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martedì 6 ottobre 2020

Il decreto di Washington - reprise

Nel 2017 scrissi questo articolo in cui di fatto dicevo che lo scrittore danese Jussi Adler Olsen nel 2006 aveva "previsto" Donald Trump.

Ai tempi, oltre all'originale danese, esisteva solo la traduzione in tedesco.
Quella in italiano purtroppo la aspettiamo ancora, ma fortunatamente dal 2018 è disponibile anche quella inglese: "The Washington Decree", pubblicato da Penguin Random House.

E dato che i paralleli tra quel presidente fittizio e Trump non sono venuti meno, vi invito a procurarvelo e leggerlo.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 1 febbraio 2017

Il decreto di Washington

Trump negli Stati Uniti è partito col botto.
Muri, blocchi per interi paesi, ecc.
Coerente con la sua campagna elettorale.

Ma anche legittimo, legale?
Probabilmente sì: ricordatevi che Trump è sottomesso solo alle leggi degli Stati Uniti e ai trattati internazionali che gli Stati Uniti hanno già ratificato.
Di tutto il resto (fino a che il Congresso glielo concede) può fregarsene (indipendentemente da come noi possiamo valutare la cosa eticamente e moralmente).

Ma quanto sta succedendo a Washington a me ha ricordato qualcosa.

Per la precisione un romanzo letto un paio di anni fa. Un romanzo di un autore danese, Jussi Adler-Olsen, di cui avevo già parlato qui per un romanzo che continuo a considerare un capolavoro.
Il romanzo a cui però mi riferisco oggi è un romanzo più recente. Tutto sommato - a mio personale parere - di valore letterario inferiore a quello di cui parlai allora, ma molto interessante e - dopo gli ultimi avvenimenti negli USA - inquietante.
Il romanzo in questione (guarda caso mai pubblicato in Italia, come anche quello di cui già parlai, mentre i gialli di Adler-Olsen, non memorabili, sono disponibili in versione italiana) si intitola in originale danese "Washington Dekretet", nella versione tedesca da me letta invece "Das Washington Dekret".
La traduzione letterale in italiano sarebbe, appunto, "Il decreto di Washington".

Il romanzo (del 2006, quindi scritto ancora in era George W. Bush) parla di un neo eletto presidente USA che a forza di decreti (o meglio executive orders) rende gli USA sempre più autoritari e liberticidi.
Le somiglianze tra l'inizio di quel presidente fittizio (che poi si scoprirà essere manipolato da uno strettissimo collaboratore) e l'inizio di Trump sono incredibili.
Speriamo ciò riguardi solo gli inizi e non il prosieguo.

Se qualcuno volesse leggere il romanzo, come detto non esiste la versione italiana.
Quella tedesca che ho letto io è stata pubblicata da dtv nel 2013. L'originale danese è stato pubblicato da Aschehoug Dansk Forlag nel 2006.
Purtroppo a quanto mi risulta non è stato tradotto neanche in inglese. Ma forse sapevano che avrebbe potuto essere profetico e si sono spaventati.

Saluti,

Mauro.

domenica 8 marzo 2015

I misteri del tedesco 3 - Culto e cultura

Sì, stasera parliamo di culto e cultura.
Per molte persone le due parole sono in antitesi (e, prese alla lettera, vale anche per me)... ma, comunque sia, dette parole riservano qui in Germania sorprese decisamente interessanti.

Prima di vedere queste sorprese, vediamo di scoprire se ci sono differenze di significato tra italiano e tedesco.

Culto in tedesco si traduce Kult. E la parola nelle due lingue ha lo stesso identico significato.
Cultura in tedesco si traduce Kultur. E la parola nelle due lingue ha lo stesso identico significato.

Premesso ciò, si può aggiungere che in tedesco (contrariamente alla maggioranza delle altre lingue) si fa grande uso delle parole composte.
Un esempio banale (che non c'entra col tema di questo articolo): in Italia (e nella maggioranza dei paesi) c'è il Ministero degli Interni, mentre in Germania c'è l'Innenministerium, parola unica dove Innen=interni e Ministerium=ministero.

Torniamo a culto e cultura.

In Italia (e non solo) l'istruzione (e quindi la cultura) è gestita dal ministero dell'istruzione (che, appunto, in alcuni paesi - vedi Francia - è il ministero per la cultura).
In Germania tale settore nei vari stati federali è gestito dal Kultusministerium, cioè dal Ministero del Culto (se volete capire perché in questo caso si scrive Kultus e non Kult, leggete quanto scrissi sulla Bundesliga).

In compenso, qui in Germania, se la cultura non va a scuola, va comunque in viaggio.
Infatti noi viaggiatori abbiamo sempre con noi un nécessaire dove teniamo spazzolino da denti, dentifricio, rasoio e ammenicoli vari necessari per l'igiene personale.
Ecco, in tedesco questo oggetto si chiama Kulturbeutel, che tradotto letteralmente significa borsa/busta (Beutel) di cultura (Kultur).

Insomma... in Germania la cultura va in bagno, mentre a scuola va solo il culto.

Saluti,

Mauro.

giovedì 15 maggio 2014

Citazioni e traduzioni (per tacer dei nomi)

Una delle citazioni più amate e diffuse della storia dell'umanità è l'abusata "cogito ergo sum" di Cartesio.

A parte che Cartesio non è mai esistito... infatti lo scienziato e filosofo francese si chiamava René Descartes, non Cartesio (e io odio il cambiare i nomi: quando qui in Germania, per esempio, sento che l'America venne scoperta da Kolumbus e non da Colombo vengo preso da manie omicide... indipendentemente dal fatto che in America i vichinghi di Erik il Rosso ci arrivarono prima di Colombo, ma questo non c'entra con nomi e traduzioni).

A parte ciò, dicevo, siamo sicuri che la citazione sia poi così corretta?
No, nonostante la diffusione della citazione, direi proprio di no.

Per prima cosa va detto che Descartes non scrisse solo in latino, anzi alcuni dei suoi lavori più importanti li scrisse direttamente in lingua "volgare", che per lui era il francese.
E infatti il "cogito ergo sum" nacque nel 1637 come "je pense, donc je suis". In francese, appunto.
E quando Descartes riprese la frase in latino in un lavoro successivo (1641) la scrisse in un latino grammaticalmente corretto e completo come "ego cogito, ergo sum".

La versione ormai purtroppo universalmente accettata "cogito ergo sum" quindi non è mai esistita in Descartes. Solo nei suoi commentatori ed epigoni.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 11 aprile 2012

In che lingua si legge

Come molti dei miei pochi lettori sanno, io sono un appassionato di letteratura gialla scandinava (va beh, in realtà sono appassionato di letteratura in generale, non solo gialla e non solo scandinava, ma questo ora ci porta fuori tema).
Gli autori scandinavi cerco sempre di leggerli in tedesco. E questo stupisce chi lo nota. Sembra che, essendo io non tedesco, in tedesco debba poter leggere solo autori tedeschi. Tutti gli altri in italiano oppure, al limite (ma proprio al limite), in inglese.

E invece no. Io mi stupisco di questo stupore (che tutto sommato trovo anche un po' razzistico).
Io posso permettermi di leggere testi impegnativi, lunghi in tre lingue: italiano, tedesco e inglese (cosine brevi, non troppo difficili anche in francese e olandese... ma ciò esclude romanzi seri e saggistica impegnata, quindi queste due lingue ora dimentichiamole).

E allora?, direte voi. Cosa c'entra con gli autori scandinavi?
C'entra, c'entra. Perché se io devo leggere, per esempio, un romanzo spagnolo prediligo leggerlo in traduzione italiana, mentre un romanzo svedese preferisco leggerlo in traduzione tedesca.
E perché? Molto semplice: italiano e spagnolo sono imparentati, quindi un buon traduttore italiano renderà quel romanzo spagnolo sempre meglio di un buon traduttore tedesco, e a loro volta svedese e tedesco sono imparentati, quindi in questo caso un buon traduttore tedesco renderà quel romanzo svedese sempre meglio di un buon traduttore italiano. Tutto qui.

Quindi i miei amati scandinavi continuerò a leggermeli in tedesco.
E continuerò a dover sopportare lo stupore dei tonti (eufemismo).

Saluti,

Mauro.