Sessanta anni fa; il 29 settembre 1954, venne fondato il CERN.
Oggi ci sono state numerose e dovute celebrazioni al proposito.Solo una cosa è mancata: la celebrazione del contributo del CERN alla pace nel mondo (o almeno in Europa).
Sempre ci sono stati contatti e collaborazioni tra scienziati, ma fino alla nascita del CERN erano lasciati ai contatti personali tra scienziati o, al limite, tra istituti universitari.
Contatti istituzionali, che coinvolgessero concretamente e obbligatoriamente gli Stati, erano inconcepibili fino alla nascita del CERN... eppure il CERN li ha resi possibili.
Per la prima volta nella storia, Stati diversi - in passato non solo diversi ma anche nemici - hanno deciso di mettere in comune conoscenze scientifiche, conoscenze che potenzialmente avevano anche valore militare.
Questi paesi, creando il CERN, hanno di fatto rinunciato al potenziale militare di queste conoscenze.
Ma il CERN il Nobel per la pace non lo ha mai ottenuto.
Contrariamente a Obama e altri, che per la pace mai nulla hanno fatto.
Ma il CERN è solo scienza. A chi frega qualcosa della scienza?
Saluti,
Mauro.
lunedì 29 settembre 2014
domenica 28 settembre 2014
mercoledì 24 settembre 2014
Del secessionismo fiscale e dell'ignoranza
Qualche giorno fa (il 18 settembre per la precisione) si è tenuto in Scozia il referendum per separarsi dal Regno Unito.
Hanno vinto i contrari alla separazione (ma forse di fatto ha vinto semplicemente la voglia di tenersi i vantaggi di una forte autonomia senza doversi accollare le responsabilità di doversi veramente governare completamente da soli, ma questo è un altro discorso, che non c'entra con questo articolo).
Detto referendum ha fornito a televisioni e quotidiani di tutto il continente la scusa per andare a "indagare" le istanze secessioniste in tutta Europa.
Come prevedibile, il caso più gettonato e sviscerato è stato il rapporto tra Catalogna e Spagna.
Io nei giorni del referendum ero in Francia, a Parigi (a proposito, le TV francesi parlavano di Scozia, Galles, Catalogna, Paesi Baschi e altro... ma non di Corsica, chissà come mai).
Mi ha colpito (si fa per dire) l'intervista in un cosiddetto programma di approfondimento giornalistico a un catalano che si lamentava del fatto che su 100 € di tasse pagate solo 80 rimanevano/rientravano in Catalogna.
Argomento vecchio, trito e ritrito: anche l'ormai ammuffita Lega Nord ne ha fatto un cavallo di battaglia per anni e anni.
A parte il fatto che esistono tasse locali e tasse nazionali (e che questa divisione ha un senso indipendentemente dalla qualità dell'amministrazione che riscuote dette tasse) ma questi "indipendentisti" parlano sempre come se tutte, ma proprio tutte, le tasse fossero riscosse e gestite/distribuite dallo stato centrale.
A parte il fatto che se esiste uno stato questo avrà comunque un'amministrazione centrale che, per quanto ridotta di dimensioni ed efficiente, non è e non sarà mai a costo zero... e se passi da Spagna a Catalogna (o da Regno Unito a Scozia o da Italia a Lombardia) questo stato/amministrazione cambierà nome e dimensione ma continuerà a esistere... quindi un'entità centrale sopra di te ci sarà sempre.
A parte il fatto che esistono cose come infrastrutture e progetti nazionali o sovraregionali, ma anche come solidarietà, condivisione, sostegno reciproco e simili.
A parte ciò... mi sono sempre chiesto come non ci si possa rendere conto che un'argomentazione simile è un'arma a doppio taglio. E l'altro lato della lama è forse il più affilato.
Cosa voglio dire?
Torniamo al nostro amico catalano.
Lui vuole lasciare la Spagna, così il 100% delle sue tasse rimane in Catalogna. Va bene, allora facciamo la Catalogna indipendente.
Ora però gli abitanti della provincia di Tarragona (la provincia più meridionale tra le quattro catalane) si accorgono che solo l'80% delle tasse che pagano (locali tarragonesi o nazionali catalane che siano) restano/ritornano nella provincia. E no! Non è giusto!
E allora "Diputaciò de Tarragona" indipendente! Via dalla Catalogna, via da Barcellona!
Bene, ora finalmente tutti sono contenti: tutte le tasse pagate dai tarragonesi rimangono nella provincia di Tarragona.
Sicuri, sicuri?
Troppo facile! A un certo punto gli abitanti della comarca (divisione amministrativa al di sotto della provincia) "Baix Camp" si rendono conto che solo l'80% delle loro tasse ritornano/rimangono nella loro comarca... e allora... "Baix Camp" indipendente! Via dalla Diputaciò, via da Tarragona!
Però poi il comune di Cambrils...
Però poi il quartiere di La Vila...
Però poi la Rambla Jaume I...
Però poi il condominio al numero 25...
Però poi l'appartamento al numero 3...
Insomma, alla fine ogni catalano rimarrà da solo, chiuso nella sua stanzetta, visto che l'unico modo di vedere il 100% di tasse ritornare a chi le paga è solo quello di pagarle a sé stessi spostando semplicemente i soldi da una tasca all'altra.
Quindi, a meno di voler rimanere appunto un essere umano solo, completamente staccato da ogni altro essere umano, avrai sempre bisogno di un'entità - per quanto piccola - sopra di te, caro amico catalano (o lombardo o bavarese o corso o che altro tu sia).
E questa entità avrà bisogno di una parte - per quanto piccola - delle tue tasse per poter funzionare.
E tu - sì, tu, proprio tu che ti lamenti - avrai bisogno che lei ci sia e che funzioni.
Quindi, se vuoi l'indipendenza, trova ragioni più valide.
Quella fiscale non regge, anche se è quella che fa più presa sugli ignoranti.
Saluti,
Mauro.
Hanno vinto i contrari alla separazione (ma forse di fatto ha vinto semplicemente la voglia di tenersi i vantaggi di una forte autonomia senza doversi accollare le responsabilità di doversi veramente governare completamente da soli, ma questo è un altro discorso, che non c'entra con questo articolo).
Detto referendum ha fornito a televisioni e quotidiani di tutto il continente la scusa per andare a "indagare" le istanze secessioniste in tutta Europa.
Come prevedibile, il caso più gettonato e sviscerato è stato il rapporto tra Catalogna e Spagna.
Io nei giorni del referendum ero in Francia, a Parigi (a proposito, le TV francesi parlavano di Scozia, Galles, Catalogna, Paesi Baschi e altro... ma non di Corsica, chissà come mai).
Mi ha colpito (si fa per dire) l'intervista in un cosiddetto programma di approfondimento giornalistico a un catalano che si lamentava del fatto che su 100 € di tasse pagate solo 80 rimanevano/rientravano in Catalogna.
Argomento vecchio, trito e ritrito: anche l'ormai ammuffita Lega Nord ne ha fatto un cavallo di battaglia per anni e anni.
A parte il fatto che esistono tasse locali e tasse nazionali (e che questa divisione ha un senso indipendentemente dalla qualità dell'amministrazione che riscuote dette tasse) ma questi "indipendentisti" parlano sempre come se tutte, ma proprio tutte, le tasse fossero riscosse e gestite/distribuite dallo stato centrale.
A parte il fatto che se esiste uno stato questo avrà comunque un'amministrazione centrale che, per quanto ridotta di dimensioni ed efficiente, non è e non sarà mai a costo zero... e se passi da Spagna a Catalogna (o da Regno Unito a Scozia o da Italia a Lombardia) questo stato/amministrazione cambierà nome e dimensione ma continuerà a esistere... quindi un'entità centrale sopra di te ci sarà sempre.
A parte il fatto che esistono cose come infrastrutture e progetti nazionali o sovraregionali, ma anche come solidarietà, condivisione, sostegno reciproco e simili.
A parte ciò... mi sono sempre chiesto come non ci si possa rendere conto che un'argomentazione simile è un'arma a doppio taglio. E l'altro lato della lama è forse il più affilato.
Cosa voglio dire?
Torniamo al nostro amico catalano.
Lui vuole lasciare la Spagna, così il 100% delle sue tasse rimane in Catalogna. Va bene, allora facciamo la Catalogna indipendente.
Ora però gli abitanti della provincia di Tarragona (la provincia più meridionale tra le quattro catalane) si accorgono che solo l'80% delle tasse che pagano (locali tarragonesi o nazionali catalane che siano) restano/ritornano nella provincia. E no! Non è giusto!
E allora "Diputaciò de Tarragona" indipendente! Via dalla Catalogna, via da Barcellona!
Bene, ora finalmente tutti sono contenti: tutte le tasse pagate dai tarragonesi rimangono nella provincia di Tarragona.
Sicuri, sicuri?
Troppo facile! A un certo punto gli abitanti della comarca (divisione amministrativa al di sotto della provincia) "Baix Camp" si rendono conto che solo l'80% delle loro tasse ritornano/rimangono nella loro comarca... e allora... "Baix Camp" indipendente! Via dalla Diputaciò, via da Tarragona!
Però poi il comune di Cambrils...
Però poi il quartiere di La Vila...
Però poi la Rambla Jaume I...
Però poi il condominio al numero 25...
Però poi l'appartamento al numero 3...
Insomma, alla fine ogni catalano rimarrà da solo, chiuso nella sua stanzetta, visto che l'unico modo di vedere il 100% di tasse ritornare a chi le paga è solo quello di pagarle a sé stessi spostando semplicemente i soldi da una tasca all'altra.
Quindi, a meno di voler rimanere appunto un essere umano solo, completamente staccato da ogni altro essere umano, avrai sempre bisogno di un'entità - per quanto piccola - sopra di te, caro amico catalano (o lombardo o bavarese o corso o che altro tu sia).
E questa entità avrà bisogno di una parte - per quanto piccola - delle tue tasse per poter funzionare.
E tu - sì, tu, proprio tu che ti lamenti - avrai bisogno che lei ci sia e che funzioni.
Quindi, se vuoi l'indipendenza, trova ragioni più valide.
Quella fiscale non regge, anche se è quella che fa più presa sugli ignoranti.
Saluti,
Mauro.
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martedì 23 settembre 2014
Parigi: mito e realtà
Il mito Parigi: la città dell'amore, la città delle luci.
La realtà Parigi: la città del degrado, la città della spazzatura.
Saluti,
Mauro.
La realtà Parigi: la città del degrado, la città della spazzatura.
Saluti,
Mauro.
lunedì 22 settembre 2014
La casa di Hitler (e gli idioti)
Sabato sera guardavo un programma di approfondimento giornalistico (o presunto tale) sulla TV tedesca.
Uno dei servizi riguardava le polemiche relative all'utilizzo della casa natale di Hitler a Braunau am Inn, in Austria.
In Austria infatti si sta discutendo cosa mettere dentro quell'edificio, ora di proprietà pubblica, e ci sono un sacco di se e di ma, perché... bisogna evitare che quella casa diventi un simbolo.
Ma siete idioti, amici austriaci! Proprio idioti.
Quella casa È un simbolo, qualsiasi cosa ci mettiate dentro. È un simbolo da venerare per i nostalgici e i nazisti e un simbolo che serve da monito per i democratici e per chi lotta per la libertà.
E sarà sempre un simbolo, qualsiasi cosa ci mettiate dentro: un museo, una macelleria, degli appartamenti o una stazione di trasformazione elettrica.
Perché il simbolo non sta in quel che è o sarà. Il simbolo sta in ciò che è stata.
Cari austriaci, aprite gli occhi: la storia non può essere nascosta, la storia non può essere ignorata. E la storia è fatta anche di simboli. E i simboli non vengono decisi da governi o comuni, checché questi credano.
Piuttosto che polemizzare e perdere tempo sul come utilizzare un edifcio (che in sé non ha colpe, ma sarà sempre e comunque un simbolo), pensate a impegnarvi per far sì che il futuro non ci riservi altri simboli analoghi.
Saluti,
Mauro.
Uno dei servizi riguardava le polemiche relative all'utilizzo della casa natale di Hitler a Braunau am Inn, in Austria.
In Austria infatti si sta discutendo cosa mettere dentro quell'edificio, ora di proprietà pubblica, e ci sono un sacco di se e di ma, perché... bisogna evitare che quella casa diventi un simbolo.
Ma siete idioti, amici austriaci! Proprio idioti.
Quella casa È un simbolo, qualsiasi cosa ci mettiate dentro. È un simbolo da venerare per i nostalgici e i nazisti e un simbolo che serve da monito per i democratici e per chi lotta per la libertà.
E sarà sempre un simbolo, qualsiasi cosa ci mettiate dentro: un museo, una macelleria, degli appartamenti o una stazione di trasformazione elettrica.
Perché il simbolo non sta in quel che è o sarà. Il simbolo sta in ciò che è stata.
Cari austriaci, aprite gli occhi: la storia non può essere nascosta, la storia non può essere ignorata. E la storia è fatta anche di simboli. E i simboli non vengono decisi da governi o comuni, checché questi credano.
Piuttosto che polemizzare e perdere tempo sul come utilizzare un edifcio (che in sé non ha colpe, ma sarà sempre e comunque un simbolo), pensate a impegnarvi per far sì che il futuro non ci riservi altri simboli analoghi.
Saluti,
Mauro.
venerdì 12 settembre 2014
Parole e sanzioni
UE e USA hanno deciso nuove sanzioni contro la Russia a causa della crisi ucraina.
Ora, al di là dei discorsi morali (le sanzioni colpiscono le elites o il popolo?) e dei discorsi politici (ha più colpe la Russia o l'Ucraina? e siamo sicuri che l'occidente sia innocente?), io pongo una domanda molto banale, terra terra, pragmatica: che siano giuste o sbagliate, le sanzioni portano risultati?
Se io guardo la storia recente mi verrebbe da dire che l'unico risultato che portano sia ideologico (a casa di chi le applica, non di chi le subisce): rafforzano, appunto, l'appartenenza ideologica a questo o quel partito a seconda dell'essere favorevoli o contrari.
Ma a casa di chi le subisce direi che ottengono proprio poco, se non nulla.
Due esempi su tutti.
1) Iraq. Dopo la prima guerra del golfo il regime di Saddam è stato subissato di sanzioni. A parte ciò, non si può certo neanche dire che avesse la maggioranza degli iracheni dalla sua... eppure per buttarlo giù è servita una guerra di invasione. Se si aspettavano i risultati delle sanzioni stava ancora lì oggi.
2) Cuba. A torto o a ragione, da 50 anni Cuba è vittima di un embargo da parte degli USA e dei loro alleati. Eppure, nonostante la perdita del grande alleato (il blocco sovietico) e la posizione geografica scomodissima (praticamente nel giardino di casa degli USA), il regime castrista è ancora lì, un po' ammorbidito ma per niente piegato.
E potrei farne altri di esempi.
Quindi ripeto: a cosa servono sanzioni ed embarghi?
Beh, a questo punto direi che è chiaro: alla politica interna di chi le applica, non di chi le subisce.
Almeno in teoria. In pratica forse neanche a quello, ma solo a riempire pagine di giornali.
Saluti,
Mauro.
Ora, al di là dei discorsi morali (le sanzioni colpiscono le elites o il popolo?) e dei discorsi politici (ha più colpe la Russia o l'Ucraina? e siamo sicuri che l'occidente sia innocente?), io pongo una domanda molto banale, terra terra, pragmatica: che siano giuste o sbagliate, le sanzioni portano risultati?
Se io guardo la storia recente mi verrebbe da dire che l'unico risultato che portano sia ideologico (a casa di chi le applica, non di chi le subisce): rafforzano, appunto, l'appartenenza ideologica a questo o quel partito a seconda dell'essere favorevoli o contrari.
Ma a casa di chi le subisce direi che ottengono proprio poco, se non nulla.
Due esempi su tutti.
1) Iraq. Dopo la prima guerra del golfo il regime di Saddam è stato subissato di sanzioni. A parte ciò, non si può certo neanche dire che avesse la maggioranza degli iracheni dalla sua... eppure per buttarlo giù è servita una guerra di invasione. Se si aspettavano i risultati delle sanzioni stava ancora lì oggi.
2) Cuba. A torto o a ragione, da 50 anni Cuba è vittima di un embargo da parte degli USA e dei loro alleati. Eppure, nonostante la perdita del grande alleato (il blocco sovietico) e la posizione geografica scomodissima (praticamente nel giardino di casa degli USA), il regime castrista è ancora lì, un po' ammorbidito ma per niente piegato.
E potrei farne altri di esempi.
Quindi ripeto: a cosa servono sanzioni ed embarghi?
Beh, a questo punto direi che è chiaro: alla politica interna di chi le applica, non di chi le subisce.
Almeno in teoria. In pratica forse neanche a quello, ma solo a riempire pagine di giornali.
Saluti,
Mauro.
domenica 7 settembre 2014
venerdì 5 settembre 2014
Le foto sparite
Forse qualcuno lo avrà notato o forse anche no. Dal blog sono sparite tutte le foto.
È stato un errore mio: credendo che Google tenesse separati i suoi servizi, le ho cancellate dall'archivio di Google+ e... puf, sono sparite anche da Blogger.
Pian piano ora cerco di recuperarle e ricaricarle, ma qualcuna rimarrà sparita... a meno che qualcuna/o di voi non se le sia copiate ;-)
Morale della favola: quando fate pulizia o simili su uno dei servizi di Google, state molto attenti e riflettete bene prima di procedere :-)
Saluti,
Mauro.
È stato un errore mio: credendo che Google tenesse separati i suoi servizi, le ho cancellate dall'archivio di Google+ e... puf, sono sparite anche da Blogger.
Pian piano ora cerco di recuperarle e ricaricarle, ma qualcuna rimarrà sparita... a meno che qualcuna/o di voi non se le sia copiate ;-)
Morale della favola: quando fate pulizia o simili su uno dei servizi di Google, state molto attenti e riflettete bene prima di procedere :-)
Saluti,
Mauro.
martedì 2 settembre 2014
Categorie umane da estirpare
Chi parla troppo, usando mille parole quando cento bastano (soprattutto in ambito lavorativo, ma non solo).
Chi non finisce le frasi (non cominciarle neanche, allora).
Chi parla sottovoce quando non serve (e non serve praticamente mai).
Chi infarcisce i discorsi di “infatti”. Infatti cosa?
Chi chiede sempre conferma: “no?”, “vero?”. Se la conferma è necessaria me la chiedi alla fine, non ogni due parole, chiaro?
Chi ti parla sapendo che puoi sentire ma non capire causa distanza, rumori o simili (e magari quando potevi capire stava zitto).
Chi non si rende conto che non hai voglia di parlare (e dire che ci vuole poco a capirlo: se non ti rispondo vuol dire che devi stare zitto).
Chi ti contesta per poi dire le tue stesse cose.
Chi continua a parlare mentre fa qualcosa, soprattutto se descrive ciò che fa. O mi stai insegnando come si fa, e allora va bene (se sono lì per impararlo), oppure fallo e taci..
Chi cerca il modo più scomodo di fare le cose e poi si lamenta di essere stanco e stressato. Ti meriti di essere stanco e stressato, quindi non lamentarti.
Chi fa confronti insensati, mele con pere (soprattutto confrontando paesi e situazioni imparagonabili).
Chi ha sempre qualcosa da dire su qualsiasi argomento (e magari non sa neanche di che argomento si sta parlando).
Chi conosce segreti e misteri di tutto (no, se sono segreti non li conosci, se li conosci sono cazzate).
E ne dimentico di sicuro altrettante.
Saluti,
Mauro.
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