giovedì 6 luglio 2023

La nascita del voyeurismo di massa delle tragedie

Premettiamo subito: no, non c'entra Internet, e neanche i social networks, nonostante tutti sembrino crederlo (giornalisti in primis).
Anzi, tra i responsabili ci sono proprio i giornalisti.

Siamo chiari: un certo voyeurismo per i fatti macabri c'è sempre stato nella storia dell'uomo. In parte è connaturato alla natura umana ed è una sorta di parente del mors tua, vita mea.
Vedere che certe cose succedono ad altri e non a noi contribuisce a farci sentire vivi.

Quello che è nuovo (anche se non nuovissimo) è il voyeurismo di massa delle tragedie.
La gente è diventata nei confronti delle tragedie una versione macabra delle groupies degli anni '60/'70 nei confronti dei loro idoli musicali.

E questo voyeurismo ha, almeno in Italia, una data e un luogo di nascita ben precisi: 10 giugno 1981, Vermicino, frazione di Frascati.
Quel giorno Alfredino Rampi, sei anni di età, cadde un un pozzo non protetto... da cui non uscì vivo, nonostante tutti i tentativi (in buona parte dilettantistici a esser buoni) fatti per salvarlo.
Dal tardo pomeriggio del 10 giugno fino alla mattina del 13 giugno, quando venne stabilita la morte di Alfredino, più di due giorni di fila di servizi TV, di collegamenti dalle più varie trasmissioni, di telegiornali centrati sulla notizia fino alle ultime 18 ore della tragedia trasmesse in diretta senza interruzione dalla RAI (sì, dalla RAI!). E di folle di giornalisti e curiosi sul posto che ovviamente non facilitavano il lavoro di chi cercava di salvare il bambino.

Il voyeurismo di massa delle tragedie, del macabro in Italia è nato quel giorno.

Saluti,

Mauro.

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