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domenica 15 agosto 2021

La fuga dall'Afghanistan

Provo qui a mettere in testo unico, con qualche aggiunta, un thread che ho scritto stamattina su Twitter.

L'altro ieri al telegiornale si parlava di un possibile crollo dello Stato in Afghanistan.

Ma di che crollo si parla?
Uno Stato reale, esistente, può crollare. Non uno Stato di facciata, inesistente.
Quando mai è esistito lo Stato in Afghanistan?
Di nome, sì, è esistito, ma di fatto l'Afghanistan è sempre stato o diviso o occupato (sì, anche i Talebani sono di fatto un occupante, visto che si sono formati e organizzati in Pakistan).
Oltretutto l'Afghanistan nacque artificialmente come Stato cuscinetto tra l'India britannica e la Russia zarista, quindi il difetto è di nascita. Non si tratta di una novità.

Ma anche guardando l'attuale Stato, quello che la comunità internazionale riconosce come Afghanistan... non esiste.
Anche se i Talebani sparissero d'incanto, non rimarebbe uno Stato, un Afghanistan. Lo Stato non c'è. L'Afghanistan non esiste.
L'unica forza di unificazione negli ultimi vent'anni sono state le forze militari NATO.
Erano loro a essere presenti dappertutto. Erano loro a gestire o fornire i servizi essenziali. Non le istituzioni afghane.

Se l'Occidente avesse voluto creare qualcosa di stabile, di efficiente, non avrebbe dovuto insistere su uno Stato unitario, unico (tra l'altro, come accennato sopra creato artificialmente dai britannici nell'800) ma permettere e sostenere ufficialmente la formazione di Stati diversi e compatti (ufficialmente, visto che di fatto sono sempre esistiti).
Insistendo su una forma vuota è logico che questa crolli una volta che tu occupante sei scappato (sì, perché quella di USA e NATO è una vera e propria fuga, fatta alla svelta e quasi di soppiatto, senza un vero passaggio di consegne, non un ritiro ordinato e organizzato).

L'Afghanistan sarebbe crollato anche senza Talebani.
Con meno violenza, probabilmente. Con meno profughi, forse. Con meno problemi per l'Occidente, di sicuro.
Ma sarebbe crollato comunque.

Però sotto un certo punto di vista sembra che la cosa fosse voluta.
Del resto perché avresti speso miliardi e miliardi di dollari ed euro per NON formare delle vere forze armate?
Hai speso e speso in addestramento, armi e mezzi e poi, alla prova del fuoco, queste forze armate, puff... si sciolgono come neve al sole.
Hai speso miliardi per formarle come? Per formarle a non combattere, a farsela addosso, a scappare?
Bella formazione!

O lo hai fatto di proposito? Non le hai formate di proposito?
È stata solo facciata e per qualche strana ragione non volevi uno Stato forte?

Perché uno Stato forte presuppone tra le altre cose forze armate efficienti. Magari non potenti, ma di sicuro efficienti.
Qui di efficienti sembrano esserci solo le scarpe che i militari afghani usano per scappare.

Ma forse... forse è tutto voluto per poter reintervenire un domani.
Magari con la scusa di frenare l'espansionismo cinese o quello russo.

Forse.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 29 maggio 2019

Una proposta provocatoria

Riprendo una proposta provocatoria che avevo già fatto tempo fa, riguardo il problema dell'astensionismo.
Proposta che, come si addice a questo blog, può essere definita istituzionalmente eretica.

Sul fatto che l'astensionismo sia un problema o, nel migliore dei casi, comunque un fenomeno negativo penso che siamo d'accordo quasi tutti, al di là di colori politici e ideologie.
E questo vale quali che siano le motivazioni (reali o di facciata) che portano all'astensione.

Prendiamo come esempio le elezioni europee di domenica scorsa, per quanto riguarda il voto in Italia.
Tenendo conto dell'astensionismo il successo della Lega e la ripresa del PD verrebbero entrambi ridimensionati.
La Lega infatti si scopre che non ha un terzo degli italiani (inteso come italiani con diritto di voto) dalla sua parte, bensì solo un terzo dei votanti (cioè tra un sesto e un quinto degli italiani).
E il PD si scopre che rispetto al 2018 ha sì guadagnato in percentuale dei votanti, ma in realtà ha perso in percentuale degli italiani (infatti ha preso numericamente meno voti, che sembrano di più grazie all'astensionismo).

E al di là dei discorsi numerici, una cosa che a me dà ai nervi sono gli astenuti che poi si lamentano di chi governa (chiunque questi sia).
Non hai votato? Significa che non te ne fregava nulla, quindi non hai nessun diritto morale di lamentarti. Punto.
Chi ha votato invece quel diritto lo ha: chi ha votato per chi ha vinto, se questo non mantiene le promesse o non lo fa abbastanza, e chi ha votato per chi ha perso, visto che probabilmente la maggioranza farà cose che non approva.

E allora, vi starete chiedendo, qual è questa proposta di cui sto blaterando?

Premetto che è una proposta ai limiti della costituzionalità, probabilmente oltre: non c'è nessun articolo nella Costituzione che proibisce esplicitamente quanto propongo, ma ce ne sono che lo proibiscono implicitamente.

La proposta è la seguente: assegnare i seggi all'astensione.

Mi spiego meglio, usando come esempio la nostra Camera dei Deputati.
La Camera ha 630 seggi. La maggioranza è di 316.
Mettiamo che alle politiche si verifichi un 30% di astensione. Il 30% di 630 è 189.
Quindi 189 seggi alla Camera dovranno rimanere vuoti, i partiti si divideranno proporzionalmente gli altri 441.
Ma la maggioranza rimarrebbe 316, visto che non si tratterebbe di rimpicciolire la Camera, ma di tener conto della volontà di chi non ha votato.
Ciò significherebbe che per avere la maggioranza servirebbe avere circa il 71,6% dei seggi effettivamente occupati (cioè dei voti depositati nell'urna).
Quindi governare e legiferare sarebbe molto più difficile... e gli ignavi che non hanno votato si accorgerebbero del casino che hanno combinato e capirebbero quanto hanno precedentemente approfittato del voto di chi il proprio dovere di elettore lo ha veramente fatto (almeno si spera).

Saluti,

Mauro.

domenica 9 dicembre 2018

Porche istituzioni - Google Maps insiste

Già qualche tempo fa vi feci notare qui come Google Maps confonda uffici pubblici con salumifici.

Però ora Goggle Maps rilancia, dopo l'Emilia anche il Piemonte, per la precisione Cocconato in provincia di Asti:


Il salumificio Ferrero diventa un Behörde, cioè un ente, un ufficio pubblico.
Se volete controllare personalmente, cliccate qui.

A questo punto penso che sia qualche problema negli algoritmi di Google.

Saluti,

Mauro.

martedì 16 ottobre 2018

Porche istituzioni

No, non sono io che ce l'ho con le istituzioni (almeno non in questo momento), ma è Google Maps che fa un po' di confusione.
Guardate cosa ci propone nella località di Funo, in provincia di Bologna:


In tedesco Behörde significa ente, istituzione pubblica... ma lì si tratta di un salumificio (va be' che siamo in Emilia, però mi sembra un pochino improbabile...).

Se volete controllare da soli, andate qui.

Saluti,

Mauro.

giovedì 23 agosto 2018

Berlusconi vs. Casaleggio

Fin dall'inizio c'è stato un evidentissimo parallelo tra Forza Italia e il Movimento 5 Stelle: entrambi sono partiti di proprietà di un'azienda.
FI direttamente di Publitalia e indirettamente di Mediaset/Fininvest.
M5S direttamente di Casaleggio Associati e indirettamente di chissà chi.

Però questo evidente parallelo porta alla luce anche una differenza. Differenza che permette di rivalutare (ok, rivalutare è parola grossa, diciamo svalutare di meno) Berlusconi nei confronti dei due Casaleggio.

Berlusconi ci ha sempre messo la faccia, si è candidato, ha ricoperto cariche sia di partito che istituzionali.
I due Casaleggio invece si sono sempre nascosti, hanno sempre lavorato nell'ombra, non hanno mai voluto ricoprire cariche ma le hanno sempre volute controllare.

Pur con tutto il male che penso e ho sempre pensato di Berlusconi, non serve che vi spieghi chi tra lui e i Casaleggio è più pericoloso, vero?

Saluti,

Mauro.

martedì 24 luglio 2018

Diritto di voto molto storto

In Italia, come oggigiorno in tutte le democrazie compiute, vige il suffragio universale.
Ciò significa che chiunque abbia raggiunto la maggiore età (o un'altra età costituzionalmente definita e valida per tutti) ha diritto di esprimere il suo voto per eleggere le assemblee rappresentative nazionali e locali.
L'unica eccezione prevista è per chi ha commesso particolari gravi reati contro lo Stato, a cui possono essere tolti temporaneamente o definitivamente i diritti civili.

Fin qui tutto chiaro, almeno per chi è un minimo (ma proprio minimo) informato e (ma ancor più minimo) intelligente.
E, almeno in teoria, apparentemente tutto molto bello e molto giusto.

Il problema comincia quando tu, caprone, vai a votare perché sai che ne hai il diritto (e magari lo sai solo perché un imbonitore te lo ha urlato da un blog tra un vaffa e l'altro, non perché conosci i tuoi diritti e i tuoi doveri), ma non hai la minima idea di per cosa voti (e non intendo per quale partito, qui dei singoli partiti non me ne frega nulla), non sai come funzioni il sistema che ti permette di votare, non hai la minima idea di cosa siano le istituzioni, ecc., ecc.

Insomma, hai il diritto di voto, ma invece che diritto lo fai storto. Molto storto.

E infatti poi mi vieni a dire che è una vergogna che abbiamo governi non eletti, che tu non hai votato Mattarella e via di cazzate una più grossa dell'altra.

A te la legge concede il diritto di voto. E questo dimostra che non sempre le leggi sono fatte bene.

Io personalmente condizionerei il diritto di voto a un esame. A un semplice esame di educazione civica: devi dimostrare di sapere per cosa voti e come funziona (almeno in linea di massima) ciò per cui sei chiamato a votare.
Non chiedo un test di intelligenza, neanche uno di semplice alfabetizzazione.
No, solo due domandine (anche orali, se sei analfabeta o analfabeta funzionale o grillino, non pretendo che tu impari a leggere e scrivere solo per votare) in cui dimostri di sapere se voti per il Parlamento, per il governo, per l'assemblea di condominio o per il miglior pescivendolo del mercato e di avere almeno una vaga idea di cosa fa poi l'istituzione per cui hai votato.

Saluti,

Mauro.

domenica 8 luglio 2018

Il pesce (non) puzza dalla testa

Ultimamente ho letto più volte (sia riguardo al governo attuale che a quelli precedenti) che non si può pretendere l'onestà, la correttezza dai cittadini visto l'esempio che ci arriva dall'alto, da parte di chi ci governa.

A parte il fatto che detto "esempio" è amplificato dall'informazione e dal fatto che un rappresentante delle istituzioni è molto più visibile di un semplice cittadino.
A parte il fatto che per i rappresentanti delle istituzioni si ama far confusione tra i concetti di indagato/accusato e quelli di colpevole/condannato.
A parte tutto ciò, è proprio il discorso dell'esempio a essere assurdo, a non avere senso.

Per due motivi.

Punto primo: l'Italia (o la Germania, visto che qui succede lo stesso, anche se viene meno urlato) è una repubblica parlamentare, quindi quelli che dovrebbero "darci l'esempio" sono lì perché, direttamente o indirettamente, ce li abbiamo messi noi... quindi vuol dire che quell'esempio ce lo siamo scelti da soli. Ce lo stiamo in realtà dando da soli! Positivo o negativo che sia.

Punto secondo: la legge, almeno nelle sue parti principali, la conosciamo tutti e tutti sappiamo cosa significano legge, diritto, onestà. Quindi non abbiamo bisogno di nessun esempio per rispettare la legge, per comportarci onestamente. Dipende solo e unicamente da noi stessi.

Il pesce puzza dalla testa?
Forse, ma ricordiamoci che la testa siamo noi. Se non sempre, per lo meno nel momento in cui mettiamo la croce sulla scheda elettorale.

E allora da dove lo prendiamo l'esempio?
L'esempio, l'insegnamento in un mondo civile ce lo danno da bambini e ragazzini la famiglia e la scuola, non la politica.
La maggioranza di noi comincia a interessarsi di politica quando l'esempio ormai è già arrivato ed è già stato interiorizzato, positivo o negativo che sia stato.

La politica non c'entra. Punto.

Saluti,

Mauro.

giovedì 9 marzo 2017

La vera anima del Carnevale

A fine febbraio c'è stato il culmine del Carnevale.
E lo sapete benissimo: a me il Carnevale non piace.
Già come concetto in sè non mi piace, in quanto il concetto di base del Carnevale è l'obbligo di divertirsi, non la libertà di divertirsi.
E in Germania la cosa è di fatto istituzionalizzata.
A Colonia in particolare (anche per questo ho sempre detto che a Colonia si vive per 360 giorni all'anno splendidamente e per gli altri cinque - i giorni "duri" del Carnevale - si vive di merda).

Sullo Stern del 16 febbraio scorso Micky Beisenherz ha spiegato benissimo cosa è il Carnevale a Colonia (e in Germania in generale).
E io aggiungo: non solo a Colonia e non solo in Germania. Bensì ovunque esista il Carnevale.

Traduco qui la parte la parte essenziale dell'articolo in questione:

Il Carnevale è per me la più tedesca di tutte le feste. Allegria istituzionalizzata. Eccesso confezionato, imballato in burocrazia associazionista, gerarchicamente organizzato e logicamente - tutto deve avere del resto il suo ordine - con abbigliamento d'ordinanza, onoreficenze e berretti da buffone! E, per favore, allegria, come d'ordinanza, ma a partire dall'11.11 (undici novembre) alle 11:11. Cioè spontaneità guidata dall'orologio marcatempo.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Qui la scansione dell'articolo per chi se lo volesse leggere completo in originale:




sabato 22 agosto 2015

Indignazione prêt-à-porter

Giovedì c'è stato a Roma il funerale del patriarca del clan Casamonica.
Non certo un funerale sobrio, per così dire.
Ma di questo e dell'offesa al buon gusto non serve che ve ne parli. Ne avete letto e straletto tutti.

I Casamonica sono coinvolti nella storia nota come "Mafia Capitale". E in numerose altre, a partire dagli anni '70 fino a oggi.
E il defunto ne era il patriarca, pur non essendo personalmente mai stato condannato.

Un funerale vistoso.
Un defunto patriarca, anzi padrino.
E subito scatta l'indignazione a comando (a proposito, mi piacerebbe sapere quanti degli indignati sanno veramente per cosa sono indignati).
E subito a chiedere conto a Stato, Comune e Chiesa di questo e di quello.

Ma siamo sicuri che le istituzioni - civili o religiose che siano - debbano veramente rendere conto di qualcosa?
I Casamonica saranno anche dei delinquenti (e per alcuni di loro è stato provato processualmente che lo siano)... ma c'erano gli estremi per vietare il funerale in una forma così ostentata?
Oppure chiunque può farsi - fino a che lo fa senza contravvenire la legge - il funerale come cazzo gli pare? Anche farselo con un'accozzaglia di scelte di pessimo gusto (perché sì, per il cattivo gusto mostrato c'è da indignarsi eccome - legge o non legge)?

Per fortuna c'è anche chi sa pensare con la propria testa e fa domande e considerazioni non ipocrite su funerali, leggi civili e norme religiose, senza portare il proprio cervello all'ammasso dell'indignazione a comando.
È il caso di Cristiana Alicata nel suo "Roma. Mi dispiace, devo dirlo". Leggetelo, spiega quello che ho scritto sopra e altro. Molto meglio di come possa fare io.

Molti degli indignati a comando hanno fatto anche notare che la chiesa dove è stato celebrato il funerale del patriarca dei Casamonica è la stessa che in passato negò i funerali religiosi a Piergiorgio Welby.
E ci si dimentica che la Chiesa (come ogni associazione, partito, società, comunità religiosa, eccetera) può darsi le regole che vuole e prendere le decisioni che vuole fino a che queste non vengano a collidere con le leggi dello Stato.
A noi laici (e anche a molti cattolici) certo non piace che Casamonica abbia avuto ciò che a Welby è stato negato... ma il fatto che non ci piaccia è un conto, il fatto che andasse impedito per imperio ben altro conto.
Ma anche questo c'è chi lo ha già spiegato meglio di me: Matteo Bordone nel suo "Quel che è di Cesare". Leggete anche lui. Attentamente.

Saluti,

Mauro.

martedì 25 febbraio 2014

Tanto di cappello a Di Maio

Chi mi conosce sa benissimo che non sono un amante del M5S. Anzi.

Soprattutto non mi piace il disprezzo del M5S per le istituzioni.
Infatti si possono contestare le persone che ricoprono cariche istituzionali (e dette persone sono spesso il primo a contestarle), ma contestare le istituzioni in sé è, nel migliore dei casi, dimostrazione di crassa ignoranza.
Lasciamo perdere il peggiore dei casi.

Oggi però nei confronti di un rappresentante del M5S ho dovuto cambiare idea: il vicepresidente della Camera Di Maio ha dimostrato di essere veramente un uomo delle istituzioni.
Contrariamente a Renzi.

Questi "pizzini" lo dimostrano.

Saluti,

Mauro.

venerdì 21 febbraio 2014

Un governo di merda

Non lo ho mai detto di nessun governo. Neanche dei peggiori governi berlusconiani o del governo Amato.
Spesso ho dato della merda a primi ministri o a singoli ministri, ma mai a governi nel loro complesso.

Stavolta lo faccio. E a priori, senza neanche aspettare di vedere come opererà.

E lo faccio a ragion veduta.
In primis per il motivo per cui è nato: la sete di potere di Renzi. L'unica pietra fondativa di questo governo.
In secundis perché composto (come prevedibile) di terze linee, non di "campioni".

Del resto perché i campioni (veri o presunti che siano) dovrebbero accettare di sottomettersi a Renzi?
Lui è accentratore, non ascolta, decide prima di valutare... un campione con Renzi non può collaborare, può solo combattere.
E per questo Renzi ha incassato una serie di no tale da far arrossire pure un Berlusconi. Ma lui invece di arrossire ha semplicemente chiamato le terze linee, le mezze calzette (da ligure posso citare il nome Pinotti... in un paese civile non troverebbe lavoro neanche come lavacessi).

Guardate i nomi (dimenticate i partiti, guardate i nomi). L'Italia non ha mai avuto un governo con così pochi nomi di qualità. E per chi guarda alla notorietà: no, l'Italia non ha neanche avuto mai un governo così "ignoto" alla massa.

Ma era prevedibile.
Credete proprio che chiunque abbia o rispetto di se stesso o ambizione di potere avrebbe potuto sottomettersi a Renzi e quindi bruciarsi definitivamente?
Ma non scherziamo... uno che valga qualcosa, sia che pensi al paese sia che pensi a se stesso, si mette da parte e aspetta la caduta del ducetto circondato da mezze calzette.

Saluti,

Mauro.