E prendete il treno.
"Perde il lavoro per i ritardi del treno: giovane fa causa alle ferrovie francesi".
Qui in Germania ormai l'economia è talmente regolata sui ritardi dei treni che le ferrovie tedesche rischiano di venire denunciate quando rispettano gli orari :-(
Saluti,
Mauro.
venerdì 30 luglio 2010
giovedì 29 luglio 2010
Siamo tutti matti
Nel 2013 arriverà il nuovo aggiornamento del "Manuale diagnostico e statistico" (DSM) riguardante la psichiatria... insomma, nel linguaggio di noi laici, le malattie mentali.
E a leggere gli articoli al proposito (come quello scritto da Emanuela Di Pasqua sul Corriere della Sera Salute) si direbbe che sarà una rivoluzione. In pratica, in parole molto povere, sminuendo determinate patologie si arriverebbe a poter definire chiunque malato (in senso psichiatrico).
Ora, io non sono in grado di valutare scientificamente da un punto di vista medico-psichiatrico la cosa (sono solo un povero fisico), però due pensieri mi sono venuti. Uno positivo e uno negativo.
Quello positivo è che tale nuova definizione dei disturbi psichiatrici in fondo ufficializza ciò che ogni persona di buon senso ha sempre saputo, cioè che la normalità non esiste. Ogni persona è diversa da ogni altra persona, quindi se per essere sani bisogna essere la persona media... è statisticamente chiaro che nessuno può essere considerato sano. Per fortuna, aggiungerei io.
Il pensiero negativo è che l'allargamento del "parco pazienti" verrebbe a gran vantaggio dell'industria farmaceutica, visto che sempre più patologie mentali (non sempre giustificatamente) vengono trattate in maniera farmacologica e non psichiatrica-psicologica. Mi verrebbe da chiedere quanti finanziamenti "Big Pharma" ha garantito a questa edizione del manuale e ai suoi curatori...
Saluti,
Mauro.
E a leggere gli articoli al proposito (come quello scritto da Emanuela Di Pasqua sul Corriere della Sera Salute) si direbbe che sarà una rivoluzione. In pratica, in parole molto povere, sminuendo determinate patologie si arriverebbe a poter definire chiunque malato (in senso psichiatrico).
Ora, io non sono in grado di valutare scientificamente da un punto di vista medico-psichiatrico la cosa (sono solo un povero fisico), però due pensieri mi sono venuti. Uno positivo e uno negativo.
Quello positivo è che tale nuova definizione dei disturbi psichiatrici in fondo ufficializza ciò che ogni persona di buon senso ha sempre saputo, cioè che la normalità non esiste. Ogni persona è diversa da ogni altra persona, quindi se per essere sani bisogna essere la persona media... è statisticamente chiaro che nessuno può essere considerato sano. Per fortuna, aggiungerei io.
Il pensiero negativo è che l'allargamento del "parco pazienti" verrebbe a gran vantaggio dell'industria farmaceutica, visto che sempre più patologie mentali (non sempre giustificatamente) vengono trattate in maniera farmacologica e non psichiatrica-psicologica. Mi verrebbe da chiedere quanti finanziamenti "Big Pharma" ha garantito a questa edizione del manuale e ai suoi curatori...
Saluti,
Mauro.
martedì 27 luglio 2010
Lo sport nazionale
Anche in Germania lo sport nazionale è lo scaricabarile.
Dopo la tragedia di Duisburg di sabato scorso ("Doveva succedere") che bella gara a chi scarica meglio le responsabilità tra organizzazione, autorità cittadina, polizia e anche i partecipanti stessi.
Tutto il mondo è paese.
Saluti,
Mauro.
Dopo la tragedia di Duisburg di sabato scorso ("Doveva succedere") che bella gara a chi scarica meglio le responsabilità tra organizzazione, autorità cittadina, polizia e anche i partecipanti stessi.
Tutto il mondo è paese.
Saluti,
Mauro.
domenica 25 luglio 2010
Lettera di un operaio
Senza commenti, solo la lettera scritta dall'operaio FIAT Massimiliano Cassaro a Sergio Marchionne, amministratore delegato della stessa FIAT, e pubblicata oggi sull'Unità.
Saluti,
Mauro.
---
Caro Sergio, Non posso nascondere l’emozione provata quando ho trovato la sua missiva, ho pensato fosse la comunicazione di un nuovo periodo di cassa integrazione e invece era la lettera del «padrone», anzi, chiedo scusa: la lettera di un collega. Ho scoperto che abbiamo anche una cosa in comune, siamo nati entrambi in Italia. Mi trova d’accordo quando dice che ci troviamo in una situazione molto delicata e che molte famiglie sentono di più il peso della crisi. Aggiungerei però che sono le famiglie degli operai, magari quelle monoreddito, a pagare lo scotto maggiore, non la sua famiglia. Io conosco la situazione più da vicino e, a differenza sua, ho molti amici che a causa dei licenziamenti, dei mancati rinnovi contrattuali o della cassa integrazione faticano ad arrivare a fine mese. Ma non sono certo che lei afferri realmente cosa voglia dire.
Quel che è certo è che lei ha centrato il nocciolo della questione: il momento è delicato. Quindi, che si fa? La sua risposta, mi spiace dirlo, non è quella che speravo. Lei sostiene che sia il caso di accettare «le regole del gioco» perché «non l’abbiamo scelte noi». Chissà come sarebbe il nostro mondo se anche Rosa Lee Parks, Martin Luther King, Dante Di Nanni, Nelson Mandela, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Emergency, Medici senza Frontiere e tutti i guerrieri del nonostante che tutti i giorni combattono regole ingiuste e discriminanti, avessero semplicemente chinato la testa, teorizzando che il razzismo, le dittature, la mafia o le guerre fossero semplicemente inevitabili, e che anziché combatterle sarebbe stato meglio assecondarle, adattarsi. La regola che porta al profitto diminuendo i diritti dei lavoratori è una regola ingiusta e nel mio piccolo, io continuerò a crederlo e a oppormi.
Per quel che riguarda Pomigliano, le soluzioni che propone non mi convincono. Aumentare la competitività riducendo il benessere dei lavoratori è una soluzione in cui gli sforzi ricadono sugli operai. Lei saprà meglio di me come gestire un’azienda, però quando parla di «anomalie» a Pomigliano, non posso non pensare che io non conoscerò l'alta finanza, ma probabilmente lei non ha la minima idea di cosa sia realmente, mi passi l’espressione, «faticare».
Non so se lei ha mai avuto la fortuna di entrare in una fonderia. Beh, io ci lavoro da 13 anni e mentre il telegiornale ci raccomanda di non uscire nelle ore più calde, io sono a diretto contatto con l’alluminio fuso e sudo da stare male. Le posso garantire che è già tutto sufficientemente inumano. Costringere dei padri di famiglia ad accettare condizioni di lavoro ulteriormente degradanti, e quel che peggio svilenti della loro dignità di lavoratori, non è una strategia aziendale: è una scappatoia. Ma parliamo ora di cose belle. Mi sono nuovamente emozionato quando nella lettera ci ringrazia per quello che abbiamo fatto dal 2004 ad oggi, d’altronde come lei stesso dice «la forza di un’ organizzazione non arriva da nessuna altra parte se non dalle persone che ci lavorano». Spero di non sembrarle venale se le dico che a una virile stretta di mano avrei preferito il Premio di risultato in busta paga oppure migliori condizioni di lavoro. Oppure poteva concedere il rinnovo del contratto a tutti i ragazzi assunti per due giorni oppure una settimana solo per far fronte ai picchi di produzione, sfruttati con l’illusione di un rinnovo e poi rispediti a casa. Lei dice che ci siete riconoscenti. Ci sono molti modi di dimostrare riconoscenza. Perché se, come pubblicano i giornali, la Fiat ha avuto un utile di 113 milioni di euro, ci viene negato il Premio di produzione? Ma immagino che non sia il momento di chiedere. D’altronde dopo tanti anni ho imparato: quando l’azienda va male non è il momento di chiedere perché i conti vanno male e quando l’azienda guadagna non è il momento di fermarsi a chiedere, è il momento di stringere i denti per continuare a far si che le cose vadano bene.
Lei vuole insegnarci che questa «è una sfida che si vince tutti insieme o tutti insieme si perde». Immagino che comprenda le mie difficoltà a credere che lei, io, i colleghi di Pomigliano e i milioni di operai che dipendono dalle sue decisioni, rischiamo alla pari. Se si perderà noi perderemo, lei invece prenderà il suo panfilo e insieme alla sua liquidazione a svariati zeri veleggerà verso nuovi lidi. Noi tremeremo di paura pensando ai mutui e ai libri dei ragazzi, e accetteremo lavori con trattamenti ancora più più svilenti, perché quello che lei finge di non sapere, caro Sergio, è che quello che impone la Fiat, in Italia, viene poi adottato e imposto da ogni altro grande settore dell’industria.
Spero che queste righe scritte con il cuore non siano il sigillo della mia lettera di licenziamento. Solo negli ultimi tempi ho visto licenziare cinque miei colleghi perché non condividevano l’idea «dell’entità astratta, azienda». Ora chiudo, anche se scriverle è stato bello. Spererei davvero che quando mi chiede se per i miei figli e i miei nipoti vorrei un futuro migliore di questo, guardassimo tutti e due verso lo stesso futuro. Temo invece che il futuro prospettato ai nostri figli sia un futuro fatto di iniquità, di ingiustizia e connotato da una profonda mancanza di umanità. (...) Un futuro in cui si devono accettare le regole, anche se ingiuste, perché non le abbiamo scelte noi. Sappia che non è così, lei può scegliere. Insieme, lei e noi possiamo cambiarle quelle regole, cambiarle davvero, anche se temo che non sia questo il suo obbiettivo (...). A lei le cose vanno già molto bene così. Sappia che non ha il mio appoggio e che continuerò ad impegnarmi perché un altro mondo sia possibile. Buon lavoro anche a lei.
Massimiliano Cassaro
Saluti,
Mauro.
---
Caro Sergio, Non posso nascondere l’emozione provata quando ho trovato la sua missiva, ho pensato fosse la comunicazione di un nuovo periodo di cassa integrazione e invece era la lettera del «padrone», anzi, chiedo scusa: la lettera di un collega. Ho scoperto che abbiamo anche una cosa in comune, siamo nati entrambi in Italia. Mi trova d’accordo quando dice che ci troviamo in una situazione molto delicata e che molte famiglie sentono di più il peso della crisi. Aggiungerei però che sono le famiglie degli operai, magari quelle monoreddito, a pagare lo scotto maggiore, non la sua famiglia. Io conosco la situazione più da vicino e, a differenza sua, ho molti amici che a causa dei licenziamenti, dei mancati rinnovi contrattuali o della cassa integrazione faticano ad arrivare a fine mese. Ma non sono certo che lei afferri realmente cosa voglia dire.
Quel che è certo è che lei ha centrato il nocciolo della questione: il momento è delicato. Quindi, che si fa? La sua risposta, mi spiace dirlo, non è quella che speravo. Lei sostiene che sia il caso di accettare «le regole del gioco» perché «non l’abbiamo scelte noi». Chissà come sarebbe il nostro mondo se anche Rosa Lee Parks, Martin Luther King, Dante Di Nanni, Nelson Mandela, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Emergency, Medici senza Frontiere e tutti i guerrieri del nonostante che tutti i giorni combattono regole ingiuste e discriminanti, avessero semplicemente chinato la testa, teorizzando che il razzismo, le dittature, la mafia o le guerre fossero semplicemente inevitabili, e che anziché combatterle sarebbe stato meglio assecondarle, adattarsi. La regola che porta al profitto diminuendo i diritti dei lavoratori è una regola ingiusta e nel mio piccolo, io continuerò a crederlo e a oppormi.
Per quel che riguarda Pomigliano, le soluzioni che propone non mi convincono. Aumentare la competitività riducendo il benessere dei lavoratori è una soluzione in cui gli sforzi ricadono sugli operai. Lei saprà meglio di me come gestire un’azienda, però quando parla di «anomalie» a Pomigliano, non posso non pensare che io non conoscerò l'alta finanza, ma probabilmente lei non ha la minima idea di cosa sia realmente, mi passi l’espressione, «faticare».
Non so se lei ha mai avuto la fortuna di entrare in una fonderia. Beh, io ci lavoro da 13 anni e mentre il telegiornale ci raccomanda di non uscire nelle ore più calde, io sono a diretto contatto con l’alluminio fuso e sudo da stare male. Le posso garantire che è già tutto sufficientemente inumano. Costringere dei padri di famiglia ad accettare condizioni di lavoro ulteriormente degradanti, e quel che peggio svilenti della loro dignità di lavoratori, non è una strategia aziendale: è una scappatoia. Ma parliamo ora di cose belle. Mi sono nuovamente emozionato quando nella lettera ci ringrazia per quello che abbiamo fatto dal 2004 ad oggi, d’altronde come lei stesso dice «la forza di un’ organizzazione non arriva da nessuna altra parte se non dalle persone che ci lavorano». Spero di non sembrarle venale se le dico che a una virile stretta di mano avrei preferito il Premio di risultato in busta paga oppure migliori condizioni di lavoro. Oppure poteva concedere il rinnovo del contratto a tutti i ragazzi assunti per due giorni oppure una settimana solo per far fronte ai picchi di produzione, sfruttati con l’illusione di un rinnovo e poi rispediti a casa. Lei dice che ci siete riconoscenti. Ci sono molti modi di dimostrare riconoscenza. Perché se, come pubblicano i giornali, la Fiat ha avuto un utile di 113 milioni di euro, ci viene negato il Premio di produzione? Ma immagino che non sia il momento di chiedere. D’altronde dopo tanti anni ho imparato: quando l’azienda va male non è il momento di chiedere perché i conti vanno male e quando l’azienda guadagna non è il momento di fermarsi a chiedere, è il momento di stringere i denti per continuare a far si che le cose vadano bene.
Lei vuole insegnarci che questa «è una sfida che si vince tutti insieme o tutti insieme si perde». Immagino che comprenda le mie difficoltà a credere che lei, io, i colleghi di Pomigliano e i milioni di operai che dipendono dalle sue decisioni, rischiamo alla pari. Se si perderà noi perderemo, lei invece prenderà il suo panfilo e insieme alla sua liquidazione a svariati zeri veleggerà verso nuovi lidi. Noi tremeremo di paura pensando ai mutui e ai libri dei ragazzi, e accetteremo lavori con trattamenti ancora più più svilenti, perché quello che lei finge di non sapere, caro Sergio, è che quello che impone la Fiat, in Italia, viene poi adottato e imposto da ogni altro grande settore dell’industria.
Spero che queste righe scritte con il cuore non siano il sigillo della mia lettera di licenziamento. Solo negli ultimi tempi ho visto licenziare cinque miei colleghi perché non condividevano l’idea «dell’entità astratta, azienda». Ora chiudo, anche se scriverle è stato bello. Spererei davvero che quando mi chiede se per i miei figli e i miei nipoti vorrei un futuro migliore di questo, guardassimo tutti e due verso lo stesso futuro. Temo invece che il futuro prospettato ai nostri figli sia un futuro fatto di iniquità, di ingiustizia e connotato da una profonda mancanza di umanità. (...) Un futuro in cui si devono accettare le regole, anche se ingiuste, perché non le abbiamo scelte noi. Sappia che non è così, lei può scegliere. Insieme, lei e noi possiamo cambiarle quelle regole, cambiarle davvero, anche se temo che non sia questo il suo obbiettivo (...). A lei le cose vanno già molto bene così. Sappia che non ha il mio appoggio e che continuerò ad impegnarmi perché un altro mondo sia possibile. Buon lavoro anche a lei.
Massimiliano Cassaro
sabato 24 luglio 2010
Doveva succedere
In queste ore tutti (o quasi) stanno parlando della strage avvenuta alla Love Parade a Duisburg.
Alcuni titoli: "Strage nella ressa alla Love Parade", "Duisburg, quindici morti alla Love Parade", "Panico a Love Parade, 15 morti in ressa", ecc. ecc.
Ecco, io a Duisburg ci lavoro, ci sono ogni giorno, so come è fatta la città. E dico: non poteva NON succedere.
La città non ha la struttura per accogliere simili masse, l'area scelta non era assolutamente pronta (ho potuto vedere coi miei occhi ieri pomeriggio lo stato dei lavori), le autorità cittadine hanno solo pensato ai possibili introiti turistici.
In breve: non è stata una fatalità. Qualunque persona sana di mente sapeva che qualcosa del genere sarebbe successo. Però ci sono interessi che vanno oltre la sicurezza delle persone.
Saluti,
Mauro.
Alcuni titoli: "Strage nella ressa alla Love Parade", "Duisburg, quindici morti alla Love Parade", "Panico a Love Parade, 15 morti in ressa", ecc. ecc.
Ecco, io a Duisburg ci lavoro, ci sono ogni giorno, so come è fatta la città. E dico: non poteva NON succedere.
La città non ha la struttura per accogliere simili masse, l'area scelta non era assolutamente pronta (ho potuto vedere coi miei occhi ieri pomeriggio lo stato dei lavori), le autorità cittadine hanno solo pensato ai possibili introiti turistici.
In breve: non è stata una fatalità. Qualunque persona sana di mente sapeva che qualcosa del genere sarebbe successo. Però ci sono interessi che vanno oltre la sicurezza delle persone.
Saluti,
Mauro.
venerdì 23 luglio 2010
Forse non ha tutti i torti...
"I vestiti griffati sono il burqa delle donne italiane" (Oliviero Toscani).
Dimentica però di dire che lui ha contribuito alla diffusione di questo "burqa"...
Saluti,
Mauro.
Dimentica però di dire che lui ha contribuito alla diffusione di questo "burqa"...
Saluti,
Mauro.
giovedì 22 luglio 2010
Gravità e gravità... reprise
Il giornalismo e la scienza sembrano proprio due entità incompatibili, almeno in Italia. E se ve lo dice uno che è fisico di professione e giornalista per hobby...
Negli ultimi giorni sono usciti su vari giornali (per onestà va detto: non solo italiani) articoli sensazionalistici tipo: "Newton si è sbagliato, la gravità non esiste".
Peccato che lo scienziato citato (che può aver torto come ragione, non è la verifica delle sue affermazioni lo scopo di questo mio intervento), cioè Erik P. Verlinde, dica ben altre cose.
Cioè che la gravità esiste, eccome se esiste, ma forse potrebbe essere non una forza fondamentale, bensì il derivato di altre forze (detto terra terra). E per di più lui presenta ipotesi di studio, non certezze provate.
Per chi non si accontenta delle cose dette terra terra... qui si può scaricare l'articolo in cui espone le sue ipotesi: "On the origin of gravity and the laws of Newton".
Saluti,
Mauro.
Negli ultimi giorni sono usciti su vari giornali (per onestà va detto: non solo italiani) articoli sensazionalistici tipo: "Newton si è sbagliato, la gravità non esiste".
Peccato che lo scienziato citato (che può aver torto come ragione, non è la verifica delle sue affermazioni lo scopo di questo mio intervento), cioè Erik P. Verlinde, dica ben altre cose.
Cioè che la gravità esiste, eccome se esiste, ma forse potrebbe essere non una forza fondamentale, bensì il derivato di altre forze (detto terra terra). E per di più lui presenta ipotesi di studio, non certezze provate.
Per chi non si accontenta delle cose dette terra terra... qui si può scaricare l'articolo in cui espone le sue ipotesi: "On the origin of gravity and the laws of Newton".
Saluti,
Mauro.
lunedì 19 luglio 2010
Mare a Genova
Una bella serie di foto a confronto, da un lato il mare di Genova oggi, dall'altro quello di un secolo e più fa.
Saluti,
Mauro.
Saluti,
Mauro.
domenica 18 luglio 2010
Io c'ero...
...al party sull'autostrada :-)
Aggiunta del 19.07.2010: il simbolo del nostro tavolo... il Tricolore!!!
Aggiunta del 19.07.2010: il simbolo del nostro tavolo... il Tricolore!!!
Mauro.
venerdì 16 luglio 2010
A me, me pare 'na strunzata...
Secondo una ricercatrice dell'università di Colonia in Germania (Lysann Damisch), la superstizione aiuta gli atleti a ottenere risultati migliori, come riassunto in questo articolo di Repubblica.
Mah... tanto per dirla con i Trettré... a me, me pare 'na strunzata.
Del resto, non dimentichiamoci che i tedeschi sono quelli che fanno fare i pronostici ai polpi...
Saluti,
Mauro.
Mah... tanto per dirla con i Trettré... a me, me pare 'na strunzata.
Del resto, non dimentichiamoci che i tedeschi sono quelli che fanno fare i pronostici ai polpi...
Saluti,
Mauro.
giovedì 15 luglio 2010
Ministero fantasma
Circa un mese fa venne creato il "Ministero per la sussidiarietà e il decentramento" e venne nominato titolare dello stesso il pidiellino Aldo Brancher.
Come tutti ricorderete Brancher dovette dimettersi dopo un paio di settimane a causa delle polemiche seguite al suo voler sfruttare il legittimo impedimento per non presenziare alle udienze di un processo in cui è coinvolto.
Ora io mi stavo però chiedendo una cosa...
Il ministero è stato creato ex novo e il ministro designato si è dovuto dimettere alla svelta... il ministro sappiamo quindi che fine ha fatto... ma che fine ha fatto il ministero? Esiste ancora? Cancellato? Gestito ad interim?
Boh!
Saluti,
Mauro.
Come tutti ricorderete Brancher dovette dimettersi dopo un paio di settimane a causa delle polemiche seguite al suo voler sfruttare il legittimo impedimento per non presenziare alle udienze di un processo in cui è coinvolto.
Ora io mi stavo però chiedendo una cosa...
Il ministero è stato creato ex novo e il ministro designato si è dovuto dimettere alla svelta... il ministro sappiamo quindi che fine ha fatto... ma che fine ha fatto il ministero? Esiste ancora? Cancellato? Gestito ad interim?
Boh!
Saluti,
Mauro.
mercoledì 14 luglio 2010
Bacco e Venere (senza Tabacco)
A me piace il buon vino.
A me piacciono le belle donne.
Quindi credo che metterò alla prova quanto scritto da Eleonora Cozzella nell'articolo "Dieci vini per sedurre" (su l'Espresso food&wine del 10 luglio 2010).
Poi vi farò sapere se e come ha funzionato.
L'unica cosa che vi posso dire con certezza fin d'ora è che non ci sarà la sigaretta "dopo", visto che non fumo :-)
Saluti,
Mauro.
A me piacciono le belle donne.
Quindi credo che metterò alla prova quanto scritto da Eleonora Cozzella nell'articolo "Dieci vini per sedurre" (su l'Espresso food&wine del 10 luglio 2010).
Poi vi farò sapere se e come ha funzionato.
L'unica cosa che vi posso dire con certezza fin d'ora è che non ci sarà la sigaretta "dopo", visto che non fumo :-)
Saluti,
Mauro.
Un caso di plagio?
Si sa che essere originali è difficile e che è normale che chi ha scritto qualcosa in passato ci possa ispirare e dare spunti... però certe volte le similitudini tra due storie sono un po' troppo evidenti... e allora viene un sospetto: ispirazione o plagio?
E due storie che ho appena letto (o meglio: sto leggendo, dato che la seconda non la ho ancora finita) questo sospetto lo mettono certamente.
La prima è un racconto di Georges Simenon del 1946 con protagonista il commissario Maigret: "On ne tue pas le pauvres types" ("Non si uccidono così i poveri diavoli").
È la storia di un uomo anonimo, stressato dalla moglie e dai figli, che un giorno vince una notevole somma alla lotteria e invece di piantare tutto si costruisce una vita parallela. Lascia il lavoro, affitta una casetta lontana dall'abitazione di famiglia e continua a uscire di casa con gli orari di sempre, solo che invece di passare le giornate in ufficio le passa in questa casa o a giocare a biliardo o a pescare. E fa arrivare a casa regolarmente lo stipendio in modo che la moglie non si accorga di nulla.
Alla fine rimane vittima di un delitto.
La seconda è l'ultimo romanzo di Håkan Nesser con protagonista il commissario Gunnar Barbarotti, "Berättelse om herr Roos" ("L'uomo con due vite"), scritto nel 2008. Nesser è uno dei miei amati autori gialli scandinavi (vedasi anche questo intervento).
È la storia di un uomo anonimo, stressato dalla moglie e dalle figliastre, che un giorno vince una notevole somma al lotto e invece di piantare tutto si costruisce una vita parallela. Lascia il lavoro, compra una casetta isolata nel bosco e contnua a uscire con gli orari di sempre, solo che invece di passare le giornate in ufficio le passa in questa casetta o a camminare nei boschi. E fa arrivare a casa regolarmente lo stipendio in modo che la moglie non si accorga di nulla.
Prima o poi rimarrà coinvolto in un delitto... ma non ho ancora finito la lettura, quindi è prematuro parlarne.
Notate qualche somiglianza?
Saluti,
Mauro.
E due storie che ho appena letto (o meglio: sto leggendo, dato che la seconda non la ho ancora finita) questo sospetto lo mettono certamente.
La prima è un racconto di Georges Simenon del 1946 con protagonista il commissario Maigret: "On ne tue pas le pauvres types" ("Non si uccidono così i poveri diavoli").
È la storia di un uomo anonimo, stressato dalla moglie e dai figli, che un giorno vince una notevole somma alla lotteria e invece di piantare tutto si costruisce una vita parallela. Lascia il lavoro, affitta una casetta lontana dall'abitazione di famiglia e continua a uscire di casa con gli orari di sempre, solo che invece di passare le giornate in ufficio le passa in questa casa o a giocare a biliardo o a pescare. E fa arrivare a casa regolarmente lo stipendio in modo che la moglie non si accorga di nulla.
Alla fine rimane vittima di un delitto.
La seconda è l'ultimo romanzo di Håkan Nesser con protagonista il commissario Gunnar Barbarotti, "Berättelse om herr Roos" ("L'uomo con due vite"), scritto nel 2008. Nesser è uno dei miei amati autori gialli scandinavi (vedasi anche questo intervento).
È la storia di un uomo anonimo, stressato dalla moglie e dalle figliastre, che un giorno vince una notevole somma al lotto e invece di piantare tutto si costruisce una vita parallela. Lascia il lavoro, compra una casetta isolata nel bosco e contnua a uscire con gli orari di sempre, solo che invece di passare le giornate in ufficio le passa in questa casetta o a camminare nei boschi. E fa arrivare a casa regolarmente lo stipendio in modo che la moglie non si accorga di nulla.
Prima o poi rimarrà coinvolto in un delitto... ma non ho ancora finito la lettura, quindi è prematuro parlarne.
Notate qualche somiglianza?
Saluti,
Mauro.
martedì 13 luglio 2010
Scuola e mercato
Oggi vi segnalo solo un articolo di Marco Cagnotti dal blog Stukhtra, articolo che condivido in pieno:
"Troppa roba e troppo poco tempo".
Saluti,
Mauro.
"Troppa roba e troppo poco tempo".
Saluti,
Mauro.
lunedì 12 luglio 2010
Polpo alla tedesca
I mondiali di calcio sono finiti e la vera star è stata - almeno qui in Germania (ma non solo) - il polpo Paul.
Ogni giornale o trasmissione TV parlava di lui e dei suoi pronostici, persino i politici se ne sono interessati (Zapatero persino!)... insomma ciò dimostra che la gente alla fine vuole sentire ca**ate, non notizie serie... visto che a tutti interessava più il polpo Paul della crisi economica o dei problemi politici interni o internazionali.
E ora che i mondiali sono finiti cosa succederà a Paul? Io fossi in lui fonderei un partito o mi inventerei un talk show televisivo... di sicuro farebbe meglio di tanti bipedi che ci sono in giro.
Saluti,
Mauro.
Ogni giornale o trasmissione TV parlava di lui e dei suoi pronostici, persino i politici se ne sono interessati (Zapatero persino!)... insomma ciò dimostra che la gente alla fine vuole sentire ca**ate, non notizie serie... visto che a tutti interessava più il polpo Paul della crisi economica o dei problemi politici interni o internazionali.
E ora che i mondiali sono finiti cosa succederà a Paul? Io fossi in lui fonderei un partito o mi inventerei un talk show televisivo... di sicuro farebbe meglio di tanti bipedi che ci sono in giro.
Saluti,
Mauro.
No comment
"La libertà di stampa non è un diritto assoluto" (Silvio Berlusconi).
Almeno a parole (i fatti, per fortuna o purtroppo, sono altro) neanche Mussolini, Pol Pot, Hitler, Stalin, Franco e Mao avevano mai osato affermare tanto.
Saluti,
Mauro.
Almeno a parole (i fatti, per fortuna o purtroppo, sono altro) neanche Mussolini, Pol Pot, Hitler, Stalin, Franco e Mao avevano mai osato affermare tanto.
Saluti,
Mauro.
venerdì 9 luglio 2010
mercoledì 7 luglio 2010
La geografia dei poli...
Leggo sulla Repubblica che il "terzo polo" finiano sarebbe al 22%...
È da quando sono bambino che sento parlare di terzo polo... prima doveva un terzo partito di massa a fianco di DC e PCI, poi doveva essere un terzo raggruppamento accanto al pentapartito e al PCI+sinistra estrema, da quindici anni poi deve essere un qualche raggruppamento che si affianchi a Quercia/Ulivo/PD e FI/PdL...
Ma se persino sull'intera Terra c'è spazio solo per Polo Sud e Polo Nord...
Saluti,
Mauro.
È da quando sono bambino che sento parlare di terzo polo... prima doveva un terzo partito di massa a fianco di DC e PCI, poi doveva essere un terzo raggruppamento accanto al pentapartito e al PCI+sinistra estrema, da quindici anni poi deve essere un qualche raggruppamento che si affianchi a Quercia/Ulivo/PD e FI/PdL...
Ma se persino sull'intera Terra c'è spazio solo per Polo Sud e Polo Nord...
Saluti,
Mauro.
martedì 6 luglio 2010
Dio e lo sport
Ho appena letto sulla Stampa un'intervista al tennista Rafael Nadal.
Mi è piaciuta soprattutto la risposta alla prima domanda:
"Nadal, lei crede in Dio? Ci sono calciatori che pregano prima di un rigore o dopo un gol, lei al massimo si è concesso una capriola."
"È una cosa personale, non mi piace parlarne. È difficile dire che non credo in Dio, ma è anche qualcosa che va oltre la mia comprensione. Mi piacerebbe sapere che c'è, esserne sicuro, ma non lo sono. Di certo se Dio esiste non c'è bisogno di pregare o di farsi il segno della croce, lui è molto più intelligente e guarda come ti comporti nella vita."
Giusto. Io non credo in Dio, ma - per citare Nadal - se Dio esiste il giorno che lo incontrerò non mi chiederà quante volte ho pregato in vita mia, ma come mi sono comportato nei confronti degli altri.
E, se il Paradiso esiste, sono convinto che lassù si incontreranno ben pochi "pregatori".
Saluti,
Mauro.
Mi è piaciuta soprattutto la risposta alla prima domanda:
"Nadal, lei crede in Dio? Ci sono calciatori che pregano prima di un rigore o dopo un gol, lei al massimo si è concesso una capriola."
"È una cosa personale, non mi piace parlarne. È difficile dire che non credo in Dio, ma è anche qualcosa che va oltre la mia comprensione. Mi piacerebbe sapere che c'è, esserne sicuro, ma non lo sono. Di certo se Dio esiste non c'è bisogno di pregare o di farsi il segno della croce, lui è molto più intelligente e guarda come ti comporti nella vita."
Giusto. Io non credo in Dio, ma - per citare Nadal - se Dio esiste il giorno che lo incontrerò non mi chiederà quante volte ho pregato in vita mia, ma come mi sono comportato nei confronti degli altri.
E, se il Paradiso esiste, sono convinto che lassù si incontreranno ben pochi "pregatori".
Saluti,
Mauro.
lunedì 5 luglio 2010
Gravità e gravità
Essendo io fisico, quindi scienziato, di formazione... seguo con particolare interesse le notizie di carattere scientifico e soprattutto il modo in cui vengono diffuse.
E oggi ho avuto un'ulteriore dimostrazione di quanto la scienza sia disprezzata e violentata sui vari mezzi di informazione.
Un quotidiano locale ma comunque autorevole come "Il Giornale del Friuli" ha pubblicato il seguente articolo: "Crolla una certezza scientifica: la gravità non è uguale in tutti gli angoli della Terra".
Peccato che detta consapevolezza, cioè il fatto che la gravità varia, sia nota fin da quando la gravità è stata scoperta, non certo da oggi o ieri.
Saluti,
Mauro.
E oggi ho avuto un'ulteriore dimostrazione di quanto la scienza sia disprezzata e violentata sui vari mezzi di informazione.
Un quotidiano locale ma comunque autorevole come "Il Giornale del Friuli" ha pubblicato il seguente articolo: "Crolla una certezza scientifica: la gravità non è uguale in tutti gli angoli della Terra".
Peccato che detta consapevolezza, cioè il fatto che la gravità varia, sia nota fin da quando la gravità è stata scoperta, non certo da oggi o ieri.
Saluti,
Mauro.
domenica 4 luglio 2010
Palle e palloni
E ora, in tempo di mondiali, riprende vigore il luogo comune che dice che "la palla è rotonda".
Piantatela di violentare la geometria!!! Una palla è sferica, non rotonda! Rotondi sono i piatti, i CD, i vecchi dischi in vinile, i frisbee... non palle e palloni!
Saluti,
Mauro.
Piantatela di violentare la geometria!!! Una palla è sferica, non rotonda! Rotondi sono i piatti, i CD, i vecchi dischi in vinile, i frisbee... non palle e palloni!
Saluti,
Mauro.
giovedì 1 luglio 2010
Paradosso di Fermi
Ho appena letto un bell'intervento di Flavio Vanetti nella sua rubrica mistero bUFO sul sito web del Corriere della Sera dal titolo "Paradosso di Fermi, 50 soluzioni. La provocazione di Stephen Webb".
Tanto per cominciare, cos'è il paradosso di Fermi? In pratica è semplicemente una domanda posta da Enrico Fermi nel 1950 durante una discussione sull'intelligenza extraterrestre con Edward Teller e altri fisici dei laboratori di Los Alamos, nata da (allora) recenti presunti avvistamenti di UFO.
La domanda può essere sintetizzata come segue: "Dove sono tutti quanti? Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non abbiamo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali?".
Bene, Flavio Vanetti nel suo intervento parla di un divertente e istruttivo libro ("If the Universe is Teeming with Aliens... Where is everybody?") in cui il fisico Stephen Webb, dell'inglese Open University, descrive 50 risposte (più o meno serie) alla domanda di Fermi.
Ora, da buon fisico qual sono, io giro la domanda a voi: aspetto le vostre risposte :-)
Saluti,
Mauro.
Tanto per cominciare, cos'è il paradosso di Fermi? In pratica è semplicemente una domanda posta da Enrico Fermi nel 1950 durante una discussione sull'intelligenza extraterrestre con Edward Teller e altri fisici dei laboratori di Los Alamos, nata da (allora) recenti presunti avvistamenti di UFO.
La domanda può essere sintetizzata come segue: "Dove sono tutti quanti? Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non abbiamo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali?".
Bene, Flavio Vanetti nel suo intervento parla di un divertente e istruttivo libro ("If the Universe is Teeming with Aliens... Where is everybody?") in cui il fisico Stephen Webb, dell'inglese Open University, descrive 50 risposte (più o meno serie) alla domanda di Fermi.
Ora, da buon fisico qual sono, io giro la domanda a voi: aspetto le vostre risposte :-)
Saluti,
Mauro.
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