martedì 21 maggio 2013

Una misura dell'attualità (e del liberismo)

La sezione italiana di Save the Children ha lanciato una campagna contro la povertà infantile. E contro il fatto che questa povertà ha come conseguenza anche la limitazione di fatto (anche se non di legge) del diritto all'istruzione.

Niente di strano, direte voi. Save the Children è nata con questi compiti e ha già lanciato innumerevoli azioni per i diritti dell'infanzia nel terzo mondo.
E invece no, sbagliate. Perché questa campagna riguarda non il terzo mondo, bensì un paese del G8, della UE, del mondo ricco.
Questa campagna riguarda l'Italia.

E non è una campagna provocatoria. Il problema è reale.
Sempre più bambini e adolescenti sono a rischio (o già oltre) povertà e di conseguenza a rischio di non poter godere il proprio diritto all'istruzione.

E pensando a ciò mi viene in mente la mia storia personale.

Io, come alcuni di voi ricorderanno, sono laureato in fisica e - pur non essendo certo un top manager o un premio Nobel - ho avuto comunque una discreta carriera (che spero vada avanti, ma questo ora è fuori tema).
Io sono arrivato alla laurea frequentando, dopo le scuole dell'obbligo, un liceo di ottima qualità e poi, chiaramente, l'università. Quest'ultima a livello internazionale, avendo studiato principalmente nella mia città, Genova, ma per un periodo anche nei Paesi Bassi, a Eindhoven.

Nulla di così incredibile, penserete voi.
E quando ho studiato io, effettivamente non era proprio la normalità assoluta, ma non era comunque nulla di incredibile.
Oggi, molto probabilmente, invece la cosa sarebbe incredibile. Non impossibile, ma molto, molto più complicata di quello che è stato per me.

Perché?
Io vengo da una famiglia con pochi soldi. Mio padre era operaio e mia madre casalinga.
Però quando ho studiato io (scuole dell'obbligo a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80, liceo negli anni '80, università a cavallo tra gli anni '80 e gli anni '90) esisteva anche una cosa chiamata Stato.
È vero che per potermi laureare ho dovuto metterci l'impegno mio e i sacrifici di mio padre... però senza uno Stato che esisteva veramente (ditemi tutto il male che volete di DC e PCI, ma allora in Italia lo Stato c'era) quell'impegno e quei sacrifici non sarebbero serviti a niente. Punto.

Oggi avrei ben altre difficoltà.
Da quando il liberismo comanda e decide che lo Stato non serve le cose sono cambiate. E non c'entra la crisi.

Oggi il mio impegno e i sacrifici di mio padre non basterebbero. Avrei bisogno di altro.
O di lavorare (ma veramente, non lavoretti estivi o simili) e quindi lo studio ne soffrirebbe.
O di essere un genio assoluto e quindi ottenere sostegno da qualche fondazione o azienda.
Ma per far scoprire la mia genialità dovrei poter frequentare un ottimo liceo, cosa che da figlio di operaio oggi è più difficile di ieri.

Saluti,

Mauro.

3 commenti:

  1. purtroppo Mauro, come sai, concordo su tutta la linea.
    L'educazione in Italia sta ritornando ad essere privilegio dei ricchi e delle classi educati, sempre meno strumento di mobilita' sociale.
    Claudia

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  2. Lo so, lo so... purtroppo :(

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  3. Puoi specificare meglio che vantaggio avevi negli anni '80 rispetto a uno studente degli odierni anni '10?

    Provo ad azzardare tre fattori: tasse universitarie più basse (e questo sì, dipende dallo Stato); affitti più economici (che c'entra lo Stato?); salari più alti in termini di potere d'acquisto (che c'entra lo Stato?).

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