L'avete vista tutti la foto di Aylan morto sulla spiaggia a Bodrum. Non serve che ve la pubblichi anch'io.
Ed è insorta la polemica. Polemica sul fatto se fosse giusto o sbagliato pubblicarla. Polemica a cui forse, da una parte o dall'altra, avete partecipato anche voi.
E io non pubblico la foto perché il tema di questo articolo non è se sia giusto pubblicarla o meno, non perché sia contro la pubblicazione in sé.
Il tema è che vi siete fatti accecare tutti: la polemica è servita solo a cancellare la discussione su cosa ha portato Aylan a morire su quella spiaggia e soprattutto la discussione su cosa fare per evitare che la cosa si ripeta e dove/cosa ho/abbiamo/avete/hanno sbagliato o omesso o provocato prima.
La pietà (spesso ipocrita, pelosa) per la morte di un bambino - che per la maggior parte dei lettori è solo una foto che per fortuna mostra un bambino mai arrivato da noi, se no non sarebbe più stato un bambino ma un clandestino da rifiutare - diventa anestesia per non accorgersi dei bambini che moriranno domani. E dopodomani. E il giorno dopo dopodomani. E dopo ancora.
Saluti,
Mauro.
L’elemento numero uno (2, 6, 3, 7)
3 ore fa
Hai ragione, assolutamente ragione.
RispondiEliminaMa io, da essere umano, da donna non posso non sentire una fitta al cuore nel vedere una foto del genere.
Io non mi sono domandata dove fosse morto, mi sono chiesta perché non avesse qualcuno che gli voleva bene accanto.
Mi sono domandata perché a sollevarlo da quella sabbia fosse un estraneo e non un genitore.
Ho provato un dolore enorme nel vedere quel povero corpicino abbandonato sulla sabbia e ho pianto pensando alla paura che deve avere provato.
Questo ho pensato guardando la foto. E in quella foto c'erano tutti i bambini del mondo.