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martedì 4 marzo 2025

Comunicazione di servizio - Spam

Nell'ultimo paio di settimane alcuni commenti perfettamente leciti e apprezzabili sono stati pubblicati e dopo qualche giorno spariti e finiti nello spam senza che io facessi niente.
Dato che non controllo la casella spam quotidianamente e che se un commento appare e io non lo cancello o oscuro do per scontato che rimanga visibile... ogni volta che commentate, dopo un paio di giorni controllate e se il commento è sparito informatemi.
Grazie.

Saluti,

Mauro.

lunedì 8 luglio 2024

Un'occasione comunicativa mancata

In questi giorni ho riflettuto su una cosa riguardo alla storia dei leghisti e dei tappi di plastica. A parte che i leghisti (ma anche altri in giro per l'Europa, purtroppo non erano soli) si sono resi ridicoli con questa storia. A parte ciò, va detto che l'UE ha perso un'occasione.

La decisione sui tappi è stata presa per ragioni ecologiche, per evitare che i tappi di plastica si disperdano per l'ambiente (se ti cade una bottiglia generalmente la raccogli, se ti cade solo il tappo... siamo sinceri: quattro gatti lo raccolgono). E fin qui tutto bene.
Proteggere l'ambiente è sacrosanto, anche se alla parola ambiente purtroppo molti sono allergici.

E allora dove è che la UE ha perso un'occasione?
Il non poter staccare il tappo dalla bottiglia ha un effetto collaterale non voluto, ma importantissimo.
Diventa praticamente impossibile che bambini e animali domestici possano ingoiarlo. Non è una cosa da poco, pensateci.
Ma la UE ha ragionato coi paraocchi: la cosa è stata fatta per l'ambiente, quindi solo di ambiente bisogna parlare. Il resto non c'è, non conta, non interessa.
Se a Bruxelles si fossero resi conto di questo effetto collaterale e lo avessero usato, avrebbero messo a tacere subito gli idioti del tappo. Perché chi non vuole proteggere bambini e animali domestici?
Ecco, la UE ha perso un'occasione comunicativa.

Saluti,

Mauro.

martedì 7 luglio 2020

Le parole della scienza in tempo di pandemia

In questi giorni ho scritto qualche commento ad altrui tweet sulla dichiarizione di Zangrillo secondo cui il virus sarebbe ora clinicamente inesistente, ma non ho scritto nulla di mio.
Stasera vorrei farlo, ma focalizzandomi sulla comunicazione.
Cosa intendo?
A mio parere, e questo indipendentemente dal fatto che abbia ragione o torto, Zangrillo ha espresso il suo pensiero in una maniera dannosa. Dannosa proprio nella forma, non sto qui giudicando la sostanza.
Quando si parla di scienza in pubblico - e a maggior ragione quando la cosa riguarda la salute pubblica - bisogna tener conto di chi ci ascolta. E in questo caso sono soprattutto profani, quindi persone che nella migliore delle ipotesi capiranno in base al senso comune, non in base al senso scientifico.
I tecnicismi non li capiranno o li capiranno in base all'uso comune delle parole, non in base al loro uso scientifico. Se tu dici "virus clinicamente inesistente" tu intendi scientificamente una cosa ben precisa: che il virus non è in questo momento un problema clinico, cioè ospedaliero.
Non intendi che il virus non esista più (e infatti Zangrillo ha poi dovuto specificarlo, ma anche qui con una qualità comunicativa molto, molto scadente). Però è quello che il profano capirà! O al limite capirà che il virus non fa più male, che è diventato totalmente innocuo.
Quindi tu hai fatto danni, anche nel caso che la tua affermazione fosse stata scientificamente corretta al 200%! Cosa credete che abbia spinto, per esempio, il manager vicentino a fregarsene dell'essere contagiato e a rifiutare il ricovero (finendo intubato in UTI e infettando un sacco di gente)?
Quando si parla - e nel campo della salute ancora di più che in altri ambiti - bisogna pensare con attenzione alle parole che si usano e adattarle all'audience.
Lo ammetto, noi scienziati tendiamo spesso a dare per scontate cose che per i non scienziati non lo sono.
Ma mentre nella maggioranza dei casi la cosa può al massimo venire presa come arroganza... in questo caso, dove ne va della vita di migliaia di persone, usare le parole sbagliate è criminale!

Saluti,


Mauro.

domenica 24 maggio 2020

Le parole sbagliate del distanziamento

Le parole sono importanti.
Anzi, come disse Claudio Magris, le parole sono fatti.

E purtroppo la cosa che è andata peggio in questi tempi di pandemia è stata la comunicazione.
Quasi dappertutto le autorità non hanno saputo comunicare con chiarezza le proprie decisioni e quanto chiedevano ai cittadini.
Ciò ha provocato ovviamente confusione, peggiorando tra l'altro la situazione psicologica di chi era più fragile.

Ma al di là della comunicazione confusa e contraddittoria, anche per le cose semplici e chiare si sono talvolta usate le parole sbagliate.

Prendiamo l'esempio più eclatante per l'Italia (e probabilmente quello che ha fatto più danni): il dover mantenere una distanza di sicurezza tra le persone per limitare il più possibile il rischio di trasmissione interpersonale del virus.

Il concetto è semplice. E tutti possono capirlo senza problemi. E anche accettarlo.

Però...
Però come lo si è chiamato in Italia? Distanziamento sociale.
Ma ve ne rendete conto cosa significa distanziamento sociale?
Non significa evitare il contatto fisico con gli altri. Significa tagliare i legami sociali con gli altri!
Capite cosa ciò può significare per le persone più fragili o per chi lo ha preso alla lettera?
Vi rendete conto che effetto psicologico può avere su chi capisce quel "sociale" e pensa che gli si chieda di isolarsi tipo eremita?
A parte che, proprio per la formulazione scelta, c'è stato chi lo ha rifiutato a priori e ne ha approfittato per non rispettare neanche il distanziamento fisico, con tutti i rischi connessi.

Chi è stato il genio che ha deciso di definire un distanziamento fisico come distanziamento sociale nella comunicazione ufficiale?

Saluti,

Mauro.

giovedì 28 marzo 2019

La "comunicazione" del PD

Ovvero la proposta Zanda spiegata bene.

Oggi ha imperversato sui social la notizia (anzi la bufala) secondo cui Luigi Zanda, senatore PD, avrebbe depositato una proposta di legge per aumentare lo stipendio dei parlamentari.
E apriti cielo!
Soprattutto i grillini si sono gettati sulla cosa a corpo morto.

Ma cosa dice questa proposta di legge? Semplicemente prevede di equiparare lo stipendio dei parlamentari italiani a quello dei parlamentari europei.
E qui casca l'asino: tutti sanno che i parlamentari europei guadagnano di più. Scandalo!

E invece no: prima informatevi (anche se è più facile parlare senza informarsi).
I parlamentari europei hanno uno stipendio lordo inferiore a quello dei parlamentari italiani.
Ma in Europa c'è una tassazione agevolata rispetto a quelle nazionali (anche per i dipendenti, non solo per i parlamentari) e quindi, grazie a ciò, lo stipendio netto dei parlamentari europei risulta superiore a quello dei loro colleghi in patria.

Ma i parlamentari di Roma continuerebbero a restare sotto il regime fiscale italiano, non avrebbero il regime agevolato europeo.
E - sorpresa! - ciò significa che, calando il lordo, calerebbe anche il netto. Incredibile, vero?

Quando, oggi pomeriggio, sono venuto a sapere della bufala, in cinque minuti ho controllato e subito pubblicato questo tweet:


E qui veniamo alla comunicazione del PD.
Un tweet del genere me lo sarei aspettato dai responsabili della comunicazione del PD, non avrebbe dovuto scriverlo un semplice cittadino (che tra l'altro non ha neanche votato PD).

E invece nulla. Altri frequentatori dei social e blogger hanno fatto, indipendentemente da me, notare la cosa.
Ma dal partito nulla. Solo una presa di distanza nei confonti di Zanda in quanto la proposta non è una proposta ufficiale del PD (quindi di fatto avvallando il contenuto della bufala).
Tipo:


Ma benedetti ragazzi, a chi avete messo in mano la comunicazione del PD?
Minimo minimo a un incapace.
Potevate fare un figurone sbufalando tutto in un attimo e invece fate un autorete dietro l'altra gettando il povero Zanda in pasto ai lupi.

Veramente bravi. Continuate così.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
(Aggiornamento ore 21:15)
Col senno di poi, visto il tweet di Zingaretti, l'impressione è che Zingaretti stesso e i suoi collaboratori quella proposta neanche la abbiano letta.

venerdì 14 dicembre 2018

Sicurezza informatica e automobili

Io lavoro nell'industria automobilistica. Ci avevo lavorato dal 2001 al 2003 e ci sono tornato nel 2016.
In entrambi i periodi non ho lavorato direttamente per i produttori automobilistici, ma per i fornitori dei sistemi elettronici ed elettrici.
E oggi sono coinvolto anche nella cosiddetta e-mobility (cioè la mobilità elettrica) e, anche se in maniera marginale, nelle auto a guida autonoma.

Qui vi posso dire chiaramente una cosa (senza entrare nei dettagli, per ovvii problemi di proprietà intellettuale): la fattibilità delle auto a guida autonoma è certa da anni, il problema è la sicurezza.
Ed è lo stesso problema (anche se ovviamente amplificato) di tutte le auto attuali: l'elettronica, anzi l'informatica, e la connettività.
L'hackeraggio e il crackeraggio sono escludibili a priori solo in auto che non abbiano nessun sistema di comunicazione con il mondo esterno (quindi neanche sistemi di navigazione basati su GPS o tecnologie simili).
In ogni altro caso, un minimo rischio rimane.
E con la guida autonoma i rischi sono maggiori (con la guida tradizionale o quella solo assistita il guidatore umano può sempre intervenire, almeno in teoria, con la guida autonoma non è detto che sia neanche presente, quindi se qualcuno prende il controllo dell'auto dall'esterno...).

Questa premessa per dire: in questo momento le case automobilistiche e i loro fornitori stanno spendendo molti più soldi per la sicurezza informatica (la cosiddetta Cybersecurity), che per la guida autonoma stessa (e in parte anche per la mobilità elettrica).
Senza poter però dare garanzie.

Ormai la garanzia che un auto possa guidarsi da sola c'è (e non da ieri).
La garanzia che detta auto non sarà mai attaccabile e quindi controllabile dall'esterno, no. E non ci sarà mai.
Rifletteteci.

Saluti,

Mauro.

domenica 8 luglio 2018

Discutere con gli stupidi

A tutti noi è capitato prima o poi di trovarsi impelagati in discussioni con degli stupidi (e se qualcuno crede che non gli sia mai capitato forse dovrebbe porsi la domanda se non sia lui lo stupido nelle discussioni).

Capitava in tempi pre internet nella vita reale e oggi ancora talvolta nella vita reale ma soprattutto in rete, sui cosiddetti social networks.

Qualunque fosse il tema della discussione e comunque finisse, fino a che non esisteva la rete non era un grande problema.
Lasciava sì l'amaro in bocca a chi cercava di discutere in maniera intelligente e portava argomenti, ma non aveva conseguenze. Almeno non serie. Sì, colui che cercava di ragionare ci faceva una brutta figura se la discussione degenerava o se si lasciava andare, ma tutto si chiudeva con la brutta figura.
A meno di non essere in TV finiva tutto lì (e in TV a quei tempi c'erano moderatori veri, quindi anche se uno stupido riusciva ad arrivare fino lì difficilmente la discussione degenerava).
Si usava anche dire che il più intelligente doveva lasciar perdere e, anche se la cosa non faceva piacere perché all'inizio lasciava un certo sapore di sconfitta, ciò serviva veramente a evitare che il tutto degenerasse o avesse risonanza.

Oggi, dove queste discussioni avvengono in rete, il discorso è diverso.
Per prima cosa la risonanza c'è fin da subito, qualsiasi piega prenda la discussione: la rete amplifica, non nasconde. Non hai più solo il tuo interlocutore o al massimo un pubblico limitato davanti a te. Hai potenzialmente il mondo intero.
E la maggioranza del pubblico non è interessata a chi ha ragione, ma a chi vince. E chi vince? Chi sbraita di più, chi ha l'ultima parola.
Quindi la tattica secondo cui il più intelligente lascia perdere, in rete non funziona: se lasci la discussione, la maggioranza della gente crederà che non hai argomenti e scappi.
Quindi devi avere l'ultima parola.
Ma, a meno di non essere su un blog o altro spazio dove tu stesso moderi gli interventi (o dove ci sono moderatori capaci), l'ultima parola non la avrai mai.
Perché?
Perché lo stupido in realtà non risponde a quello che tu dici, ma risponde in base ai discorsi che lui si fa dentro di sé, risponde a ciò che lui ha pensato che tu dirai, non a quello che hai effettivamente detto. Quindi lui avrà sempre una risposta. Generalmente fuori tema, ma la avrà. E la maggioranza del pubblico non capirà che è fuori tema.

È un circolo vizioso dove chi ragiona non può vincere in una discussione.
L'unico modo di vincere è non partecipare, non discutere.

E allora come fare per far sì che gli argomenti veri arrivino comunque in qualche modo al pubblico?
Io vedo solo due strade (da percorrere entrambe, non necessariamente alternative tra loro):
1) rivalutare la comunicazione classica (cioè i media pre internet);
2) ignorare i social networks (non internet nel globale: su internet ci sono spazi e risorse utilissimi e gestiti bene).

Saluti,

Mauro.

venerdì 1 giugno 2018

Il fax è vivo e combatte insieme a noi

Vi avevo già scritto qui che la polizia dell'Assia usa il modernissimo mezzo di comunicazione chiamato fax.

Ma non è sola.

In questo periodo devo rinnovare la patente di guida (per i miei lettori non italiani: sì, in Italia la patente non è per la vita come per esempio qui in Germania, ogni tanto devi rinnovarla e una delle condizioni per ottenere il rinnovo è una visita medica, con particolare accento sulla vista).
Avevo preso un appuntamento ma purtroppo per ragioni di lavoro non posso presentarmi alla data stabilita, così ho telefonato per chiedere di spostarlo.

E cosa mi rispondono?
"Nessun problema, ma per poterlo spostare ci deve mandare un fax al numero xxx". 😕

Saluti,

Mauro.

sabato 26 maggio 2018

Polizia 2.0

Negli ultimi giorni ho dovuto scambiare varie informazioni e documenti con la Polizia dell'Assia, qui in Germania.

(No, è inutile che cominciate a fare festa: non mi hanno arrestato e rinchiuso 😁).

Sapete qual è il modo più comodo e veloce di comunicare con la Polizia, per ammissione stessa della commissaria con cui ho avuto a che fare?

Tenetevi forte: il fax! 🤤

Saluti,

Mauro.

lunedì 18 aprile 2016

Comunicazione di servizio 4

No, non sono sparito e non ho chiuso il blog. Anzi, di cose da scrivere ne avrei anche tante.

Ma ho anche un sacco di altre cose per la testa e il tempo a disposizione è quello che è. Abbiate pazienza.

Saluti,

Mauro.

lunedì 30 marzo 2015

Troppe parole usate a sproposito

Molti di voi si saranno stupiti del fatto che io non abbia ancora scritto una singola riga sulla tragedia dell'aereo Germanwings della settimana scorsa.

I motivi sono semplicemente due:
1) Purtroppo ne stanno parlando tutti, soprattutto coloro che non hanno nulla da dire, quindi qualsiasi cosa scrivessi si perderebbe nel gran rumore di fondo;
2) Le indagini sono - nonostante le apparenze - di fatto agli inizi. L'unica cosa che sembra certa è che il copilota sia il responsabile... ma in quali termini concreti lo diranno le indagini. E sinceramente non mi va di scrivere qualcosa sulla base di così pochi fatti.

Però oggi ho letto l'articolo migliore sulla tragedia da quando è spuntata la responsabilità di Andreas Lubitz.
Migliore in assoluto, non migliore in Italia.
Poi, sui singoli punti, chiunque di noi può concordare o discordare, ma la profondità, la lucidità e la sostanza di quest'articolo non vanno sottovalutate. Anzi.
Scritto dalla bravissima Silvia Bencivelli.

Qui l'incipit (articolo completo cliccando sul link):

La tragedia dell’aereo della GermanWings è una di quelle cose su cui tutti hanno qualcosa da dire. Per chi si occupa di salute, e di comunicazione della salute, proprio qui sta il problema.
Più di dieci anni fa feci la tesi di master sul lessico della salute mentale trasportato nelle pagine di cronaca nera, dove in un attimo è tragedia della follia e in un attimo c’è il vicino di casa che, alternativamente, non poteva immaginare niente di simile o aveva avuto il sospetto di qualcosa che non andasse. [Prosegui la lettura]


Saluti,

Mauro.