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mercoledì 4 dicembre 2024

Il malore di Bove

Tutti avete letto o sentito del malore del giocatore Edoardo Bove in Fiorentina-Inter di domenica scorsa.

Non voglio qui parlarvene in termini medici (a parte il fare ovviamente gli auguri di una ripresa completa e possibilmente veloce al ragazzo) primo perché non sono un medico e secondo perché anche se lo fossi non ero sul posto quindi parlerei comunque solo per sentito dire (e da quel che ho capito le cose non sono ancora del tutto chiare, nonostante le analisi già effettuate).

Voglio però parlarvene dal lato dello sciacallaggio, visto che stavolta ce ne è stato di tre diversi tipi.

1) Le foto.
Tutti i giornali e i siti di informazione hanno cercato di pubblicare foto (e video) dell'evento. Con i fotografi che cercavano di beccare i "vuoti" nella barriera che i giocatori hanno creato per proteggere la privacy di Bove.
Ora voi mi tirerete fuori il diritto di cronaca. Però ditemi: cosa aggiunge l'immagine di un corpo a terra con i sanitari che cercano di rianimarlo a un testo che racconta gli eventi? Nulla!
Non si tratta di un delitto o di un incidente automobilistico dove le immagini talvolta (ma solo talvolta!) possono aiutare a ricostruire la dinamica dei fatti (ma ciò, ovviamente, serve alle autorità e alle assicurazioni, non al grande pubblico).
È solo voyeurismo.

2) I vaccini.
Sui social networks e anche nei commenti sui siti di informazione si è subito scatenata da una parte dei frequentatori una shitstorm contro i vaccini... Bove era vaccinato!
Come fosse l'unico giocatore a essere vaccinato (e come mai alla stragrande maggioranza degli altri allora non succede nulla?). 🤦‍♂️
Oltretutto casi come quello di Bove sono per fortuna sempre meno frequenti, grazie alle rigide regole della medicina sportiva in Italia (che all'estero, Inghilterra in particolare, dovrebbero copiare).

3) Il "ritardo" nei soccorsi.
Molti hanno polemizzato (e continuano a farlo nonostante le spiegazioni) per il fatto che l'autoambulanza non sia entrata in campo e che questo abbia rallentato i soccorsi. Sfruttando anche il fatto che un paio di giocatori in campo si siano innervositi per lo stesso motivo.
Prima di tutto i giocatori non sono medici, quindi ne sanno quanto noi spettatori di quali interventi servano e dei tempi necessari: la loro reazione non dimostra quindi proprio nulla (e anzi, ha rischiato in questo senso di fare danni, anche se io la comprendo).
Poi i giocatori in campo sono sotto adrenalina come in ogni competizione... adrenalina che non viene certo abbattuta da un evento simile, anzi il contrario!
E soprattutto i protocolli per gli interventi medici in campo non sono fatti a caso e sono oltretutto costantemente valutati e, se necessario, aggiornati.
I sanitari sapevano quello che facevano.

Saluti,

Mauro.

giovedì 6 luglio 2023

La nascita del voyeurismo di massa delle tragedie

Premettiamo subito: no, non c'entra Internet, e neanche i social networks, nonostante tutti sembrino crederlo (giornalisti in primis).
Anzi, tra i responsabili ci sono proprio i giornalisti.

Siamo chiari: un certo voyeurismo per i fatti macabri c'è sempre stato nella storia dell'uomo. In parte è connaturato alla natura umana ed è una sorta di parente del mors tua, vita mea.
Vedere che certe cose succedono ad altri e non a noi contribuisce a farci sentire vivi.

Quello che è nuovo (anche se non nuovissimo) è il voyeurismo di massa delle tragedie.
La gente è diventata nei confronti delle tragedie una versione macabra delle groupies degli anni '60/'70 nei confronti dei loro idoli musicali.

E questo voyeurismo ha, almeno in Italia, una data e un luogo di nascita ben precisi: 10 giugno 1981, Vermicino, frazione di Frascati.
Quel giorno Alfredino Rampi, sei anni di età, cadde un un pozzo non protetto... da cui non uscì vivo, nonostante tutti i tentativi (in buona parte dilettantistici a esser buoni) fatti per salvarlo.
Dal tardo pomeriggio del 10 giugno fino alla mattina del 13 giugno, quando venne stabilita la morte di Alfredino, più di due giorni di fila di servizi TV, di collegamenti dalle più varie trasmissioni, di telegiornali centrati sulla notizia fino alle ultime 18 ore della tragedia trasmesse in diretta senza interruzione dalla RAI (sì, dalla RAI!). E di folle di giornalisti e curiosi sul posto che ovviamente non facilitavano il lavoro di chi cercava di salvare il bambino.

Il voyeurismo di massa delle tragedie, del macabro in Italia è nato quel giorno.

Saluti,

Mauro.