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lunedì 20 aprile 2020

Pandemie e cambiamento climatico

Al di là del prenderli sul serio o meno, molti considerano il problema delle pandemie e quello del cambiamento climatico come problemi separati.
Sbagliato.
Sono legati tra loro.

Il riscaldamento globale è un fatto. Ci sono ancora alcuni negazionisti, ma sono quattro gatti (e soprattutto ormai cercano di negare le cause umane*, non il riscaldamento in sé).
Le pandemie sono anche un fatto. Ne stiamo vivendo una e la storia ce ne ricorda altre (tipo la spagnola del 1918).

Come vanno insieme le due cose?
In due modi diversi.

Il primo riguarda il ruolo dell'inquinamento nella diffusione dell'attuale virus, del coronavirus COVID-19.
Leggetevi i link proposti da Leonardo Becchetti.
Non serve che io aggiunga nulla a quanto detto da lui (anche in altri tweet, non solo in quello proposto).

E poi c'è una cosa indipendente dalla pandemia attuale, ma potenzialmente molto più grave e di cui ho parlato spesso con l'amica Stefania Conti.
Il riscaldamento globale fa sciogliere il permafrost.
Ma congelate nel permafrost ci sono un sacco di cose. Non solo carcasse di mammut. Anzi importante può essere quello che queste carcasse contengono.
Lo scioglimento del permafrost può liberare virus e batteri congelati da millenni... e contro cui né noi umani né gli animali odierni abbiamo difese in quanto a noi sconosciuti.
(Oltre a liberare gas metano, che aumenta l'effetto serra e quindi instaura un circolo vizioso).

Saluti,

Mauro.

*Confesso, fino a 15 anni fa avevo anch'io dubbi sulle cause umane e non naturali... ma da fisico ho letto e capito gli studi al proposito e quindi compreso che i miei dubbi erano ingiustificati. Una parte naturale c'è, ma è minima. Il grosso è colpa nostra.

P.S.:
Tre letture interessanti al proposito.
"Lo scioglimento dei ghiacci è più pericoloso del coronavirus" (essendo di inizio febbraio le affermazioni sul coronavirus sarebbero comunque da aggiornare).
"Le pandemie sono una delle conseguenze della perdita di biodiversità".
"Il virus siamo noi, nessuno si senta offeso. Un'intervista a David Quammen".

giovedì 26 settembre 2019

Greta non ci fornisce soluzioni. Non può e non deve farlo.

Io credo che molti miei lettori si siano stupiti che non abbia ancora parlato del fenomeno Greta, la ragazzina diventata icona mondiale dell'ambientalismo.
Eppure è un tema che tocca (anche se molti commentatori, sia pro che contro Greta, se ne dimenticano) due ambiti a me molto cari: scienza e politica.

Non ne ho parlato perché, con o senza Greta, il problema c'è, va affrontato e si conosce da anni. Non lo si è scoperto con l'arrivo di Greta.
Per questo motivo il tema "Greta" è per me semplicemente non interessante, non rilevante.
Il tema "riscaldamento globale" lo è.

Prima di andare avanti però va fatta un'osservazione più generale: tutti parlano della Terra, del pianeta.
Ecco, anche questo è un tema sbagliato, non è il punto corretto da affrontare.
Vedo già che strabuzzate gli occhi: Mauro allora dove vive? Su Marte? Su Venere?
No, vivo qui sulla Terra come voi.
Ma il pianeta non ha bisogno di essere salvato: si salva da solo senza problemi. Come ha sempre fatto.
Guardatevi la storia geologica della Terra: il nostro pallido punto blu (il nostro pale blue dot) ha passato ere molto peggiori di questa eppure è sempre lì a rotolare allegramente o meno attorno al Sole.

Quello che noi stiamo cercando di salvare (o che neghiamo sia in pericolo) è l'umanità o, al limite, la biosfera. Non la Terra, non il pianeta.

Ma torniamo a Greta.
Perché mi sono deciso a parlarne? Mi ha stimolato un articolo sul blog di Cristiana Alicata (chi mi segue da tempo si ricorderà di lei per il mio articolo Indignazione Prêt-à-Porter): W Greta (e una postilla per il resto del mondo).
Soprattutto ho trovato l'ultima frase dell'articolo significativa e importante: "Greta ci sta chiedendo soluzioni, non ce le sta dando".
E ciò mi ha portato a fare qualche riflessione su Twitter che sto ora cercando di ampliare in questo articolo.

Perché è infatti qui, sul discorso relativo alle soluzioni, che molti commentatori, nella frenesia di accodarsi a Greta o nell'opposta frenesia di attaccarla, sbagliano: cercano proposte per le soluzioni nei suoi discorsi.
Guardano il dito, non la Luna.

Io, sono sincero, non so se Greta ha concretamente proposto soluzioni al di là delle belle intenzioni, del grido d'allarme.
Se lo avesse fatto: non ascoltatele. Greta è il dito, non la Luna.
Ascoltate il problema.
E poi cercate le soluzioni. O meglio, cercate chi può effettivamente trovarle e applicarle.
Non è una 16enne a dovercele e potercele dare. Ma neanche un adulto non preparato sul tema può darcele.

Le soluzioni vanno cercate su due altri piani:
1) la scienza deve trovarle e proporle;
2) la politica deve poi decidere se e come finanziarle e attuarle.

Scienziati e politici.
Nessun altro.
Né 16enne, né 30enne, né 80enne.

Gli altri, tutti noi, possono/devono fare pressioni su scienza e politica perché le soluzioni vengano trovate e attuate.
Possono/devono, nel loro piccolo o nel loro grande, semplicemente inquinare il meno possibile (non inquinare è impossibile, a meno di non sterminare completamente l'umanità).
Niente di più e niente di meno.

Saluti,

Mauro.

martedì 11 giugno 2019

L'occupazione dello spazio cittadino

Non esistono solo l'inquinamento atmosferico e quello acustico.
È giusto combatterli - entrambi, ma ovviamente soprattutto il primo - se vogliamo migliorare l'ambiente in cui viviamo e soprattutto se vogliamo lasciare un mondo vivibile alle prossime generazioni.

Ma c'è un altro inquinamento, anche se pochi lo chiamerebbero con questo termine, e contribuisce altrettanto a rendere le nostre città invivibili.
Io lo chiamo inquinamento "spaziale".
E no, non c'entrano astronauti e cosmonauti. C'entra lo spazio che abbiamo a disposizione nelle nostre città.
E questo spazio è sempre più occupato da veicoli di ogni tipo. Ce n'è sempre meno a disposizione per gli esseri viventi (umani e no).
E questo problema, questo inquinamento, non cambia se camion, auto e moto sono diesel o elettriche o qualsiasi altra cosa. Anzi, per quanto possa sembrare un paradosso, anche le biciclette contribuiscono.

Oltre alle politiche per ridurre le emissioni servono politiche per ridurre l'occupazione dello spazio cittadino da parte delle ruote a scapito dei piedi.

Prima che ci fraintendiamo: non voglio la sparizione dei mezzi di trasporto (di ogni tipo), voglio solo che se ne ripensi l'uso.
Uso in molti casi necessario (e allora lo difendo a spada tratta, che si tratti di camion, auto o biciclette).
In molti altri però no (e allora lo combatto, indipendentemente dal mezzo di trasporto usato).
E in particolare: sono per una crescita del trasporto pubblico (a prezzi ragionevoli, ma non sottocosto, visto che ciò spingerebbe a usarlo anche quando non serve e quindi lo gonfierebbe oltremisura).

Saluti,

Mauro.

giovedì 6 luglio 2017

Lo scappamento dell'auto elettrica

©Stern

Vedete la centrale a carbone? È lo scappamento della nuova auto elettrica di papà.

Saluti,

Mauro.