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martedì 25 ottobre 2022

Il sesso delle città

Oggi, in un gruppo chiuso su Twitter, è venuta fuori una domanda sul genere grammaticale: le città sono femminili o maschili?
C'entra in parte col discorso del politicamente corretto, ma è meglio che non vi dica come è nata la discussione 😉

Ma torniamo alla domanda.
Genova, Milano, Roma, ecc. sono di genere femminile o maschile?

Spontaneamente verrebbe da dire femminile, visto che diciamo "Genova è bella", "Milano è caotica", "Roma è piena di frigoriferi", ecc.
E qui casca l'asino: bella, caotica, piena non si riferiscono direttamente a Genova, Milano, Roma bensì alla sottintesa parola "città" (per esempio "La città di Genova è bella").

In realtà i nomi delle città non hanno genere in sé, il genere è dato dalla parola città, che ovviamente è di genere femminile.

Ora voi mi direte, perché allora regioni e stati hanno un genere (la Lombardia, il Lazio, la Francia, il Belgio)?
Regioni e stati sono in primis espressioni geografiche, non amministrative, non "prendono" il genere dalle parole "regione" o "stato".

Prendiamo per esempio la Lombardia.
Se io parlo dell'espressione geografica dico "la Lombardia" e non è proprio precisamente definita, ci sono parti della Lombardia politica che geograficamente starebbero fuori e viceversa oltre che parti al tempo stesso lombarde e no.
Se passo invece alla Lombardia in senso amministrativo devo dire "la Regione Lombardia", è precisamente definita nei suoi confini ed è la parola "regione" a definire il genere grammaticale, non il nome Lombardia.
E lo stesso vale per gli stati.

Per le città (ma anche per paesi e villaggi, solo che qui il genere diventa maschile) il discorso è diverso: in genere l'entità geografica e quella amministrativa coincidono, le eccezioni sono poche, e quindi dire "Genova" (espressione geografica) o "la città di Genova" (espressione amministrativa) è la stessa identica cosa, per cui prevale il genere di "città" e non ha più senso chiedersi che genere abbiano Genova, Milano, Roma, ecc.
"Città" prevale perché, mentre geograficamente regioni e stati hanno confini fluidi, le città sono (tranne rare eccezioni) ben definite anche gograficamente, non solo amministrativamente.

Saluti,

Mauro.

domenica 17 marzo 2019

La grammatica, questa sconosciuta

Oggi me la prendo con le conoscenze grammaticali della Gazzetta dello Sport e in particolare su quanto scritto nell'articolo celebrativo della vittoria di Dominik Windisch ai mondiali di biathlon.
Ora, Dominik Windisch è un uomo, ma a quanto pare per la Gazzetta basta che la sua fidanzata sia una donna per considerare grammaticalmente femminile anche lui:


"Per legarsi alla donna che due anni fa le ha cambiato la vita e le ha portato fortuna in pista" 😱

E c'è comunque un altro errore: il resort "Dasgerstl" non esiste. Esiste il "Das Gerstl" (das è articolo, non parte del nome). Ma questo è comunque meno grave, magari è anche forse solo un errore di battitura.

La cosa comica è che la Gazzetta si prende per i fondelli da sola.
Pubblica i commenti in cui le faccio notare gli errori (sì, "ToroMS" sono io), ma non li corregge (per lo meno non ancora alle 23:42 del 17.03.2019):


Saluti,

Mauro.

venerdì 20 ottobre 2017

Ahi ahi, Corriere - 2

Ieri vi avevo presentato gli errori commessi dal Corriere della Sera nel presentare gli errori di italiano più diffusi.

Ma (tra parentesi) me ne erano sfuggiti due...

Forse pochi lo sanno ma anche l'uso corretto delle parentesi fa parte dell'uso corretto della lingua... ogni parentesi che si apre va anche chiusa:


E soprattutto... le parentesi sono degli incisi, il loro contenuto non influisce sulle concordanze e i costrutti verbo+preposizione riguardanti ciò che sta fuori di esse:


Saluti,

Mauro.



giovedì 19 ottobre 2017

Ahi ahi, Corriere

Per la settimana della lingua italiana il Corriere della Sera ha dedicato alcune schede agli errori di italiano più comuni (ma siamo sicuri che siano proprio i più comuni? A me ne verrebbero in mente anche altri, forse meno clamorosi ma non meno diffusi).

Però, ahi ahi, Corriere...

Sabatini e Coletti, autori di un famoso dizionario, non credo che la prenderanno bene, soprattutto Coletti:


Ma anche gli intervistati forse non saranno tanto d'accordo:


Saluti,

Mauro.

P.S.:
Seguito qui.

domenica 20 dicembre 2015

L'italiano, questo sconosciuto - 3

Le prime puntate qui e qui.

Appena sentita su RAI Radio 1 (detta da un giornalista non ho capito se di Tuttosport o del Corriere dello Sport): "non gli si può recriminare nulla".

E io credevo che solo la persona stessa potesse recriminare qualcosa... e che noi altri potessimo solo rimproverargli qualcosa...

Saluti,

Mauro.

sabato 5 dicembre 2015

L'italiano, questo sconosciuto - 2

Mi infastidisce veramente tanto, quasi a farmi venire manie omicide, sentire espressioni come "la gente sono...", "la maggioranza dei... sono...".

Bestie!

"Gente" e "maggioranza" sono singolari... e il loro essere, per così dire, "sostantivi collettivi" non cambia niente sul loro essere grammaticalmente singolari.

Quel plurale che amate tanto infilatevelo dove non batte il sole.

Saluti,

Mauro.

sabato 8 agosto 2015

Una domanda giustificata

Che purtroppo non è venuta in mente a me.

Se lo chiede Stefan Rose all'inizio di questo articolo, sul blog Fliegende Bretter: "Perché proprio 'femminismo' è in realtà di genere maschile?" (in originale: "Warum eigentlich ist ausgerechnet 'Feminismus' ein Maskulinum?").

Saluti,

Mauro.

giovedì 12 novembre 2009

La fine della lettura... o no?

In questi giorni un'amica mi ha segnalato un interessante articolo sulla versione online del Times.

L'articolo dice molte cose interessanti, ma scivola a mio parere su alcuni punti importanti.

Per prima cosa mi sembra che l'autore a tratti distingua (giustamente) tra informazione e narrativa e a tratti invece le confonda, il che è un grave errore.
La narrativa è un qualcosa per l'anima, una specie di nutrimento culturale, quindi non può essere ridotta ai minimi termini: può essere corta come un Haiku o lunga come una saga, ma non può essere costretta entro confini dimensionali, deve essere libera di svilupparsi senza regole (al di là di quelle grammaticali e sintattiche).
L'informazione invece ha una regola fondamentale: deve essere esaustiva (cioè fornire tutti gli elementi necessari per essere capita ed eventualmente usata) ma deve farlo in maniera sintetica, non deve affogare il contenuto, l'essenziale in un mare di parole.
E questo valeva già ben prima che esistessero Internet e i telefoni cellulari.

Un'altra cosa sulla quale non sono d'accordo è accusare appunto Internet e cellulari di essere la causa della "fine" della lettura.
La fine della lettura è invece - a mio parere - precedente, causata dalla televisione e soprattutto dalla sua esplosione commerciale negli anni '80.
È lì che è cominciata la fine della narrativa, ma anche quella dell'informazione. Perché la televisione ha aggredito (e quasi ucciso) la lettura tout court, non solo quella delle opere di narrativa (parafrasando una vecchia canzone dei Buggles, "Video killed the radio stars", potrei dire "Video killed the written word").
La televisione ci ha "liberato" dalla fatica della lettura… perché leggere presuppone comunque un’attività, non si può leggere qualcosa passivamente, mentre guardare e ascoltare si può benissimo fare anche passivamente (certo che alla fine rimane un guardare senza vedere e un ascoltare senza sentire, ma non tutti se ne rendono conto).
In questo senso Internet può invece diventare quasi un alleato della lettura, della narrativa, perché sul monitor vediamo e leggiamo anche parole, anche testi. Non saranno libri interi, ma sono comunque parole, frasi, testi scritti, non solo immagini o suoni. Può essere un primo passo verso la riscoperta della lettura.
Quante volte un estratto letto su internet ci ha spinto poi a comprare un libro o una rivista? Più di quelle che crediamo.
I telefoni cellulari invece con la loro iper-estremizzata concisione sono un crimine contro la lettura, la narrativa. Tanto più che hanno spinto le nuove generazioni a inventare una lingua assurda (per esempio negli sms in Italia quasi tutti ormai usano la "k" invece del "ch" oppure scrivono "dove 6?" invece di "dove sei?").

E quest'ultimo fatto mi porta a spostare l'attenzione su quello che per me è il problema più grave, cioè non tanto la scomparsa della lettura (che non è sparita, si legge sempre... ma mentre prima la lettura non era nascosta da altre attività, oggi lo è) quanto la scomparsa della scrittura.
Oggi non si scrive quasi più, si usa uno stile da telegramma in quasi ogni tipo di testo che dobbiamo produrre e soprattutto non si è più abituati a scrivere a mano. Se non si ha a disposizione un palmare o un telefonino non si prendono appunti (e poi si rischia di dimenticare i propri pensieri e le idee che ci possono venire in qualsiasi momento - io per questo ho sempre nella tasca della giacca un caro antiquato taccuino e una penna).
E soprattutto si dimentica il "bello" scrivere, l'uso corretto di grammatica, ortografia e sintassi, l'uso di uno stile elegante e vivace. I testi (anche libri e articoli di quotidiani) sono sempre più sciatti, piatti e scorretti. Non fa piacere leggerli.

Ecco, questo dobbiamo riscoprire: la scrittura prima ancora della lettura.

Saluti,

Mauro.