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venerdì 14 luglio 2023

Il fraintendimento sulla digitalizzazione

La digitalizzazione viene oggi vista come la panacea sia per il mondo produttivo che per la burocrazia.

Ora, che la digitalizzazione (o meglio informatizzazione) possa portare un sacco di vantaggi se usata bene è palese, né io né nessun altro può negarlo. Sarebbe, nella migliore delle ipotesi, da idioti negarlo.

Ma appunto: "se usata bene"!

E questo "se usata bene" è quello che viene spesso dimenticato. La digitalizzazione è un totem. È positiva a priori e a prescindere. Non va né discussa né valutata.

Ma io invece discuto e valuto.
E lavorando nella tecnologia e in un ambiente altamente digitalizzato lo faccio sapendo di cosa parlo.
Soprattutto due cose riguardo la digitalizzazione mi fanno capire quanto poco si sappia, si capisca della stessa.

Due fraintendimenti.

1) Digitalizzazione = efficienza
2) Digitalizzazione = ecologia

Ecco, molta gente associa la digitalizzazione a processi più efficienti e più puliti.
Ma non è così a priori e a prescindere!
La digitalizzazione può veramente portare a un incremento dell'efficienza e a processi più ecologici... ma dipende da come la si usa.

Efficienza.
Esempio: io produco un rapporto e il mio capo deve approvarlo prima che venga reso disponibile a tutta l'azienda.
Nei tempi passati il capo si trovava una cartella sulla scrivania e non poteva non vederla. Se non firmava l'approvazione (a torto o ragione che fosse) era perché non voleva. Lui il rapporto non poteva non vederlo.
Oggi viene prodotto un work-flow digitale e il mio capo viene automaticamente avvertito via mail o in altro modo digitale. Il mio capo riceve però centinaia di notifiche via mail e nella marea la notifica del mio rapporto gli sfugge. Non firma. Ma non firma perché non vede. Non ha visto il rapporto.
Ci sono modi per migliorare questa situazione, ma una soluzione definitiva non c'è ancora.
E vale in tante situazioni diverse, il mio è solo un esempio che ho vissuto spesso personalmente.
La digitalizzazione produce efficienza se facciamo programmazione (no, non parlo di scrivere software, parlo di organizzare processi) prima di introdurla e gli utilizzatori (i dipendenti dell'azienda o dell'ente in primis, ovviamente) sono pronti quando viene introdotta.
Se la introduci facendola cadere dall'alto, senza preparare prima chi la deve utilizzare, non produci efficienza. Anzi, fai l'opposto.

Ecologia.
Qui è ancora più facile chiarire il fraintendimento. Vi presento due esempi.
Esempio 1: la digitalizzazione doveva portare alla "morte" della carta.
Invece ha portato all'esplosione della carta. Stampare è diventato molto più facile e veloce. E molta gente ha ancora la mentalità secondo cui un documento è "vero" solo se cartaceo e una firma è "vera" solo se fatta a mano con una penna.
Ecco qui vediamo che la digitalizzazione (ma vale per la tecnologia in generale) in sé porta sì vantaggi... ma che li porta solo se viene accompagnata da un'evoluzione della mentalità, dal capire quel che si fa e perché. E questo dipende da noi umani, da noi persone.
Esempio 2: un mondo digitale ha meno emissioni, produce meno inquinamento.
Beata ingenuità.
I computer, i robot, i server, le reti e tutto quello che serve per la digitalizzazione del lavoro, dei processi... devi produrli, devi costruirli. Ti servono fabbriche "classiche", con linee di montaggio. Con meno operai umani di un tempo, vero, ma sempre fabbriche rimangono. E ti servono miniere per avere i materiali per costruire quanto sopra.
Ecco, se la digitalizzazione è verde, lo si può valutare solo a monte, quando la produci, non a valle, quando la utilizzi.

Saluti,

Mauro.

martedì 1 giugno 2021

Divulgazione in rete

Oggi vorrei consigliarvi qualche risorsa divulgativa di scienza e tecnologia (e anche di storia delle stesse) in italiano in rete. Risorse rigorose, ma alla portata di tutti.
Questo articolo verrà costantemente aggiornato.

Scienza per tutti.

Partiamo? Partiamo!

Per prima cosa qualche canale YouTube veramente interessante.

1) Amedeo Balbi: KepleroTV (fisica e dintorni).
2) Andrea Moccia: GeoPop (geologia e dintorni).
3) Dario Bressanini: Il chimico di quartiere (chimica e dintorni).
4) Matteo: Caffè Bohr (fisica e dintorni).
5) Elia Bombardelli: Less Than 3 Math (matematica e dintorni).
6) Giacomo Moro Mauretto: Entropy for Life (biologia e dintorni).
7) Adrian Fartade: Link4Universe (astronautica, astronomia e non solo).
8) Telmo Pievani: Evoluzione (evoluzione e dintorni) - purtroppo al 21.10.2022 risulta non più esistente.
9) Gabriele Battistoni: Random Physics (fisica e dintorni).
10) Simone Baroni: Pepite di scienza (fisica e dintorni) - aggiunto 29.01.2022.
11) Willy Guasti: ZooSparkle (zoologia e dintorni) - aggiunto 16.02.2022.
12) Lorenzo Magnea (coordinatore): Science for democracy (scienza, politica e società) - aggiunto 10.03.2022.
13) Massimiliano Sassoli de Bianchi (fisica teorica e... altro, l'altro però non è particolarmente interessante) - aggiunto 14.06.2022.
14) Alan Zamboni e Ass. Atelier: Curiuss (arte e scienza) - aggiunto 06.07.2022.
15) Andrea Boscherini (zoologia e natura in generale) - aggiunto 11.08.2022.
16) Luca Nardi (astronomia e dintorni) - aggiunto 30.08.2022.
17) Luca Romano: L'avvocato dell'atomo (energia, in particolare nucleare) - aggiunto 01.09.2022.
18) Lorenzo Rossi: Criptozoo (criptozoologia... ma anche zoologia) - aggiunto 03.09.2022.
19) Gabriella Greison: Greison Anatomy (fisica e dintorni, in particolare al femminile) - aggiunto 21.10.2022.
20) Barbascura X (scienze naturalistiche e varia) - aggiunto 21.10.2022.
21) Alberto Saracco (matematica e dintorni) - aggiunto 14.11.2022.
22) Roberto Natalini, Barbara Nelli, Nicola Parolini e Giuseppe Stecca (coordinatori): MaddMaths! (matematica e dintorni) - aggiunto 14.11.2022.
23) Salvo Romeo (matematica) - aggiunto 24.03.2023.
24) Telmo Pievani (coordinatore): Pikaia (evoluzione e dintorni) - aggiunto 24.03.2023.
25) Gaetano Di Caprio: Invito alla Matematica (matematica) - aggiunto 26.05.2023.
26) Marco Coletti: La Fisica che non ti aspetti (fisica) - aggiunto 18.08.2023.
27) Diana Letizia (direttrice) e Margherita Paiano: Kodami (fauna, etologia) - aggiunto 01.05.2024.
28) Riccardo Giannitrapani: Guerriglia Matematica (matematica e dintorni... e un po' di fisica) - aggiunto 25.05.2024.
29) Gianluigi Filippelli: DropSea (fisica e dintorni) - aggiunto 29.05.2024.
30) Andrea Idini (coordinatore): Meet Science (scienza in genere) - aggiunto 29.05.2024.
31) Alessandro: Chimicazza (chimica e dintorni) - aggiunto 11.07.2024.
32) Matematica tranquilla (matematica e storia della stessa) - aggiunto 28.07.2024.
33) Alessandro Mustazzolu: Microbiologo digitale (microbiologia, biologia e dintorni) - aggiunto 09.09.2024.
34) Sergio Pistoi: RockScience (biologia e dintorni) - aggiunto 17.10.2024.
35) Francesco Cacciante: A Caccia di Scienza (biologia, neuroscienze e altro) - aggiunto 20.10.2024.
36) Luca Perri (astronomia, astrofisica) - aggiunto 02.07.2025.
37) Virginia Benzi: Quantum Girl (fisica, storia della fisica) - aggiunto 03.07.2025.

Passiamo ora a un po' di blog o portali utili e interessanti.

1) Marco Delmastro: Borborigmi di un fisico renitente (fisica e dintorni).
2) Stefano Caserini (coordinatore): Climalteranti (cambiamento climatico).
3) Anna Meldolesi: Lost in Galapagos (biologia e dintorni).
4) Salvo Di Grazia: MedBunker (medicina e dintorni).
5) Pierluigi Totaro (coordinatore): Nucleare e Ragione (energia).
6) Sylvie Coyaud: Ocasapiens (di tutto un po').
7) SISSA MediaLab: Oggiscienza (di tutto un po').
8) Luigi Pizzimenti: Luigi Pizzimenti (esplorazione spaziale).
9) Marco Fulvio Barozzi: Popinga (scienza e letteratura).
10) Aldo Piombino: scienzeedintorni (geologia e dintorni).
11) Agostino Macrì: Sicurezza Alimentare (alimentazione).
12) Pellegrino Conte: Pellegrino Conte (chimica, agronomia e dintorni).
13) Antonio Pascale: Antonio Pascale (ambiente e agricoltura).
14) Stefano Marcellini: Helter Skelter (fisica e dintorni).
15) Gabriella Greison: Greison Anatomy (fisica, donne nella scienza e altro) - aggiunto 13.07.2021.
16) Roberto Burioni (coordinatore): Medical Facts (medicina e dintorni) - aggiunto 29.01.2022.
17) Telmo Pievani (coordinatore): Pikaia (evoluzione e dintorni) - aggiunto 12.03.2022.
18) Roberto Natalini, Barbara Nelli, Nicola Parolini e Giuseppe Stecca (coordinatori): Maddmaths (matematica e dintorni) - aggiunto 24.07.2022.
19) Gianluigi Filippelli: Al caffé del Cappellaio Matto (scienza e... fumetti) - aggiunto 21.10.2022.
20) Gianluigi Filippelli: DropSea (fisica e dintorni) - aggiunto 29.05.2024.
21) Luca Romano (coordinatore): L'avvocato dell'Atomo (energia, in particolare nucleare) - aggiunto 18.06.2024.
22) Alessandro Mustazzolu: Microbias (microbiologia, biologia e dintorni) - aggiunto 09.09.2024.
23) Giuliano Grignaschi (portavoce): Research4life (scienze biomediche e altro) - aggiunto 07.11.2024.
24) Moreno Colaiacovo: my GenomiX (biologia, genetica e dintorni) - aggiunto 09.12.2024.
25) Telmo Pievani (direttore): Lucy sui Mondi (scienza varia) - aggiunto 05.07.2025.
26) FNOMCeO: Dottore, ma è vero che...? (medicina, salute e affini) - aggiunto 17.07.2025.
27) Luca: Matematica ecc. (matematica e dintorni) - aggiunto 06.08.2025.

E chiudiamo con i podcast:

1) Simone Angioni (coordinatore): Scientificast (di tutto un po').
2) Massimo Temporelli: Fucking Genius (fisica e personaggi della scienza) - aggiunto 04.03.2022.
3) MaddMaths: Fantamatematica (storie di matematica e di matematici) - aggiunto 14.11.2022.
4) Telmo Pievani (direttore): Lucy sui Mondi (scienza varia) - aggiunto 05.07.2025.

Saluti,

Mauro.

venerdì 1 gennaio 2021

Una storia di industria e tecnologia

Oggi vi voglio raccontare una storia. Una storia che avevo già raccontato qui su Twitter, ma voglio riproporla come testo unico, rielaborandola e ampliandola un po'.
È una storia di industria e tecnologia.
Una storia di quando lavoravo alla Siemens e venni chiamato a risolvere alcuni problemi di un sistema per il trattamento delle acque reflue, sviluppato e prodotto dalla filiale danese della Siemens.
Comunque questo è secondario: ciò che è importante e interessante in questa storia è il concetto di base e la gestione dei processi.

Detta filiale aveva sviluppato un prodotto veramente eccezionale, tecnologicamente all'avanguardia.
Ma non vendeva.
Era troppo caro. E offriva "troppo" (poi capirete cosa intendo).
Il problema grosso era che non vendeva neanche dove la concorrenza era debole, prezzo o non prezzo.
La centrale tedesca (dove ero impiegato) mi chiese di aiutare, di cercare prima di capire e poi di risolvere il problema.

E così mi misi al lavoro.
Per prima cosa, ovviamente, incontrai il team di sviluppo per farmi spiegare il prodotto, sia come tecnica che come marketing.
E capii che ne sapevano più di me.
Il problema era che ne sapevano più di me (anzi molto più di me) nei loro rispettivi specifici ambiti.
Erano, come si dice in tedesco, Fachidioten. Cioè esperti, magari grandissimi esperti, nella loro individuale specializzazione, ma limitati da paraocchi per quanto riguarda ogni aspetto che da questa specializzazione esuli.
Grandi ingegneri.
Grandi designer.
Grandi commerciali.
Ma nessuno che avesse una visione complessiva, d'insieme. Nessuno che sapesse valutare il globale da diversi punti di vista.

E così cos'era successo?
Che ognuno aveva fatto la sua parte a livello eccezionale, ma... ne era venuto fuori un prodotto troppo costoso, troppo complicato e - come si dice in gergo - overengineered. Cioè con molte funzioni oltre a quelle di base. Funzioni che al cliente medio non servivano o che non si poteva permettere.

Io come ingegnere non valevo loro.
Io come designer non valevo loro.
Io come commerciale non valevo loro.
Ma risolsi il problema e il prodotto cominciò a vendere.
Come ci riuscii?
Semplicemente perché non ero al loro livello nelle singole specializzazioni, però capivo sia di ingegneria che di design (nota bene: il design non è solo questione estetica, riguarda anche l'ergonomia e l'usabilità) che di costi.
E potevo quindi guardare e capire il prodotto nel globale, guardandolo da più punti di vista.
Non ero il migliore in nulla, ma ero l'unico che capiva qualcosa di tutto.

Presi in mano i processi che avevano portato al prodotto finale e guardai dove si erano usati materiali o componenti troppo costosi o inutili, guardai quali funzioni erano di troppo (e mi accorsi che anche il marketing si era focalizzato su queste, solo perché la concorrenza non le aveva o le aveva al massimo come optional, invece di focalizzarsi sulla qualità e l'eccellenza delle funzioni necessarie).
Potei vedere quali processi "inceppavano" sviluppo, produzione e commercializzazione. E sfruttando le specifiche esperienze dei colleghi, disinceppare il tutto.
E non toccai il cuore del prodotto, quello che lo faceva veramente ottimo.

Si ridussero così i costi e si eliminò il superfluo, rendendo il tutto non più overengineered.
E il prodotto vendette. Non fu più un flop (tecnologicamente non lo era mai stato, anzi, ma come mercato sì).

Cosa vi ho voluto raccontare con questa storia?

Un team, se composto solo di specialisti, è destinato a fallire (o a far fallire il prodotto). Anche quando riesce a non bloccarsi e a mettere in piedi un prodotto notevole.
Serve sempre nel team qualcuno che magari non sia il migliore in niente, ma abbia le competenze per capire tutto.

Ogni team ha bisogno di un generalista che possa portare una visione d'insieme andando oltre la visione, magari perfetta ma limitata, dello specialista.

Saluti,

Mauro.

domenica 23 giugno 2019

Gli extraterrestri ci sono, gli UFO no

Se qualcuno mi chiede se credo agli UFO, rispondo di no.
Se qualcuno mi chiede se credo agli extraterrestri, rispondo di sì.
E vi garantisco che non c'è nessuna contraddizione, nonostante l'apparenza. Seguitemi e capirete.

Il problema è che si considerano sinonimi cose che non lo sono, anzi neanche sono veramente collegate tra loro (a parte l'aver a che fare con lo spazio, con ciò che sta fuori dalla Terra).

Cos'è un UFO? La sigla significa Unidentified Flying Object, cioè Oggetto Volante non Identificato (e già il nome stesso spiega molti "avvistamenti"... aerei spia, prototipi militari, ecc. per i primi che li vedono sono chiaramente oggetti non identificati).
Il che già ci dice in che ambito ci muoviamo: la tecnologia.
E la tecnologia deve sottostare alle leggi della fisica. Anche nello spazio profondo. Quindi è estremamente improbabile (non assolutamente impossibile, però) che una civiltà aliena abbia una tecnologia tale da permettere a loro veicoli spaziali di arrivare fin da noi.
E va anche detto che arrivare qui e non prendere contatto è assurdo. Pensiamo alle esplorazioni terrestri dei secoli passati: pacifiche o violente che fossero, il contatto con altre civiltà è sempre stato cercato. Perché per gli alieni dovrebbe essere diverso?
Mettendo insieme tutto ciò... no, non credo agli UFO. Proprio per niente.

Passiamo ora agli extraterrestri.
Cosa si intende con extraterrestre nel linguaggio comune? Un essere vivente di origine non terrestre. Non si parla proprio di tecnologia.
Ci stiamo muovendo in un altro ambito: la biologia.
La biologia terrestre è basata sul carbonio e usa come solvente l'acqua. Sia che ipotizziamo la stessa base biochimica per le forme di vita extraterrestri, sia che pensiamo ad altre possibilità (tipo una biologia basata sul silicio o sul fosforo o altri solventi come per esempio ammoniaca o metanolo) è possibilissimo, anzi molto probabile, che i meccanismi per creare vita si siano messi in moto anche altrove nell'universo.
Non siamo in grado di dire che tipo di forme di vita siano, avanzate (nel senso che diamo noi terrestri al termine) o primitive, esteticamente simili a forme terrestri o completamente diverse, ecc., ecc. Ma che ci siano è molto, molto probabile.
Mettendo insieme tutto ciò... sì, credo a esseri viventi extraterrestri. Eccome.

Saluti,

Mauro.

lunedì 9 luglio 2018

Cos'è un brevetto?

Qualche giorno fa vi ho spiegato in un articolo alcune cose sui brevetti, per la precisione ho cercato di sfatare alcune credenze errate sugli stessi.
Però qualcuno interessato al tema ma senza conoscenze specifiche potrebbe essersi sentito un po' lasciato in mezzo al guado, visto che ho chiarito alcune cose sui brevetti ma non ho chiarito le fondamenta su cui si basa il concetto di brevetto.
Cercherò di farlo qui rispondendo a tre domande di base (sperando di usare un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori).

Cos'è un brevetto?

Un brevetto è una forma di protezione legale nell'ambito della proprietà intellettuale.
Tale protezione garantisce a chi ha inventato qualcosa il controllo sull'utilizzo e la realizzazione della sua idea (cioè lui decide se produrla in proprio e se concedere licenze ad altri) e un guadagno nel caso questa idea venga commercializzata e abbia successo commerciale (guadagno diretto tramite le vendite per quanto prodotto in proprio o guadagno indiretto tramite licenze).
Essenziale è che l'idea porti a un prodotto materiale (per idee prettamente intellettuali che non portino alla possibilità di costruire qualcosa di materiale esistono altre forme di protezione).

Come detto nell'articolo del 28 giugno, la protezione data da un brevetto non è eterna: dura al massimo vent'anni, dopodiché chiunque può utilizzare le idee contenute nel brevetto stesso.
"Al massimo vent'anni" perché per poter godere della protezione va pagata una tariffa annua, ma si può decidere di smettere di pagare in ogni momento, non si è obbligati a farlo per vent'anni. Alla scadenza dell'anno in cui si smette di pagare si perde il diritto alla protezione.

Cosa può essere brevettato?

Intanto, come detto al punto precedente, l'idea deve poter portare a un prodotto materiale. Non deve essere astratta.
Sostanzialmente un'idea, un prodotto per poter aver diritto al brevetto deve rispondere a tre caratteristiche.

1) Novità: l'idea deve essere nuova (cioè non deve esistere già un prodotto o progetto basato su di essa) e innovativa (cioè non deve essere semplicemente nuova ma anche non essere conseguenza logica, palese di qualcosa di già esistente... insomma deve costituire un "salto" rispetto allo stato della tecnica).

2) Funzionalità: deve essere dimostrato (tramite calcoli, simulazioni o preferibilmente prototipi) che l'idea porti a un prodotto funzionante. Non basta che si creda possa funzionare, deve essere dimostrato che funzioni, almeno a livello teorico.

3) Utilità: il prodotto costruito sulla base dell'idea deve essere utile (qualcuno direbbe - venalmente - commerciabile), cioè deve rispondere a un problema o a un'esigenza reale. Non deve essere un prodotto di nessuna utilità, che serva solo a dimostrare di poter essere costruito.

Perché hanno senso i brevetti?

Molti di voi avranno sentito di tanto in tanto voci o campagne contro la proprietà intellettuale, per la libertà totale della conoscenza, come dicono gli oppositori di brevetti & co.
Qui voglio limitarmi al discorso sui brevetti, senza esprimermi in alcun modo sulle altre forme di proprietà intellettuale.

Quindi: perché ha senso che ci sia questa protezione data dai brevetti?
La risposta è molto semplice: senza protezione non è conveniente fare innovazione.
Al livello tecnologico attuale l'inventore isolato che inventa qualcosa a casa è l'eccezione e anche nei casi in cui ci sia, molto difficilmente avrà la possibilità di costruire e testare in proprio la sua idea (e non solo per ragioni finanziarie).
Quindi ha bisogno di un'azienda o di finanziatori dietro le spalle, ma questi vogliono prima o poi anche un riscontro economico, non sono società di beneficenza. Senza l'esclusiva concessa dai brevetti questo riscontro economico (che senza brevetto è dovuto semplicemente alle nude vendite, per di più in presenza di concorrenti che possono copiare l'idea senza avere avuto le spese per svilupparla) generalmente non basterebbe a rendere l'innovazione conveniente.
Senza brevetti le aziende avrebbero convenienza solo a fare evoluzione di prodotti già esistenti e gli inventori indipendenti non avrebbero i mezzi per portare avanti le proprie idee.

A questo punto uno però potrebbe chiedere: e allora perché si limita il diritto a questa protezione a soli vent'anni?
Semplice: perché una protezione eterna o quasi porterebbe al monopolio e bloccherebbe l'innovazione dall'altro lato.
Una volta che un'idea viene prodotta, è valida e ha successo, allora conquista il mercato. Se quindi quell'idea è protetta per sempre quel mercato è bloccato, nessun altro ci può entrare a meno che non glielo conceda il monopolista, nessuno può migliorare quell'idea (perché una semplice miglioria non è brevettabile e quindi la sua produzione è bloccata dal brevetto precedente).
Quindi nessuno avrebbe convenienza a fare ulteriore innovazione: il monopolista non ne avrebbe bisogno e la possibile concorrenza (sempre che sia sopravvissuta) avrebbe troppi ostacoli da superare.

Saluti,

Mauro.

giovedì 28 giugno 2018

Quegli sconosciuti dei brevetti

Un dialogo con un collega l'altro giorno mi ha fatto capire come poco sia conosciuto e compreso il tema della proprietà intellettuale anche da chi nell'industria, nella tecnologia ci lavora.
Il dialogo verteva su una possibile idea brevettabile e sul come - a detta del collega - il proprietario di quel brevetto ci guadagni per sempre o quasi.

Dato che io nel campo della proprietà intellettuale ci ho lavorato posso raccontare qualcosa e, forse, contribuire a cancellare qualche leggenda metropolitana al proposito.

Intanto va fatta una premessa.
Quando si parla di proprietà intellettuale si pensa quasi sempre solo a brevetti e diritti d'autore.
In realtà la proprietà intellettuale comprende molte altre cose, tra cui per esempio i marchi registrati e i modelli di utilità.

Ma torniamo al punto.

Chi ottiene il brevetto per qualcosa (prima leggenda da sfatare: sì, "chi ottiene il brevetto" e non "chi brevetta", perché tu inventi, non brevetti, e poi chiedi il brevetto all'ufficio competente che esamina la richiesta e te lo concede o meno) non guadagna a vita su quel brevetto.
Non guadagna a vita su quel brevetto semplicemente perché un qualsiasi prodotto può essere coperto da brevetto per al massimo venti (20) anni, sempre che il proprietario del brevetto paghi annualmente la corrispondente tariffa all'ufficio brevetti (se no, la copertura brevettuale finisce nel momento in cui smette di pagare*).
Quindi, seconda leggenda da sfatare, sul brevetto in sé - cioè vendendo il prodotto brevettato in esclusiva o concedendo ad altri licenza di produrlo - ci si guadagna al massimo per vent'anni. Dopo quel termine puoi continuare a produrre e vendere quel determinato prodotto (e guadagnarci sulla vendita), ma il brevetto non ti porta più niente: chiunque può a quel punto produrre e vendere lo stesso prodotto senza pagarti nulla.

E a questo punto generalmente la gente mi salta su dicendo: "E allora l'Aspirina? La Bayer la produce da oltre 100 anni e nessun altro può produrla!" (terza leggenda da sfatare).
No, signori miei: tutti oggi possono produrre l'Aspirina (e possono farlo da più di ottant'anni). Il fatto è che nessuno (Bayer esclusa) può chiamarla Aspirina.
Il discorso è semplice: Aspirina è il nome commerciale dato dalla Bayer all'acido acetilsalicilico (più precisamente acido 2-(acetilossi)benzoico), nome che la Bayer ha registrato e quindi che nessun altro può usare.
Infatti in giro trovate vari prodotti alternativi all'Aspirina, tutti a base di acido acetilsalicilico, ma nessuno che si chiami Aspirina. E la Bayer guadagna sulle nude vendite dell'Aspirina, non più però grazie al brevetto.
E allora la storia dei vent'anni? La storia dei vent'anni vale per i brevetti, non per i marchi registrati. Questi ultimi puoi riservarteli per l'eternità, basta che paghi.

Sulla proprietà intellettuale ci sono tanti altri malintesi da chiarire e fatti interessanti da scoprire (e magari ne riparlerò), ma quanto sopra è ciò che per la nostra vita quotidiana è più interessante. E al tempo stesso forse la questione più malintesa/fraintesa (talvolta anche in malafede da parte di chi vorrebbe eliminare la proprietà intellettuale tout court).

Saluti,

Mauro.

* Ci sono addirittura casi in cui si fa richiesta di brevetto ma poi non si paga o si smette di pagare dopo solo un anno perché a quel modo si impedisce ad altri di presentare a propria volta richiesta di brevetto, non perché si sia interessati ad avere quel brevetto per sé.

venerdì 13 aprile 2018

Ma cos'è l'industria "tech"?

La notte scorsa su Twitter mi stavo chiedendo una cosa.

Perché oggi vengono considerate "tecnologiche" solo aziende che hanno a che fare con informatica e internet o al limite robotica (ma queste ultime solo se collegate all'internet delle cose)?
Meccanica, farmaceutica, strumentazione medicale, elettrotecnica, automotive, aeronautica, logistica, ecc. non hanno bisogno di tecnologia? Non sono tecnologiche?

E non ditemi che non è vero: basta vedere gli articoli che appaiono nelle pagine di tecnologia di giornali, riviste e siti o quali aziende vengono trattate nei listini tecnologici delle borse (solo per citare i due esempi più evidenti).

Credete forse che la tecnologia che c'è dietro un tomografo o una centrale elettrica sia meno complessa di quella che c'è dietro il vostro laptop o il vostro profilo Facebook?
O forse è invece il contrario?

Saluti,

Mauro.

martedì 20 marzo 2018

Considerazioni ciniche sull'auto a guida autonoma

Avrete tutti letto del primo incidente automobilistico mortale coinvolgente un auto a guida autonoma (per chi in questi giorni fosse stato sulla Luna qui il primo articolo che spunta sul sito del Corriere della Sera, ma basta andare su qualsiasi sito di qualsiasi giornale italiano o straniero per trovarne).

Uber, la società che stava conducendo il test in questione, ha subito sospeso tutte le attività su strada riguardanti la guida autonoma e probabilmente ci saranno frenate, se non blocchi, anche da parte di altre società che fanno ricerca e test nel settore.

A leggere molti commentatori questo incidente pone seri dubbi sulla sicurezza e di conseguenza sul futuro delle auto a guida autonoma.

Certo, questo incidente è una tragedia (soprattutto per la vittima e i suoi parenti e amici una tragedia immane, questo è chiaro), ma come al solito da parte della stampa si è partiti con esagerazioni a tutto spiano.

Io non sono un esperto del settore e neanche una persona particolarmente attratta da questa tecnologia, ma due cose (che magari sembreranno ciniche) mi sento di poter tranquillamente dirle.

Primo. Si tratta di un incidente. E ogni tecnologia in fase di sperimentazione è per forza di cose più pericolosa che una volta matura per la serie. A meno di non fare i test solo in ambienti isolati... ma allora non scoprirai mai come questa tecnologia (o qualsiasi altra tecnologia in qualsiasi settore) funziona nella realtà.

Secondo. Mettiamoci bene in testa che gli incidenti (anche mortali) per le strade ci sono sempre stati. C'erano prima che arrivasse l'auto, ci sono ora e ci saranno inevitabilmente anche il giorno che tutte le auto dovessero essere a guida autonoma. La sicurezza di una tecnologia o dell'altra si valuta in base a quanti incidenti si hanno per milione di chilometri percorsi (o per milione di passeggeri trasportati), quindi potrai sapere con certezza se la guida autonoma sia più o meno sicura di quella tradizionale solo quando ci saranno un bel po' di auto autonome per le strade (e non per sperimentazione).

Quello piuttosto che mi chiedo io è: dato che c'era una persona dentro l'auto anche allo scopo di intervenire in caso di emergenza... cosa faceva questa persona? Dormiva?

Saluti,

Mauro.

mercoledì 5 marzo 2014

Dove nacque Internet

Per ragioni anagrafiche io non ho visto nascere Internet (avevo un anno quando nacque, con il nome di Arpanet).

Però ho visto nascere il World Wide Web (WWW o Web per i profani). E non lo ho visto nascere come la maggioranza di voi, cioè sentendone parlare al telegiornale o leggendone in qualche articolo, generico o scientifico che fosse.
No, il WWW io lo vidi nascere giorno dopo giorno sullo schermo di un computer. Chiaramente non a casa, dove ora tutti lo abbiamo, ma all'università, in quanto il dipartimento di fisica di Genova era uno di quelli collegati al CERN di Ginevra, dove il WWW nacque, e partecipò ai tests (come tanti altri dipartimenti di fisica e matematica sparsi per l'Europa, non sto certo pretendendo di far parte di un'elite ristretta).

Quindi, anche se non vidi nascere Internet... vedere i luoghi dove nacque mi emoziona allo stesso modo in cui mi può emozionare una poesia o una canzone.

Prendetemi pure per scemo, ma per me anche questa è storia, anche questa è poesia.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 19 febbraio 2014

Non abusiamo della parola innovazione

L'innovazione, il progresso tecnico (accanto a quello scientifico) sono sicuramente cose importanti, importantissime.
Non sono certo io a negarlo, che nell'innovazione tecnica ci lavoro.

Un articolo letto oggi mi ha fatto però pensare che la parola "innovazione" venga decisamente abusata.

L'articolo in questione è "Se le nuove innovazioni non provocano crescita" pubblicato da Thomas Manfredi su Linkiesta e che è a sua volta la recensione di un articolo più impegnativo scritto da Robert J. Gordon del National Bureau of Economic Research: "Is U.S. Economic Growth Over? Faltering Innovation Confronts the Six Headwinds" (purtroppo a pagamento).

La tesi in sostanza è che, contrariamente a quanto viene sempre detto, non sempre l'innovazione è causa di crescita economica.
Non ho letto l'articolo di Gordon, quindi non so se le sue argomentazioni siano convincenti o meno (non mi stupirebbe comunque se fossero convincenti di base ma lui le avesse "tirate" un po' nelle conclusioni).

Questo articolo però mi ha fatto venire un pensiero a margine: appunto che la parola "innovazione" è abusata.
Usualmente si pensa che ogni brevetto sia innovazione, anzi molti pensano che siano innovative anche idee che non arrivano a diventare brevetto.
Giusto, molti brevetti sono innovativi.
E giusto, anche molte idee che non arrivano al brevetto sono innovative.
Ma sbagliato, non tutti i brevetti e le idee sono innovativi.

Molto non è innovazione, ma solo modifica, evoluzione, miglioramento.
E anche molte di queste cose possono (anzi, devono) arrivare a essere brevetto, perché contengono qualcosa di nuovo che merita protezione.

La vera innovazione però non "contiene qualcosa di nuovo".
La vera innovazione è "nuovo" e basta.

Saluti,

Mauro.