domenica 12 novembre 2006

Politicamente corretto? No grazie :-)

Leggetevi attentamente questo articolo:

Il tifo del maestro di Jens: "Falli neri di rabbia".

Leggetevelo veramente con grande attenzione, per favore.

Il maestro Arturo Ghinelli non è stato politicamente corretto col suo giovane alunno ghanese. È stato umanamente corretto. E ha ottenuto risultati.

È questo che serve. L'umanità.
Il politicamente corretto è solo ipocrisia. Niente altro che ipocrisia. Offende.
L'umanamente corretto, l'umanità, è ben altro. Spesso anzi è esattamente l'opposto.

Saluti,

Mauro.

lunedì 6 novembre 2006

Il saluto, questo sconosciuto

Buongiorno a tutti.

Banalmente ho iniziato questo messaggio con un "buongiorno", cioè una forma di saluto. Lo faccio molto spesso. Non proprio sempre, ma molto spesso. Sia incontrando la gente di persona, che scrivendo, telefonando o andando in rete.
E lo fanno anche molti di voi. Se non all'inizio del dialogo (o monologo che sia, come per esempio una lettera), almeno alla fine. Dove ci si firma anche.

Sto dicendo, apparentemente delle banalità. Qualcuno di voi salterà su dicendo "Mauro, stai scoprendo l'acqua calda!". E avrebbe anche ragione, se non fosse che è un'acqua calda che va scomparendo.

Sempre meno gente si prende il tempo di salutare.

Quante e-mail ricevete senza saluti? E spesso senza firma (tanto il mittente pensa che capirete dall'indirizzo chi è che scrive)?
Quante volte per strada qualcuno vi ferma, magari per chiedere informazioni, e cominicia a parlare senza neanche dire "Salve"?
Quante volte incontrate un vicino o un collega sull'ascensore o nel corridoio dell'azienda e questi vi regala al massimo un cenno del capo (se va bene)?
Eccetera, eccetera.

Un evento capitatomi una decina di giorni fa mi ha fatto riflettere molto su questi argomenti.
In un forum in rete che frequento sono abituato, come qui sul mio blog, a concludere i miei messaggi con una forma di saluto e la firma.
Un giorno uno degli altri frequentatori mi ha detto secco: "Ma cosa continui a firmare, lo sappiamo che sei tu!". E altri a dargli ragione, ritenendo questa mia abitudine fastidiosa.

Ora, lo so benissimo che sanno chi sono. Del resto sono un frequentatore abbastanza abituale di quel forum. Ma io non saluto e firmo per farmi riconoscere.
Per me salutare e firmare è un segno di rispetto nei confronti di mi legge o ascolta.

Ora voi vi chiederete, perché ne parlo qui, dove la firma è un'abitudine comune, non solo mia (del resto, ho più volte detto chiaramente che i commenti anonimi non sarebbero mai stati pubblicati, indipendentemente dai contenuti), e per di più a distanza di vari giorni dal fatto.
Beh, un po' perché so che avete la pazienza e la voglia di leggere i miei pensieri e un po' perché venerdì scorso, navigando in rete mi sono imbattuto in un intervento su un altro blog che parlava proprio del saluto (Cafoni d'Europa) e che ho trovato interessante.

Certo che se l'autore di questo testo ha ragione, in Italia non siamo messi troppo bene...

Saluti,

Mauro.

La condanna di Saddam

Saddam è stato condannato a morte. Che sorpresa, vero?

Sinceramente, che la sentenza di questo processo-farsa fosse scritta fin dall'inizio lo sapevamo tutti. E che fosse stata scritta tra Londra e Washington più che a Baghdad anche (del resto i giudici, anche se formalmente iracheni, a chi credete rispondessero?).
Appunto questo è il problema, non l'essere a favore o contro la pena di morte o il ritenere questa condanna giusta o sbagliata.

Il problema sono i processi dei vincitori agli sconfitti. Anche quando i processi partono da necessità vere, da spinte (anche morali) condivisibili, i processi dei vincitori ai vinti non sono mai giuridicamente corretti. Non possono esserlo, perché si fondano su leggi ad hoc (non ditemi che a Norimberga, per esempio, ci si è basati su leggi preesistenti dei paesi dove i criminali nazisti perpetrarono i loro crimini) e procedure straordinarie, quindi estranee al concetto stesso di giustizia.

Al proposito c'è un bell'articolo di Antonio Carioti sul Corriere della Sera di oggi: "Il dilemma di Norimberga: impossibile perdonare, impossibile punire".
Ancora più esplicito Sabino Cassese sulla Repubblica: "Il processo senza giustizia con un verdetto farsa".
E ne' Carioti ne' tantomeno Cassese possono certo essere accusati di antiamericanismo.

E allora che fare?
Saddam è un criminale. I gerarchi nazisti erano dei criminali. Eccetera. Quindi vanno puniti, bisogna trovare il modo di avere un processo che dia (almeno moralmente) giustizia alle vittime di questi criminali, ma che per farlo non "uccida" il concetto di diritto.
Io non sono un giurista, quindi non so se un processo del genere possa esistere e, se sì, come possa apparire.

So però che, moralmente, piuttosto che impiccare Saddam con una sentenza-farsa seguita a un processo-farsa, sarebbe stato molto meglio ucciderlo a sangue freddo appena catturato. Senza processi e teatralità varie.

Saluti,

Mauro.

martedì 31 ottobre 2006

Halloween? No grazie.

Ma è mai possibile? Io vivo in Germania e sono italiano.
E oggi in entrambi i paesi mi trovo circondato da idioti che scimmiottano gli yankees.

Già io non amo Carnevale, ma almeno è qualcosa di nostro, di latino, di europeo.
Ma no... i bambini (e magari fossero solo loro) snobbano sempre di più il Carnevale e si mascherano pateticamente per Halloween.

E perché questo? Solo perché Halloween viene da oltreoceano, quindi è per definizione "cool", "figo".

Se sapessero che Halloween ha in realtà origini irlandesi di sicuro non lo festeggerebbero più.
Del resto una pagliacciata a stelle e strisce è una figata, una pagliacciata europea è appunto una pagliacciata.

Lasciatemi andare a vomitare.

Saluti,

Mauro.

lunedì 30 ottobre 2006

Marcia su Roma

28 Ottobre 1922
Marcia su Roma - Benito Mussolini e il Partito Nazionale Fascista (PNF) prendono il potere.

28 Ottobre 2006
Umberto Bossi dichiara: «Dovremo davvero andare a Roma, fare la marcia su Roma. Il nord potrebbe vivere meglio da solo senza tirarsi dietro il centralismo dello Stato italiano. Dobbiamo svegliarci. Non ci rimane che la via della secessione. Basta con le chiacchiere».

Vista la coincidenza delle date, non credo serva aggiungere altro.

Saluti,

Mauro.

venerdì 27 ottobre 2006

Iraq?

O New York?

Leggo sulla Repubblica online di oggi: Ricostruzione di Ground Zero - Primo appalto a un'azienda italiana.

E come cappello alla notizia: "Sarà la Trevi a realizzare il diaframma per il nuovo centro trasporti. I lavori, per un valore di 34 milioni di dollari, inizieranno a dicembre".

Ecco perché Berlusconi ha spedito i nostri soldati a morire in Iraq: Per elemosinare qualche appalto dall'amico Bush. Oltre che per qualche bicchierino di petrolio, si intende.

Saluti,

Mauro.

giovedì 26 ottobre 2006

Entro il 2050 ci serve un altro pianeta

È il titolo di un articolo pubblicato sul Corriere della Sera online di ieri (Entro il 2050 ci serve un altro pianeta), a commento della pubblicazione del Living Planet Report 2006 del WWF. Rapporto, logicamente, commentato da quasi tutti i quotidiani italiani e stranieri, non solo dal Corriere.

Non sono in grado di valutare se la data posta nell'articolo (2050) sia giusta. A naso direi che abbiamo a disposizione qualche anno in più.

Comunque 2020, 2050 o 2100 non cambia molto: il conto alla rovescia scorre. Sempre più veloce.
Quindi bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare.

Non serve però il catastrofismo imperante, non serve a niente urlare all'Apocalisse come fanno ambientalisti vari. Servono programmi, proposte, cose concrete insomma.

Un esempio: Il no al nucleare.
Qui non voglio dire ne' che il nucleare sia buono, ne' che sia cattivo, però il nucleare in questo momento c'è e in vari paesi è estremamente importante (qui da me in Germania copre ancora più del 30% del fabbisogno energetico, in Francia oltre il 70%, eccetera).
Le fonti cosiddette alternative o rigenerabili non sono in questo momento in grado di coprire questo fabbisogno, la tecnologia (e i costi) per ora non lo permettono. Chiudendo le centrali si aprirebbe un buco.

Però gli ambientalisti si intestardiscono solo sul NO al nucleare, senza proporre concretamente alternative sul come coprire quel buco.
E quale è il risultato?
In Italia quella piccola percentuale che era del nucleare è stata coperta col carbone. Cioè con la fonte più inquinante di tutte! (Tra le altre cose, non so se lo sapete, ma misurando le emissioni radioattive fuori da una centrale a carbone si vedono molte più radiazioni che fuori da una centrale nucleare).
In Germania hanno posto tempi di chiusura delle centrali biblici (e li stanno ulteriormente prolungando) e - guarda caso - reinvestito nel carbone.
In Svezia hanno addirittura fatto una parziale marcia indietro.

Cito questo esempio perché è quello che conosco meglio, ma ce ne sono mille altri.

Per battere le corporazioni, le multinazionali non servono battaglie ideali, servono proposte precise e concrete.
Le battaglie ideali sono bellissime... ma andavano fatte molto prima, ora è tardi ed è meglio lasciarle a Don Chisciotte. Ora servono tecnologia, cervello e pragmatismo.

Il WWF qualche volta prova a fare proposte.
Ma i verdi nei vari parlamenti hanno il vocabolario limitato a una sola parola: "NO". Bloccare le proposte altrui (giuste o sbagliate che siano) lo sanno fare benissimo. Proporre alternative? Non sia mai!

Se si sa dire solo no, ma non si sanno proporre piani alternativi, allora è meglio tacere.

Scusate lo sfogo :-)

Saluti,

Mauro.

Ciao Bruno

Un altro grande genovese se ne va. Povera mia amata Genova.

Bruno Lauzi ha perso ieri la sua battaglia con il morbo di Parkinson. Non era uno dei cantanti che io amassi di più, ma alcune sue canzoni ("Genova per noi", da lui portata al sucesso ma scritta da Paolo Conte, e "La Tartaruga", filastrocca solo apparentemente per bambini) mi sono comunque rimaste dentro. Sicuramente lo ho apprezzato di più come autore che come interprete.

Quello di lui però che a me rimarrà più nella memoria è la sua ironia.
E a questo proposito il pensiero eretico odierno lo vorrei lasciare direttamente esprimere a lui, con la lettera che scrisse a Mr. Parkinson (potete anche ritrovarla qui, insieme ad altri utili collegamenti: Lettera aperta a Mr. Parkinson), che inserisco dopo i saluti.

Saluti,

Mauro.

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LETTERA APERTA A MISTER PARKINSON

Egregio Signore,
non è con piacere che le scrivo questa lettera, ma d’altra parte avrei dovuto parlarle a quattr’occhi, affrontarla di persona, sopportare quel suo subdolo modo di fare che è quanto c’è di peggio per far perdere la pazienza anche ad un santo, figuriamoci a me. Le scrivo, come può notare, col computer, perché la mia calligrafia s’è fatta illeggibile e così minuscola che i miei collaboratori devono usare la lente d’ingrandimento per riuscire a decifrarla...
Perché le scrivo?
È presto detto: io ho superato con una certa disinvoltura l’imbarazzo che lei (l’ho scritto senza maiuscola, non la merita) mi ha creato chiedendo pubblicamente la mia mano ed ovviamente ottenendola. Convivere con un ufficiale inglese a riposo, già condannato nel Punjab per ripetuti tentativi di violenza neurologica su qualunque essere di qualunque specie( le cose si vengono a sapere, come vede...) non è stato facile, la mia è una famiglia è all’antica e non ha apprezzato. MA ORA LEI STA ESAGERANDO, signore, glielo devo dire. Quando è troppo è troppo, e il troppo stroppia!
C’è un proverbio arabo che dice: "Se hai un amico di miele non lo leccare tutto", INVECE LEI S’APPROFITTA D’OGNI RILASSATEZZA, DELL’ABBASSAMENTO DELLA GUARDIA NELLA BATTAGLIA QUOTIDIANA, ci proibisce di pensare ad altro, contando sulla superficialità con cui io ho affrontato l’insorgere del male... si sa, gli artisti sono farfalloni incoscienti... no, vecchio caprone, non le sarà facile, né con me né con gli altri, la Resistenza è cominciata. Perché, vede, io e i miei fratelli e sorelle malati abbiamo tante cose da fare, una vita da portare avanti meglio di così! D’ora in avanti prometto che starò più attento ai consigli dei miei dottori, e che mi impegnerò maggiormente nell’aiutarli nella raccolta dei fondi necessari per la ricerca. Anzi sul tema della solidarietà mi ci gioco una mano, la mano che, pitturata e serigrafata fa da piedistallo ad una poesia contro di lei, colonnello dei miei stivali, funzionando da incentivo a dare…già, poiché a chiunque faccia un’offerta per la ricerca verrà inviata "LA MANO" come ricordo e memento…
Siamo in tanti, tante mani si leveranno contro di lei e cercheranno di restituirle colpo su colpo fino a quando non riusciranno ad acchiapparla per la collottola e mandarla all’Inferno cui appartiene, bestiaccia immonda, sterco del demonio, nostra croce senza delizie...
Parola mia, di questo omino per molti un po’ buffo, per altri un po’ patetico, ma che vive il sogno di poterla, un giorno non lontano, prendere a schiaffi.
A mano ferma.
Mi stia male e a non rivederla.

BRUNO LAUZI

mercoledì 25 ottobre 2006

Le "gaffes" di Putin

Negli ultimi giorni Putin ha tenuto banco, ha veramente dato spettacolo... quasi come il Berlusconi dei tempi migliori :-)

Prima l'ammirazione mostrata verso il presidente israeliano Katzav per la sua dimostrazione di mascolinità (per chi non lo sapesse: Katzav è accusato di molestie sessuali e violenza carnale).

Poi l'attacco alla corruzione dei funzionari pubblici spagnoli (ma non è forse che in Spagna i magistrati possono condannare sindaci e boiardi se necessario, mentre in Russia ci può essere, per così dire, qualche controindicazione nel farlo?).

Poi l'osservazione sulla mafia invenzione italiana (qui in Germania però domina la mafia russa, non quella italiana... non sarà che Putin vede nella mafia italiana non un'associazione criminale, ma solo un concorrente per i suoi "affari"?).

E probabilmente altre che mi sono sfuggite.

E tutti i giornali e i telegiornali a parlare delle "gaffes" di Putin, delle battute riuscite male o delle sparate senza riflettere.

Io non credo tanto che siano battute o gaffes. Putin è troppo poco spiritoso per fare battute e troppo intelligente per cadere in certe gaffes.

Io penso che siano una sorta di test. Sì, di test nei confronti dell'occidente.
La Russia è tornata (o si illude di essere tornata) a essere una potenza e Putin vuole rinverdire i fasti del passato sovietico.
E mette alla prova le reazioni dell'occidente alle sue provocazioni, per capire se l'occidente ha paura. Un modo di dirgli "Io posso permettermi di dire ciò che voglio, vediamo se tu hai il coraggio di aprir bocca".

O no?

Saluti,

Mauro.

venerdì 20 ottobre 2006

Prodi e il velo

Prodi ha dichiarato di non avere nulla contro il velo, purché il volto rimanga riconoscibile.
Si parlava, logicamente, di Islam, visto che c'era chi voleva proibire l'uso del velo in pubblico in quanto ostentazione di simbolo religioso.

All'affermazione di Prodi sono seguiti apprezzamenti per la dimostrazione di equilibrio oppure accuse di cedimento all'Islam.

Il vero contenuto dell'affermazione di Prodi non lo ho visto però sottolineare da nessuno: la scoperta dell'acqua calda.
Sì, se leggete bene le parole di Prodi, vi accorgerete che in realtà non ha detto nulla di importante.

La riconoscibilità del volto è già imposta (giustamente!) per legge. Chi dovesse andare in giro a volto coperto (burqa, passamontagna o altro che sia) commette già reato. Non serve nessuna legge, nessun intervento di nessun tipo per impedire alle donne musulmane di coprirsi il volto. Basta semplicemente applicare leggi esistenti da molto prima che nascesse il "problema islamico".

Non avere nulla in contrario al velo sulla testa? Beh, dato che Prodi è cattolico praticante mi sarei stupito del contrario. Perché se si imponesse di toglierlo alle donne musulmane... beh, si dovrebbe imporlo a tutte le donne.
Ve li immaginate i carabinieri aspettare le suore fuori dai conventi per imporgli di togliersi il velo? O la polizia fare lo stesso con le tante donne soprattutto anziane che ancora oggi si mettono il velo per andare a messa?

Beh... Prodi ha scoperto l'acqua calda, ma a quanto pare questa acqua calda è stata tanta manna per giornalisti e politici per poter svicolare da notizie e problemi molto più importanti.

Saluti,

Mauro.

giovedì 19 ottobre 2006

Extracomunitario a chi?

Ieri il TG1 ha mandato in onda un servizio con le sensazioni dei pendolari (parola in questo caso riferita a tutti coloro che usano la metropolitana con regolarità, non tanto a chi lavora/studia a una certa distanza da dove risiede) relativamente al prendere la metropolitana dopo l'incidente a Roma l'altro ieri.

La giornalista ha diviso questi pendolari in categorie: impiegati, studenti, casalinghe, pensionati e... extracomunitari!

Due considerazioni.

1) Da quando in qua gli extracomunitari sono una categoria lavorativa (o non lavorativa, come studenti e disoccupati)? "Cosa fai di lavoro?" "Faccio l'operaio", "Faccio l'avvocato", "Sono ancora studente", "Sono casalinga"... "Faccio l'extracomunitario"! Come direbbe Totò: ma mi facci il piacere!

2) Avendo intervistato extracomunitari sarei interessato a sapere se ha considerato tali anche svizzeri, norvegesi, australiani o giapponesi o se questi li ha considerati come svizzeri, norvegesi, australiani o giapponesi appunto. Credo sia vera la seconda.

Quanto razzismo.
E che vergogna per quello che dovrebbe essere giornalismo e invece diventa chiacchiera da cortile.

Comunque, a proposito di extracomunitari, grazie a quei due passeggeri romeni che nel caos dell'incidente si sono prodigati a soccorrere feriti e scioccati prima ancora che arrivassero i soccorsi ufficiali. E che si sono allontanati all'arrivo di questi (forse perché senza permesso di soggiorno, cosa che a mio parere ora dovrebbero ottenere come ricompensa per il loro aiuto).
Quanti comunitari (ed "extracomunitari" di serie A) hanno fatto lo stesso?
(Per chi non conoscesse la storia: La storia dei due angeli romeni).

Saluti,

Mauro.

venerdì 13 ottobre 2006

Iraq, Iran, Corea del Nord

Perché si attacca l'Iraq che non ha armi di distruzione di massa (e lo si sapeva prima dell'invasione, come ammesso dai servizi segreti britannici) e non costituisce pericolo per il mondo?

Perché si minaccia, ma non si attacca, l'Iran che non possiede le armi di cui sopra ma sembra volersene dotare (nonostanze le assicurazioni contrarie) e potenzialmente può diventare un pericolo?

Perché non si attacca e non si minaccia di attaccare la Corea del Nord che tali armi sembra possederle e comunque è concretamente impegnata nella loro realizzazione ed è effettivamente un pericolo, se non altro per i paesi vicini?

Non sarebbe molto più logico il contrario? O almeno più utile per la sicurezza e la tanto decantata democrazia?

Forse sì... ma è sempre la stessa vecchia storia: si è forti con i deboli e deboli con i forti.
Tutto qua.
In questo momento la Corea del Nord è più forte dell'Iran e questo è più forte dell'Iraq.

Saluti,

Mauro.

Roberto Saviano

Chi è Roberto Saviano?

L'autore di un libro di denuncia contro la camorra ("Gomorra", edito da Mondadori). Un libro molto forte.

Non lo ho ancora letto, quindi non posso giudicarlo, ma so che l'autore è in pericolo: è stato minacciato di morte, tanto che il prefetto di Caserta sta studiando come proteggerlo, mettendolo sotto scorta.
Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli, invece lo ha abbandonato (del resto... anche se non è mai stata processata, immaginiamo tutti dove trova i suoi voti), definendolo un fissato.

Forse il libro è pieno di falsità, forse è solo un romanzo spacciato per inchiesta... ma nessun autore deve morire per quello che scrive.
E noi persone comuni dobbiamo aprire gli occhi e renderci conto che certe cose purtroppo non capitano solo nelle dittature o nel terzo mondo, ma anche qui da noi. Capitano dappertutto.

Per chi volesse saperne di più sul caso Saviano: Roberto Saviano non è solo.

Non abbandoniamolo.

Magari compriamoci e laggiamoci il libro anche se l'argomento non ci interessa, anche se si rivelasse scritto male, anche se contenesse solo illazioni e non fatti.

Facciamolo per la libertà di pensiero, se no ritroveremo migliaia di Roberto Saviano intorno a noi.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 11 ottobre 2006

Bomba o non bomba?

La Corea del Nord ha fatto esplodere una bomba atomica.

Sicuri?

In realtà la notizia data correttamente sarebbe: "La Corea del Nord ha sostenuto di aver fatto esplodere una bomba atomica".

E non è una differenza da poco.

Io sto cercando di capire se si tratta solo di propaganda del regime nordcoreano (peraltro politicamente "benvenuta" in occidente, in quanto ulteriore prova del fatto che la Corea del Nord è uno stato canaglia) o se veramente è stato fatto un test atomico (o nucleare che sia).

E aggiungo: non sono convinto che tale test sia stato fatto. Almeno non con successo.

La bomba infatti non può essere stata fatta esplodere in aria o in superficie, perché grazie ai satelliti esisterebbero prove fotografiche dell'esplosione e l'aumento di radioattività dell'aria (essendo la Corea del Nord relativemente piccola) si sarebbe misurato senza problemi anche in Cina, Corea del Sud e forse Russia.
Non può essere stata fatta esplodere in mare, perché le onde anomale che si sarebbero formate avrebbero investito tutti i paesi vicini (Giappone compreso) e ci sarebbe stata una moria di pesci tale da far notizia di per sè.

Rimane l'esplosione sotterranea. Questa non è mai provabile con certezza al 100% (a meno di non essere nelle vicinanze con contatori Geiger e apparecchiature dosimetriche varie), ma esistono indizi che possono dirci con altissima probabilità se l'esplosione c'è stata o no.
Questi indizi sono principalmente di stampo sismografico: si misurano le onde sismiche provocate dall'esplosione. È vero che tali onde sono identiche nel caso di esplosione sotterranea e di terremoto, ma se unite ad altri indizi (sismicità della zona, oscillazioni anche piccole della radioattività naturale, eccetera) e all'analisi dei dati statistici possono dirci molto al proposito.

Si sono misurate queste onde sismiche? Sembra assurdo, ma la risposta in questo momento è "non si sa".
Ma come, direte voi, non si è visto se i sismografi si sono mossi o meno?
Sì, i sismografi si sono mossi, ma in maniera talmente leggera da non dire di fatto niente.
Terremoto leggero?
Esplosione convenzionale di grande potenza?
Esplosione nucleare/atomica di bassa potenza (sempre che sia fattibile/conveniente - anche economicamente - una potenza così bassa)?
Bomba vera ma test fallito (il detonatore - convenzionale - è esploso, ma non è riuscito a innescare la reazione)?

Insomma... la bomba mediatica c'è stata di sicuro, quella atomica... boh!

Saluti,

Mauro.

venerdì 6 ottobre 2006

Prodi rap

Che scandalo!!! Un telegiornale ha mandato in onda il cosiddetto rap di Prodi!

E ora c'è persino un'interrogazione parlamentare per chiarire se non si tratti addirittura di vilipendio delle istituzioni.

Ma non fatemi ridere!

Per prima cosa, qualsiasi fosse l'intento del telegiornale, ha comunque fatto bene a mandarlo in onda: non ci si autocensura in democrazia (a proposito, cari parlamentari: conoscete questa parola, sapete cosa significa?).

E poi... quale cavolo di istituzione è stata offesa? Riserviamo la parola "istituzione" a quelle parti dello Stato che veramente la meritano: la presidenza della repubblica, il Parlamento, la corte costituzionale.
Il governo? No grazie: il governo è un "elemento" tecnico dello Stato, non un'istituzione.
E anche lo fosse, lo è come "ente", come istituto, non nelle persone che lo compongono.

Una persona non è mai un'istituzione. Al massimo può rappresentare un'istituzione.

Quindi se dovesse esserci qualcuno offeso (ma ribadisco: a mio parere nessuno ha in questo caso il diritto di offendersi), questi potrebbe essere solo Romano Prodi come privato cittadino, non Romano Prodi come presidente del consiglio e tanto meno una qualche istituzione.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 27 settembre 2006

Giustizia

Giustizia è fatta. Troppo tardi, con troppi lati oscuri, ma finalmente giustizia è fatta.

Silvia Baraldini, condannata solo per le sue idee politiche, è libera.

Bentornata tra noi, Silvia.

Saluti,

Mauro.

Morire è parte del lavoro di un soldato

È morto un altro militare italiano in missione all'estero. In Afghanistan per la precisione. In un attentato.

Qualunque cosa si possa pensare delle missioni all'estero e del concetto di "militare" in generale, la memoria di Giorgio Langella merita il nostro rispetto, va onorata.
Lui era lì per fare il suo lavoro (per brutto che potesse essere), per guadagnarsi da vivere.

Quello che invece merita decisamente meno rispetto è il solito blabla sul fatto che bisogna proteggere i nostri soldati, che bisogna far sì che non rischino la vita, eccetera, eccetera.

Quanta ipocrisia.

Il lavoro del soldato è pericoloso. È, detto in maniera molto brutale, sparare e farsi sparare.
Che senso ha dire "Mandiamo i nostri soldati all'estero solo se siamo in grado di proteggerli". Proteggerli come? Se la situazione non fosse pericolosa, non ci sarebbe bisogno di mandarceli. O sbaglio? Oppure i civili (italiani o meno che siano) possono morire, mentre i soldati no? Eppure credevo che fossero i soldati a dover proteggere i civili, non viceversa.

Esistono missioni giuste e missioni sbagliate. Questo è chiaro.
Non posso certo mettere sullo stesso piano la missione in Libano e quella in Iraq.
Però si sa che entrambe sono pericolose.

L'unico modo di "proteggere" i nostri soldati è non mandarli in missioni sbagliate, amorali, di vera e propria guerra d'occupazione.
Però se come popolo riteniamo che il paese debba avere una politica estera è inevitabile partecipare a missioni internazionali. Bisogna solo "limitarsi" a quelle che hanno una giustificazione morale o che (al peggio) servono a evitare danni peggiori.

Però poi una volta accettate queste missioni bisogna saper convivere coi rischi. Come già detto il mestiere del soldato è un mestiere pericoloso: i militari di professione (che generalmente sono molto meno guerrafondai di molti civili, questo va detto) lo sanno e lo accettano.
Sarebbe ora che lo capissero anche i civili. E soprattutto i politici.

Oppure bisogna avere il coraggio di dire: non vogliamo una politica estera, chiudiamoci in noi stessi. Ma allora, oltre che tutte le missioni militari all'estero, per coerenza dovremmo chiudere anche tutte le ambasciate e i consolati.

Saluti,

Mauro.

giovedì 21 settembre 2006

Budapest 1956-2006

In questi giorni Budapest sta bruciando.

Proprio alla vigilia del cinquantennale della rivolta contro la dittatura comunista del 1956 (avvenne a fine ottobre) guidata da Imre Nagy. Quella rivolta venne soffocata nel sangue dall'invasione sovietica nel novembre 1956.

Ora, tra la rivolta di allora e quella odierna non è possibile nessun parallelo. Ne' storico, ne' politico. Ne' interno, ne' internazionale.

Però vedere Budapest di nuovo in stato di emergenza 50 anni dopo, qualche piccolo brivido lo fa venire.

E soprattutto qualche piccolo brivido lo fa venire la reazione dell'occidente.
Nel 1956 Europa e USA dichiararono che i fatti ungheresi erano fatti interni (di fatto dando il via libera all'URSS e condannando a morte Nagy).
Oggi l'Unione Europea ha dichiarato che i fatti ungheresi sono fatti interni.

Speriamo che io sia solo un po' troppo fantasioso...

Saluti,

Mauro.

martedì 19 settembre 2006

Contro gli anonimi

Io mi chiedo: perché chi critica senza portare argomenti non si firma mai?

Non pretendo che uno mi lasci indirizzo elettronico, indirizzo di casa, telefono, ecc., ecc. Non sarebbe neanche giusto.

Ma pretendo, e so di essere nel giusto a pretenderlo, che uno almeno si firmi, che uno concluda (o apra, se preferisce) il suo messaggio con un nome.

A parte dimostrare senza possibilità di smentite grande vigliaccheria e maleducazione, la mancanza della firma ha un altro effetto: a me piace interloquire direttamente con chi ho di fronte (anche se è un di fronte solo virtuale) e come faccio se di fronte ho un anonimo, un fantasma?

Ma forse chi non porta argomenti quando accusa me di non dire niente e insulta accusando me di scrivere testi offensivi non vuole interloquire. Vuole solo sfogare la sua frustrazione.

Bene, si sappia che senza firma i commenti non vengono pubblicati.

È una semplice questione di educazione.

Saluti,

Mauro.

domenica 17 settembre 2006

Benedetto, Manuele e Maometto

Il Papa sembra averla fatta grossa: Con le sue citazioni all'università di Ratisbona ha provocato un putiferio non da poco.

Ho cercato di non interessarmi alla cosa, perché sinceramente le affermazioni di capi e capetti religiosi (come quelle di Ratzinger e le reazioni dei religiosi islamici) ormai mi annoiano, sono prevedibili e insipide come una minestra riscaldata e non condita. Ma...

...ma per la stampa e la televisione certe dichiarazioni sono imprescindibili... bisogna parlarne e parlarne (generalmente senza cognizione di causa) per giorni e giorni, facendo passare in secondo piano tutto il resto.

Ecco: tutto il resto.
Qui sta il punto. Non è l'importanza del papa o dei capi dell'Islam che impone di dare così ampio risalto alla cosa. Non sono neanche i contenuti di dette dichiarazioni, al di là di chi le ha pronunciate.
È l'importanza di poter "non" parlare di altre notizie. Notizie più importanti, più pericolose, più indigeste. E che hanno tre problemi:
1) Mettono i lettori/ascoltatori a conoscenza di ciò che succede nel mondo e che ha (o può avere) conseguenze anche sulle loro vite;
2) Rischiano di denudare il re, cioè di far vedere a che livello (verso il basso) è arrivato il giornalismo attuale;
3) Fanno sì che i politici non possano lavorare "dietro le quinte" (traduzione per chi non ha capito l'ironia: Rischiano di constringere i politici a render conto del proprio operato ai cittadini).

E allora... arriva Benedetto XVI che cita Manuele II e che viene controbattuto da Bardakoglu... e salva tutti.

Per esempio (rimanendo alla politica mondiale): quanti hanno seguito l'iniziativa di Bush che intende riscrivere parte della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino e non certo in senso umano? Non credo molti, dato che la maggioranza dei giornali e dei telegionarli ha nascosto la notizia perché il caos intorno a Benedetto XVI aveva la precedenza.

Come diceva Renzo Arbore: meditate, gente, meditate.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Sulla stampa sono apparsi solo estratti del discorso del papa, frutto di un abile taglia e cuci. Per chi volesse leggere il testo completo e farsi un'idea propria: Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni.