martedì 27 febbraio 2018

Il malinteso sulla fuga dei cervelli

Ormai da anni (già dagli ultimi tempi della cosiddetta prima repubblica) si parla del problema della fuga dei cervelli, cioè dei laureati italiani che vanno a cercar successo all'estero (che poi lo trovino anche è un altro discorso, visto che la stampa italiana riporta solo le storie di successo... ma parlare di questo non è comunque lo scopo di questo articolo).

Il concetto di base delle lamentele è: se i giovani devono scappare l'università ha fallito. E giù con nuove riforme dell'università a ogni nuovo governo.
Dimostrando di non avere capito un belino del problema.

Primo: se i giovani scappano dopo la laurea (breve o lunga che sia), significa che il vero problema è ciò che c'è (o non c'è) dopo l'università, non l'università stessa.

Secondo: se questi laureati italiani vengono accolti a braccia aperte all'estero, significa che l'università italiana qualcosa da offrire ha (io stesso ricordo quando nel 1996 mi presentai per un posto di ricercatore in Germania: a un candidato inglese venne chiesto un master per pareggiare la mia laurea - senza master - italiana).

Terzo: la mobilità dei ricercatori e degli scienziati è sempre stata vista come un valore aggiunto per i ricercatori/scienziati stessi e per le università di partenza e di arrivo... quindi il problema delle università italiane non sono i cervelli che se ne vanno, ma quelli che non arrivano!

Facciamola breve.
Freghiamocene se i ragazzi italiani se ne vanno. In realtà è un bene.
Preoccupiamoci piuttosto se i ragazzi stranieri non vengono. Questo è il vero problema.

Saluti,

Mauro.

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