettaglio dei commenti con spiegazioni e precisazioni sulla situazione tedesca (e della VW in particolare) mi preme chiarire quello che credo sia stato un fraintendimento comune sia a chi mi ha sostenuto che a chi mi ha contestato.

Io ho sostenuto il punto che la Germania non sia migliore dell'Italia. E questo punto continuo a sostenere (e lo sostengo basandomi su fatti concreti, non su opinioni).
Quello però che temo sia stato capito è che l'Italia sia migliore della Germania.
No, io non ho mai sostenuto questo né lo sosterrò mai, perché significherebbe sostenere il falso.

È oltretutto semplice italiano: dire la Germania non è migliore dell'Italia non è uguale a dire l'Italia è migliore della Germania.
Certo, c'è sempre chi in malafede (o per ignoranza) cerca di rigirare quello che dici e cambiarti le parole in bocca (giornalisti, pseudoscienziati e complottisti lo fanno quotidianamente con temi e persone ben più importanti del mio blog e di me stesso), ma le due frasi dicono cose ben diverse tra loro.

L'Italia, che ci piaccia o no, è un paese medio, nel bene e nel male.
Ci sono paesi (pochi) chiaramente migliori e paesi (sempre pochi ma un po' meno pochi) chiaramente peggiori.
La maggioranza dei paesi però è migliore o peggiore per quanto riguarda singole questioni ma più o meno sullo stesso livello se - come si dovrebbe fare quando si giudica un paese - li valutiamo nel globale.
E con globale intendo veramente tutto quello che riguarda un paese, non solo quello che tocca personalmente me, personalmente Tizio o personalmente Caio.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 31 dicembre 2014

Facebook... ma vaffanculo!

A circolare su Facebook in questi giorni si vedono un sacco di album dedicati all'anno "meraviglioso" appena trascorso.
E questi album Facebook li ha preparati per ogni utente (no, il mio non lo ho aperto e attivato e non lo farò... spero che così facendo non sia visibile a nessuno... se per caso fosse comunque visibile, sappiate che - qualunque cosa ci sia sopra - non è da me approvata e molto probabilmente non ha nessun legame con la realtà).

Torniamo comunque all'anno meraviglioso...

Ecco il mio:

- È mancato mio papà;
- È mancata mia zia;
- È mancata la mamma di un'amico che non è un amico, bensì un fratello;
- Hanno dovuto operare a un polmone mio zio;
- La mia azienda (o meglio il settore dell'azienda in cui lavoro) è entrata in una crisi epocale;
- Un mio progetto (a cui i clienti credevano) è stato sabotato dal management perché metteva in ombra progetti "politicamente" più importanti (anche se non amati dai clienti);
- La mia auto è stata semidistrutta a Parigi (no, nessun incidente, bensì vandalismo e aggressioni);
- Ho litigato (a causa dello stress) con persone a cui tengo.

E tu, Facebook del cazzo, mi vieni a dire che è stato un anno meraviglioso?

Ma vaffanculo, va'!

Saluti,

Mauro.