Più di dieci anni fa (gennaio 2010) scrissi la mia opinione sulle quote rosa su questo blog.
Nel corso degli anni il tema non ha perso, purtroppo, importanza. Purtroppo sia che si sia favorevoli, sia che si sia contrari. Spero di non dovervi spiegare quel purtroppo.
Negli ultimi giorni la questione tra Rula Jebreal e Propaganda Live (di cui tutti avete sentito, non voglio ripetervela qui) ha riportato il tema in prima pagina.
Ma, al di là delle questioni etiche, servono le quote (rosa o di qualsiasi altro tipo)?
Parliamoci chiaro: le quote sono dannose.
Quelle rosa rischiano addirittura di fornire combustibile al maschilismo, quasi di giustificarlo.
Faccio un esempio.
Mettiamo che io partecipi a un concorso che preveda quattro assunzioni ma anche la parità di genere.
Io arrivo quarto, quindi dovrei essere uno dei quattro assunti. Ma la mia sfortuna è che davanti a me sono arrivati due uomini e una donna. E quindi io sono fuori. Serve una seconda donna. Ma dietro di me tanti altri uomini e la prima (anzi, seconda) donna arriva solo decima in graduatoria.
E non perché la commissione valutatrice sia misogina o le donne siano sceme... solo perché si sono presentate pochissime donne, quindi il risultato è statisticamente logico.
Però immaginatevi come ci sentiremmo io e gli altri uomini finiti, per merito, davanti a questa donna che poi ha ottenuto il posto.
Potreste biasimarci se diventassimo almeno un po' più maschilisti?
Se rispondete sì, siete fuori dalla realtà, vivete su un altro pianeta. O siete in malafede.
Però c'è una considerazione ancora più importante da fare e di cui parlai già nel mio articolo del 2010 citato sopra.
Le quote garantite portano la parte garantita a pensare di avere diritto a quel punto di arrivo, indipendentemente dal meritarlo.
L'uguaglianza, la parità (di genere o di qualsiasi altra cosa) invece si ottiene quando tutti hanno garantite le stesse condizioni di partenza, le stesse possibilità di studiare, di presentarsi, di mettersi in mostra, di essere presi sul serio... non quando si hanno posizioni di arrivo garantite.
Queste ultime sono la negazione della parità e dell'uguaglianza.
In sostanza le quote alla fine mortificano chi ne gode, perché in pratica è come se ti dicessero: "Da sola non ce la farai mai, quindi ti do una bella spinta" (rimango sull'esempio delle quote rosa, per questo il femminile, ma vale per ogni tipo di quota).
Il problema è culturale, non legislativo o normativo.
Affrontarlo solo dal punto di vista delle norme (anche se magari non scritte, come nel caso posto da Rula Jebreal) e delle leggi, può solo esasperarlo, non risolverlo.
Saluti,
Mauro.
Ecco un argomento su cui siamo d'accordo.
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