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sabato 20 maggio 2017

Nessuna persona è illegale

Adesso mi attirerò caterve di insulti (e forse anche minacce)... ma comunque questa non riesco proprio a trattenerla (e poi per fortuna ho le spalle larghe).

Che ca**o di frase è "Nessuna persona è illegale", frase usata in varie manifestazioni pro accoglienza, in Italia e all'estero?
Mah, io sono per l'accoglienza... ma diffido di chi usa frasi così vuote, insensate e - soprattutto - che dimostrano incompetenza totale su diritto e legalità.

Quando è che una persona è illegale in quanto persona?
Semplicemente se è nata quando/dove/come le era proibito nascere. Cioè in nessun luogo al mondo oggi, neanche nelle peggiori dittature.

Una persona può commettere atti illegali, può essere coinvolta - consciamente o inconsciamente - in situazioni illegali, può essere vittima di atti illegali... ma non può essere illegale in sè. In nessun paese del mondo.

E anche il discorso clandestinità (a cui generalmente si riferiscono dette manifestazioni): il clandestino non è illegale in quanto persona. Semplicemente ha commesso il reato di entrare in un paese senza permesso (che poi in certi casi sia giusto chiudere un occhio se non due su detto reato concordo... ma per farlo bisogna inquadrarlo nei termini giusti... e questi termini non sono quelli della frase che contesto).

La frase "Nessuna persona è illegale" quindi non significa proprio nulla, è totalmente insensata proprio per la sua ovvietà legale.
Ma suona bene. E alle anime belle tanto basta.

Saluti,

Mauro.

sabato 22 agosto 2015

Indignazione prêt-à-porter

Giovedì c'è stato a Roma il funerale del patriarca del clan Casamonica.
Non certo un funerale sobrio, per così dire.
Ma di questo e dell'offesa al buon gusto non serve che ve ne parli. Ne avete letto e straletto tutti.

I Casamonica sono coinvolti nella storia nota come "Mafia Capitale". E in numerose altre, a partire dagli anni '70 fino a oggi.
E il defunto ne era il patriarca, pur non essendo personalmente mai stato condannato.

Un funerale vistoso.
Un defunto patriarca, anzi padrino.
E subito scatta l'indignazione a comando (a proposito, mi piacerebbe sapere quanti degli indignati sanno veramente per cosa sono indignati).
E subito a chiedere conto a Stato, Comune e Chiesa di questo e di quello.

Ma siamo sicuri che le istituzioni - civili o religiose che siano - debbano veramente rendere conto di qualcosa?
I Casamonica saranno anche dei delinquenti (e per alcuni di loro è stato provato processualmente che lo siano)... ma c'erano gli estremi per vietare il funerale in una forma così ostentata?
Oppure chiunque può farsi - fino a che lo fa senza contravvenire la legge - il funerale come cazzo gli pare? Anche farselo con un'accozzaglia di scelte di pessimo gusto (perché sì, per il cattivo gusto mostrato c'è da indignarsi eccome - legge o non legge)?

Per fortuna c'è anche chi sa pensare con la propria testa e fa domande e considerazioni non ipocrite su funerali, leggi civili e norme religiose, senza portare il proprio cervello all'ammasso dell'indignazione a comando.
È il caso di Cristiana Alicata nel suo "Roma. Mi dispiace, devo dirlo". Leggetelo, spiega quello che ho scritto sopra e altro. Molto meglio di come possa fare io.

Molti degli indignati a comando hanno fatto anche notare che la chiesa dove è stato celebrato il funerale del patriarca dei Casamonica è la stessa che in passato negò i funerali religiosi a Piergiorgio Welby.
E ci si dimentica che la Chiesa (come ogni associazione, partito, società, comunità religiosa, eccetera) può darsi le regole che vuole e prendere le decisioni che vuole fino a che queste non vengano a collidere con le leggi dello Stato.
A noi laici (e anche a molti cattolici) certo non piace che Casamonica abbia avuto ciò che a Welby è stato negato... ma il fatto che non ci piaccia è un conto, il fatto che andasse impedito per imperio ben altro conto.
Ma anche questo c'è chi lo ha già spiegato meglio di me: Matteo Bordone nel suo "Quel che è di Cesare". Leggete anche lui. Attentamente.

Saluti,

Mauro.

venerdì 29 maggio 2015

Un lavoro legale... ma anche no

Negli ultimi giorni ha fatto notizia quanto successo in Romagna, dove il Fisco si è mosso contro le prostitute della zona per ragioni, appunto, fiscali. E si è reso conto che gli strumenti a sua disposizione sono in fondo armi spuntate in questo caso.

Al di là di armi spuntate o meno... dopo questa iniziativa del Fisco si è alzata un sacco di polvere. E di ignoranza.
Da una parte chi pretende la legalizzazione della prostituzione.
Dall'altra parte chi pretende un inasprimento delle pene contro la prostituzione.
In mezzo una piccola minoranza che chiede "solo" una regolamentazione della prostituzione.

Chi ha ragione?
Dal punto di vista morale mi astengo, non perché io non abbia le mie idee, ma perché non è il tema di questo articolo.
Dal punto di vista legale... la piccola minoranza ha ragione.

Mi spiego meglio.
Il reato di prostituzione in Italia non esiste. Leggetevi pure tutti i codici... quello penale, quello civile, quello penale militare, qualsiasi altro codice italiano possa esistere... non troverete il reato di prostituzione.
Quindi coloro che si prostituiscono non commettono nessun reato.

Ora voi mi direte... e allora tutte le retate che colpiscono le prostitute e chi le "protegge"?
Allora, per quanto riguarda chi le "protegge"... prostituzione è una cosa, sfruttamento della stessa un'altra. E quest'ultimo è reato, eccome se lo è.
Per quanto riguarda le prostitute (uso il termine femminile in quanto purtroppo abituale, ma il discorso vale anche per prostituti maschi o per trans o altro)... il problema lo hanno quelle che esercitano per strada: in Italia la prostituzione non è reato, ma l'adescamento sì.
E infatti quelle che vengono processate ed eventualmente condannate lo sono per il reato di adescamento (che non ha necessariamente a che fare con i soldi... teoricamente anche una che per strada mi vedesse, decidesse che io sono un uomo di suo gradimento e facesse di tutto per convincermi ad andare a letto con lei per suo puro piacere, senza che ci siano soldi in gioco, potrebbe essere condannata per adescamento).

Ma allora, se la prostituzione è legale perché non può essere esercitata come ogni altra professione, tasse comprese?

Il problema è la vecchia legge Merlin, che nel 1958 decretò la chiusura delle cosiddette case di tolleranza, alias bordelli.
Il problema è che detta legge dichiarò illegali appunto i bordelli, ma non disse nulla sulla prostituzione in sé, non la mise fuorilegge ma neanche la regolamentò. E nei 57 anni da allora passati nessuna altra legge se ne è occupata.

Cosa significa ciò?
Che la prostituzione è legale (quindi chi dice di volerla legalizzare non sa di cosa parla e chi dice di voler aumentare le pene forse dovrebbe capire che è un po' difficile aumentare le pene per cose che, essendo legali, non sono sottoposte a pene) ma che non è regolamentata come le altre professioni.
Senza una regolamentazione ufficiale è difficile (eufemismo) poter regolare tasse, contributi pensionistici, mutualistici o altro.
E da 57 anni manca in Italia una regolamentazione per una professione che (indipendentemente da ogni possibile giudizio morale) è legale.

E pensare che prima che arrivasse quella bigotta della Lina Merlin eravamo quasi all'avanguardia in Europa.

Saluti,

Mauro.