In questi giorni si è fatto tanto chiasso sul "fallimento" dell'esperimento finlandese col cosiddetto reddito di cittadinanza.
Il luogo comune più usato: "Se ha fallito lì, figuriamoci cosa succederebbe qui da noi!".
Balle. Succederebbe semplicemente lo stesso, come succederebbe in qualsiasi altro paese del mondo: un reddito "gratis" è il sogno di tutti a ogni latitudine.
Per i fannulloni in maniera da vivere senza far niente.
Per gli altri in maniera da dedicarsi ad attività di soddisfazione personale (anche costruttive e produttive per la società eventualmente) senza l'assillo di dover aver successo a tutti i costi e possibilmente alla svelta.
E questo vale in Finlandia, in Italia, a Tuvalu, in Canada, in Uganda, in Svizzera, in Cambogia e in qualsiasi altro paese del mondo. Punto.
Però il problema vero è che il confronto dell'esperimento finlandese con la proposta del M5S non sta proprio per niente in piedi.
Al di là di Italia e Finlandia, di italiani e finlandesi.
Il reddito di cittadinanza proposto dal M5S pone delle condizioni precise per ottenerlo. Certo, sono molto più lasche delle condizioni poste dall'attuale reddito di inclusione (o dai vari sussidi sociali/di disoccupazione esistenti) o da analoghi sostegni in Germania o altri paesi e sembrano fatte per venire incontro ai fannulloni, ma queste condizioni ci sono, non lo si può negare.
Il reddito di cittadinanza finlandese era incondizionato a meno di non essere di fatto ricchi: potevi anche lavorare e continuare a riceverlo, potevi non cercare lavoro e dire chiaramente all'ufficio di collocamento di non chiamarti nemmeno e continuare a riceverlo, potevi fare quel che cavolo ti pare e continuare a riceverlo, ecc. ecc.
Scusate, ma come poteva funzionare una cosa del genere?
E ditemi, come fate a paragonarlo alla proposta del M5S (o a proposte analoghe di altri partiti)?
Ecco, cari giornalisti, politici, politologi ed economisti, state semplicemente confrontando mele con pere.
Saluti,
Mauro.
L’elemento numero uno (2, 6, 3, 7)
4 ore fa
c'è chi in campagna elettorale ha proposto qualcosa del genere per le mamme casalinghe. addirittura 1000 euro! inutile dire che in quel caso anche io, che ho studiato e mi piace lavorare, lascerei il lavoro per fare "la mamma a tempo pieno". perchè considerati i nostri stipendi, e considerate le spese medie che per poter lavorare in due bisogna affrontare (asilo, doposcuola, baby sitter per quando c'è sciopero o i bambini sono malati, centri estivi per i 3 mesi di chiusura delle scuole...) senza alcun vantaggio fiscale, in tasca resta ben poco. oltre al mazzo che ci si fa ogni giorno per far quadrare tutto. insomma se mi dai uno stipendio fisso non vincolato e a me, a conti fatti, conviene più stare a casa che lavorare (sarebbe proprio da fessi a questo punto!) non c'è passione per il lavoro che tenga. starei a casa e mentre i bambini sono a scuola potrei finalemnte coltivare tanti interessi che purtroppo adesso per mancanza di tempo ho dovuto mettere da parte. e ne conosco di famiglie, magari numerose in cui le mamme mi dicono "se lavorassi perderei tutti i sussidi, quindi a questo punto sto a casa!", e hanno figli ormai grandi quindi non dovrebero neanche più pagare l'asilo nido! e sinceramente non le biasimo, ognuno, giustamente, si fa i suoi conti.
RispondiEliminaEcco.
EliminaHai spiegato la questione alla perfezione. Non credo serva aggiungere altro.