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mercoledì 22 agosto 2018

Quanto dura un anno scolastico in Italia e Germania?

Fin da quando ho cominciato ad andare a scuola ho sempre sentito la tiritera che in Italia si fanno troppe vacanze, che bisogna prendere esempio dalla Germania, dove le vacanze durano un mese e mezzo e non tre, eccetera, eccetera.

Oggi un tweet di Lorenzo Bini Smaghi mi ha fatto tornare in mente questa eterna polemica:


Segnatevi bene la frase tra parentesi, è molto importante: non del numero di giorni di scuola complessivi nell'anno scolastico.

Ho quindi provato a fare due conti, paragonando la mia regione di provenienza (la Liguria) con il Land tedesco dove vivo (la Baviera). E ho usato come riferimento l'ultimo anno scolastico completato, il 2017/2018.
Prendendo altre regioni o Länder i numeri variano di molto poco, giusto due o tre giorni in più o in meno nel totale.

Che risultato ho ottenuto?

In Liguria le scuole sono cominciate il 14/09/2017 e sono terminate il 12/06/2018. In Baviera sono cominciate il 12/09/2017 e sono terminate il 27/07/2018.
Quindi nel totale gli scolari in Liguria sono andati a scuola per 206 giorni totali, mentre in Baviera per 185.

Vedo che state saltando sulla sedia.
State pensando che non so più fare i conti: in Baviera sono andati a scuola un mese e mezzo più a lungo e hanno fatto ventuno giorni di scuola di meno?
Sì, è proprio così 😎

Seguitemi.

In Italia (e quindi in Liguria) si va a scuola dal lunedì al sabato, cioè sei giorni la settimana.
In Germania (e quindi in Baviera) dal lunedì al venerdì, cioè cinque giorni la settimana.
E già questo di fatto compensa quel mese e mezzo in più apparente di scuola in Germania.

Ma tutto ciò non basta.
In Italia ci sono stati undici giorni festivi nazionali a cui la Liguria ha aggiunto sedici giorni di vacanza tra Pasqua, Natale e un paio di ponti.
In Germania ci sono stati tredici giorni di festività nazionali a cui la Baviera ha aggiunto trentadue giorni di vacanza tra Pasqua, Natale, Pentecoste, ferie autunnali e ferie invernali (a febbraio queste, non sono le vacanze natalizie).
E qui si spiegano quei ventuno giorni di scuola in più in Liguria.

Capite ora perché Bini Smaghi ha fatto quella precisazione tra parentesi? 😉

Il fatto che in Italia si vada a scuola meno che in Germania è una leggenda metropolitana, come avete visto.
Poi che si possa benissimo sostenere che la distribuzione dei giorni di scuola in Germania durante l'anno sia più efficace, più utile che quella in Italia (io non lo so, ci sarà chi è d'accordo e chi no) è vero, ma non venitemi a dire che gli scolari tedeschi lavorino di più di quelli italiani.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
E no, anche contando le ore e non i giorni, i ragazzi italiani stanno di più a scuola, ma qui il conto è più lungo e meno univoco (visto che in entrambi i paesi in questo senso ci sono pure differenze da scuola a scuola, non solo da regione a regione).

giovedì 28 giugno 2018

Quegli sconosciuti dei brevetti

Un dialogo con un collega l'altro giorno mi ha fatto capire come poco sia conosciuto e compreso il tema della proprietà intellettuale anche da chi nell'industria, nella tecnologia ci lavora.
Il dialogo verteva su una possibile idea brevettabile e sul come - a detta del collega - il proprietario di quel brevetto ci guadagni per sempre o quasi.

Dato che io nel campo della proprietà intellettuale ci ho lavorato posso raccontare qualcosa e, forse, contribuire a cancellare qualche leggenda metropolitana al proposito.

Intanto va fatta una premessa.
Quando si parla di proprietà intellettuale si pensa quasi sempre solo a brevetti e diritti d'autore.
In realtà la proprietà intellettuale comprende molte altre cose, tra cui per esempio i marchi registrati e i modelli di utilità.

Ma torniamo al punto.

Chi ottiene il brevetto per qualcosa (prima leggenda da sfatare: sì, "chi ottiene il brevetto" e non "chi brevetta", perché tu inventi, non brevetti, e poi chiedi il brevetto all'ufficio competente che esamina la richiesta e te lo concede o meno) non guadagna a vita su quel brevetto.
Non guadagna a vita su quel brevetto semplicemente perché un qualsiasi prodotto può essere coperto da brevetto per al massimo venti (20) anni, sempre che il proprietario del brevetto paghi annualmente la corrispondente tariffa all'ufficio brevetti (se no, la copertura brevettuale finisce nel momento in cui smette di pagare*).
Quindi, seconda leggenda da sfatare, sul brevetto in sé - cioè vendendo il prodotto brevettato in esclusiva o concedendo ad altri licenza di produrlo - ci si guadagna al massimo per vent'anni. Dopo quel termine puoi continuare a produrre e vendere quel determinato prodotto (e guadagnarci sulla vendita), ma il brevetto non ti porta più niente: chiunque può a quel punto produrre e vendere lo stesso prodotto senza pagarti nulla.

E a questo punto generalmente la gente mi salta su dicendo: "E allora l'Aspirina? La Bayer la produce da oltre 100 anni e nessun altro può produrla!" (terza leggenda da sfatare).
No, signori miei: tutti oggi possono produrre l'Aspirina (e possono farlo da più di ottant'anni). Il fatto è che nessuno (Bayer esclusa) può chiamarla Aspirina.
Il discorso è semplice: Aspirina è il nome commerciale dato dalla Bayer all'acido acetilsalicilico (più precisamente acido 2-(acetilossi)benzoico), nome che la Bayer ha registrato e quindi che nessun altro può usare.
Infatti in giro trovate vari prodotti alternativi all'Aspirina, tutti a base di acido acetilsalicilico, ma nessuno che si chiami Aspirina. E la Bayer guadagna sulle nude vendite dell'Aspirina, non più però grazie al brevetto.
E allora la storia dei vent'anni? La storia dei vent'anni vale per i brevetti, non per i marchi registrati. Questi ultimi puoi riservarteli per l'eternità, basta che paghi.

Sulla proprietà intellettuale ci sono tanti altri malintesi da chiarire e fatti interessanti da scoprire (e magari ne riparlerò), ma quanto sopra è ciò che per la nostra vita quotidiana è più interessante. E al tempo stesso forse la questione più malintesa/fraintesa (talvolta anche in malafede da parte di chi vorrebbe eliminare la proprietà intellettuale tout court).

Saluti,

Mauro.

* Ci sono addirittura casi in cui si fa richiesta di brevetto ma poi non si paga o si smette di pagare dopo solo un anno perché a quel modo si impedisce ad altri di presentare a propria volta richiesta di brevetto, non perché si sia interessati ad avere quel brevetto per sé.