Due anni fa, il 22 luglio 2011, avvenne la strage di Utøya.
Credo tutti ricordiate ancora abbastanza gli eventi e del resto anche su questo blog ne parlammo più volte; qui, qui, qui e qui.
Ora due anni dopo, a mente fredda, oltre a ricordare e a piangere le vittime si può fare un'ulteriore osservazione "politica" sulla strage stessa. E (forse) imparare qualcosa.
La strage di Utøya fu un atto terroristico, un atto politico. E questo è ormai accettato. Almeno dalle persone che sanno usare i propri neuroni (quindi non il Feltri citato in uno degli articoli di cui sopra).
Oggi però possiamo anche dire chiaramente che fu anche una strage razzista.
Ed è questo che pochi capiscono: un norvegese che uccide altri norvegesi! Mica ha sterminato congolesi o vietnamiti! Come fa a essere razzista?
Eppure sì, il punto principale è proprio questo: il razzismo. Perché Breivik "accusava" i socialdemocratici (in particolare i giovani socialdemocratici) norvegesi di aprire le porte del paese al multiculturalismo.
E in questo Breivik si è comunque dimostrato molto più intelligente del razzista medio (il Calderoli o il Le Pen per intendersi): quest'ultimo si scaglia contro altri popoli, altre "razze" (tra virgolette perché la biologia, in particolare grazie agli studi di Luca Cavalli-Sforza, ha dimostrato che non esistono se non a livello, per così dire, estetico) e quindi è subito visibile, è subito attaccabile e alla fine può far più casino che danni.
Un Breivik invece attacca non chi è straniero, ma chi allo straniero apre... quindi spesso non viene riconosciuto come razzista (ma solo come pazzo) e per di più dimostra di capire chi sono i suoi veri nemici (lo straniero delle sue idee generalmente non sa niente, il connazionale antirazzista sì e le combatte).
Insomma, Breivik è sì psicopatico... ma sa benissimo quello che ha fatto (e che rifarebbe se ne dovesse avere l'occasione).
Non è incapace di intendere e di volere.
Saluti,
Mauro.
Senza Pitagora e senza Erone
14 ore fa
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